Le mode e i costi per le famiglie. Il consumismo scolastico. di Gaspare Barbiellini Amidei, da Il Corriere della Sera del 5 agosto 2005
Milano, capitale della comunicazione, deve dedicare attenzione alla comunicazione radicalmente sbagliata che la pressione mondana e imitativa dell'arredo scolastico costoso crea in mezzo alle famiglie. Smontiamolo questo obbligo prepedagogico che già assilla l'estate spesso grama di centinaia di migliaia di adulti. Non c'è scritto da nessuna parte, neppure nei canoni della moda più arrogante, che bisogna spremere ai portafogli sessanta euro in più per caricare di una alternativa firmata da un designer famoso le spalle scoliotiche del ragazzino di turno, già appesantite da anni dallo zainetto prepotente. Se proprio non si può fare a meno del quotidiano irrazionale vai e vieni dei libri con il quali riempire quella specie di valigia da schiena, almeno teniamoci il contenitore dell'anno scorso, o scambiamolo sul giovane mercato del baratto. E a proposito di libri, calcolata in vecchie lire, la provvisoria biblioteca d'annata dello studente delle superiori è diventata milionaria. Quasi un mezzo stipendio. E' un tema ancora più serio sul quale fra qualche giorno torneremo. Il consumismo accessoriale e la sgradevole salassata dei libri di testo non hanno però nell'impatto economico il loro aspetto più negativo. Un diario di classe a 12 euro, una matita a un euro virgola cinque, 2,30 euro per un quaderno non creano crac economici, sono soltanto una stupidità destinata ad angustiare bilanci familiari assediati da ben altri, stabili rincari. Tre gelati e due pizze in meno e un astuccio di gomme e matite luccicante in più, ognuno è libero di arrendersi alla persuasione degli spot televisivi come gli pare, o sono patatine o sono gadget scolastici, la somma dell'utilità resta a zero. Anche se altri 150 euro in più a fine arredo sono una somma, se poi si hanno due o tre bambini… Ma è il messaggio diseducativo la preoccupazione vera: esso accumula minusvalore in aggiunta nella scuola. E' insensato infatti dividere istituti, classi, quartieri e aree di età in categorie accessoriate e non accessoriate, bimbetti frustrati con look riciclato dagli avanzi di magazzino dell'anno scorso e ragazzini lucidi dell'ultimo acquisto, ancora più frivolo e costoso di quello sfoggiato dalla mamma accompagnatrice. Si accentua il gioco già asfissiante fra finti ricchi e veri poveri, la sfida dell'avere più e prima degli altri. Il fenomeno del consumismo parascolastico andrà riconsiderato senza pauperismo e senza toni drammatici. Ma è certo che non c'è in giro gran richiesta di stupidità costosa in più. Altro il discorso sui libri. Esso è più importante e complesso, perché non è argomento da snack bar ma da Carta costituzionale. Dove è scritto che la pubblica istruzione deve essere accessibile (realisticamente) a tutti. |