Primo studio in Italia: stress record tra i lavoratori a contatto con il pubblico.
I sindacati: ora si intervenga.
di Gabriela Jacomella da Il Corriere della Sera dell'1/9/2004
Gli insegnanti come i medici. O, se vogliamo, gli operai. Categoria a rischio, soprattutto psicologico. Dopo l’allarme lanciato un anno fa dall’inchiesta del Corriere sull’Italia dei docenti, settembre porta novità importanti: la pubblicazione su La Medicina del Lavoro di uno studio (dal significativo nome di «Golgota») sul rischio di patologia psichiatrica per professori e maestri. Con risultati sconcertanti: tra gli insegnanti, il rischio è 2-3 volte superiore rispetto a impiegati, operatori sanitari, colletti blu. Un fenomeno, quello del burnout (letteralmente «scoppiato»), in crescita costante. E contro il quale, sottolineano i ricercatori (ma anche i sindacati), poco o niente è stato fatto finora.
LA CRISI - Il termine inglese non deve trarre in inganno: il burnout , la sindrome da «esaurimento» professionale che colpisce le helping professions , c’è anche in Italia, eccome. Soprattutto tra maestri e professori. «Golgota» (da metà mese sul sito della Fondazione Iard, www.fondazioneiard.org ) prende in esame 3.447 domande di inabilità al lavoro presentate alla Asl di Milano tra gennaio 1992 e dicembre 2003. Insegnanti, operai, colletti bianchi, settore medico. Risultato: tra i docenti (a prescindere da età, sesso e ordine di scuola) la causa più diffusa di malessere è legata a patologie psichiatriche, dall’ansia ai disturbi dell’umore, alla schizofrenia. Con percentuali due, perfino 3 volte superiori alle altre categorie. Lo studio sarà ripreso anche su Le Monde de l’ Éducation , supplemento del quotidiano d’Oltralpe, che ha realizzato un’indagine analoga con il ministero scolastico francese. I risultati, c’è da scommettere, non saranno diversi. Come a dire: non sono i prof italiani a lamentarsi troppo. E’ il mestiere ad essere usurante.
I MOTIVI - A far scattare l’allarme è anche la crescita costante del fenomeno: dal 44,5% sul totale delle domande del ’92-’94 al 56,9% del 2001-2003. «L’insegnamento - commenta Enrico Panini della Flc-Cgil - è un mestiere di relazione con gli altri, che nel tempo è diventato sempre più pesante: il professore si fa carico di una serie di mediazioni che prima spettavano alla famiglia, alla parrocchia, alla società». «Oggi il docente - conferma lo psichiatra Massimo Biondi, docente alla Sapienza di Roma - è molto più in prima linea. E c’è un problema di formazione e selezione: l’idea che tutti possano fare tutto è sbagliata, questo è un lavoro difficile che richiede aggiornamenti continui, un impegno non solo creativo, ma anche burocratico. E’ qui che lo stress viene alla luce, soprattutto se si è soli ad affrontarlo».
IL FUTURO - Dato il problema, bisogna
trovare una soluzione. «Una strada percorribile - propone Francesco
Scrima della Cisl Scuola (che nel 1979 con l’ateneo di Pavia aveva
pubblicato uno studio profetico: "Insegnare logora?") - è la mobilità
intercompartimentale: ai docenti che dopo vent’anni di stare con gli
alunni non se la sentono più, dovrebbe essere concesso di spostarsi in
altri settori. Per contratto». «E poi - gli fa eco Rosa Mongillo -
bisogna informare. Il primo convegno Cisl Scuola sul burnout si è
tenuto a Prato nel 2003. Ora il tema andrà affrontato a livello
nazionale». Anche la Flc-Cgil, racconta Panini, ha dedicato al tema
seminari e iniziative. «Ma dopo i nuovi dati è necessario che il
ministero prenda in mano la questione, convocando una riunione con
tutti i soggetti coinvolti. Servono luoghi di ascolto, sedi di aiuto.
Per rendere questo mestiere non dico più leggero, ma almeno non così
solitario». «La Fondazione Iard - commenta Vittorio Lodolo D’Oria,
responsabile dell’area Scuola e sanità della fondazione e primo
firmatario di "Golgota" - sta lavorando per offrire servizi di
supporto a docenti, presidi, medici (per informazioni,
vittorio.lodolodoria@fastwebnet.it ). |