ELEMENTARI Scuola, sotto esame ora c´è il tutor
Due milioni e mezzo di alunni alle prese con la
nuova figura di Marina Cavalieri da la Repubblica del 19/9/2004
ROMA - All'inizio dell'anno scolastico le scuole si dividono in ribelli, allineate e quelle in attesa, ferme a guardare. Alla "Cesco Baseggio" di Marghera c'è chi ha una posizione netta: «Il tutor? Noi non lo facciamo. Non perché non rispettiamo la legge, ma perché chi ha fatto la riforma non ha messo gli insegnanti in grado di operare. Questa figura stravolge l´impianto della scuola di base, serve solo a contrabbandare il ritorno del maestro unico che servirà poi a ridurre il numero degli insegnanti». Alla scuola "XX settembre" di Monte Rotondo invece la pensano diversamente: «Il tutor noi lo abbiamo già realizzato grazie alle norme dell'autonomia, per noi non è una novità». Nella scuola primaria, ex elementare, è scoppiata la guerra del tutor. E' una battaglia organizzativa e culturale che vede schieramenti trasversali, barricate sindacali, proclami ideologici, sfoghi del tipo «la nostra scuola funzionava ma perché non ci hanno lasciato in pace?». E' forse qui, nella scuola primaria, oltre due milioni e mezzo di alunni, che si gioca una delle partite decisive della riforma, a cominciare dalla novità del tutor che dovrebbe coprire 18 ore alla settimana svolgendo una funzione centrale e stravolgendo l´organizzazione modulare, l´impianto collegiale in vigore negli ultimi dieci anni. Così mentre il ministero minaccia sanzioni disciplinari per chi non applica la riforma c´è anche chi ha fatto ricorso alla Corte Costituzionale perché le nuove norme entrerebbero in collisione con l´autonomia delle scuole. «La riforma va applicata semplicemente perché è legge dello Stato, altrimenti sarebbe l´imbarbarimento», dice Pietro Persiano, dell'Associazione nazionale presidi. «Noi capi d´istituto siamo tra l'incudine e il martello», ammette però senza sfumature, «tra la rivolta degli insegnanti e la legge». Come ci si regola? «Per ora nelle scuole c´è una grande flessibilità d´interpretazione, tra chi mette in pratica la riforma, o almeno ci prova, chi la osteggia e chi se ne lava le mani in modo pilatesco lasciando le cose come stanno. Del resto non abbiamo avuto indicazioni precise: siamo fermi alla circolare 29 di febbraio e tante cose vanno chiarite». Così all'inizio dell'anno scolastico le scuole elementari, fiore all'occhiello dell'istruzione italiana, sono divise, nonostante la consueta professionalità, stressate e confuse. «I collegi dei docenti sono insorti anche in maniera non ideologica, è difficile andare a differenziare su funzioni che sono di tutti, alle superiori è già diverso ma da noi l'insegnamento è molto collegiale. L'ansia di voler cominciare subito senza gradualità è stata una follia», spiega Simonetta Salacone, direttore didattico del 126esimo circolo di Roma. «Nelle classi ci sono già tanti problemi, i bambini, per esempio, sono sempre più agitati, non avete idea di quanto siano confusi dentro, tra genitori separati, precarietà lavorativa, violenza televisiva, c'è un disagio emotivo sempre maggiore. Mi dispiace molto sentir dire insegnanti "Non vedo l'ora di andarmene in pensione"». Scuola primaria, sarà un anno di transizione. Le novità sono molte. C´è l'anticipo per i bambini di cinque anni e mezzo e per la prima volta non ci sarà la scadenza rituale degli esami, c´è la questione dei nuovi programmi e quella della valutazione, come il portfolio delle competenze, da attivare. «Sarà un anno confuso, c'è uno stato d´indecisione, gli insegnanti si sentono lasciati soli ad affrontare ogni cosa», si legge in un sito d´insegnanti. C´è poi la partita, anzi, il braccio di ferro, del tempo pieno. E' aumentata infatti la richiesta, sembra del 10 per cento, dopo le battaglie di primavera, dopo un anno di cortei e polemiche molte scuole si ritrovano a dover affrontare, soprattutto a nord, una domanda che la scuola non sempre è in grado di soddisfare. Battaglie d'autunno mentre si torna sui banchi, l'anno inizia e tra sorrisi e palloncini la scuola va. Dice Alvise Scarpa, maestro da trent'anni: «La scuola non ha bisogno di tante ricette ma di risorse. In classe abbiamo iracheni, cingalesi, bambini che non parlano una parola d´italiano ma non ci sono mediatori culturali, non c'è personale, gli ispettori dovrebbero venire a vedere la differenza che c´è tra la propaganda, le ricette ideologiche e la scuola reale». |