Prof. di religione in rivolta:

«Troppi bocciati al concorso».

 

«Valutazioni affrettate e sospette su gente che insegna da 25 anni»

I sindacati replicano: commissioni regolari.

 

di Gabriela Jacomella da Il Corriere della Sera del 9/9/2004

 

Si ricomincia. Graduatorie a metà, bocciature «sospette», proteste, ricorsi. Questa volta però a scendere sul piede di guerra non sono i precari, ma i «pacifici» insegnanti di religione. Che quest’anno hanno dovuto misurarsi con il loro primo concorso nazionale riservato. Scopo dichiarato, la conquista di pari dignità e ruolo (diritti e doveri compresi) con i docenti «normali». Una sorta di «sanatoria», nel senso non deteriore del termine, che ha coinvolto circa 17 mila maestri e prof. Requisiti necessari: almeno 4 anni di servizio, accumulati nell’arco di un decennio. Gli scritti si erano tenuti il 21 e il 22 aprile: tre gruppi di domande, per ciascuno dei quali andava scelto un quesito cui dare una risposta non più lunga di venti righe. Dopo la correzione (e la prima «scrematura»), via libera agli orali. Che ad oggi in alcune regioni devono ancora iniziare. Ma in Veneto, Emilia-Romagna e Lombardia gli scrutini (conclusi solo nel primo caso e per le primarie lombarde, ancora «a metà» nelle altre commissioni) hanno riservato una sorpresa spiacevole. Le cifre aggiornate le fornisce lo Snadir, il sindacato autonomo degli insegnanti di religione: «La media italiana è del 3% di bocciature per le secondarie e del 7% per le primarie - snocciola il segretario nazionale Orazio Ruscica -. Ma in Lombardia siamo al 22,6% per scuole dell’infanzia ed ex elementari (per medie e superiori il dato si ferma al 2,16%). In Emilia i respinti sono stati il 24,74% alle primarie, il 17,59% alle secondarie; in Veneto, rispettivamente, 22,22% e 11,24%».

I numeri, come si dice, parlano da soli. Soprattutto quando, come in questo caso (e come ammettono i diretti interessati), il concorso avrebbe dovuto essere relativamente «morbido». E a molti questa selezione «a zone» proprio non va giù. «Niente nomi, per favore», premette V., tra i «fermati» alla prova scritta nel capoluogo lombardo. C’è un ricorso al Tar da preparare ed è meglio non esporsi, «tra l’altro non sono previsti altri concorsi per il futuro...». Come a dire: se non si vince il ricorso, chissà. E pensare che lui le carte in regola le aveva tutte: la specializzazione presa oltre un decennio fa, un testo scritto a quattro mani con un collega, un passato da formatore proprio per quel concorso in cui, ironia della sorte, è stato respinto. «Guardi qua, ecco il mio scritto. Mi hanno sottolineato équipe : mancava l’accento. E pure "i seguenti segmenti", sarà l’allitterazione, chi lo sa». «E’ un problema di criteri», gli fa eco un collega di Verona. Che aggiunge: «Lo stesso presidente della commissione ha sostenuto apertamente che in un concorso pubblico ci vuole almeno un 10% di fermati, altrimenti non sembra serio...». Tra tante perplessità, l’unica certezza è la risposta del Tar del Veneto al ricorso presentato da alcuni docenti: respinto. E i sindacati smentiscono ogni velata accusa di «persecuzione politica»: «Le commissioni sono composte sorteggiando tra le domande presentate da docenti con esperienza in materia di concorsi», spiega Enrico Panini, della Flc-Cgil.

Nessun complotto, dunque. «La sensazione - riflette Sergio De Carli, presidente dell’Anir, l’associazione nazionale degli insegnanti di religione - è che qualche commissione abbia voluto essere più realista del re. Che senso ha bocciare gente che è nella scuola da 20, 25 anni? Da alcuni scritti che abbiamo esaminato, credo ci siano dubbi fondati sul fatto che le procedure siano state rispettate». «Certo, ogni commissione lavora in autonomia - conclude Ruscica -; però ci sembra che la correzione sia stata fatta in modo eccessivamente veloce. In alcuni casi all’esame di ogni elaborato sono stati dedicati meno di 4 minuti. E un collega si è addirittura autodenunciato perché il compito riconsegnatogli non era il suo».