Riforma, presidi responsabili Per la mancata individuazione dei professori tutor di Alessandra Ricciardi da ItaliaOggi del 14/9/2004
La complessa vicenda della nomina dei tutor può configurare situazioni di rilievo disciplinare. Conseguenze di tale genere potrebbero derivare da contrapposizioni radicali (non tanto da parte dei collegi docenti, quanto dei singoli per rifiuto all'adempimento dei compiti affidati), tali da ostacolare o impedire l'organizzazione dell'attività didattica in coerenza con i principi dettati dalla nuova normativa. Il primo problema è quello della mancata determinazione da parte del collegio dei docenti dei criteri utili per la scelta dei tutor. La mancata determinazione dei criteri, infatti, delinea la rinunzia all'esercizio di una facoltà da parte del collegio dei docenti, ma non preclude al dirigente la possibilità di procedere alla nomina. Per altro verso, la mancata formulazione dei criteri non configura la responsabilità disciplinare dei componenti il collegio. Non può essere oggetto di rilievo disciplinare il mancato esercizio della facoltà, riconosciuta dalla legge, di indicare gli elementi da tener presenti nella scelta. Parimenti, il procedimento di designazione non risulterebbe viziato e inficiato da nullità, qualora il dirigente, dopo avere invitato il collegio a formulare i criteri utili per la designazione dei tutor, avesse proceduto a svolgere tali operazioni anche di fronte alla rinunzia del collegio dei docenti alla prerogativa di formulare le linee guida della scelta.
I RISVOLTI DISCIPLINARI Più delicato e anche di difficile approccio è il problema del rifiuto del designato all'assolvimento del compito affidatogli. Si tratta di un incarico che comporta lo svolgimento di compiti che rientrano nella funzione docente (coordinamento di attività, rapporti con le famiglie, compilazione di documenti relativi all'alunno). La novità e la particolarità della situazione inducono, comunque, a cautela. Secondo l'attuale ordinamento (capo IV del decreto legislativo n. 297/94, applicabile per esplicito rinvio operato dal contratto di lavoro), il procedimento disciplinare ha inizio con la contestazione degli addebiti, formulati dall'organo competente, in relazione alla natura dell'infrazione e alla sanzione ipotizzabile. Per ciascuna delle sanzioni previste è pertanto individuato l'organo competente a promuovere l'azione, come quello competente a emanare il provvedimento, che per le sanzioni di 1° e 2° grado (rispettivamente: avvertimento disciplinare e censura) coincidono. Al dirigente scolastico incombe l'obbligo della contestazione degli addebiti e, in difetto di un'idonea giustificazione, di irrogazione dell'avvertimento disciplinare. Il 2° grado della sanzione nei confronti dei docenti (la censura) è applicata dal dirigente regionale o, per delega, dal dirigente del centro servizi amministrativi (organo periferico provinciale dell'ufficio scolastico regionale). La censura si applica, appunto, per mancanze non gravi riguardanti doveri inerenti alla funzione docente, o i doveri di ufficio. Necessaria per l'attivazione del procedimento, nei casi in cui possa essere ipotizzata l'applicazione della censura, è la segnalazione all'organo competente da parte del dirigente scolastico. Il dirigente procederà in tal senso solo dopo avere esperito ogni utile tentativo per ovviare alla situazione. Il docente destinatario di un provvedimento disciplinare può esperire il ricorso amministrativo e il ricorso al giudice del lavoro, che deve essere preceduto dal tentativo obbligatorio di conciliazione.
LA RESPONSABILITÀ DEI DIRIGENTI SCOLASTICI Diversa la situazione nel caso in cui il dirigente scolastico, per dubbi o per cedimenti alle resistenze dei docenti, non esplichi gli adempimenti necessari per l'attuazione della normativa o la ritardi al punto da annullarne gli effetti. Situazioni del genere debbono essere inquadrate come aspetti o ipotesi della responsabilità dirigenziale che ingloba quella disciplinare e riguarda i risultati e anche l'osservanza delle direttive dell'amministrazione; e, tanto più, compiti e obbiettivi assegnati dalla legge. Si deve anche considerare che l'affidamento della funzione dirigenziale deriva da una valutazione fiduciaria circa l'attuazione delle finalità delineate dall'amministrazione in relazione alle attitudini e alla competenza del dirigente. Fatti che costituiscono violazioni di obblighi connessi alla funzione dirigenziale, in relazione alla loro gravità, possono essere considerati anche nell'immediato ai fini della valutazione dell'opportunità di persistenza nell'incarico. Può l'amministrazione rilevare che la gravità dei fatti abbia incrinato il rapporto fiduciario, allorché nell'attività del dirigente si riscontri un colpevole inadempimento di obblighi essenziali. La valutazione può anche essere anticipata rispetto alla scadenza del mandato conferito, per il pregiudizio che dai comportamenti del dirigente possa derivare al buon funzionamento del servizio. |