Al Festival di Modena una serie di lezioni dedicate ai piccoli dai 3 ai 12 anni. Per rispondere a domande eterne sulla vita, Dio e l´universo. Platone più affascinante delle favole la filosofia raccontata ai bambinI.
di Ambra Somaschini da la Repubblica dell'11/9/2004
ROMA - I filosofi in erba hanno dai 3 ai 12 anni. Ascoltano reading, seguono lezioni, calpestano giardini zen, osservano cieli stellati e caleidoscopi ricreando i mondi immaginari della filosofia. Ma soprattutto fanno domande, si cimentano nella dialettica aiutati da insegnanti e genitori. Si chiedono dove comincia e finisce l´universo, perché bisogna obbedire, perché si muore, se esiste Dio, se gli uomini sono tutti uguali. Il Festival di Modena (17-19 settembre, www.festivalfilosofia.it) dedica una trentina di appuntamenti proprio al simbolico filosofare dei bambini. Interrogativi semplici, brevi, efficaci. «Le domande sono come le ciliegie, una tira l´altra» (Manifesto Libri) è uno dei titoli di Alfonso M. Iacono, preside della facoltà di lettere e filosofia dell´Università di Pisa, che si diletta facendo lezioni su Epicuro e Lucrezio agli allievi delle elementari. Al festival modenese farà da chaperon ai piccoli portandoli per mano nel mondo di Aristotele, Socrate, Platone, in quello di Heidegger e di Rousseau. «La filosofia non si deve studiare soltanto a una certa età perché è strettamente connessa ai miti - spiega il professore - Aristotele diceva che il filosofo è vicino all´uomo che ama i miti, i racconti, le storie. I piccoli possono diventare ottimi fruitori. Ma bisogna insistere sulla loro autonomia personale, sulla capacità di interrogare anche senza dover ricevere risposte certe. Tutti i bambini si pongono problemi filosofici come la morte l´ambiente la felicità il futuro l´obbedienza l´educazione. Sta a noi riconoscerne la piena dignità». "Philisophy for children", avviata a scopo pedagogico negli Usa da Matthew Lipman con centri diffusi ovunque, vanta milioni di adesioni. Così il mercato editoriale va a caccia di nuovi microclienti. Da noi è in uscita "Il giardino delle idee" di Salvatore Veca (Frassinelli), vendono le collane Piccoli Filosofi (Ape Junior), i racconti "Impariamo a pensare" (Liguori). Un´ondata culturale molto francese. A Parigi Michel Puech, docente alla Sorbona di filosofia, scrive storie con Brigitte Labé proprio partendo dalle domande formulate dai piccini su felicità, giustizia, ricchezza, povertà. Per chi ne vuole sapere di più sul web Filosofinewsletter apre decine di siti specializzati, alcuni con elenchi di quesiti sull´esistenza rivolti ai più piccoli.
«L´anno scorso abbiamo fatto approdare la
filosofia nei teatri, nei cinema, nelle piazze ora la vogliamo
dedicare ai bambini - spiega Michelina Borsari, direttore del festival
di Modena - il tema centrale di fine 2004 è il mondo e la
globalizzazione.
IL CASO. Perché è un errore non insegnare la filosofia fin dai primi anni della scuola elementare Se i bimbi studiassero Platone. di Umberto Galimberti da la Repubblica dell'11/9/2004
PERCHÉ, oltre l´inglese, non si introduce anche la filosofia nelle scuole elementari? I bambini si pongono domande filosofiche intorno ai 4 anni, età che gli psicologi definiscono dei "perché". Sono dei perché a cui di solito gli adulti non sanno rispondere o liquidano nel repertorio delle ingenuità. Ma non è così, perché a 4 anni, quindi con 2 anni d´anticipo sull´età scolare, i bambini s´aprono allo stupore del mondo e, come Aristotele insegna: «La filosofia nasce dalla meraviglia» e perciò pone domande e interrogativi.
A scuola si trasmette un sapere strutturato che non sempre corrisponde all´interrogazione che ha sollecitato la curiosità del bambino, per cui tra il sapere impartito e la domanda iniziale inevasa si produce quella distanza che genera disinteresse. Infatti non si può avere una vera partecipazione a risposte che evadono le domande con cui il bambino cerca di orientarsi nel mondo, chiedendo chi l´ha fatto, e perché è così malvagio, e che necessità c´è di morire, e perché non tutti i bambini sono bianchi, e non tutte le parole si capiscono. Queste domande non sono ingenue, sono radicali; offrono pochi giri di parole alle risposte e vanno evase non con un discorso che dice: «Le cose stanno così», come di solito fanno i saperi che si impartiscono a scuola, ma con un discorso, come quello filosofico, che insinua il sospetto che potrebbero anche essere diversamente. Questo sospetto, che non sigilla la domanda in una risposta, ma la tiene aperta a un ventaglio di possibili risposte, tutte giustificate dalle rispettive argomentazioni, apre il campo alla pluralità delle opinioni, quindi alla tolleranza, quindi alla democrazia, figlia della tolleranza. Il sospetto, inoltre, consente alla mente di ospitare il dubbio, che evita il dogmatismo e dispone alla ricerca, che non è un corto circuito di domanda e risposta, come la televisione ogni sera diseducativamente insegna con i suoi quiz, ma è un saper stare nella domanda, finché una risposta non si presenta come plausibile e, nella sua provvisorietà, superabile. La scuola insegna risposte, spesso a domande che non ci siamo mai poste, ma è la domanda e non la risposta il vero motore della ricerca e della costruzione del sapere. Amiche della domanda sono sia la curiosità infantile, sia la condotta filosofica. E se l´infanzia genera l´interrogazione nella sua radicalità, la filosofia insegna a mantenersi nell´interrogazione, per non seppellire il cervello tra le opinioni diffuse, che rispondono non tanto alle nostre domande, quanto al desiderio di evitare il più possibile la fatica del pensiero. Quest´anno il Festival della filosofia di Modena promuove la filosofia tra i bambini, con l´intenzione non tanto di fornire risposte, quanto di insegnar loro l´atteggiamento filosofico, che è poi quello di non accontentarsi mai della risposta. Quando questo atteggiamento entrerà nelle nostre scuole? Se ciò non dovesse accadere dovremo dire che nelle nostre scuole, quando va bene, si impartisce solo istruzione, e non educazione della mente, con tutte le conseguenze disastrose in età adulta, come ogni giorno ci è dato constatate.
|