Disabili "dimenticati" nelle scuole, la protesta si allarga
di Roberto Monteforte da l'Unità del 18/9/2004
Aule vuote a Novalfeltria nella Marche. Tutti gli alunni non si sono presentati a scuola per protestare per la mancanza di docenti di sostegno. n coordinamento per la tutela dei diritti degli alunni portatori di handicap si è costituito a Pesaro. Si diffonde la protesta delle famiglie che vedono con sempre maggiore preoccupazione minacciato il diritto dei loro figli all'inserimento scolastico. Si succedono gli incontri con i dirigenti scolastici regionali per colmare i vuoti in organico con le chiamate dei «docenti in deroga». Continuano a regnare confusione e incertezza. Sembrava ci fosse qualche schiarita. Giovedì sera era arrivata la risposta dal Ministero dell'Istruzione alla lettera aperta dell'Anffas, una delle associazioni delle famiglie con figli disabili. Una risposta positiva: annunciava la convocazione per il prossimo 29 settembre dell'Osservatorio nazionale per l'inserimento scolastico. Una sede tecnica che avrebbe potuto fare chiarezza sulla situazione degli insegnanti di sostegno, scuola per scuola, Regione per Regione. Ieri, improvviso, è arrivato il contrordine. La convocazione è stata rinviata per non meglio precisate «ragioni politiche». È stata una doccia fredda per le associazioni. Pare però confermato l'appuntamento. fissato a Roma per il 28 settembre. È convocato, infatti, l'Osservatorio della «Federazione italiana superamento handicap»: è il coordinamento di molte associazioni di disabili costituitosi per avere maggior forza contrattuale. Si scambieranno le informazioni per avere un quadro preciso della situazione. Che di emergenza si tratti lo dicono i numeri: a fronte di un aumento degli «alunni diversamente abili» passati dai 138.648 del 2001 ai 151.327 dell'anno scolastico 2003-2004, sono diminuiti gli insegnanti di sostegno. Dal 1997 al 2002 il rapporto tra insegnanti di sostegno e alunni disabili è passato da 134,3 a 104,2. È un problema di scelte, effetto di quella «scuola-impresa» tanto osannata dalla Moratti e dal premier Berlusconi. «Così si cancella un percorso di educazione alla solidarietà iniziato nel 1977 e si colpiscono i più deboli, sacrificati all'altare dell'efficienza e della competizione». Ha idee chiare la professoressa Lilia Manganaro, consigliera nazionale dell Anffas Onlus, con delega alle politiche per l'integrazione scolastica. La sua è una vita dedicata alla scuola, ma anche al problema dell'integrazione di chi è diversamente abile: nel 1975 frequenta il primo corso per l'inserimento nella scuola degli alunni disabili, nel 1977 nascono i suoi due gemelli, autistici. Da Padova la professoressa, ora in pensione, coordina anche lo sportello nazionale Anffas Onlus per l'integrazione scolastica. «Un luogo di ascolto, di osservazione - spiega -, dove vengono affrontati i quesiti posti dalle famiglie. Si vigila sull'integrazione dei bambini disabili e si presentano osservazioni alle leggi che ci riguardano». Sono giorni intensi questi. «Arrivano lettere, e-mail e telefonate da tutta Italia: sono segnalazioni, proteste, denuncie. La situazione è a pelle di leopardo. Scrivono gruppi di famiglie da Cuneo e da Messina, dal Lazio, dal Veneto e dalla Campania». La Manganaro è preoccupata. «Nelle scelte di questo governo vediamo un attacco ai nostri figli disabili e a quelli con altre difficoltà - afferma critica -. Lo sono anche i limiti posti dalla legge Biagi all'inserimento nel mondo del lavoro. Vediamo messe in discussione tutte le politiche di inclusione portate avanti in questi anni». Difende con convinzione l'idea della «presa in carico» da parte della società del bambino disabile «per tutto il suo percorso di vita». Era la logica della legge sull'assistenza voluta nel 2000 dall'allora ministro Livia Turco. «La vita del diversamente abile - insiste - non va considerata in modo frantumato, ma in un progetto, con una visione globale». «È lo schema della scuola-impresa che non funziona - commenta -. Colpisce tutte la fasce deboli: chi ha un disagio sociale e familiare, i disabili, gli immigrati. Sono realtà che vengono emarginate. Torniamo indietro di trent'anni: alla scuola dei "bravi" e dei "figli di papà"». Sotto accusa è tutto l'impianto della riforma Moratti: dalla riduzione del tempo obbligatorio da trascorre a scuola, all'eliminazione del tempo pieno e di quello prolungato, all'aumento degli alunni per classe, alla riduzione del personale. «Tutte scelte che vanno contro ogni pratica di inclusione». L'effetto è la protesta. «A Messina e in altre città le famiglie sono state costrette a chiedere l'intervento dei prefetti per vedere garantito il diritto all'istruzione dei loro figli. Lo scorso anno nel Lazio diversi genitori si sono dovuti rivolgere con successo al tribunale. È la consapevolezza di avere diritti da far valere». Proprio per questo l'Anffas ha dato vita ad un «Tribunale per i diritti dei disabili». Coinvolge avvocati e magistrati, nomi noti come Grasso in Sicilia o Casson nel Veneto. Proprio come un vero tribunale affronta i casi dei "diritti negati". Emette "sentenze" che le persone interessate possono far valere nei confronti di chi ha leso il loro diritto. Altrimenti vi è sempre la possibilità rivolgersi ad un vero tribunale. |