LE STORIE

«Ho vinto un concorso ma non un contratto»

«La prospettiva di aspettare quattordici anni per passare di ruolo è devastante»


di Al. Cap. da Il Corriere della Sera dell'8/10/2004

 

Fabiola Frantini si è laureata nel 1985 e da allora ha iniziato la carriera accademica: quasi vent’anni dopo, non ha ancora una cattedra. A dire il vero, pochi mesi fa per lei sembrava fatta: è il gennaio del 2004, e Fabiola (dopo contratti di vario tipo) vince il concorso da professore associato. Salvo poi scoprire che La Sapienza non ha i fondi necessari e ritrovarsi con una sigla che sembra una beffa. Sps, senza presa di servizio. Cioè: è riconosciuta la sua nomina di docente, ma, scusi tanto, per chiamarla non ci sono soldi. Così Fabiola Fratini, 43 anni, occhi chiari ed espressione serena, si ritrova alla manifestazione di protesta contro il ddl Moratti: tra i suoi colleghi, che come lei hanno ognuno una storia da raccontare. La sua, è fatta di attese, concorsi vinti, ancora attese, altri lavori per «pagare l’affitto», speranze, esultanze che diventano rabbia. Come detto, la laurea in architettura arriva nel 1985. Nel 1990 vince il concorso per il dottorato di ricerca in «tecnica urbanistica». Tre anni, poi altri quattro senza contratti. Nel 1997, vince il concorso per ricercatore: i primi tre anni «di prova» e nel 2000 è «ricercatore confermato». Poi, e siamo al gennaio 2004, la grande illusione: concorso vinto e beffa immediata, niente risorse, assunzioni bloccate, «professore sì ma senza presa di servizio». Adesso, quasi vent’anni dopo la laurea, aspetta ancora.

Accanto a lei, un docente di Urbanistica a Ingegneria: Paolo Colarossi, 61 anni. La sua è una delle facoltà che per prime hanno rinviato l’inizio delle lezioni. E per capire qual è lo stato dell’università italiana, il professor Colarossi esordisce con un grazie: «Noi non potremmo andare avanti, mandare avanti i corsi di laurea, senza il volontariato». Prego? «Il volontariato, la passione dei giovani, una definizione vale l’altra. Ma quei ragazzi che ottengono contratti annuali da 250 euro all’anno, non vorrete mica dire che lo fanno per soldi, no?». E spiega, il professore, che è grazie a molti volontari che alcune cose si risolvono e altre funzionano: «Spesso fanno da tutor alle matricole, o altro. Ma passano molto tempo in facoltà, e alla fine dell’anno ricevono 250 euro. Volontari, ecco cosa sono».

Il professore è molto critico: «L’università è malata di suo, ed è inutile ricordare i problemi, dal sovraffollamento ai pochi fondi. Ma adesso, poi, questo disegno di legge Moratti è davvero devastante». Quasi non si fa in tempo a chiedergli perché, per sentirsi dire che «il precariato diventerebbe di quattro anni, poi altri quattro, poi altri tre, poi altri tre. E dopo quattordici anni, forse, e sottolineo forse, si arriva all’immissione in ruolo. Vi sembra sopportabile? Oppure chi ha talento fuggirà da questo Paese ancora più velocemente di quanto fatto finora?».