Generazione di precari
Indagine Ires: solo il dieci per cento di chi ha
lasciato il co.co.co è diventato dipendente mantenendo lo stesso
datore di lavoro. Il 60% è passato al lavoro a progetto. Un terzo dei
collaboratori guadagna meno di 800 euro netti al mese e l’80% di chi è
passato al co.pro dice che le sue condizioni non sono cambiate o sono
peggiorate.
di Federico Pace da
KataWeb,
pubblicato su Orizzonte scuola il 30 ottobre 2004.
Quando le avversità ci inseguono con una certa
insistenza si dice, con un poco di distaccata ironia, che seppure la
fortuna sia cieca è la sfortuna a vederci benissimo. Così anche per la
flessibilità o precarietà si può dire che sia capace dello stesso
infallibile sguardo. Sì, perché nonostante in questo anno sembra
essere cambiato quasi tutto in termini di norme, i precari, gli
atipici, i collaboratori a progetto sono gli stessi di sempre. Tanto
che si può dire che a pagare il conto della flessibilità sono sempre
loro. Una generazione di giovani-adulti che pur avendo un'elevata
professionalità non riesce a conquistare per sé tutele e retribuzioni
adeguate.
Secondo la prima indagine (vedi
sintesi in .pdf) che ha voluto indagare su cosa è stato dei
lavoratori parasubordinati dopo la Legge 30, realizzata da Ires Cgil e
presentata oggi a Roma, che ha coinvolto 555 lavoratori, ben il 43,6%
non ha ancora cambiato contratto. Questo perché nell’incertezza
normativa molti datori hanno preferito prorogare i vecchi contratti.
Ma per capire davvero cosa potrà succedere ai vecchi co.co.co, da
pochi giorni scomparsi quasi definitivamente, ci si deve concentrare
allora sul 25,8% che invece il contratto lo ha già cambiato restando
con lo stesso datore di lavoro (vedi
tabella). Di questi il 60% è passata al contratto a progetto e
solo poco più del 10% ha visto cambiare il suo contratto in quello di
lavoro dipendente.
“Questa quota però – ci ha detto Giovanna Altieri, responsabile della
ricerca e direttore dell’Ires (vedi
l’intervista) - può essere considerata fisiologica e non
riconducible a effetto diretto della Legge 30. Quando si entra in un
luogo di lavoro al di là della forma contrattuale si viene conosciuti,
apprezzati capita che una parte viene trasferito a dipendente.
Difficile dire che questa quota abbia a che fare con la legge 30.” A
questo dieci per cento si aggiunge un altro 5% che invece è passato da
occasionale a co.pro e un 2,3% che è passato da co.co.co al cosiddetto
esercito della Partita Iva.
Ma cosa pensano gli ex co.co.co di questo passaggio al contratto a
progetto? Per il 62,1% non è cambiato assolutamente nulla e il 20 per
cento di loro dice addirittura che la sua situazione è ora peggiorata.
Solo il 10,8% dice di trovarsi in una situazione migliore.
Uno degli obiettivi dichiarati della Legge 30, quello di smascherare
le collaborazioni “spurie” ovvero i dipendenti celati da
collaboratori, sembra così essere stato mancato.
Ma i punti dolenti non sono finiti. Perché dai dati dell’indagine
appare chiaro che questo gruppo di collaboratori, utilizzato come una
risorsa interna (quasi il 60% dei lavorati ha un orario standard con
un solo datore di lavoro che supera le 40 ore settimanali -
vedi tabella), è tutto fuorché un gruppo di figure a bassa
qualifica. Buona parte dei precari eterni hanno professionalità alte e
lavorano in settori di punta del terziario avanzato, l’informatica, la
formazione, i servizi alle imprese. Una vera risorsa per il Paese.
Ebbene un terzo di loro guadagna meno di 800 euro al mese e la metà di
loro si ritrova nelle tasche uno stipendio netto compreso tra 800 e i
1200 euro al mese (vedi
tabella). “Secondo nostre stime – dice Altieri – questi giovani
professionisti guadagnano dal 40% al 50% in meno di un lavoratore
dipendente di pari livello.”
Va detto che per quanto riguarda i contenuti formali dei contratti,
nei nuovi contratti a progetto si trovano trattati in misura maggiore
una serie di istituti (vedi
tabella). Il 28% dei contratti a progetto prevede tutele in caso
di maternità e malattia mentre lo stesso vale solo per il 14 per cento
dei co.co.co. Anche assicurazioni e infortuni, così come norme sulla
recessione del contratto, sono più presenti nei contratti a progetto.
Meno presenti invece i diritti sindacali e i percorsi formativi.