Riforma Moratti:
le scuole circondate dagli ispettori
di
Roberto Monteforte da
l'Unità del 24
Ottobre 2004
«Le conferenze di servizio non sono certo una
novità ma con questa riforma si sono trasformate in uno strumento per
convincerci ad applicare la riforma Moratti. Ci dicono che è legge
dello Stato. Siamo alla pressione esplicita. Vogliono fare la conta,
vedere chi la applica e chi no. Non è possibile discutere sul merito
educativo pedagogico dei provvedimenti. Se non vuoi il tutor sei
etichettato come un sabotatore della riforma. È questo che dà
fastidio». È lo sfogo di una dirigente scolastica di una scuola
primaria della provincia di Roma, Rosalia Zene, convocata nei giorni
scorsi insieme ai colleghi di altri distretti ad un «conferenza di
servizio» dagli ispettori di viale Trastevere. «Cercano di convincerci
quanto sia bella la riforma e usano argomenti triti e ritriti: parlano
di continuità didattica, citano la centralità della persona come se le
avessero inventate loro. Il punto non sono i tutor o le altre scelte
particolari, questa riforma è penosa nella sua globalità» commenta la
direttice scolastica che proprio non sopporta l’accusa di essere
contro i cambiamenti: «Come facciamo ad avere paura dei cambiamenti
noi che siamo in trincea ogni giorno? Avremmo già cambiato lavoro».
Quello che la preccupa è il clima di confusione sul piano politico,
pedagogico e sindacale che viene alimentato. «Distinguiamo il piano
sindacale dalla carriera dei docenti, non riguarda noi ma l’Aran. Non
posso essere io a cambiare l’orario degli insegnanti» afferma. Ricorda
quanto sia delicato toccare il tema della figura docente e cita il
«concorsone» che scatenò la protesta degli insegnanti.
Riforma per forza. Questa «operazione» non parte oggi. Già a fine
giugno la Moratti aveva convocato al ministero i direttori generali
per un corso intensivo di due giorni su come comunicare i contenuti
della riforma. Così come si fa con i venditori capi area: istruzioni
su come piazzare un prodotto. Poi a catena, sono seguite le iniziative
regionali, nel Lazio con almeno due tornate di conferenze di servizio:
una alla fine dello scorso anno scolastico, l’altra a settembre. Ma
con un cambiamento significativo: si è passati da una fase
illustrativa a quella del convincimento «forzoso», alle intimidazioni,
alla minaccia di provvedimenti disciplinari.
Brutto clima. Un clima che non piace neanche a Simonetta Salacone,
anche lei direttrice didattica a Roma: «Queste conferenze di servizio
sono una cosa molto antipatica, sono un‘indagine su cosa stiamo
facendo» afferma in attesa di essere convocata il prossimo 28 ottobre.
La parola d’ordine del ministero e delle direzioni generali regionali
è «la legge c’è e si deve fare» ma, rileva la Salacone, «cosa dica è
tutto da chiarire». «Sul tutor finché non parte la trattava sindacale
mi sento autorizzata a dire di non saperne niente» aggiunge. Cita poi
quella che viene presentata coma la grande novità: gli obiettivi non
sono più di insegnamento ma di apprendimento e le unità didattiche
sono ora di apprendimento. «È come se nella scuola dell’obbligo non ci
fossimo da sempre occupati di quanto i ragazzi apprendano» sottolinea.
«È assurdo che ci dicano che dobbiamo applicare una legge quando è per
tanta parte ancora in itinere: sul tutor c’è il tavolo sindacale e
sull’opzionalità di scelta da parte dei genitori la mancanza di
chiarezza è totale».
L’operazione convincimento non piace neanche a Armando Catalano, il
coordinatore dei direttori didattici della Cgil: «Se le cose stanno
così siamo di fronte a una riedizione testarda di una modalità di
interloquire con i dirigenti scolastici che continua ad essere
sbagliata», commenta. «Oramai il confronto e le indicazioni che
volevano dare ci sono già state, non si vede perché debbano insistere.
Le scuole oramai sono iniziate, quel che è fatto è fatto. Dopo due
mesi non si possono mettere in discussione le programmazioni già
fatte. Aspettiamo l’anno prossimo».
«È una inutile operazione di carattere autoritario» così il segretario
nazionale Flc-Cgil, Enrico Panini bolla le iniziative della Moratti.
«Non serve a molto sguinzagliare ispettori nelle scuole per verificare
quali siano gli adempimenti fatti. Oramai riescono solo ad usare
l’arma del controllo autoritario. Gli ispettori - aggiunge - nulla
possono contro le legittime delibere dei collegi dei docenti, se non
cercare di intimorire». E conclude: «È un’operazione tanto più
inaccettabile ora che è aperto proprio su questi temi un tavolo di
trattativa. Il fatto che lo stesso ministro Moratti dica che non si
può fare nulla sino a quando non è conclusa la trattativa e per questo
ha bloccato l’aggiornamento dei docenti, rende quella scelta ancora
più intollerabile».
Gli ultimi giapponesi. Si ha l’impressione che a viale Trastevere si
ragioni un po’ come gli ultimi giapponesi durante l’ultima guerra. Non
ci si rende conto di cosa sia la scuola dell’autonomia in Italia,
visto che oltre che a Roma e nel Lazio, in Sardegna, in Piemonte, in
Liguria, in Emilia e Romagna e in Campania, per citare solo alcune
regioni, va avanti il tentativo di far passare a tutti i costi la
riforma Moratti, istituzione del «tutor» in testa. Un’operazione che
rischia di avere un effetto boomerang viste le adesioni sempre più
massicce allo sciopero generale e alla manifestazione indetta dai
sindacati contro la riforma Moratti il prossimo 15 novembre.