Poveri insegnati sono i peggiori d’Europa

di Marcello Veneziani da Libero del 21 novembre 2004

 

Tra uno sciopero passato e uno sciopero annunciato, la scuola processa ogni giorno, in aula e in piazza il suo Ministro Letizia Moratti. Posso dire una cosa indecente e indocente agli occhi dei mass madia e delle cattedre? Da bocciare non è il ministro ma i professori. Se la scuola italiana fa un po’ schifo la colpa principale spetta a loro: li pagano poco, è vero, ma molti di loro non meritano neanche quei tre soldi.

I professori italiani sono i peggio considerati d’Europa ma anche i peggio preparati, i peggio selezionati e i più ideologizzati. Certo, è più facile cambiare un ministro che una milionata di docenti. E so bene che in quell’esercito di professori c’è una dignitosa minoranza che merita tutto il rispetto. Però, lasciatemi dire che la media è inferiore a quella europea e forse mondiale. Troppi professori sono figli della demagogia degli anni settanta, dell’infornate senza concorso, dei cortei e delle sessantottate, delle occupazioni e della demeritocrazia militante.

I due partiti di maggioranza dei docenti sono i faziosi e i paraculi, ovvero quelli che sono infarciti di ideologia, femminismo e menopausa acida, e quelli che scansano la fatica, hanno altre attività o si danno malati per andare in vacanza. I primi si presentano in classe con la Repubblica, l’Unità, Manifesto e Liberazione. I secondi entrano in classe lasciando la loro testa altrove. Come poi cambiare la scuola se più dei due terzi della scuola sono affiliati a questi due partiti? Puoi pensare la migliore delle riforme ma se il materiale umano è scadente va a rotoli. Magari non solo e non tanto per colpa loro ma di chi li ha messi in cattedra, chi li ha protetti e frustrati, chi ha fornito loro sia l’entrata in ruolo, che l’alibi morale e mentale per fare sega a scuola, pur fingendosi presenti. In ciò sono aiutati dalla famiglia allo sbando che sforna ragazzi poco educati e molto travagliati; e poi i libri di testo partigiani, la tv matrigna e il declino della sfera pubblica, con il relativo elogio del privato, che penalizza la scuola di tutti.

Numerosi sono poi i problemi di fondo. Per esempio il professore è tenuto a trascurare la classe e soprattutto i migliori per recuperare il disagiato. Magnifico proposito dal punto di vista evangelico e morale, ma terribile esito dal punto di vista educativo e formativo: per inseguire il ventiquattresimo si trascurano gli altri ventitrè. La situazione, già critica, è peggiorata da quando è piombato in classe, l’immigrato di fresco sbarco. E’ russo, è cinese, è curdo, fa tenerezza, ma non sa una parola di italiano. Allora il docente deve sforzarsi con i gesti, con mezzo inglese, o con qualche altro arnese fortuito da pagina 777 di televideo, di far capire il teorema di Pitagora e Manzoni al povero allogeno. Per integrare l’immigrato disintegra la classe. Il discorso vale anche se c’è un rom, o un ragazzo che ha problemi psichici, che è violento, o è asociale: il professore deve inseguire la pecorella smarrita e abbandona il gregge. Per carità fa un opera pia, ma a che serve la scuola per la stragrande maggioranza dei ragazzi? Insomma, l’aspetto della scuola odierna è piramidale ma non in senso selettivo bensì al rovescio: per recuperare l’eccezione si manda all’aria l’istruzione-base di tutti gli altri. Che società verrà fuori da questa piramide al rovescio?

Allargando lo sguardo in alto e in basso del personale scolastico, l’impressione è che la scuola non abbia più ne capo ne coda: ovvero ha perso il preside e il bidello che erano le colonne d’Ercole della scuola, le sue estremità basilari. Il preside fu di fatto abolito. Al suo posto c’è il dirigente d’istituto un centauro mezzo manager e mezzo psicoterapeuta, una specie di supersegretario con compito di imprecisata stregoneria e di ordine pubblico. Un burocrate travestito da animatore. Ma dire al suo posto è un eufemismo, perchè l’ex preside non è quasi mai presente. Presiede infatti più istituti, ha un vice effimero o in via di nomina, sta facendo strani concorsi, è distaccato chissà dove. Insomma il preside non esiste più nè di nome nè di corpo, è evaporato così la scuola è acefala, ha perso il capo.

Ma alla scomparsa del preside corrisponde, per simmetria, la scomparsa del bidello. Così la scuola, oltre che acefala, è pure focomelica. Il bidello scompare come qualifica alcuni anni or sono, rientrando nell’ineffabile personale non docente, che potrebbe includere tutti, anche i domatori di circo e le ballerine. Osservando la loro vita nell’arco di un’ora, come nei documentari di Piero Angela o nel Grande Fratello, si scopre che il bidello è un’entità vaga e vagabonda, priva di compiti effettivi. Una presenza assente. Infatti per pulire le scuole arrivano le imprese esterne, per ridipingere a nuovo le aule ci pensano i ragazzi, che fanno pure la colletta; per fare fotocopie, aprire la posta e così via, languono allo scopo gli applicati di segreteria. Un tempo i bidelli erano come Caron demonio, traghettatori d’anime dannate; avevano anche una funzione simbolica e catartica importante: suonavano la campanella. Ora è quasi sempre automatica: lo so per triste esperienza, perchè avevo un liceo di fronte alle mie finestre e sentivo suonare ogni ora domenica incluse, a prescindere dalle lezioni. Allora mi chiedo: a che serve quella comitiva di individui ribattezzati personale non docente? E quell’ex bidello che riposa in una campana di vetro, come i santi e le madonne, che ci sta a fare lì all’ingresso? A raccogliere gli ex voto? Viene usato come il martello o l’estintore, in caso di emergenza rompete il vetro? Mi sembra tutto surreale. Eppure ricordo il ruolo paterno, matrigno e fraterno dei bidelli, complice ora del professore e ora dell’alunno: stavano lì col secchio e la scopa, facevano un po’ di tutto, gli idraulici e i falegnami, le spie e i precettori degli alunni prima dell’esecuzione (le interrogazioni). Erano importanti, eccome, erano una scuola di vita, una specie di avviamento professionale clandestino, una struttura parallela all’insegnamento. I servizi deviati. Ma tenevano puliti i servizi sanitari.

E mi ricordo il Signor Preside che era un po’ il simbolo della scuola, il monarca buono, in certi casi, l’Istituzione inflessibile in certi altri.

Era un Super-professore, più docente degli altri, ora difensore dei docenti ora vendicatore dei discenti. Adesso vedo due fantasmi al posto del preside e del bidello. E ne soffro anche per fatto personale perchè provengo da una famiglia in cui tutti erano nella scuola a cominciare da mio padre preside. Ed io, ultimogenito, ero potenziale bidello perchè tutti gli altri ruoli erano già coperti in casa. Adesso, senza il preside e senza il bidello, mi sento moralmente orfano e disoccupato. Insomma a scuola non mancano solo i soldi ai docenti ma anche educatori, aule, presidi e bidelli agli alunni. Perciò vi dico: non gettate la croce sulla Moratti, magari per togliere entrambe dalle aule.