Ogni scuola può scegliere

il suo modello di pagella.

Gli istituti liberi di modificare griglie e giudizi

«Ma dovranno tenere conto dei piani nazionali».

 

di Gabriela Jacomella da Il Corriere della Sera del 7 Dicembre 2004

 

C’era una volta la pagella. Quella in carta spessa, con tanto di coroncina d’alloro, su cui maestri e professori vergavano a mano o a macchina voti, promozioni, bocciature. Uguale per tutti, da Nord a Sud. E da tutti allo stesso modo attesa, temuta, perfino sacralizzata. Da ieri, la scheda nazionale non esiste più. A mandarla in pensione (per ora nella primaria e nel primo anno della ex media) è stata la circolare 85, attesa con ansia da insegnanti e dirigenti. Quella che sancisce le linee di valutazione nella scuola riformata. E dunque: non più una pagella sola, ma libertà agli istituti nella definizione delle schede. Che non saranno più stampate dai Poligrafici dello Stato, ma verranno riprodotte «in proprio». Anche i voti potrebbero cambiare. Nel nome, prima ancora che della riforma, dell’autonomia.

LE SCELTE - Perché questa volta, la riforma Moratti non c’entra. Non del tutto, almeno. Nel senso che la «morte della pagella» risale a molto tempo fa, con l’entrata in vigore dell’autonomia. Già dal 1° settembre 2000 la scomparsa avrebbe dovuto essere definitiva, «ma si è preferito aspettare i nuovi programmi, con gli indicatori di apprendimento della riforma», spiega Sergio Govi, della Direzione ordinamenti del ministero. Però da oggi si cambia davvero. Da adesso modi, tempi e criteri di valutazione, «nonché della predisposizione degli strumenti valutativi», competono a docenti e scuole. Tradotto: niente più griglie vincolanti dentro cui scrivere voti e giudizi. «Certo, c’è la difficoltà di rinunciare a un modello nazionale, senza rimettere ogni responsabilità in esclusiva alle scuole». E quindi «ci siamo ispirati al modello vecchio, modificandolo secondo la riforma: oltre all’apprendimento, saranno valutati anche comportamento e attività facoltative opzionali. Qualsiasi scheda, anche quella ideata "in proprio", dovrà tener conto di questi indicatori». Ad ogni buon conto, su www.istruzione.it si può trovare (e scaricare) «un modello già strutturato, da compilare in via informatica». Piccolo particolare: la stampa delle schede spetterà alle scuole. «Ma con il modello in rete la spesa dovrebbe ridursi».

I DUBBI - La novità non piace all’Adi, l’Associazione docenti italiani: «In primo luogo perché arriva tardi, in molte scuole siamo già in chiusura trimestre», accusa la presidente Alessandra Cenerini. «E poi c’è confusione tra valutazione formativa, che nell’autonomia ciascuno organizza come crede, e certificativa, che invece deve avere criteri omogenei in tutto il Paese». Senza contare il problema dei voti, «si sottolinea l’esigenza di mantenere gli "ottimo" e i "distinto", ma non è vincolante. E se uno cambia scuola, come si fa a capirsi?». Un pericolo che Govi esorcizza, «non credo che i vecchi giudizi andranno in pensione». Senza contare che «in futuro ci saranno standard nazionali di apprendimento definiti dall’Invalsi. Probabilmente l’autonomia tornerà a rivolgersi al sistema centrale (anche se non al ministero) per valutare i suoi risultati». Ma c’è un’altra perplessità: il portfolio. Anche qui il rischio è la confusione, sostiene l’Adi. Giuseppe Bertagna, pedagogista, la vede all’opposto, «lo scopo del portfolio è descrivere un percorso, non radiografare un istante. La scheda rigida non serve più: ci vuole un modulo finale che dica "ammesso" o "bocciato", ma il vero strumento di valutazione è il portfolio». E requiem sia per la vecchia pagella.