L ‘Ocse punta il dito contro i modelli educativi.

Da giovedì la legge finanziaria va in aula al senato.
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L’Italia è bocciata in matematica.

Al terz‘ultimo posto tra i partner Ue nonostante gli investimenti.

 di Alessandra Ricciardi da ItaliaOggi del 7/12/2004

 

Italia bocciata in matematica. Il sistema italiano nel 2003 si è classificato al terz’uiltimo posto tra gli stati dell’Unione europea in quanto a rendimento nelle materie scientifiche, matematica in primis, al quint’ultimo sui 29 presi in considerazione nel mondo. Lo studio che conferma il pessimo andamento degli studenti quindicenni italiani è l’annuale Pisa dell’Ocse, presentato ieri a Bruxelles. E se in Italia scuola e matematica non vanno d’accordo, non è di certo migliore il rapporto con la lettura: un precedente rapporto, sempre Pisa, segnalava che l’Italia supera solo Grecia, Slovacchia, Turchia e Messico. Per la matematica fa meglio soltanto di Portogallo, Grecia, Turchia e Messico.

Sul tavolo degli accusati dell’Ocse questa volta non sono finiti i finanziamenti, che sono tra i più alti assieme a quelli degli Stati Uni ti d’America. Alle primarie, ex elementari, la spesa media per studente in Italia si attesta infatti sui 6.700 dollari americani, contro una media Ocse di 4.850. Alle medie si spendono 8.258 dollari contro la media di 6.500 dei partner. Una differenza che dipende dal numero più alto di insegnanti per alunni. E che però non è servita a migliorare le prestazioni. A fare acqua da tutte le parti sono evidentemente i modelli didatti ci utilizzati.

I ricercatori dell’Ocse sottolineano anche le disparità di livello fra le scuole all’interno di una stessa nazione. L’Italia vie ne infatti citata assieme a Germania, Austria, Belgio, Ungheria, Giappone, Olanda e Turchia fra i paesi in cui «le differenze di risultati tra gli allievi si spiegano in larga misura attraverso differenze di prestazioni tra le scuole». Se la scuola italiana peggiora le sue posizioni a livello internazionale «la colpa è delle politiche scolastiche e dei governi», ha affermato il sindacato autonomo Gilda.
«L’indagine dimostra, se mai ce ne fosse bisogno, che il nostro paese ha bisogno di un grande investimento riformatore sulla scuola pubblica. Esattamente il contrario di quanto si sta concretizzando fra gli scogli della Finanziaria e della riforma della scuola voluta dal ministro Moratti», ha commentato il segretario della Cgil scuola, Enrico Panini. A denunciare il pessimo posizionamento dell’Italia anche il ministero del welfare che ieri ha inviato un rapporto sulla formazione professionale alle camere. Secondo gli ultimi dati comparabili disponibili, che risalgono al 2001, la popolazione che ha conseguito almeno il diploma di scuola secondaria superiore tra i 25 e i 64 anni è del 43%, tra i 25 e i 34 anni del 57%, tra i 35 e i 44 anni del 49%, tra i 45 e i 54 anni del 39%, tra i 55 e i 64 anni del 22%. Contro una media Ocse rispettivamente del 64%, del 74%, del 69%, del 60% e del 49%. A stare peggio di noi innanzitutto il Portogallo, ma anche la Spagna.

Riguardo all’indicatore sugli abbandoni precoci del sistema scolastico (che entro il 2010 non dovranno superare il 10%, secondo gli obiettivi di Lisbona), l’Italia nel 2002 ha fatto registrare un valore del 24,3% a fronte del 18,8% dell’Europa a 15 e deI 16,4% dell’Europa a 25. «Questi dati dovrebbero farci riflettere.

E’ necessario aprire un grande tavolo di confronto per invertire la rotta e per definire gli interventi necessari», ha detto Francesco Scrima, segretario della Cisl scuola.

Intanto, prosegue al senato l’iter di approvazione della legge finanziaria, su cui l’aula dovrebbe iniziare la discussione generale il prossimo giovedì.

Tra le nuove misure, il maxi emendamento del governo a copertura del taglio delle tasse. Per quanto riguarda la scuola, è stato inserito un tetto di spesa per le supplenze brevi degli Ata e degli insegnanti, che non potrà superare i 766 milioni di euro per l’anno 2005 e 565 milioni a decorrere dal 2006.

A regime, dunque, circa 200 milioni in meno, «che avranno un effetto negativo proprio sull’organizzazione scolastica e il rendimento degli alunni, che saranno accorpati ad altre classi durante l’assenza del titolare critica Massimo Di Menna, segretario della Uil scuola. Il ministero è delegato ad attuare le misure attuative (si veda ItaliaOggi di martedì scorso).

Il maxi-emendamento conferma la necessità di recuperare nei prossimi due anni non meno di 14 mila insegnanti di lingue dalle elementari, il relativo insegnamento sarà coperto dai docenti non specializzati delle elementari, adeguatamente preparati attraverso corsi di formazione. (riproduzione riservata)