Metà degli edifici non ha il certificato di staticità.
Lo studio del Servizio sismico fermo nei cassetti da 8 mesi

Fuorilegge una scuola su due

Ecco il rapporto del ministero.
Zone a rischio sismico, tutti conoscevano la nuova mappa
L'allarme dei sindaci e dell'Unione delle province

di GIANCARLO MOLA da Repubblica.it (3 novembre 2002)


ROMA - Letizia Moratti sapeva, da almeno otto mesi, che 57 scuole italiane su cento sono fuorilegge dal punto di vista dell'agibilità statica. Le Regioni sapevano da anni quali sono i comuni ad alto rischio sismico che però risultano ancora "non classificati". Il ministero dei Lavori pubblici sapeva, dal dicembre 1998, che era pronta una nuova mappa del pericolo terremoti in Italia. Tutti sapevano quello che sarebbe potuto succedere. E che sciaguratamente è accaduto, a San Giuliano di Puglia e negli altri comuni della provincia di Campobasso.
Solo adesso - troppo tardi - le carte vengono fuori. Sono documenti dimenticati, studi pagati, rea-lizzati e poi ignorati, allarmi rimasti lettera morta, comunicazioni fra istituzioni dello Stato in lite su poteri e competenze ma paralizzate nelle decisioni. Documenti che oggi potranno aiutare chi è chiamato a fare luce su una strage di innocenti che forse poteva essere evitata.
Le scuole. Lo studio porta l'intestazione del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca. Si intitola così: "La cultura della sicurezza nella scuola. Il punto sullo stato di applicazione della legge 626/94". Data: febbraio 2002. Il quadro che emerge è sconfortante: 5.468 scuole italia-ne (il 57,02%) sono sprovviste del certificato di agibilità statica (lo stesso parametro sul quale si giudica la idoneità a sopportare un terremoto). Addirittura 7.021 (il 73,1%) non hanno nemmeno il certificato di prevenzione incendi. In quasi 2000 istituti (il 20,9%) non sono mai state effettuate prove di evacuazione. La ricerca del ministero si riferisce ai questionari restituiti da 9.728 scuole sulle 10.824 esistenti.
Il Molise? In viale Trastevere si sapeva benissimo che nella regione oggi in lutto la situazione era - se possibile - ancora peggiore. Il 62,79% delle scuole non ha il certificato di agibilità statica, l?% è sprovvisto del certificato anti-incendio. In un istituto su tre non si fanno i test di evacuazione. E così via.
La cultura della prevenzione, nonostante le prescrizioni della legge, non esiste. E l'obbligo di met-tere le aule a norma entro il 2004 rischia di rimanere inattuato, se il governo non metterà mano al portafogli. Oltre ai sindacati, lo stallo delle attività di edilizia scolastica, era stato sollevato anche da comuni e province. Il 10 ottobre scorso l'Anci (l'associazione dei sindaci) aveva chiesto all'ese-cutivo di rivedere la finanziaria, proponendo, fra l'altro, "interventi in materia di edilizia scolastica per evitare che i tagli proposti abbiano ricadute finanziarie negative sui bilanci dei comuni".
Un grido d'allarme simile a quello lanciato il 26 luglio dall'Upi (l'Unione delle province italiane): se non arrivano soldi, denunciavano i presidenti, "l'esercizio della funzione rischia di esaurirsi nella semplice manutenzione ordinaria, compromettendo così sia la sicurezza, sia la vivibilità degli edifici scolastici". Frasi che, a leggerle oggi, fanno venire i brividi.
Le mappe. Lo studio coordinato del Servizio sismico italiano, che allargava l'area dei comuni a ri-schio di terremoti (e comprendeva anche i paesi straziati dalle scosse in Molise), non è stata solo una ricerca scientifica che ha lasciato qualche traccia su Internet. Il rapporto, completato all'inizio del ?, era conosciuto da tutte le istituzioni interessate a potenziali emergenze. Nasceva dal vecchio problema di classificare il rischio sismico in Italia. Fino all?, infatti, la mappa riguardava - in so-stanza - le zone nelle quali dal 1908 si erano registrate forti scosse. Non quelle nelle quali, negli ultimi mille anni, la terra aveva tremato. Le nuove tecnologie, negli ultimi decenni, avevano però permesso di andare a ritroso nel tempo. E individuare, per esempio, a San Giuliano di Puglia ter-remoti fino al nono grado Mercalli.
Ebbene, già a dicembre 1998, studio e mappe erano state inviate al Consiglio superiore dei lavori pubblici, all'epoca competente sulla riclassificazione. Ma qualche mese prima, il 25 giugno, la Gazzetta ufficiale pubblicava una ordinanza del dipartimento della Protezione civile (firmata dal-l'allora ministro dell'Interno Giorgio Napolitano) che disponeva "di recepire l'elaborato tecnico predisposto dal gruppo di lavoro misto". Non ai fini di classificarli come "a rischio sismico". Ma per permettere a cittadini ed enti locali di usufruire degli sgravi e dei contributi già previsti a favo-re delle popolazioni terremotate dell'Umbria e delle Marche. Fra i comuni inclusi nella lista c'era San Giuliano, c'era Larino, c'era Bonefro. C'erano tutti, insomma.
Non è finita. Il 13 aprile 1999 la proposta viene presentata, come si legge in un documento informativo del Servizio sismico, "agli amministratori e tecnici delle Province e delle Regioni in una giornata di lavoro tenutasi presso il centro polifunzionale della Protezione civile di Castelnuovo di Porto". Le stesse mappe finiscono addirittura nel numero gennaio-giugno 1999 della rivista "Ingegneria sismica". Si arriva così al 4 luglio di quest'anno, quando della questione è investita la Con-ferenza Stato-Regioni.
Tutti sapevano, quindi. Ma come mai la nuova classificazione non è mai arrivata? E' la risposta che ora si aspetta con più impazienza. Che però è legata a troppe variabili. Il conflitto di competenza che da anni contrappone la Protezione civile al ministero dei Lavori pubblici (che appena pochi mesi fa ha proposto una commissione, mai riunita). Il caos sullo status della Protezione ci-vile, passata in tre anni da dipartimento dell'Interno, ad Agenzia autonoma e infine a dipartimento della presidenza del Consiglio senza una vera guida politica. I decreti Bassanini del ?-? che han-no diviso le attribuzioni in materia di emergenze sismiche tra Regioni e Protezione civile, a cui spettano i poteri di indirizzo. Un intreccio di norme, atti politici e amministrativi, che nascondono ancora ciò che adesso la gente di San Giuliano chiede: la verità.