Dopo i 65 anni si perde il diritto ad avere gli incarichi
I docenti precari 65enni non hanno diritto a rimanere nelle
graduatorie permanenti.E' quanto dispone una circolare del Ministero
dell'istruzione emanata il 19 febbraio scorso.
Il dispositivo, di fatto, nega
ai precari di cercare di ottenere nuovi incarichi per migliorare la propria
posizione contributiva ai fini dell'importo della pensione. Un divieto che
sembrerebbe collidere con l'orientamento generale, teso a garantire a tutti la
possibilità di prestare servizio oltre il compimento del 65° anno di età. Di
seguito riportiamo un parere del nostro Ufficio legale che evidenzia le
incongruenze del dispositivo
PRECARI SESSANTACINQUENNI ADDIO!
Con circolare n.17 del 19 febbraio 2002, il MIUR ha disposto
che siano depennati dalle graduatorie permanenti i docenti precari che hanno
compiuto i sessantacinque anni d'età.
Non dovrebbero essere molti, in verità,
gli insegnanti ancora precari che si trovano in questa condizione anagrafica.
Ciò non di meno,eliminarli letteralmente sul piano giuridico, a parer mio,
costituisce un'ingiusta privazione del diritto al lavoro, una sorta di
inabilitazione, o negazione della loro capacità giuridica e di agire nel settore
scolastico : con efficacia brutale, oserei dire che a 65 anni si accerta il
decesso civile dei docenti precari. E' questa una decisione che,peraltro,
confligge con l'orientamento di politica sociale, avviato negli anni novanta, in
base al quale si è rivisitato il sistema previdenziale e si è gradatamente
allungata l'età per accedere all'acquiescenza. Non va dimenticato, come più
volte catechizzato dalla Consulta e dalla Cassazione,inoltre, che nel nostro
ordinamento non esiste un principio generale di invalicabilità dei 70 anni per
qualsiasi attività lavorativa: figurarsi se è possibile che l'Esecutivo possa
con un colpo di penna, anticiparla di un lustro. Affettuosamente parafrasando un
ritornello canzonettistico, nasce spontaneo chiedere alla signora Moratti : " il
vecchietto dove lo mette?". Forse ad infoltire la schiera dei pensionati
sociali, se questi docenti non hanno i requisiti minimi per ottenere il
trattamento pensionistico ordinario? E così saranno additati, loro malgrado, di
concorso all'aumento del costo sociale per spese di trasferimento, che
sottraggono risorse finanziarie, altrimenti destinate per il vagheggiato
stipendio europeo di tutti gli insegnanti italiani.
Il grado di civiltà di
una Nazione si misura con la capacità di prendersi cura dei più deboli, e non mi
pare che il depennamento di questi docenti non di ruolo segni, in tal senso,
onore alla Penisola. Unico segno tangibile di questa assurda disparità di
trattamento giuridico è quello dei tempi: nel senso che l'idea di poter
finalmente licenziare in tronco stuzzica il potere della Ministra, senza l'alea
delle barricate contro la soppressione dell'art. 18 dello Statuto dei
lavoratori, che ora è falsamente barattato come ostacolo per l'occupazione dei
giovani, soprattutto nella scuola dove la verità, contenuta nella legge
finanziaria, è,invece, quella di tagliare 35.000 posti, senza creare nuove
cattedre per i docenti " non sessantacinquenni".
Avv. José Sorrento.