Futuro precario, si trascura
Ne esce compromesso il progresso di un intero
Paese. Rino di Meglio da Professione Docente, aprile 2011 Quando una società non si preoccupa del proprio futuro, allora basta trascurare l´istruzione dei giovani. E´ il sistema più semplice per far sì che negli anni si spezzi la catena delle conoscenze e ne esca compromesso il progresso di un intero Paese. La diffusione abnorme del precariato nella scuola italiana è un pessimo indicatore dell´attenzione che la classe dirigente rivolge al sistema educativo. I precari nella scuola ci sono sempre stati, ma mai così tanti e così anziani; lo stato di supplente consisteva in una breve sosta, tra un concorso e l´altro, una specie di apprendistato, seguita dal ruolo e da una normale carriera. Ora è diventata una condizione permanente, talvolta con il rischio di essere estromessi dalle nomine, a causa dei tagli, e di trovarsi tra i quaranta ed i cinquant´anni, esclusi da altre possibilità lavorative. Eppure più volte non solo la magistratura italiana, ma perfino quella europea hanno sanzionato lo stato italiano per l´abuso nella reiterazione infinita dei contratti a tempo determinato ed ora è probabile che nei prossimi anni una pioggia di migliaia di condanne costringa lo stato a stabilizzare i precari di lungo corso. Se la motivazione alla base della mancata stabilizzazione fosse quella del risparmio, essa non regge. Proprio per iniziativa della Gilda, numerosi tribunali si sono pronunciati (si veda Professione docente di gennaio e febbraio 2011) perché i precari ricevano identico trattamento economico rispetto ai colleghi di ruolo, compresi gli scatti periodici di anzianità. Probabilmente una razionalizzazione del sistema che prevedesse una stabilizzazione dei precari, alla fine costerebbe meno e darebbe una maggior stabilità a tutto il sistema scolastico con una ricaduta positiva sulla continuità didattica e quindi sugli alunni. L´ultima telenovela per i precari è la questione del contenzioso promosso per l´inserimento a pettine dei precari che si erano inseriti in coda in tre province, oltre a quella originaria. Probabilmente nella storia della scuola italiana si tratta del più grande contenzioso mai sorto, un business miliardario per alcuni avvocati, che ha coinvolto attorno alle 20.000 persone e che ha visto sorgere anche qualche organizzazione di fabbrica d´ illusioni a pagamento. La questione è nata quando, all´epoca del Ministro Fioroni, il Parlamento trasformò le graduatorie permanenti in graduatorie ad esaurimento, cristallizzandole. Ad un certo punto il legislatore ritenne, essendo intervenuti i tagli di organico, di istituire l´inserimento in coda in altre tre province, allo scopo di aumentare le possibilità di lavoro dei precari. In realtà la redazione di graduatorie contenenti migliaia e migliaia di nominativi ebbe il primo effetto di paralizzare numerosi uffici provinciali, per la difficoltà di gestire le graduatorie. Subito si scatenò l´offensiva dei ricorsi di chi voleva che lo spostamento fosse non in coda, bensì a pettine in tutte le province, i ricorsi vennero presentati per lo più al TAR del Lazio, onostante noi avessimo subito ricordato che il giudice competente era quello ordinario, come più volte deciso dalla Corte di Cassazione. Ricordiamo i colpi di scena compresa la richiesta di commissariamento del ministero, per mancata applicazione di pronunce cautelari. Risultati pratici zero. Se si eccettua, ovviamente l´arricchimento degli avvocati e lo sviluppo di un´organizzazione pseudo sindacale, fondata sul ricorso continuo. Da ultimo l´intervento della Corte Costituzionale che, sulla base di un condivisibile ragionamento sulla necessità che le graduatorie siano basate sul merito e sui titoli acquisiti, ha cancellato la legge che istituiva le tre code, con il risultato paradossale di eliminare anche la possibilità di ottenere il ruolo da parte di chi aveva provocato la pronuncia. Dal punto di vista giuridico, ora la situazione delle graduatorie è stata riportata al quadro normativo del 2007, un quadro peraltro inapplicabile perché esso stesso si scontrerebbe con i principi enunciati dalla Corte Suprema. Una situazione di drammatico stallo: qualsiasi provvedimento ministeriale non potrebbe ora che generare un´altra catena di ricorsi e il Parlamento non ha legiferato in merito.
Se il Parlamento non
interverrà con urgenza con norme definitive chiare, certe e giuste
per quanto possibile, la situazione evolverà verso il collasso
finale, per la gioia di quelle organizzazioni di dirigenti che
vogliono semplicemente far saltare il meccanismo delle graduatorie
per avere il potere dell´assunzione diretta. |