Ricorso per il riconoscimento dalla Gilda degli insegnanti di Venezia, 4.11.2010 Il ricorso per il riconoscimento degli scatti di anzianità dei colleghi che hanno prestato servizio con nomine a tempo determinato ha stretti limiti temporali. Ecco il perché. Fino ad ora, ossia fino all’entrata in vigore del “collegato lavoro”, era possibile impugnare in giudizio i contratti di lavoro precario di qualsiasi tipo (a termine, di lavoro somministrato o interinale, di lavoro “a progetto” ecc.), che presentassero illegittimità formali e sostanziali e chiederne la trasformazione in contratti di lavoro a tempo indeterminato, in qualsiasi tempo successivo alla data di scadenza del contratto stesso, senza pericolo di incorrere nella “tagliola” del termine di decadenza di 60 giorni previsto, fin dalla legge n. 604/1966, per la impugnazione di un normale licenziamento da un normale contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. In altre parole, il lavoratore licenziato da un contratto di questo tipo doveva e deve “farsi vivo” con una lettera raccomandata di impugnazione entro 60 giorni dal licenziamento: se spediva questa lettera poi aveva cinque anni per iniziare la controversia giudiziaria, ma se non la spediva il suo licenziamento, anche se illegittimo, diventava inoppugnabile e irrimediabile.
Invece, il lavoratore
precario che fosse stato estromesso dal posto di lavoro per scadenza
del termine previsto nel contratto di lavoro precario poteva far
valere la eventuale illegittimità e ottenere la trasformazione in
contratto di lavoro a tempo indeterminato anche dopo molti mesi e
persino anni dalla sua estromissione dal posto di lavoro.
Certamente era giusta,
perché rifletteva la diversità di atteggiamento psicologico tra i
due lavoratori: quello titolare di un rapporto di lavoro a tempo
indeterminato che viene licenziato prende subito atto della
circostanza che, seppur ingiustamente, la ditta non vuole avere più
nulla a che fare con lui, che lo scaccia per sempre e quindi 60
giorni sono sufficienti per decidere se entrare o meno in
controversia. Il lavoratore precario il quale invece viene “lasciato
a casa” per il fatto “obiettivo” della scadenza del contratto, senza
che gli venga fatto addebito alcuno, spera sempre che la ditta lo
richiami con ulteriori contratti precari, e che prima o poi lo
stabilizzi: per questo è molto restio (…) ad impugnare il contratto
precario appena scaduto, anche se sospetta che sia illegittimo,
perché non ha, ovviamente, la certezza del risultato giudiziale e
teme, intanto, di guastarsi con quel datore di lavoro, perdendo ogni
speranza di richiamo. Dal punto di vista tecnico-giuridico la differenza si spiega perché il licenziamento è un atto di volontà del datore di lavoro, che scioglie un rapporto contrattuale esistente, e quindi va impugnato nei 60 giorni, mentre la comunicazione che “lascia a casa” il lavoratore precario per scadenza del termine non è un atto di volontà ma solo un atto “di scienza”, una sorta di fotografia della situazione. Però, se la situazione era in realtà diversa perché il contratto precario era per qualche motivo illegittimo e quindi automaticamente trasformato dalla legge in rapporto a tempo indeterminato, questa è la situazione che viene poi accertata dalla sentenza, senza bisogno di previa impugnazione nei 60 giorni della nullità del termine di scadenza.
Contraddicendo a questa
giurisprudenza consolidata, il “collegato lavoro” ha introdotto la
necessità di impugnare con raccomandata il contratto precario nel
termine di 60 giorni dalla sua (apparente) scadenza e una volta
fatto questo di procedere poi in giudizio nei 270 giorni successivi.
Dal punto di vista della teoria giuridica si tratta di obbrobrio (in
linea generale le nullità possono essere fatte valere in qualsiasi
tempo), ma quel che importa è la portata giuridico-politica
dell’operazione: si tratta niente di meno che di una sorta di
“sanatoria permanente” delle diffusissime illegittimità dei
contratti di lavoro precari, perché il lavoratore dovrebbe impugnare
entro 60 giorni dalla scadenza, e, come detto, quasi mai lo farà,
nella speranza di esser richiamato. Ciò si legge nell’articolo 32 comma IV, lettere b e d.
Gilda degli Insegnanti
di Venezia |