Precari: proteste e proposte
Era inevitabile. Le proteste dei precari rimasti senza lavoro, a causa dei pesantissimi tagli decisi dal governo, hanno contrassegnato l’inizio dell’anno scolastico. Sono anni che si risparmia e si taglia sulla scuola, ma mai su di essa era calata una scure così pesante. Noi, da anni, denunciamo che la formazione di un precariato così numeroso deve essere ascritta come grave colpa della classe politica, che ha mostrato innanzi tutto l’incapacità di far partire un sistema serio e stabile di reclutamento degli insegnanti. Non si tratta di una semplice trascuratezza, ma di una volontà di risparmio: il precario costa infatti meno rispetto al docente di ruolo.
Fa poi semplicemente sorridere con tristezza il Ministro
dell’Istruzione, quando facendo sfoggio di propaganda, dice che
bisogna bloccare i trasferimenti degli insegnanti per garantire una
maggior continuità didattica agli alunni. Si tratta di una
propaganda subdola che vuole far incolpare i docenti - che
notoriamente amano trasferirsi (sic!)- della girandola di docenti
sulle classi. Ma signor Ministro ! Abbia il coraggio di guardare i dati! Gli insegnanti cambiano perché da anni uno su cinque è precario. Sono spostati, d’ufficio da una classe all’altra, perché gli organici non hanno alcuna stabilità. La nostra Associazione si è sempre battuta per una scuola di qualità, ritenendo che il futuro di questo Paese sia fortemente condizionato dalla capacità di formare validamente le nuove generazioni, e che quindi sia urgente agire per restituire stabilità alla professione docente. Alle migliaia di colleghi rimasti senza lavoro abbiamo quindi espresso tutta la nostra solidarietà, ed abbiamo ricordato ben due scioperi da noi indetti contro i tagli della Gelmini, abbiamo denunciato l’insufficienza e la provvisorietà dei provvedimenti, assunti con i cosiddetti ammortizzatori sociali, un modesto rimedio solo per alcuni. Non ci siamo limitati alla sola protesta, abbiamo indicato anche una soluzione che potrebbe risolvere il problema del precariato, se ve ne fosse la volontà: un abbuono contributivo di due o tre anni, per i docenti che si trovano nell’ultima fascia stipendiale, favorendo un pre-pensionamento volontario e lasciando liberi i posti per immettere in ruolo gli abilitati. Si tratta provvedimenti già assunti dal Governo per grandi società private(Alitalia, Banche, Chimici ecc.), ma anche pubbliche (Ferrovie, Poste, e Municipalizzate dei Trasporti) che, a fronte di tagli strutturali, creerebbero solo un lieve anticipo di spesa per i pre-pensionamenti. Una spesa veramente lieve perché farebbe risparmiare sull’indennità disoccupazione (6 mesi al 60 % più 2 mesi al 50 % dell’ultimo stipendio), per non parlare degli interventi di numerose regioni che, comunque, spendono fondi pubblici. Un ulteriore risparmio verrebbe realizzato sugli stipendi, calcolando che al lordo delle ritenute fiscali, un neo assunto costa tra gli 800 ed i 1000 Euro in meno, rispetto ad un docente giunto all’ultima fascia stipendiale. Una simile iniziativa ammortizzerebbe gli effetti della riforma sui precari, e potrebbe liberare attorno ai 20.000 posti per ogni anno di abbuono contributivo, risolvendo quasi definitivamente il problema del precariato docente. Ultimo, ma non meno importante, il corpo docente italiano è oggi tra i più anziani del mondo. Se questi provvedimenti fossero accompagnati da iniziative serie sul reclutamento e sulla formazione iniziale degli insegnanti, potremmo almeno registrare, in tanto sfascio, una positività.
Rino Di Meglio |