Conservare il meglio di Rino di Meglio da Professione Docente, giugno 2009 All’accusa di essere conservatori, la Gilda risponde dichiarandosi consapevolmente e orgogliosamente conservatrice rispetto ai valori costituzionali, ma non trascura di argomentare il merito della questione dell’ assunzione diretta dei docenti, suggerendo altresì di conservare ciò che è valido ed utile e modificare invece ciò che non funziona. Non passa giorno senza che alcuni ministri (in modo particolare, Brunetta e Gelmini) lancino ai sindacati l’accusa di essere conservatori. Stupiscono, in tutto questo, due aspetti. Il primo è che le critiche giungano da un governo di centro destra, compagine che per sua storica natura dovrebbe guardare alla “ conservazione” come ad un’operazione privilegiata; il secondo è che il peccato in questione sia considerato, in maniera assoluta, come nefasto e condannabile tout court. E’ davvero così esecrabile- come i ministri in questione sembrano pensare- essere conservatori? Invece di esprimersi con preconcetti e pregiudizi sarebbe più utile entrare nel merito delle questioni e, semplicemente, conservare ciò che è valido ed utile e modificare invece ciò che non funziona. Per ciò che attiene le riforme scolastiche, la Gilda degli insegnanti non ha dubbi nel dichiararsi consapevolmente e orgogliosamente conservatrice in merito ad alcuni principi che, con troppa leggerezza, vorrebbero essere trascurati. Si tratta soprattutto di quei principi, inseriti nella nostra Carta costituzionale, alcuni dei quali immodificabili perché contenuti nella prima parte e altri ancora vigenti. Per esempio, siamo conservatori rispetto agli articoli 33 e 34 che attribuiscono alle scuole la funzione istituzionale e rispetto all’ art. 97 che impone l’assunzione nella Pubblica amministrazione solo attraverso pubblici concorsi. Vediamo di soffermarci su questo ultimo punto. E’ indubbio che negli ultimi vent’anni il sistema di reclutamento ed i concorsi gestiti dall’amministrazione scolastica abbiano dato prova di scarsa efficienza, unitamente all’incapacità dei Governi italiani di riformare efficacemente il sistema di reclutamento dei docenti. L’ANP, il maggior sindacato dei dirigenti scolastici, da anni spinge fortemente verso la soluzione della “chiamata diretta” affidata alla dirigenza, una soluzione che – secondo loro - renderebbe più efficiente il sistema e che aumenterebbe il potere discrezionale della dirigenza. Noi riteniamo che si possa e si debba ragionare su modalità concorsuali che coniughino merito ed efficienza, ma riteniamo inaccettabile proporre la chiamata diretta nella Scuola Pubblica Statale, sistema che recentemente è stato proposto dallo stesso Ministro Gelmini e dall’on. Aprea. L’Italia basa il proprio ordinamento giuridico su una Costituzione che stabilisce l’accesso al pubblico impiego attraverso i concorsi. Il metodo di assunzione prospettato, quindi, viola la Costituzione e contraddice anche l’obiettivo di realizzare un’efficiente selezione del corpo docente Il sistema della chiamata diretta introdurrebbe sicuramente nella Scuola elementi di clientelismo e forse addirittura di corruzione, inoltre al dirigente spesso mancano anche le competenze didattiche specifiche per giudicare la preparazione di un docente su una disciplina che non conosce. Un banale esempio: in base a quali competenze potrebbe scegliere un dirigente, già docente di fisica, un maestro elementare, o un docente di greco e latino ? La chiamata diretta è figlia di un’ideologia pseudo-aziendalistica che ha già portato seri danni al nostro sistema scolastico e che rischia di minarne alla radice i valori fondanti, cioè quelli che discendono dalla Carta Costituzionale. Il principale obbligo che la Costituzione pone in capo alla Pubblica Amministrazione ed ai cittadini che di essa sono dipendenti è quello dell’imparzialità e di dedizione esclusiva al pubblico interesse, con l’esclusione quindi di sistemi di gestione di tipo discrezionale e privatistico. La Costituzione è quindi una barriera potente nei confronti delle velleità di assunzione diretta, tentativi che non sono solo di oggi e non hanno riguardato solo la scuola; da sempre i politici sono stati alla ricerca di posti di lavoro da attribuire ai propri “clientes” e, in barba alla legge, sono riusciti ad assumere direttamente, negli enti pubblici minori e negli enti locali soprattutto. Bisogna però rilevare che la Corte Costituzionale, quando è stata chiamata a pronunciarsi, si è sempre espressa in senso univoco, riaffermando con forza ed autorevolezza il valore degli articoli 3, 51 e 97 della Carta, molto recente ad esempio, l’intervento nei confronti della Regione Val d’Aosta, con sentenza del luglio 2004 con la quale è stato annullato proprio un tentativo di chiamata diretta. Nei prossimi mesi la Gilda degli Insegnanti dovrà impegnarsi in una forte battaglia culturale, richiedendo gli interventi dei cittadini più autorevoli in difesa della Scuola Pubblica Statale e dei valori costituzionali. Non saremo soli. da Professione Docente, giugno 2009
Il Coordinatore
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