I sindacati confederali scuola non dicevano niente nelle assemblee,
preoccupati di non compromettere il loro risultato alle RSU

CONFERMATO IL NOSTRO ALLARME SULLE PENSIONI.

dal segretario generale della C.G.U. Confederazione GILDA-UNAMS,
 Prof. Alessandro Ameli,, 16/1/2007

 

Lontano da noi l’idea di vantarci dell’allarme sulle pensioni lanciato ai primi di ottobre, oggi però le conferme ci sono tutte: riduzione dei coefficienti di calcolo, passaggio al contributivo pieno, innalzamento dell’età pensionabile con disincentivi del 3,5% l’anno.

A partire dal 2011 l’assegno di pensione per coloro che andranno in quiescenza con il sistema di calcolo misto (retributivo e contributivo) vedrà una riduzione del 6-8%, in aggiunta alle riduzioni già prodotte dal cambiamento del sistema di calcolo, questo l’effetto abbassando i coefficienti di trasformazione.

La proposta del passaggio al sistema contributivo per tutti evidentemente consiste in una accelerazione dei tempi e colpirà pesantemente una parte di coloro che attualmente si trovano nel sistema misto.

L’innalzamento dell’età pensionabile trova addirittura un peggioramento delle posizioni con l’idea di una penalizzazione del 3,5% per ogni anno di uscita anticipata dal lavoro rispetto ai 60 anni.

Queste le misure che stanno venendo alla luce, ormai senza le reticenze pre-finanziaria, dalle dichiarazioni dei politici e dei sindacati che hanno firmato, alla fine di settembre, il memorandum di intesa.

Sembrava che il vertice di governo tenutosi a Caserta avesse in qualche modo allontanato il rischio di una riforma pensionistica immediata e particolarmente pesante per tutti i lavoratori dipendenti.

Evidentemente non è così, alle rassicurazioni di Prodi subito dopo il vertice, stanno facendo seguito le dichiarazioni dei maggiori leader della maggioranza che non sono affatto rassicuranti e che continuano a sostenere la necessità e l’urgenza di una riforma pensionistica di portata storica.

Nonostante sia stato ampiamente dimostrato come il sistema italiano, per effetto delle riforme già introdotte, sia un sistema perfettamente in equilibrio, (le entrate contributive dei lavoratori coprono ampiamente le uscite pensionistiche) e che addirittura ridurrà la sua spesa nei prossimi decenni, al contrario di Francia e Germania, pure su di noi si appuntano addirittura le attenzioni dei massimi esponenti europei.

E’ abbastanza evidente che siamo di fronte ad uno stritolante gioco delle parti che serve a confondere i lavoratori, per abbassare i livelli di indignazione popolare e vincere, con l’aiuto dell’Europa, le resistenze interne alla maggioranza.

Eppure molte ambiguità, anche quelle interpretative dei numeri sulla previdenza, potrebbero essere definitivamente risolte separando la cassa previdenziale da quella assistenziale.

I contributi pensionistici versati dai lavoratori oggi servono anche a pagare l’assistenza e le pensioni minime di chi non ha versato alcun contributo in tutta la sua vita, misure di solidarietà di grande civiltà, ma che dovrebbero essere a carico delle spese generali dello stato e quindi sostenute da tutta la comunità nazionale, non gravare soltanto sulle spalle dei lavoratori dipendenti.

Una semplice operazione contabile dunque risolverebbe il problema, ma non viene fatta perché darebbe la misura dell’imbroglio alla base delle ragioni riformatrici, passate e future ed anche della cialtroneria furba della politica che sovraccaricando le casse previdenziali degli oneri assistenziali, libera risorse enormi totalmente a disposizione dei governi.

Nessuna chiarezza emerge invece sulla eliminazione dello scandaloso gradone introdotto dalla riforma Maroni del 2004.

Ricordiamo tutti come sull’iniquità di quella riforma la maggioranza di governo abbia costruito molta parte del consenso in campagna elettorale.

E’ inaccettabile che oggi le categorie di lavoratori dipendenti si trovino a dover digerire una riforma, certamente peggiore sotto ogni profilo, e che non mostra di contenere indicazioni significative di solidarietà sociale nei confronti delle giovani generazioni.

Ai nostri giovani d’altronde la politica (di destra e di sinistra) ha già pensato con leggi che favoriscono il precariato permanente, lunghi periodi senza lavoro, l’assenza di tutele contro il licenziamento immotivato, insieme a meccanismi previdenziali che riservano loro pensioni misere.

Le grandi organizzazioni sindacali per parte loro hanno regalato ai giovani lavoratori le pensioni integrative, (un affare colossale che finirà ampiamente sotto controllo sindacale) che significa che se i nostri giovani vorranno, fra venti trenta anni, una piccola aggiunta alla pensione dovranno, fin da ora, decurtare le loro già misere retribuzioni e pagarsela.

Sconcerta molto il fatto che in materia pensionistica vi sia una storica incapacità delle categorie di lavoratori di reagire e di contrastare le scelte dei governi, come pure stupisce la disattenzione altrettanto storica del sindacalismo tradizionale, ma ancora di più oggi colpiscono le intenzioni di frange della politica che, incapaci di impedire una nuova riforma previdenziale, come quella annunciata, al tradimento perpetrato nei confronti degli elettori vorrebbero rispondere introducendo, in materia pensionistica, inaccettabili distinzioni.
 

Il segretario generale
Prof. Alessandro Ameli

Roma, 16 gennaio 2007