Ministero dell’Istruzione

Comunicato Stampa del 3 novembre 2005

 

Tutor, libri di testo, indicazioni nazionali, portfolio, anticipi, piani di studio, tempo pieno, alternanza scuola-lavoro, obbligo scolastico, organici, secondo ciclo...

QUANTE BUGIE SULLA SCUOLA!

ECCO LE RISPOSTE DEL MINISTERO

 

  Comunicato stampa del MIUR del 3/11/2005.

 

In risposta ad errate e strumentali affermazioni ed interpretazioni di provenienza sindacale, relative ai temi e alle questioni di seguito indicate, il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, nel rispetto della verità e della corretta informazione, precisa:

 

Decreto n. 59/2004 sul primo ciclo

IL TUTOR

E' stato erroneamente sostenuto:

- Il Tutor è una figura che contrasta con l'unitarietà della funzione docente, diversifica le responsabilità, gerarchizza i compiti, limita l'autonomia professionale, mette a rischio la libertà di insegnamento, determina condizioni sfavorevoli per la qualità dell'offerta formativa, vanifica il ruolo del gruppo docente, ripristina l'insegnante tuttologo, elimina la contemporaneità docente, azzera la flessibilità organizzativa. Inoltre, con la riduzione a 18 ore dell'orario di servizio il Tutor assumerebbe "di fatto" la veste di insegnante unico.

Il Miur risponde:

- Si tratta di una funzione e non di un nuovo "status" o di una nuova figura di docente. Con il Tutor non si crea alcuna gerarchia tra i docenti, considerato che questi concorrono con pari dignità e competenze alla organizzazione e allo svolgimento dell'attività didattica.

La funzione tutoriale si rivela assai importante per la formazione dell'alunno quale persona che necessita di una peculiare attenzione per lo sviluppo della personalità. Questa funzione è anche un indispensabile punto di riferimento delle famiglie e come coordinamento dell'équipe didattica, in particolare nella delicata fase di crescita che coincide con il primo ciclo di istruzione.

Il Tutor non ripropone l'insegnante unico e tuttologo, non elimina le contemporaneità degli interventi formativi e le flessibilità dei percorsi, non limita l'autonomia della scuola e della funzione docente, anzi ne rafforza il senso e la portata.

 

LIBRI DI TESTO

E' stato erroneamente sostenuto:

- Le disposizioni impartite dal MIUR con le circolari n. 38/2004 e n. 46/2005 in materia di adozione dei libri di testo ledono la libertà e le prerogative dei collegi dei docenti in quanto si richiamano alle Indicazioni Nazionali, che per la loro provvisorietà e per non essere state recepite in Regolamenti, non avrebbero carattere prescrittivo e vincolante. Per tali ragioni i collegi dei docenti, nell'esercizio della libertà di insegnamento, possono disattendere le disposizioni ministeriali e ricorrere ad "adozioni alternative".

Il Miur risponde:

- Le Indicazioni Nazionali hanno piena validità ed efficacia perché costituiscono, nelle more dell'emanazione dei Regolamenti, fonti normative primarie di riferimento, facenti parte integrante, e perciò aventi pari valore e importanza, del D.to Leg.vo n. 59/2004. L'autonomia non può essere intesa come potestà delle scuole di sottrarsi alla osservanza di norme dispositive di valore primario. Se così fosse, si tratterebbe di un'autonomia fuori legge ed anarchica.

 

LE INDICAZIONI NAZIONALI

E' stato erroneamente sostenuto:

- Le Indicazioni Nazionali, allegate in via transitoria al D. Leg.vo n. 59/2004, non sono assimilabili in alcun modo ai Regolamenti attuativi e non hanno valore prescrittivo. Conseguentemente, per evitare di dare attuazione alle Indicazioni Nazionali, occorre fare "resistenza oppositiva - propositiva" attraverso l'utilizzo degli strumenti offerti dall'autonomia (in particolare l'autonomia metodologico - didattica di sperimentazione e di ricerca), nonché attraverso la programmazione.

Il Miur risponde:

- Le Indicazioni Nazionali hanno valore ed efficacia di norme primarie, in quanto parte integrante del D.to Leg.vo n. 59/2004. A nulla rileva il loro carattere transitorio, in attesa dell'emanazione dei Regolamenti. L'autonomia non può legittimare le scuole e i docenti a sottrarsi dall'osservanza delle Indicazioni.

 

IL PORTFOLIO

E' stato erroneamente sostenuto:

- Le norme ed i documenti allegati alla CM 85/04 confondono gli strumenti di valutazione e di orientamento con la documentazione dei processi formativi.

Il Miur risponde:

- Nei documenti allegati alla C.M. n. 85/04 sono forniti modelli di riferimento attinenti alla sola fase valutativa che nulla hanno a che vedere con la fase documentale e con gli strumenti finalizzati alla documentazione dei processi formativi e dei percorsi di orientamento.

Sono in corso di elaborazione da parte del MIUR "Linee guida" per la definizione e l'impiego del Portfolio che, tenendo a riferimento le esperienze più significative realizzate dalle scuole e raccolte dagli IRRE, forniscono sulla delicata materia istruzioni e indicazioni e definiscono un modello tipo di portfolio.

Si sta lavorando anche alla elaborazione di un Regolamento che recepisca la disciplina sancita dal Regolamento recentemente fatto tenere dal Garante della privacy.  

 

L'ANTICIPO NELLA SCUOLA DELLA INFANZIA

E' stato erroneamente sostenuto:

- L'anticipo risponde ad un modello culturale e pedagogico profondamente sbagliato, che non rispetta i ritmi di sviluppo dell'infanzia, determina difficoltà di funzionamento alla scuola pubblica in mancanza di risorse professionali e strutturali adeguate, crea vane aspettative nei genitori. In sostanza si tratterebbe di un anticipo "selvaggio" che metterebbe in crisi l'assetto e l'organizzazione didattica. Ciò tanto più per effetto della mancata definizione della fase negoziale aperta presso l'ARAN, finalizzata alla individuazione e all'attivazione di nuove modalità organizzative e di nuove professionalità.

Il Miur risponde:

- Il Ministero è impegnato già da qualche anno nella generalizzazione del servizio della scuola dell'infanzia e nella sperimentazione degli anticipi. Ne è prova il fatto che nell'ultimo triennio sono stati istituiti circa 1.500 posti in più e che nella Finanziaria 2004 sono state previste a tal fine apposite risorse.

L'anticipo, d'altra parte, risponde ad avvertite e pressanti esigenze e sollecitazioni delle famiglie.

Peraltro la fascia d'età considerata ai fini dell'anticipo è compresa in un arco temporale molto limitato (meno di 6 mesi). Vale rammentare che anticipi, sia pure relativi ai nati entro il mese di gennaio, erano consentiti anche nel passato.

D'altra parte esistono attualmente tutte le condizioni per superare le iniziali difficoltà, sia portando a definizione la fase negoziale, iniziata e ancora non conclusa, sia attraverso il regime delle intese con gli enti locali, sia proseguendo nella politica di generalizzazione del servizio secondo le previsioni della riforma.

 

L'ANTICIPO NELLA SCUOLA PRIMARIA

E' stato erroneamente sostenuto:

- L'istituto dell'anticipo nella scuola primaria comporta la coesistenza nella stessa classe di bambini compresi tra cinque anni e mezzo e sette anni, con conseguenti problemi di carattere organizzativo, didattico-pedagogici e relazionali. Tra l'altro viene rimessa ai soli genitori la scelta della frequenza anticipata della scuola, facendo prevalere sui tempi e i ritmi di crescita fisiologica dei bambini ragioni di carattere sociale ed esigenze organizzative di tipo familiare.

Inoltre gli anticipi contribuiscono ad accentuare le difficoltà già ampiamente presenti nelle scuole, legate alla frequenza di immigrati, svantaggiati, disabili.

Il Miur risponde:

- L'anticipo nella scuola primaria ha interessato, nell'anno in corso, oltre 45.000 bambini, con una spiccata tendenza all'incremento di tale cifra. Quando l'istituto in questione andrà a regime (2006/2007), estendendosi anche ai nati entro il 30 aprile dell'anno di riferimento, i bambini fruitori saranno oltre 70.000.

Non risultano disagi o sofferenza nelle scuole in cui si pratica l'anticipo, né è dato affermare che ragioni di "egoismo familiare" abbiano prevalso sulle esigenze di crescita dei bambini.

In altri Paesi l'anticipo è da tempo praticato e con piena soddisfazione. Tra l'altro esso figurava in precedenti disegni di riforma e non si riferiva ad un arco temporale compreso nei 6 mesi, ma ad un intero anno.

La personalizzazione dei piani di studio e il coinvolgimento diretto delle famiglie nel percorso formativo dei bambini costituiscono garanzia di superamento di eventuali ostacoli.

 

PERSONALIZZAZIONE DEI PIANI DI STUDIO

E' stato erroneamente sostenuto:

- La personalizzazione, lungi dal caratterizzare una scuola attenta alle differenze individuali, è espressione di una scuola liberista, che accentua le disuguaglianze socio-culturali.

La strategia della personalizzazione, non fondandosi su obiettivi comuni di formazione, non assicura a tutti pari opportunità.

Il Miur risponde:

- La personalizzazione, attraverso percorsi costruiti tenendo conto delle potenzialità e delle attitudini di ogni studente, intende valorizzarle da una parte sostenendo ed aiutando i meno dotati e, dall'altra, promuovendo le eccellenze con modalità differenziate in base ai bisogni di ciascuno.

 

TEMPO PIENO E TEMPO PROLUNGATO

E' stato erroneamente sostenuto:

- Il decreto legislativo n. 59/2004 sul 1° ciclo, attuativo della legge n. 53/2003, ha abolito il tempo pieno e il tempo prolungato. Anche se il numero dei posti attivati negli anni precedenti è stato, in prima applicazione, confermato, il problema rimane per gli anni futuri, nei quali fondatamente si procederà ad una riduzione della dotazione organica. Già attualmente migliaia di nuove richieste di tempo pieno e di tempo prolungato non trovano accoglimento.

Il Miur risponde:

- Il tempo pieno e il tempo prolungato sono stati assicurati a tutte le scuole del primo ciclo che lo avevano adottato.

Dopo i falsi allarmi diffusi nella fase iniziale di attuazione della riforma, in cui si era strumentalmente parlato di tempo pieno e di tempo prolungato non più gratuiti ma a pagamento o addirittura soppressi, le famiglie si sono rese conto che i loro figli potevano rimanere a scuola per le stesse quantità orarie o per quantità addirittura maggiori. Ne è prova il fatto che le 30 ore sono state confermate in maniera generalizzata e che l'orario da 30 a 40 ore, comprensivo della mensa e del dopo-mensa è passato dal 21% al 23,5% nella scuola primaria e dal 28% al 30% nella scuola secondaria di I grado.

Ciò senza considerare che la maggiore ampiezza degli interventi formativi, legati alle attività opzionali facoltative, potenzia l'autonomia delle scuole, rafforza l'unitarietà del progetto didattico, rende i percorsi più flessibili e ricchi di opportunità.

In sede di elaborazione degli organici l'Amministrazione ha profuso sempre il massimo impegno nel garantire le risorse necessarie per una offerta formativa valida sia sul piano qualitativo che quantitativo.

 

SCHEDA DI VALUTAZIONE

E' stato erroneamente sostenuto:

- Esistono tante schede di valutazione quante sono le scuole. Ciò, oltre a determinare una grande confusione, farà perdere nel tempo valore al titolo di studio e annullerà qualsiasi differenza tra pubblico e privato. Manca un modello di certificazione che garantisca una modalità unica di valutazione e di comunicazione alle famiglie.

Il Miur risponde:

- La maggiore flessibilità nella valutazione non si ritiene faccia perdere valore al titolo di studio. Tutt'altro considerato che , nel rispetto dell'autonomia delle scuole, vengono maggiormente valorizzate la competenza e la responsabilità dei docenti sul piano della valutazione.

E' stato anche chiarito in più occasioni che il modello unico di scheda conservava in pieno la sua validità, anche se, in coerenza con l'autonomia, le singole scuole potevano adottare modalità e forme di certificazione più flessibili, più ampie e più argomentate.

 

 

Decreto Legislativo n. 77/2005-09-26

ALTERNANZA SCUOLA-LAVORO

E' stato erroneamente sostenuto:

- Non vi è stata alcuna intesa con le Regioni nella predisposizione del decreto legislativo n. 77/2005. Il decreto è ambiguo, in quanto solo in via teorica individua l'alternanza come una modalità didattica valida sia per il sistema dei licei che per quello dell'istruzione e della formazione professionale, mentre, sul piano organizzativo e attuativo, viene configurato come un percorso a sé stante. Inoltre disciplina profili e aspetti rientranti nell'autonomia scolastica, non individua l'organizzazione degli orari in situazioni di lavoro e lascia irrisolti i problemi contrattuali relativi al Tutor.

Il Miur risponde:

- Non si tratta di un percorso a se stante, ma di una modalità didattica, utilizzabile sia nel sistema dei licei che in quello di istruzione e formazione professionale. La concreta attuazione dell'alternanza scuola-lavoro non prescinde da accordi con le Regioni, come prova il fatto che fin dal 2001 tutte le attività di questo settore si svolgono sulla base di intese territoriali. La sperimentazione dell'alternanza scuola-lavoro, avviata dall'anno 2003/2004, ha interessato 412 scuole che hanno realizzato 1.772 percorsi, coinvolgendo 20.391 studenti.

Il decreto n. 77/2005 valorizza l'autonomia delle scuole, alle quali rimette anche l'organizzazione degli orari.

 

 

Decreto legislativo n. 76/2005

DIRITTO-DOVERE

E' stato erroneamente sostenuto:

- Il decreto n. 76/2005 cancella l'obbligo scolastico e riduce l'istruzione ad un fatto individuale , vanificando un preciso dovere di cui lo Stato deve garantire l'osservanza. Nei dodici anni previsti per l'esercizio del diritto-dovere non rientrano la scuola dell'infanzia e l'ultimo anno dei licei. Il decreto suddetto considera formazione l'apprendistato che non rientra nella legge n. 53/2003 ed è disciplinato , dalla legge n. 30/2003 sul mercato del lavoro. Poiché l'apprendistato inizia a 15 anni si determina un vuoto o una sostanziale discontinuità tra la conclusione del primo ciclo e il tempo di accesso all'apprendistato stesso.

In attesa della concreta attuazione del diritto-dovere, nelle scuole regna grande confusione tra corsi tradizionali, percorsi dell'obbligo formativo e percorsi sperimentali triennali.

Il Miur risponde:

- Il decreto legislativo sul diritto-dovere all'istruzione e alla formazione garantisce in maniera piena l'obbligo di ogni giovane di seguire un percorso di istruzione o di istruzione/formazione per 12 anni o fino al conseguimento di una qualifica. Ne è prova il fatto che l'inosservanza di tale obbligo è sanzionata con le stesse misure previgenti. Il diritto-dovere amplia la portata dell'obbligo scolastico (che tra l'altro, in base alla legge n. 30/1999, si limitava ad un anno di mera frequenza senza avere carattere di terminalità, né sul piano dell'offerta formativa, nè su quello degli esiti) perché si concretizza non solo in un adempimento non derogabile, ma anche nel diritto della persona di concorrere in maniera attiva e partecipata alla propria istruzione e formazione. Restano fuori dal diritto-dovere la scuola dell'infanzia, che non è scuola dell'obbligo, e l'ultimo anno dei licei che costituisce un anno finalizzato al prosieguo degli studi superiori.

In effetti, le scuole (in particolare quelle che gestiscono anche percorsi formativi) e le istituzioni formative hanno saputo trarre buon profitto dalle nuove disposizioni sul diritto-dovere, atteso che ben 122.000 giovani sono rientrati nel sistema dell'istruzione e formazione.

L'apprendistato, istituto previsto dalla legge n. 30 sul mercato del lavoro, è richiamato dalla legge n. 53/2003 come opportunità aggiuntiva. L'apprendistato per il fatto di cominciare a quindici anni non determina alcun vuoto, considerato che è esclusa la possibilità di intraprendere percorsi regolari e che trova la sua logica nell'ambito dell'avviamento al lavoro.

Non è vero che nelle scuole regna una grande confusione tra corsi tradizionali, percorsi dell'obbligo formativo e percorsi sperimentali triennali, atteso che è chiara la distinzione tra i corsi tradizionali e i corsi sperimentali triennali e che l'obbligo formativo è stato assorbito dal diritto-dovere.

 

VALUTAZIONE INVALSI

 E' stato erroneamente sostenuto:

- Le scelte dall'INVALSI per valutare l'apprendimento non sono condivisibili; l'impianto culturale non è credibile; quello scientifico appare confuso. La partecipazione obbligatoria delle scuole alle prove non è prevista dalle norme. I costi sono troppo elevati rispetto ai risultati che, tra l'altro, sono scarsamente utilizzabili. Si tratta di una valutazione/censimento/controllo.

Il Miur risponde:

- I compiti affidati all'INVALSI sono pienamente coerenti con il quadro delle competenze e delle iniziative di carattere internazionale in materia di valutazione, in particolare per quel che concerne la qualità dei sistemi di istruzione, i livelli di apprendimento degli studenti, la promozione della cultura della valutazione. L'esercizio di tali compiti concorre efficacemente al raggiungimento degli obiettivi fissati dall'Unione Europea ed in particolare degli obiettivi definiti dal Consiglio di Lisbona.

Inoltre l'attività dell'INVALSI è funzionale al sistema dell'autonomia scolastica ed è parte integrante della riforma del sistema educativo di istruzione e formazione previsto dalla legge 53/2003.

La valutazione da un lato garantisce, pur nella varietà e flessibilità dei percorsi e delle soluzioni adottate a livello territoriale, l'unitarietà del sistema nazionale e l'uniformità dei livelli di apprendimento, dall'altro consente, attraverso la comparazione tra i livelli di partenza ed i risultati conseguiti, di migliorare le metodologie didattiche, la qualità dell'offerta formativa e l'efficienza complessiva del sistema. Le procedure e i metodi di determinazione degli standard di prestazione attesi consentono di definire in maniera scientifica i livelli di apprendimento da considerare quale riferimento nazionale.

In questa ottica l'INVALSI, nell'anno scolastico 2004/2005, ha attivato una procedura di valutazione di sistema che ha riguardato le classi II e IV delle scuole primarie, le classi I delle scuole di primo grado e le classi I e III delle scuole secondarie di secondo grado e che verrà ripetuta, per la stessa tipologia di classi, nell'anno scolastico in corso.

Pertanto le valutazioni non hanno alcun significato sanzionatorio e i costi sono peraltro estremamente contenuti, anche in riferimento alle medie europee.

 

IL DECRETO SUL II CICLO

E' stato erroneamente sostenuto:

- Il testo del decreto non è stato confrontato con nessuno: né con le scuole, né con le Regioni, né con il Paese. Prevede il sistema duale, che porta i giovani a fare scelte precoci tra i due percorsi, sulla base delle possibilità economiche, delle condizioni socio-ambientali e delle condizioni familiari. In effetti vi è una gerarchizzazione tra i due sistemi e tra gli stessi licei. E' del tutto incerto il destino degli istituti professionali. Il campus configura una istituzione fumosa e piena di incognite. L'avvio della riforma dal 2006/2007 non è credibile.

Il Miur risponde:

- Il dibattito sul decreto e sui relativi contenuti ha avuto inizio da lungo tempo. Sono state sentite tutte le rappresentanze sociali, professionali, disciplinari e produttive (sindacati, imprese, ordini professionali, associazioni disciplinari, associazioni di genitori, associazioni studentesche). Sono stati realizzati molti seminari, convegni e incontri di studio. Il decreto è stato diffuso con tutti i mezzi di comunicazione a disposizione ed inserito nei siti Internet sia del Ministero che di altri soggetti, organi e livelli istituzionali. Ha costituito, inoltre, oggetto di ampi dibattiti e verifiche, al punto da comportare diverse revisioni in itinere. Il decreto, originariamente incentrato sui profili ordinamentali, su richiesta delle Regioni ha ampliato la propria portata trattando anche la fase attuativa e in particolare gli aspetti organizzativo-gestionali.

Gli adempimenti relativi a tali aspetti sono stati comunque previsti negli articoli 27 e 28, recanti norme transitorie e finali relative, rispettivamente, al passaggio al nuovo ordinamento e all'attuazione del diritto dovere all'istruzione e alla formazione. La realizzazione dei suddetti adempimenti deve avvenire attraverso un confronto con le Regioni e le Autonomie locali in sede di Conferenza Unificata e attraverso l'attivazione di Tavoli istituzionali deputati a trattare e a definire i punti più significativi della riforma legati alle competenze Stato-Regioni.

 

Art. 5 della legge n. 53/2003

FORMAZIONE INIZIALE E RECLUTAMENTO

E' stato erroneamente sostenuto:

- Il decreto attuativo dell'art. 5 della legge n. 53/2003 ha carattere prevalentemente disciplinare, a scapito degli aspetti professionali che sono trattati solo in maniera marginale. Inoltre il decreto prevede una indebita intromissione legislativa in materie rientranti nell'area contrattuale. Infine, il decreto non si occupa della stabilizzazione del precariato, che rimane un problema irrisolto.

Il Miur risponde:

- Per la prima volta nella storia si prevede che il futuro docente verrà formato oltre che sugli aspetti disciplinari del suo insegnamento anche su quelli connessi alla pratica didattica, attraverso tirocini nelle scuole ed esercitazioni volte ad approfondire le componenti pedagogiche, psicologiche e sociali della funzione. Il decreto definisce le linee generali del reclutamento, ma non invade gli aspetti contrattuali legati alla prestazione di servizio.

Per quanto riguarda la stabilizzazione del precariato, il trend annuale delle assunzioni in ruolo ha portato ad assumere dal 2001 ad oggi circa 130.000 tra docenti e non docenti e a ridurre il precariato al 50% negli ultimi 4 anni. E' stato elaborato un piano di nomine previsto dalla Legge 143/2004, che ha trovato la sua prima applicazione nel corrente anno scolastico con 40.000 nuove assunzioni in ruolo.

 

GLI ORGANICI

E' stato erroneamente sostenuto:

- Con l'entrata in vigore della legge n. 53/2003 e con la messa a regime dei decreti attuativi vi saranno ulteriori, consistenti riduzioni di organici.

Le ultime finanziarie confermano la linea dei tagli, anche se nel periodo transitorio i provvedimenti annuali assunti dall'Amministrazione in materia di organici hanno continuato ad applicare le "vecchie regole" di computo dei posti e delle ore.

Tra leggi finanziarie e decreti attuativi si è registrato un taglio di 100.000 posti. La riconduzione delle cattedre a 18 ore ha poi completato l'operazione di drastica riduzione delle consistenze di organico. Anche a livello di personale non docente il taglio del 6% dei posti di collaboratori scolastici ha creato disagi insostenibili.

Il Miur risponde:

- Il contenimento dei posti previsto dalle leggi finanziarie ha risposto ad una esigenza di razionalizzazione del sistema scolastico.

Infatti, il rapporto docenti/alunni è il più basso in Europa (1 docente per ogni 10 alunni). Lo spreco di risorse provocato fino al 2001 era stato enorme ed aveva determinato un aggravio ingiustificato della spesa di circa 3.000 miliardi. Tra l'altro anche le finanziarie dei precedenti Governi prevedevano tagli del 3% in un triennio e dell'1% per un successivo anno (legge n. 449/97 - finanziaria 1998 e legge n. 448/99 - finanziaria 2000, pari a circa 30.000 docenti.

La razionalizzazione del sistema ha portato ad una riduzione di tali sprechi, ad una migliore distribuzione delle risorse e ad un incremento delle dotazioni organiche in settori importanti e particolarmente bisognosi di interventi aggiuntivi e di potenziamento. In tale ottica, in applicazione delle leggi finanziarie n. 289/2002 e n. 350/2003, è stata posta in essere una serie di interventi che hanno consentito di realizzare significativi risparmi senza, peraltro, influire sui livelli qualitativi del servizio scolastico. Si menzionano qui di seguito alcuni dei suddetti interventi: la riconduzione delle cattedre a 18 ore settimanali nella salvaguardia delle rispettive titolarità, l'innalzamento dei parametri fissati per la concessione dell'esonero o del semi esonero ai collaboratori del dirigente scolastico, l'istituzione delle prime classi di sezioni staccate monocorso con un numero di alunni non inferiore a 20, la riassegnazione all'insegnamento di docenti collocati fuori ruolo per temporanea inidoneità ai compiti di istituto, l'accorpamento di classi con un numero di alunni eccessivamente esiguo, ecc..

Per quanto riguarda il sostegno si segnala il notevole incremento dei posti, passati da 74.000 dell'anno scolastico 2001/02 agli attuali 85.000, mantenendo invariati i parametri fra docenti e alunni.

E' assolutamente falso che sono stati contratti 100.000 posti. Infatti le riduzioni previste dalla legge finanziaria e dalla tabella alla stessa allegata dovevano avere la seguente consistenza:

2002/2003

2003/2004

2004/2005

8.936

12.651

12.260

In effetti, come si rileva dalle certificazioni rilasciate dal Ministero dell'Economia, le riduzioni effettive sono state le seguenti:

2002/2003

2003/2004

2004/2005

6.878

10.338

In corso di verifica

Le economie realizzate, pari a 571,80 milioni di euro, sono state TUTTE destinate alla valorizzazione professionale degli insegnanti.

Sono stati contestualmente aumentati i posti di insegnamento della lingua di circa 5.000 unità nel primo ciclo, con l'introduzione dello studio della lingua inglese nell'intero corso di studi della scuola primaria e dello studio generalizzato di una seconda lingua comunitaria nella scuola secondaria di I grado.

Sono stati istituiti 2.500 posti in più per gli anticipi nella scuola primaria. La riconduzione delle cattedre a 18 ore, prevista anche dal Contratto Nazionale, è stata applicata solo con riferimento ai posti vacanti, o in assenza di soprannumero ed non ha comportato riduzioni di organico aggiuntive rispetto a quelle certificate.

Non è vero che la riforma porterà ad una ulteriore riduzione dei posti; tutt'altro, considerato che attraverso lo studio generalizzato di due lingue straniere e gli insegnamenti opzionali e facoltativi si potranno determinare addirittura incrementi degli organici.

Per quanto riguarda il personale non docente, la legge 289/2002 (finanziaria 2003) ha previsto una riduzione del 6% delle dotazioni organiche dei collaboratori scolastici, nell'arco di 3 annualità, per un totale di 9.600 posti. Nell'anno scolastico 2005-2006 si concluderà l'ultimo intervento di contenimento dei posti pari a 3.200 unità.

Anche in questo caso le riduzioni certificate sono state, nell'anno 2003-2004, 3.200 e sono in corso di verifica quelle relative all'anno 2004-2005. Le economie realizzate sono destinate alla valorizzazione professionale del personale, con conseguente aumento della posizione retributiva dello stesso.

E' bene far presente che la riduzione del 6% degli organici solo in parte compensa il massiccio incremento di posti dovuto al passaggio dagli enti locali allo Stato di personale non docente e al conseguente adeguamento delle consistenze di organico, tenendo conto della normativa statale che presiede alla determinazione degli organici.

 

LE RISORSE PER L'ATTUAZIONE DELLA LEGGE N. 53/2003

E' stato erroneamente sostenuto:

- Il piano programmatico della legge n. 53, che prevedeva un impegno di 8.320 milioni di euro in un quinquennio, non ha trovato attuazione se non per 299 milioni di euro (4%). Per coprire il citato importo di 8.320 milioni di euro occorreranno circa 50 anni.

Pertanto l'incremento complessivo della spesa per l'istruzione del quale parla il Governo non è reale. L'unica realtà sono i tagli.

Anche la legge n. 440/1997 ha subito riduzioni notevoli. Sono stati variati i criteri di distribuzione dei fondi alle scuole, con un'accentuazione dell'accentramento delle risorse presso il Ministero e gli Uffici regionali e una riduzione di quelle destinate alle scuole. Inoltre le risorse sono state in gran parte convogliate a supporto della riforma e in funzione dell'attivazione delle Indicazioni Nazionali.

Infine, una parte delle risorse non va computata come incremento in quanto rientrante tra le somme destinate al rinnovo contrattuale.

Il Miur risponde:

- Il quinquennio di finanziamenti del piano programmatico non è ancora trascorso, sicché si continuerà a finanziare la legge n. 53 in coerenza con le sue fasi di attuazione.

Le cifre del bilancio sono pubbliche e, pertanto, è facilmente verificabile che non si è fatto ricorso ad alcun artificio contabile.

Le fonti di finanziamento sono molteplici e non si legano al solo piano programmatico. La stessa legge n. 53, ad esempio, finanzia gli anticipi della scuola dell'infanzia e della scuola primaria. Parimenti, il decreto legislativo n. 76/2005, relativo al diritto dovere all'istruzione e alla formazione prevede, all'art. 9, la copertura degli oneri derivanti dall'estensione dell'obbligo attraverso appositi finanziamenti.

Inoltre il decreto legislativo n. 77/2005, relativo all'alternanza scuola-lavoro, all'art. 9 tratta delle risorse destinate all'attuazione di tale istituto.

Il fatto che l'utilizzo delle risorse sia stato in parte finalizzato ad iniziative di formazione legate alla attuazione della riforma è del tutto legittimo, considerato che la 53 è legge dello Stato.

La più consistente assegnazione di risorse al centro e agli Uffici regionali si lega a situazioni del tutto contingenti, vale a dire ad iniziative e ad interventi previsti in progetti aventi rilevanza nazionale o regionale. Comunque da tale assegnazione non è scaturita alcuna variazione sia nell'entità che nella destinazione dei finanziamenti: in effetti destinatarie finali delle risorse sono rimaste sempre le scuole.

Per quanto riguarda le scuole paritarie, i finanziamenti ad esse destinati, ammontanti a circa 530 milioni di Euro, sono rimasti invariati dall'anno 2001. Il contributo alle famiglie, disposto dalla legge n. 289/02 (legge finanziaria 2003), risponde all'esigenza, costituzionalmente garantita, di assicurare liberà di scelta alle famiglie che intendono far frequentare ai propri figli scuole diverse da quelle statali.

 

PERCORSI SPERIMENTALI TRIENNALI

E' stato erroneamente sostenuto:

- Con tali percorsi il MIUR si è cercato di correre ai ripari per limitare i danni derivanti dall'abrogazione della legge n. 9/99 sull'obbligo scolastico.

I percorsi, molto diversi da Regione a Regione, affiancandosi a quelli tradizionali, creano soltanto confusione nell'offerta formativa delle varie realtà locali.

In alcune Regioni tali percorsi sono gestiti solo dalle istituzioni scolastiche, in altre Regioni dalle scuole di intesa con i Centri di formazione professionale, in altre ancora dai soli Centri di formazione professionale.

Il Miur risponde:

- La tesi secondo la quale i percorsi triennali sono un mezzo per limitare i danni dovuti alla carenza normativa conseguente all'abrogazione della legge n. 9/99, non è più sostenibile a seguito dell'approvazione del decreto legislativo n. 76/05, concernente la definizione delle norme generali sul diritto-dovere.

Tra l'altro tali percorsi, attivati sulla base dell'Accordo-Quadro Stato/Regioni del 19 giugno 2003 al fine di recuperare gli abbandoni scolastici, hanno pienamente raggiunto i risultati attesi: ben 62.000 studenti sono rientrati infatti nel circuito dell'istruzione e formazione.

A questi vanno poi aggiunti altri 60.000 studenti che proseguono gli studi grazie all'introduzione del diritto-dovere.

Il ventaglio delle offerte formative messo a disposizione degli studenti, anche attraverso i percorsi triennali sperimentali, deve essere considerato in termini positivi quale ricchezza di opportunità e non come confusione e disorientamento.

 

IL COMPLETAMENTO A 18 ORE

E' stato erroneamente sostenuto:

- L'obbligo al completamento sino a 18 ore disarticola le cattedre, spezza gli insegnamenti, con ricadute negative sia sul piano didattico e pedagogico che su quello del buon funzionamento dei servizi scolastici (Si sono ridotte le ore, in passato utilizzate per le sostituzioni).

Il Miur risponde:

- Il completamento delle cattedre sino a 18 ore, peraltro già in vigore negli istituti di istruzione professionale, ha riguardato solo l'istruzione secondaria di II grado e un numero limitato di classi di concorso. Inoltre tale completamento è stato effettuato là dove le articolazioni orarie delle varie istituzioni scolastiche lo consentivano e non si creavano situazioni di soprannumerarietà; in caso contrario le cattedre sono rimaste invariate nella loro consistenza oraria. L'applicazione di tale criterio non ha comportato ricadute negative sul piano didattico-pedagogico e organizzativo, in quanto la composizione delle cattedre a 18 ore è stata mitigata dalla possibilità offerta alle istituzioni scolastiche di adottare soluzioni e correttivi di diverso tipo. A tal fine l'annuale circolare sull'adeguamento dell'organico alle situazioni di fatto ha previsto che le scuole potessero usufruire di ore aggiuntive per ricomporre le cattedre e garantire in tal modo la continuità didattica.

 

EDUCAZIONE DEGLI ADULTI

E' stato erroneamente sostenuto:

- Il MIUR non ha realizzato valide e significative politiche di sviluppo dell'importante settore. Ha bloccato gli organici dei docenti e ha limitato il ruolo dei Centri Territoriali, relegandoli al solo rilascio dei titoli di studio relativi alle 150 ore e all'alfabetizzazione.

Il Miur risponde:

- L'educazione permanente ha ricevuto negli ultimi quattro anni un impulso notevole. Basti pensare al significativo aumento degli istituti di istruzione secondaria in cui si svolgono corsi serali, passati da 535 a 750 e all'incremento rilevante dell'utenza (da 337.873 a 460.000 utenti). I Centri Territoriali Permanenti sono oggi ben 522.

E' del tutto infondato l'assunto che i Centri Territoriali si limitano solo alla gestione dei corsi istituzionali e al rilascio dei relativi titoli di studio. In effetti, solo il 10% dell'attività dei Centri assolve a tale compito, mentre il 90% è riservato ai corsi brevi, non curriculari, (di lingua, matematica, informatica, ecc.). Nei Centri Territoriali sono utilizzati ben 4.000 docenti, che attendono a compiti certamente più coerenti con la formazione professionale che con l'istruzione.

 

AUTONOMIA SCOLASTICA E POF

 E' stato erroneamente sostenuto:

- Che i pesanti tagli degli organici e delle risorse finanziarie pregiudicano il reale esercizio dell'autonomia scolastica che andrebbe invece valorizzata e potenziata, anche dando pari dignità alle discipline, senza distinzioni tra obbligatorie, opzionali e facoltative. Il tempo-scuola è stato contratto, come risulta dai quadri orari della riforma, e ciò non consente di rispettare i ritmi di apprendimento di ciascun alunno, neppure di quelli che si trovano in condizione familiare, socio-economica e ambientale più favorevole.

Il Miur risponde:

- Tutta la riforma si ispira al valore delle scelte educative della scuola e delle famiglie, in funzione della crescita umana, civile e culturale dello studente.

L'organizzazione delle discipline in percorsi formativi e in piani di studio deve essere caratterizzata, come in effetti la riforma prevede, da flessibilità e da rispetto delle scelte e delle attitudini; insomma non può essere rigida e prevedere una offerta formativa uguale per tutti. Non si tratta di gerarchizzare le discipline, ma di renderle accessibili e fruibili attraverso un ampio ventaglio di scelte, in coerenza con le esigenze di ciascun alunno.

Inoltre il tempo-scuola non ha subito contrazioni considerato che nella sua espressione massima è di 40 ore settimanali e che tali ore concorrono tutte alla formazione del curricolo.

 

L'OBBLIGO FORMATIVO

E' stato erroneamente sostenuto:

- L'articolo 68 della legge n. 144/1999 che disciplina l'obbligo formativo riferito ai giovani tra i 15 e i 18 anni di età, è tuttora in vigore in quanto non abrogato dal decreto legislativo n. 76/2005. Si è creata, pertanto, tra le due previsioni normative, una grande confusione, peraltro aggravata dalle nuove norme sull'apprendistato.

Il Miur risponde:

- L'obbligo formativo (in effetti non di obbligo vero e proprio si trattava in mancanza di alcuna esplicita sanzione) è stato riassorbito e ampliato nell'ambito del diritto-dovere e nel quadro di una visione più articolata e moderna del ruolo della persona e del cittadino.

Nessuna confusione, pertanto, come prova, tra l'altro, il fatto che il diritto-dovere, in piena coerenza con gli anni di attivazione e di sviluppo dei percorsi di istruzione e formazione, è stato regolarmente finanziato e lo sarà ancora sino a conclusione dei percorsi stessi.

 

LE COMPETENZE DEI DIRIGENTI

E' stato erroneamente sostenuto:

- C'è un tentativo di ridurre il ruolo del dirigente scolastico alla mera dimensione di un direttivo o di un funzionario, chiamato ad eseguire ordini e istruzioni senza poter svolgere in autonomia le sue funzioni, come prevedono le disposizioni vigenti.

Inoltre vengono minimizzate le competenze del dirigente in materia di valutazione degli alunni, intaccando di conseguenza la pienezza della sua titolarità valutativa.

Il Miur risponde:

- Le competenze dei Dirigenti scolastici sono previste dai principi delle norme generali dell'ordinamento, dal Decreto legislativo n.165/2001 e successive modifiche ed integrazioni, nonché dei contratti collettivi di comparto.

L'autonomia delle istituzioni scolastiche non attribuisce alla funzione dirigenziale una rilevanza a se stante, sciolta da ogni vincolo rispetto ai principi e alle norme dell'ordinamento generale. In particolare non va poi dimenticato che il dirigente scolastico, in quanto pubblico funzionario assunto con provvedimento dell'Amministrazione, ha specifici obblighi ai quali deve sottostare nell'ambito di rapporti di dipendenza con le articolazioni centrali e periferiche del MIUR.

Si richiama a riguardo il parere del Consiglio di Stato del 16 ottobre 2003, secondo il quale per Pubbliche Amministrazioni si intendono "tutte le Amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado".

Il potere di indirizzo, vigilanza e controllo degli Uffici dell'Amministrazione centrale e periferica sulle azioni delle scuole e conseguentemente dei relativi dirigenti scolastici, non confligge con la "specificità" del ruolo dei dirigenti scolastici.

Per quanto attiene alle competenze del dirigente scolastico in materia di valutazione degli alunni, la nota n.4212 del 9 maggio 2005, in risposta ai numerosi quesiti intesi a chiarire la veste del dirigente scolastico nelle valutazioni periodiche e finali degli apprendimenti degli alunni, precisa che "le norme di riforma del I ciclo non hanno portato a significative innovazioni e che nelle fasi della valutazione i dirigenti scolastici conservano tutte le pregresse prerogative".

 

LAVORATORI SOCIALMENTE UTILI E APPALTI DI PULIZIA

E' stato erroneamente sostenuto:

- La politica del MIUR in tema di personale scolastico tende alla precarizzazione del lavoro attraverso l'utilizzo sempre più massiccio dei lavoratori socialmente utili e il ricorso agli appalti di pulizia, con conseguente riduzione dell'occupazione e della qualità dei servizi scolastici.

I carichi di lavoro del personale amministrativo e tecnico sono aumentati.

Il Miur risponde:

- Il ricorso ai lavoratori socialmente utili è stato sancito dalle precedenti gestioni, senza per altro prevedere alcuna stabile copertura della spesa.

Si tratta di una eredità pesante che impegna l'erario per oltre 370 milioni di euro all'anno.

Non è stata attivata alcuna precarizzazione dei servizi scolastici che non rientrasse in contratti precedentemente stipulati con le imprese di pulizia. Sono state effettuate immissioni in ruolo del personale ATA per un totale di 13.500 unità, in evidente contrapposizione rispetto alla eccepita politica dei tagli e della precarizzazione.

Per quanto riguarda l'aumento dei carichi di lavoro del personale amministrativo e tecnico, si eccepisce che lo stesso è stato, in via generale, ampiamente compensato dal passaggio del personale già dipendente dagli Enti Locali allo Stato e dall'incremento di posti dovuto all'adeguamento della pianta organica.

 

ORGANI COLLEGIALI

E' stato erroneamente sostenuto:

- Esiste un disegno del Governo di vanificare e limitare il ruolo e le competenze degli organi collegiali ne costituisce prova lo stesso impianto della riforma che, di fatto, limita notevolmente l'esercizio della democrazia scolastica, tende a ridurre la scuola nell'ambito di una gestione accentrata e dirigistica, nonché dare preminenza all'attività del singolo docente a discapito della collegialità.

Il Miur risponde:

- La bozza di disegno di legge relativa alla riforma degli organi collegiali, predisposta dalla VII Commissione (Cultura) della Camera dei Deputati, lungi dal negare il valore della collegialità, definisce analiticamente le competenze dei diversi organi ed in particolare, per quel che riguarda la valutazione degli alunni, l'art. 7 ne affida la responsabilità ai docenti "nelle sedi collegiali".

 

RICORSI E SOSPENSIVE

E' stato sostenuto:

- Il Decreto legislativo n. 59/04, avente natura e forza di legge, presenta profili di illegittimità costituzionale, prova ne sia che è stato impugnato dalle Regioni Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia.

Del pari gli atti applicativi del citato Decreto legislativo evidenziano elementi di illegittimità costituzionale che hanno costituito oggetto di impugnativa da parte di alcune OO.SS.

Il Miur risponde:

- E' infondato l'assunto che il decreto legislativo n. 59/04 e gli atti applicativi dello stesso contengono elementi di illegittimità costituzionale.

In effetti con sentenza n. 279/2005, la Corte Costituzionale, nel pronunciarsi in merito alle eccezioni sollevate dalle due suddette Regioni, ha ritenuto pienamente legittimo il decreto legislativo n. 59/04, in particolare nelle parti in cui lo stesso prevede:

1.  l'attribuzione delle competenze amministrative in materia di istruzione agli Uffici scolastici periferici;

2.  il monte ore annuale per la scuola primaria e secondaria di I grado;

3.  lo svolgimento delle attività e degli insegnamenti opzionali e la stipula di contratti di prestazione d'opera;

4.  la definizione dei compiti e dell'orario di servizio del tutor;

5.  la fase sperimentale prima della messa a regime dell'istituto degli anticipi nella scuola dell'infanzia;

6.  la definizione dell'assetto pedagogico, didattico ed educativo della scuola dell'infanzia, primaria e secondaria di I grado attraverso norme regolamentari dello Stato;

7.  L'utilizzazione del personale docente, destinatario di riduzione dell'orario di cattedra per effetto dell'attuazione dei nuovi piani orari, nelle finalità e attività educative e didattiche individuate dagli articoli 9 e 10.

Ha ritenuto altresì legittima la conferma, fino alla messa a regime della scuola secondaria di I grado, dell'assetto organico come definito dal DPR n. 782/82. Inoltre la Corte Costituzionale ha sancito l'obbligo di sentire "La Conferenza Unificata Stato-Regioni" anziché "L'Associazione Nazionale dei Comuni d'Italia (ANCI)" in materia di anticipi alla scuola dell'infanzia e nella scuola primaria.

Parimenti ha sancito l'obbligo di sentire "La Conferenza Unificata Stato - Regioni" in materia incremento dei posti di tempo pieno e prolungato.