Arlekin

 

Magris! Chi era costui?

Meno narratrice boccaccesca che pianta erbacea spontanea, Melissa, studentessa di quinta alle prese con la scelta del  tema di maturità, pare proprio non sapersi raccapezzare. Passeggio tra i banchi e la vedo entrare progressivamente in crisi. “Magris! Chi era [gli autori passati dal Ministero sono, di norma, trapassati, n.d.r.] costui?” – si sta chiedendo, lambiccandosi il cervello quanto il povero Don Abbondio di fronte a Carneade. 

Raggiunta la prima fila, faccio dietrofront e lentamente, passo dopo passo, ripercorro il corridoio fino alla penultima, dov’è il banco di Melissa. Con un guizzo inatteso, è saltata dalla prima all’ultima pagina del corposo plico ministeriale. Ora sottolinea – con la stessa cura impiegata per laccare di viola e fiorellini le sue unghie – la traccia sui ‘BRICS’. Le chiedo sorpreso se li conosca bene, quei paesi – in classe non s’era parlato nemmeno dei ‘PIGS’… La spontanea Melissa risponde macché, prof, ma io, il tema saggio, non ho ancora capito come si fa! Specifichiamo: di simulazioni ce ne sono state due, durante l’anno, preparate e poi discusse nei risultati.

Ma questo non è bastato a darle una qualche sicurezza. Prima che ripieghi con altro guizzo sull’evoluzionismo, riveduto e corretto da Capra (e che magari confonda nome proprio con nome comune, mille volte esclamato da Sgarbi in tivù), la esorto a tornare a pagina 5 del plico. E a considerare bene se non abbia proprio nulla da dire sugli omicidi politici, dato che due dei quattro delitti citati nel dossier sono stati esaminati per bene in classe. Sì, prof, ma il saggiooo? – a voce bassa, soffocata dall’ansia. Qui devo confessare il peccato, spero veniale, del commissario interno: fammi un bel tema di storia, Melissa (lo sguardo d’intesa eloquente vuol dire: del saggio ce ne freghiamo). Questo non è affatto un caso isolato, anzi, è invece emblematico d’una condizione diffusa d’incertezza rispetto alla scrittura tra gli studenti, che precede ogni considerazione sulla qualità delle tracce ministeriali. Il prius inaggirabile dell’intera questione è il grado di familiarità, sempre mediamente scarsa, con la scrittura pianificata su temi alti, complessi, cruciali quanto si vuole, che i giovani d’oggi possono raggiungere entro il quinto anno di superiori.

Perciò non mi convince affatto il pathos – petrarchesco a rovescio, con quella scuola-porto che precede tutto – con cui Lodoli apprezza senza riserve il contenuto del plico ministeriale di quest’anno: “Una vera prova di maturità, un vero confronto con le paure e le speranze di una giovinezza che sta per lasciare il porto quasi sicuro della scuola e avventurarsi nel mare aperto e tempestoso della vita adulta: così mi suonano queste tracce su cui i nostri diciottenni hanno dovuto ragionare.” (Repubblica, 20/06/2013).

In attesa d’avventurarsi nel mare adulto, i ‘nostri’ diciottenni ragionano per non scassare lo scafo all’esame, prima ancora d’uscire da un porto le cui stesse acque sono fortemente agitate dal problema, troppo spesso irrisolto, della scrittura. Mica sono sceme, le ciurme. Perciò scrivono i temi sul cervello.

Arlekin


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