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Primum vivere
 

Primum vivere, deinde regĕre. Vedo già facce perplesse (un conto è “philosophari”, altro governare, in genere), ma la cronaca recente impone un adattamento dell’antico adagio. Sul Venerdì di Repubblica del 21/11/08, Serra annota l’effetto “strano” fattogli da un piccolo elenco. L’ha ricavato un lettore dal Giornale e girato al curatore della rubrica di posta. Dentro quell’elenco ci sono cognomi illustri della sinistra (radicale, moderata, o così moderata da non esserlo, l’ex ministro Fioroni per esempio), che manda i propri rampolli in istituti privati esclusivi, “come se i dirigenti della Fiat andassero in giro su una Volvo o una Mercedes”. Vediamo.

Un’élite deve pensare al ricambio. Il presupposto è una formazione all’altezza del compito. Ma il presupposto del presupposto? Ci si può istruire come Dio comanda (o consente) a condizione d’essere in vita. Difficile, se lo sfascio della scuola non è metaforico. Se è letterale, come a due passi da Torino (dov’è la Fiat), e Vito Scafidi, 17 anni, studente, finisce i suoi giorni come un operaio in cantiere, in fabbrica, sotto un tubo venuto giù col soffitto.

La prole d’élite sta dove i soffitti non vengono giù – ecco il punto, caro Serra – perché l’istinto d’autoconservazione dei suoi genitori è più acuto. S’è affinato nel tempo. I biòtopi privati garantiscono ai loro cuccioli il vivere (primum) – per (deinde, eventualmente) regĕre. In posti come il “Darwin” di Rivoli (se ne contano almeno 10.000), le condizioni di sopravvivenza decimerebbero soprattutto individui della loro specie. Babbi e mamme lo sanno per istinto. E non vogliono.

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