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Attanti & docenti


“1.500 euro al mese per chi cura le teste dei futuri cittadini contro una media di 5.000 per i veterinari […] dimostra che in Italia ha più senso curare mucche e maiali […]”. “18 ore settimanali […]; natale: 2 settimane a casa; pasqua: da 7 a 10 giorni a casa; carnevale: 2 giorni a casa; estate: 2 mesi e mezzo abbondanti a casa; stipendio: 1600 euro; ipotetico impegno per esami di maturità: PAGATO; il riassunto dice tutto.” A margine dell’articolo di Citati sugli insegnanti da pagare il doppio (Repubblica, 3/7/07), il forum del sito di Repubblica già conta più di mezzo centinaio di pagine.

conone@repubblica chiede: “Scusate, perché un operaio edile dovrebbe guadagnare meno di un insegnante?” Già, perché? Citati ha sollevato il vespaio, ma non aiuta granché a rispondere. Nel minestrone del “disastro” (raggiunto dai tempi dell’ “inconscia convinzione” che i professori appartenessero a “uno strano regno, dove né danari né vestiti né vacanze costose avevano importanza”, alla “sotto-classe” che sono oggi), l’autore ci mette tutto. Dalla fine della maestra unica (con tono elegiaco rievocata), alle letture fatte fare in età sbagliata (ma si sbaglia su Svevo, che in classe si fa leggere in genere a 18, e non a 15 anni). Una diagnosi giusta si trova: “Gli stipendi miserabili hanno prodotto una sotto-classe, una specie di sottoproletariato”. Ma cosa rispondiamo a conone@repubblica, dopo avergli suggerito che “gli attanti e la diegesi di Gérard Genette” hanno “portato alla degradazione della classe degli insegnanti”, attori (non attanti) sociali falliti?

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