Il C.I.I.S. sulla figura e sul ruolo Comunicato CIIS, Coordinamento Insegnanti di Sostegno, del 7/3/2007
In queste ultime settimane, a fronte di alcuni
episodi che hanno trovato ampia risonanza attraverso i “media”, la
figura dell’insegnante di sostegno è salita alla ribalta, quasi sempre
in termini negativi. Incalzanti notizie che lasciano sconcertati!
Episodi poco edificanti hanno guadagnato le prime pagine dei
quotidiani, dei settimanali e hanno vagato via etere, riecheggiando,
amplificandosi ... come un’onda anomala! È bene, pertanto, FERMARSI per RIFLETTERE.
Il grido d’allarme e di stupore scattato,
infatti, denuncia un insieme di fattori che, al di là dei singoli
episodi, coinvolgono molti attori. che violano l’integrità e la dignità della persona, che impediscono la realizzazione di un’integrazione reale, che propongono come costanti situazioni che creano “dis-integrazione scolastica e sociale”,
è opportuno e doveroso fermarsi , per capire
“dove siamo ora e dove ci stiamo dirigendo”.
1.
Formazione: il
percorso formativo per gli insegnanti di sostegno ha subito variazioni
sensibili, giocate al ribasso, riguardo alla durata, rispondendo più a
logiche estranee all’integrazione (quali l’immissione in ruolo, la
certezza di un posto di lavoro, la possibilità di lavoro sotto casa,
una sistemazione dei perdenti posto) piuttosto che alla necessità di
offrire personale professionalmente preparato a rispondere alle sfide
e ai bisogni speciali derivanti dal ruolo ricoperto. In questi ultimi
trent’anni si è passati dai corsi monovalenti, ai corsi biennali, ai
corsi biennali universitari (per la sola durata di due anni
accademici), percorsi di 700 ore, e percorsi di 400 ore; ogni tanto si
ventila l’ipotesi di percorsi ancora più brevi per “formare nuovi
insegnanti di sostegno”... 2. Assunzione: da anni moltissimi insegnanti che si sono formati con percorsi biennali universitari transitano da una scuola all’altra, vivendo il dramma della precarietà di un ruolo che non consente loro di intervenire in modo efficace, proprio per la “provvisorietà” quotidiana. Al sostegno vengono assegnati spesso docenti “in esubero” oppure docenti privi di di titolo. 3. Continuità educativo-didattica: la continuità educativo-didattica appare condizionata dal continuo “tourn-over” degli insegnanti di sostegno, chiamati a rispondere a logiche di “raccolta punti”, di persone in costante migrazione interna, di docenti che riescono ad ottenere un punto in più grazie a master o altro corso. Oltre a ledere il diritto all’istruzione, la discontinuità impedisce la costruzione della relazione fra docente e discenti, presupposto essenziale per la positiva realizzazione dell’integrazione.
4. Insegnante
assegnato alla classe o allo stanzino?
L’integrazione, dice la norma, deve avvenire nelle classi: molto
spesso, tuttavia, gli alunni in situazione di handicap trascorrono
gran parte del loro tempo all’interno di “stanzini” o “stanzino del
sorriso” o “aula delle autonomie” insieme all’insegnante di sostegno.
Sull’altro versante, il docente di sostegno vive la sua condizione di
insegnante di tipo B e talvolta “nega” il suo ruolo. 5. Utilizzo: è prassi abbastanza consolidata che, in assenza dei docenti curricolari, l’insegnante di sostegno venga utilizzato per la loro “sostituzione”, mentre quasi mai succede il contrario.
6. Sostituzione
insegnante/assistente: assistenti o
insegnanti? Il dilemma spesso viene risolto a discapito della figura
docente, rafforzando il principio che l’alunno in situazione di
handicap non necessita di intervento didattico, ma solo educativo. E
la scuola? Come può rispondere al suo dovere di insegnare?
LE NOSTRE RICHIESTE
Il primo invito lo rivolgiamo al Ministro, On.
Fioroni, affinché intervenga al più presto, per definire ruoli,
percorsi di formazione e competenze specifiche che da anni attendono
una loro collocazione e per fissare criteri ai quali tutti, nella
scuola, devono attenersi, senza scappatoie e fraintendimenti. |