L’INTEGRAZIONE SCOLASTICA
DEGLI ALUNNI DIVERSAMENTE ABILI IN AUSTRALIA.

Intervista a Samantha Skinner, insegnante di sostegno

alla Duval High School di Amidale (Australia).

 di Fiammetta Colapaoli, da Proteo Fare Sapere del 20/6/2006

 

In un mondo globalizzato, interconnesso ed interdipendente è sempre più importante che anche i diritti e le politiche di inclusione si affermino come universali.

Le Regole standard delle Nazioni Unite per l’uguaglianza di opportunità delle persone con disabilità, adottate il 20.12.1993, hanno dato un impulso di non secondaria importanza alla diffusione delle pratiche di integrazione scolastica e sociale degli alunni disabili.

In Italia, la Legge 104 del 1992 ha completato il quadro normativo sull’integrazione che era iniziato nel 1974 con l’approvazione della L. 517. Nello stesso anno in Australia veniva approvato il Disability Discrimination Act che ha garantito a tutti gli alunni pari opportunità.

Per la consolidata trentennale esperienza, l’Italia continua ad essere il punto di riferimento di quanti si occupano di integrazione scolastica; Samantha Skinner, docente di sostegno australiana ha chiesto ed ottenuto dal suo governo regionale una borsa di studio, che le ha consentito di trascorrere due mesi nel nostro Paese per visitare scuole, incontrare insegnanti e responsabili dei servizi per l’integrazione.

In questa intervista Samantha ci racconta, attraverso la propria esperienza, come in Australia venga intesa e praticata l’integrazione. 

 

Come sei venuta in contatto con Proteo Fare Sapere? 

Ho cercato tramite Internet le associazioni che in Italia si occupano di integrazione e così sono entrata in contatto con il web master di Tuttinsieme che, a sua volta, si è rivolto alla persona che si occupa all’interno dell’associazione di integrazione scolastica.  Mi sono, così, giovata della collaborazione con le strutture regionali di Proteo Fare Sapere dell’Emilia Romagna e della Toscana.

La scelta di svolgere la mia ricerca in Italia non ha bisogno di essere motivata, avevo studiato per il conseguimento della specializzazione sui testi del professor Andrea Canevaro ed avevo frequentato, nella mia città, un insegnante italiano, comandato in Australia. 

 

In che ordine di scuola insegni? 

Sono insegnante di sostegno alla Duval High School ad Amidale, una scuola che accoglie studenti dagli 11 ai 18 anni. 

 

Prima di entrare nel merito dell’integrazione scolastica degli alunni disabili, è necessario conoscere la struttura della scuola in Australia. Come sono suddivisi i cicli e, soprattutto com’è organizzata la scuola superiore? 

La Kinder school inizia a tre anni e dura fino ai cinque, ma non è obbligatoria, c’è poi la scuola primaria che termina ad undici anni e, a seguire, la High scholl, fino al termine dell’obbligo scolastico, fissato ai sedici anni.

Nel corso del primo anno della High Scool gli studenti frequentano tutti gli stessi corsi, dalla lingua, alla storia, alla matematica, ma ci sono ore di laboratorio: cucina, falegnameria, elettronica. Gli studenti hanno sei ore giornaliere di lezione di 53 minuti, il sabato è libero.

 

Perché 53 minuti e non 55?

L’autobus per gli studenti passa alle 15 e 30, quindi dobbiamo far uscire gli studenti alle 15 e 27. I ragazzi mangiano a scuola ciò che comprano o che portano da casa; per il pranzo abbiamo 45 minuti.

 

Dopo il primo anno, quali sono gli indirizzi che gli studenti possono scegliere?

Ogni scuola superiore ha un’organizzazione diversa. Gli studenti possono scegliere due materie e per il resto seguono i corsi istituzionali; non c’è una diversificazione di indirizzi; non ci sono licei, istituti tecnici o professionali.

Dopo il secondo anno, gli studenti iniziano a lavorare per il titolo che vogliono conseguire, nel penultimo anno dell’obbligo le materie opzionali diventano tre.

Non essendoci una differenziazione dei corsi, nelle classi abbiamo studenti di diversa estrazione sociale e con diverse abilità.

 

A che età e con quale titolo si ottiene l’ iscrizione all’università?

Dopo i sedici anni chi vuole proseguire gli studi con l’università deve iscriversi ad una scuola tecnica e fare altri due anni. Alla scuola tecnica si può scegliere tra diversi indirizzi, meccanica, edilizia, il ramo dell’educazione; gli stage fanno parte integrante del curriculum. Negli ultimi due anni, gli studenti hanno 17 - 18 anni, la preparazione è molto rigorosa.

 

E veniamo all’integrazione scolastica, il settore di cui ti occupi. Che cosa prevede la legislazione australiana per gli studenti disabili?

Nel 1992 è stato promulgato il Disability Discrimation Act, che ha garantito a tutti gli alunni pari opportunità. Da quest'anno abbiamo poi una nuova legge il Disability Standards in Education che, applicando alle scuole la legge del ’92, ha definito ciò che obbligatoriamente tutte le scuole, pubbliche, private o cattoliche devono garantire.

In Australia solo il 25% della popolazione è cattolica ma molti genitori anche non cattolici mandano i propri figli alla scuola cattolica.

 

La scuola cattolica garantisce il rispetto delle norme per l’integrazione scolastica?

Può succedere che una scuola privata o cattolica non accetti studenti disabili perché non ha le risorse per il personale specializzato o perché le strutture sono deficitarie, anche per la presenza di barriere architettoniche. Le scuole pubbliche sono, invece, costrette a garantire ciò che la legge prevede. Le scuole private e quelle cattoliche hanno finanziamenti prevalentemente dal governo centrale, mentre le scuole pubbliche sono finanziate dai singoli stati regionali.

 

Da quanti anni si è affermato il diritto degli studenti disabili a frequentare le scuole non speciali?

Approssimativamente da quindici anni, il processo d’integrazione è iniziato prima della promulgazione della promulgazione del Disability Discrimation Act, ma nelle campagne non ci sono né scuole speciali, né vera integrazione.

L’integrazione è stata per molti insegnanti una scelta obbligata, e proprio per questo il processo non può dirsi pienamente riuscito. Dipende poi, come penso accada anche in Italia, dalle maestre, dalla loro accettazione e preparazione; in alcune scuole, soprattutto di campagna, gli alunni disabili, inseriti nelle classi normali, finiscono in un angolo ad intrecciare canestri o perline.

Nella mia città ci sono due scuole superiori che garantiscono l’integrazione, i genitori, dunque, possono scegliere di iscrivere il proprio figlio in quella scuola che assicura un effettivo processo di integrazione.

Esistono ancora in Australia le scuole speciali?

Sì esistono ancora e sono frequentate dal 90% di alunni con disabilità grave. Gli studenti con disabilità media o lieve scelgono l’integrazione; nelle scuole normali ci possono però essere delle classi speciali. Sta alla libera scelta dei genitori scegliere il percorso che ritengono più idoneo per il proprio figlio.

Nelle scuole speciali ci sono classi con personale specializzato per le diverse disabilità, oltre agli insegnanti ci sono tecnici per la riabilitazione. Chi frequenta le scuole speciali può frequentare alcuni corsi nelle classi normali. Nella mia scuola non ci sono classi speciali; molti studenti hanno disabilità media o lieve. Gli studenti frequentano le lezioni con gli insegnanti curricolari, l’insegnante di sostegno è di supporto. Il mio ruolo è quello di aiutare gli insegnanti e gli studenti per garantire che gli alunni disabili riescano a seguire le lezioni.

Lavoro principalmente con gli insegnanti più disponibili, con gli altri, spesso, ci sono degli scontri.

Nella scuola c’è un gruppo di supporto composto da un insegnante, il dirigente scolastico, lo psicologo e un tutor che segue gli studenti; di questo gruppo fa parte anche l’assistente per gli aborigeni.

 

Qual è il tuo orario di lavoro?

Ventidue ore, però l’impegno può variare in base alle esigenze degli studenti. Il ruolo del gruppo di supporto è anche finalizzato a programmare la mia attività; l’équipe raccoglie le esigenze degli insegnanti e, sulla base di queste, fa la programmazione. Il gruppo di supporto si riunisce ogni quindici giorni.

 

Quante ore settimanali dedichi a ciascuno studente?

Dipende, a stabilirlo è il gruppo di supporto all’inserimento, non c’è un massimo e un minimo settimanale; il tetto, però, è di due ore per alunno. Sto seguendo un ragazzo di tredici anni che ha una dislessia molto grave e legge come un bambino di sei anni. Questo ragazzo, come tutti gli altri, oltre alle due ore di sostegno riceve l’aiuto di tutti gli altri insegnanti che ricevono indicazioni metodologiche dal gruppo di supporto.

 

Un’ultima domanda. Quali sono le modalità con cui avviene la certificazione di disabilità?

La prima figura professionale che può certificare il bambino disabile, è il pediatra; c’è poi lo psicologo per le patologie del ritardo mentale. La certificazione viene rilasciata dopo aver sottoposto il ragazzo a dei test. Il gruppo di supporto valuta la diagnosi e predispone il piano di lavoro.

Per la sua ricerca, Samantha ha seguito il Convegno organizzato a Rimini dalla Erickson “ La qualità dell’integrazione scolastica”; ha poi visitato, partecipando alle lezioni e confrontandosi con gli insegnanti: l’IC di Crespellano, la Direzione Didattica di Zola Predosa, in provincia di Bologna; l’ITC Newton di Scandicci e l’Istituto Elsa Morante di Firenze.

 Il viaggio di Samantha per conoscere l’integrazione scolastica in Italia è continuato poi a Roma e a Napoli.

Ringrazio i dirigenti e le insegnanti che hanno accolto la nostra collega con disponibilità e professionalità e, in particolare, la presidente di Proteo Fare Sapere di Firenze, Adriana Menna che ha organizzato le visite ai due istituti superiori di Firenze e un incontro con il responsabile handicap dell’USR della Toscana, dottor Lucillo.

 

 

 Rapporto di Samantha Skinner

 Si ringraziano coloro che hanno collaborato alla traduzione

  

Study Tour - Rapporto Finale

   

Insegnando in collaborazione

l'integrazione nella scuola italiana

  

Questo lavoro è stato prodotto da Samantha Skinner, beneficiaria di una borsa di studio [degli insegnanti PREMIER] per “l’educazione speciale” 2005, conferita dal sig. Bob Carr, primo ministro del nuovo Galles del sud(Australia)  

Sfondo allo studio

 Questo studio investiga la natura delle relazioni di collaborazione tra insegnanti “generali” e insegnanti di “educazione speciale” nelle scuole italiane secondarie. Sia l’UNESCO sia l’ OECD hanno citato l’Italia come la più avanzata degli stati membri nel movimento verso una completa integrazione educativa degli studenti con disabilità (Berrigan 1994).

Infatti, il sistema educativo italiano è stato sottoposto a riforme radicali fin dalla fine degli anni ’60. Come risultato di questi cambiamenti, nel 1996 il 98,5% di tutti i bambini con disabilità in Italia frequentava regolarmente la scuola ( Vitello 1996; citato in Fu, Stremmel & Hill 2002: 7). È stato affermato che il sistema di insegnare collaborando è largamente responsabile del successo dell’integrazione in Italia. (Berrigan & Taylor 1997)

 Legislazione per L’integrazione

 Secondo Vitello, (1994: 61) il Partito Comunista Italiano avviò dei cambiamenti rivoluzionari nelle istituzioni sociali del paese, cercando una completa integrazione degli svantaggiati e delle minoranze nel sistema sociale. Alla fine degli anni ’60 il paese iniziò a chiudere le istituzioni statali che si occupavano di persone affette da problemi mentali e questo generò un movimento all’interno del sistema educativo ( Fu, Stremmel & Hill 2002: 7). In quel periodo, spiega il professor Andrea Canevaro dell’Università di Bologna, ebbe luogo un’ondata migratoria dalla campagna verso le aree urbane, ed avvenne in particolare dal sud al nord del paese. Ciò comportò cambiamenti dialettici e culturali all’interno dell’organizzazione della scuola, influenzando la natura del lavoro degli insegnanti e l’organizzazione delle scuole. L’integrazione di bambini con abilità, origini ed esigenze diverse diventò abituale. A questo scopo, la Legge 118, promulgata nel 1971, assicurava il diritto agli studenti con disabilità ad un’educazione obbligatoria e regolare nel ciclo scolastico elementare e medio inferiore del sistema educativo italiano. (Vitello 1994: 61)

 Questo improvviso inserimento di studenti con disabilità nel regolare sistema scolastico, avvenne con trascurabile preparazione e progettualità e risorse veramente limitate (Cecchini & McCleary, 1985; citato in Vitello 1994: 2). Per fronteggiare queste difficoltà il Parlamento italiano, nel 1977, promulgò la Legge 577, una legge articolata, con la quale venivano ufficialmente chiuse le scuole speciali (Lebeer, Garbo, Engels & De Vroey 1999: 259). Questa legge, inoltre, limita a venti il numero massimo di studenti in una classe ove sono inseriti bambini con disabilità, e stabilisce che non più di due studenti con handicap possono essere inseriti in una stessa classe. La legge prevede, poi, che siano nominati degli insegnanti di sostegno per lavorare all’interno di ciascuna classe (Fu, Stremmel & Hill 2002: 7). La legge 577 infine sancisce che la responsabilità dell’integrazione deve essere condivisa tra la scuola e l'azienda sanitaria locale. L’A.S.L. predispone l’attestazione di handicap e fornisce i servizi e gli ausili terapeutici, così come partecipa ai regolari incontri di progettazione sui programmi del singolo studente

Nel 1992, si integrò la legislazione per migliorare ed indirizzare il bisogno di una maggiore competenza nella gestione di questo radicale cambiamento.[1] La Legge 104 individua la necessità, per lo sviluppo di queste innovazioni, di predisporre un “Profilo Funzionale Dinamico” e un progetto d’istruzione personalizzato per ogni studente, in accordo con genitori, con professionisti della sanità ed insegnanti.  La Legge 104, inoltre, definisce il ruolo dell’insegnante di sostegno che deve provvedere ad un insegnamento specializzato, per ogni singolo studente e partecipare nelle attività di pianificazione e di didattica dell’intera classe (FADIS 2005).

Lo sviluppo di una cornice di lavoro per un’inclusione reale degli studenti con disabilità deve essere un processo reiterato, altamente riflessivo e reattivo.  Tuttavia, le attuali riforme proposte dal ministro dell’Istruzione e della Ricerca e dell’Università, Letizia Moratti, sono ampiamente considerate come disastrose per il futuro dell’inclusione e per il ruolo degli insegnanti di supporto all’integrazione nelle scuole italiane. Ai tagli dei costi nazionali per l’istruzione si è accompagnata la riduzione dei trasferimenti alle Amministrazioni locali e provinciali, al sistema sanitario e alle comunità stesse.  Vista la grande disparità di risorse, tanto evidente nelle diverse regioni d’Italia, le riforme Moratti stanno danneggiando specialmente gli studenti del Meridione che da sempre è più povero. In conseguenza di ciò, in una scuola media, le riforme in atto hanno comportato, nel presente anno scolastico, la perdita per uno studente, di quattro ore di sostegno a settimana.

 LA STRUTTURA DEL SISTEMA SCOLASTICO ITALIANO

 L’istruzione obbligatoria in Italia inizia a sei anni e termina a quattordici.  Prima di iniziare la scuola dell’obbligo, i bambini dai tre ai cinque anni di età possono frequentare la scuola materna, generalmente nello stesso stabile della scuola elementare che gli studenti poi frequenteranno fino agli undici anni di età.  A questo punto essi dovranno spostarsi per frequentare la scuola media. La fine della scuola media coincide con la fine della Scuola dell’obbligo (corso 8 in Australia).  Tuttavia, la maggior parte degli studenti prosegue gli studi nella scuola superiore, anche perché non esistono proposte adatte per coloro che, a 14 anni, lasciano la scuola.  La scuola superiore è stratificata e va dalle accademie intensive ai licei, dove gli studenti studiano i classici o le scienze in preparazione dell’Università, agli istituti professionali per l’artigianato e agli istituti tecnici che avviano ad una carriera commerciale o di servizi, senza nessuna possibilità per la prosecuzione degli studi.  Solamente dal 1988 si è permesso agli studenti con disabilità di iscriversi alla scuola superiore ed attualmente questi studenti sono concentrati negli istituti superiori professionali, che hanno, in alcuni casi, istituito pseudo “unità di sostegno” per provvedere alle necessità speciali dei propri studenti.

 IL RUOLO DELL’INSEGNANTE DI SOSTEGNO

 In Italia il ruolo dell’insegnante di sostegno non è diverso di quello del Teacher Learning Assistance (STLA) nelle scuole pubbliche del New South Wales in Australia (Assistenza all’Apprendimento con un Insegnante di Sostegno).  Essi lavorano individualmente con gli studenti che hanno certificati di disabilità, e nelle classi per sostenere tutti gli studenti e i docenti laddove se ne verifichi la necessità.  In ognuna delle scuole visitate, esiste un’aula di sostegno, dove gli insegnanti possono lavorare con uno studente alla volta o in piccoli gruppi di insegnamento.  Gli insegnanti di sostegno, generalmente usano questo “ritaglio” del loro tempo di lavoro con lo/gli studente/i per poter usare materiali concreti per insegnare i concetti matematici, usando il computer, ed intraprendendo una terapia fisica o insegnando concetti difficili attraverso attività fisica per esempio saltando dai numeri pari ai dispari.

 Dall’insegnante di sostegno ci si aspetta che intraprenda un’attività continua di collaborazione e di consultazione con gli insegnanti della classe per seguire e adattare il programma curriculare della classe regolare.  Nella maggior parte dei casi, il successo di tale collaborazione, è risultato dipendere da vari fattori, tali come: compatibilità o meno del metodo d’insegnamento tra l’insegnante di sostegno e l’insegnante regolare, il numero di alunni per classe, e la volontà del dirigente scolastico di creare strutture organizzative, come incontri regolari o periodi di libertà simultanei, che facilitano la collaborazione.

 L’ insegnante di sostegno lavora anche in collaborazione con l’educatore. Forse il ruolo dell’educatore può essere facilmente comparabile con quello del Teacher’s Aide (Special), anche se più complesso.  L’ educatore è responsabile dello sviluppo e della realizzazione di un’effettiva integrazione e di modelli di programmi sociali per uno studente in particolare.  Nelle diverse scuole si sono riscontrate opinioni discordanti circa l’efficacia degli educatori, tuttavia, è sembrato che dove i distretti scolastici sono in grado di dedicare tempo e ulteriori risorse per definire un curriculum con modelli sociali, il ruolo e la funzione dell’educatore sono altamente valutati, sia dallo staff, che dagli studenti.

 Ogni insegnante di sostegno lavora per un massimo di 22 ore di insegnamento a settimana nelle scuole elementari, e 18 ore nelle scuole superiori.  In alcuni rari casi, allo studente con gravi disabilità, viene garantito il totale del monte ore di un insegnante.  Tuttavia, generalmente, allo studente con grave disabilità si garantiscono 9 ore di sostegno a settimana, mentre agli studenti con moderata disabilità spettano 4 o 5 ore a settimana.  Gli studenti con lieve disabilità o difficoltà d’apprendimento, come la dislessia, possono usufruire da 2 o 3 ore di sostegno a settimana.  Quindi gli insegnanti di sostegno sono assunti in base alle iscrizioni degli studenti con disabilità, e ciò varia naturalmente di anno in anno.

 Inclusione e collaborazione nella scuola elementare

 Con il fine di migliorare la comprensione della natura dell’inclusione e della collaborazione per arrivare a livelli più alti di scuola, in Italia, è necessario esaminare la situazione a livello della scuola elementare.  In Italia come in Australia, gli studenti sono assegnati ad una classe ed hanno un solo insegnante per tutte le materie.

 La Scuola Elementare di Lavino a Zola Predosa, un comune situato a circa 10 km ad Ovest di Bologna, è una grande scuola pubblica comprendente la scuola dell’infanzia, la scuola elementare e quella media.  La scuola ha a disposizione due scuolabus di grandi dimensioni, una ludoteca, la biblioteca e un parco gioco ben curato; i corsi sono in orario antimeridiano e pomeridiano. A Lavino ci sono 8 insegnanti di sostegno.

Nella scuola elementare, un’insegnante di sostegno, Maria, lavora con tre studenti, sia in classe, che formando piccoli gruppi dove include il “suo” studente.  Maria lavora 22 ore a settimana, e questo tempo è diviso fra i tre studenti secondo le loro necessità individuali.  La filosofia della Scuola Elementare di Lavino richiede che tutti gli insegnanti che lavorano con bambini che abbiano necessità speciali, accettino la responsabilità per la loro istruzione.  L’insegnante di sostegno è riconosciuto dagli studenti solo come un “insegnante di una classe aperta a tutti”, cioè, sono degli insegnanti che non lavorano con studenti o gruppi particolari.  In conseguenza di ciò gli studenti che lavorano con Maria non portano il marchio di studiare con un”insegnante speciale”.

 Nel comune di Zola Predosa è stato raggiunto un accordo in base al quale gli educatori ricevono un training specialistico e uno stipendio aggiuntivo, così il loro livello è pressoché equivalente a quello degli insegnanti di sostegno. In questa scuola gli educatori sono componenti chiave del gruppo collaborativo di ogni studente. Inoltre c’è abbastanza collaborazione tra scuola materna, elementari e medie nei passaggi di transizione di uno studente da un ciclo al successivo. Tutti gli insegnanti a Lavino sostengono che la collaborazione non è mai stata un problema perché agli insegnanti venivano concesse abbondanti opportunità (2 ore a settimana) per incontrare i ragazzi e condividerne esperienze e conoscenze. È stato delineato dalle insegnanti un piano di lavoro chiaro che fonda il loro rapporto con l’integrazione. Questo rapporto incorpora i requisiti della legge 577 e delle legge 104 e allo stesso modo riconosce la condivisa responsabilità dell’intera comunità scolastica per il successo dell’integrazione degli studenti con “esigenze speciali”.

 Una visita alla scuola elementare di Falciano, nord di Napoli, fornisce un interessante punto di confronto. Qui ci sono diversi studenti con disabilità, due dei quali ricevono 22 ore di supporto a settimana, che rappresenta il massimo per le scuole elementari. I due insegnanti di sostegno accompagnano i loro studenti in ogni momento. Uno dei ragazzi, affetto da iperattività motoria e una rara forma di malattia genetica, è allontanato dalla classe, quando l’insegnante ha bisogno di “spazio” per lavorare con gli altri studenti. La scuola non possiede attrezzature informatiche o una palestra, e gli insegnanti lamentano le limitazioni che queste mancanze pone alla loro capacità di programmare e venire incontro alle esigenze individuali. La mancanza di mezzi è attribuibile alla povertà del Comune, sebbene il clima generale della scuola sia disteso e gli studenti laboriosi. Gli insegnanti di sostegno lavorano effettivamente come parte di un gruppo con i colleghi insegnanti delle loro classi, per fornire agli studenti le migliori opportunità educative.

 Inclusione e collaborazione nella scuola media

 La scuola media italiana funziona in maniera simile alla scuola elementare, alle medie gli studenti sono assegnati a classi particolari. Sebbene, in questo livello più alto, nelle classi, le varie materie siano insegnate da docenti esperti. Gli studenti tuttavia, non si muovono all’interno della scuola.

 La scuola media statale “Faustino Malaguti” è a Crespellano, un paese a 19 chilometri ovest di Bologna. Nella scuola ci sono 120 studenti e le classi sono abbastanza piccole, ospitano, infatti, solo da 15 a 20 ragazzi. Ci sono due insegnanti di supporto nella scuola, ognuna delle quali lavora con due o tre ragazzi. L’obiettivo del loro lavoro è fornire agli studenti attività diversificate e motivanti. Una volta al mese si tiene una tavola rotonda con il corpo docente, gli insegnanti di sostegno, gli educatori, specialisti e famiglie, per pianificare lo sviluppo delle abilità educative, sociali, di salute dello studente; il loro PDF (Profilo Dinamico Funzionale).

 Un’insegnante di sostegno, Grazia, afferma che spesso gli insegnanti di ruolo sono maldisposti nel condividere la responsabilità educativa per gli studenti disabili. Queste sono viste come un problema degli insegnanti di sostegno piuttosto che un lavoro da condividere. Grazia afferma che questa è una frustrazione continua per lei, specialmente perché la legge italiana garantisce a tutti gli studenti, un completo accesso ad un ambiente educativo integrato. In generale, il lavoro di Grazia é abbastanza isolato, e quando prova ad impostare il lavoro delle classi “regolari” nel programma individualizzato di ogni studente, l’insegnante di ruolo non sembra essere ben disposta verso di lei. Grazia afferma che, a volte, è spinta a credere che l’integrazione sia troppo difficile e stressante per gli studenti con gravi difficoltà; allo stesso modo, tuttavia, crede che separare le classi di supporto, possa diventare una sorta di “ghetto” per disabili.

 Mentre, Grazia spesso si sente obbligata ad uscire dalla classe per un insegnamento individualizzato con i suoi studenti, alla scuola media statale “Giovanni Bosco” di Falciano, a nord di Napoli, gli studenti, anche con i più alti livelli di esigenza di assistenza, non sono mai esclusi dalla classe. Gli insegnanti esprimono con gran forza la convinzione che una costante presenza in classe sia necessaria per mantenere un’adeguata integrazione. Uno studente, Giuseppe, ha grandi difficoltà a livello sociale, è eccessivamente timido ed ha un lieve ritardo mentale. Lui lavora con la sua insegnante di sostegno Rossella, sulla base di un programma individualizzato all’interno del regolare ritmo scolastico. Prima di iniziare la scuola media, Giuseppe non aveva manifeste proprietà di linguaggio. In ogni caso è stato garantito l’accesso ad una terapia logopedistica e il ragazzo, adesso, incomincia a socializzare. Giuseppe riceve 18 ore di supporto a settimana. Questo livello molto alto di supporto per uno studente con relativamente lievi difficoltà, è stato deciso dal consiglio di classe visto che Giuseppe ha buone probabilità di superare le sue difficoltà e potrebbe andare al liceo scientifico, il prossimo anno.

 Integrazione e collaborazione nella scuola superiore

 Come descritto in precedenza, a questo livello di scolarizzazione, gli studenti con disabilità sono concentrati nello strato vocazionale dello spettro scolastico. Un primo esempio è l’istituto professionale per i servizi sociali “Elsa Morante” di Firenze. Una scuola che ospita circa 350 studenti, 40 dei quali hanno “esigenze speciali”. La scuola prepara gli studenti per un impiego nel lavoro sociale e di comunità. Naturalmente il supporto di studenti con disabilità è di primaria importanza per questa scuola, e ha una gamma di servizi eccellenti e sostanzialmente un personale di supporto molto impegnato emotivamente. Nonostante tutto, questa concentrazione di studenti con disabilità, in questo tipo di scuola, è percepito come un problema emergente.

 Il dott. Renzo Liccioli, Direttore del servizio disabili dell’Ufficio Scolastico Regionale della Toscana, sta predisponendo lo sviluppo di un orientamento programmatico nel promuovere livelli più teorici di liceo per studenti con disabilità da proporre alle famiglie. Spesso dice il dott. Liccioli le famiglie non considerano la possibilità che una strada più accademica può essere un’opzione per i loro ragazzi. In aggiunta, il dott. Liccioli propende per la fondazione di una rete collaborativa di scuole all’interno dello spettro delle scuole superiori. Una rete del genere dovrebbe rendere capaci gli studenti di accedere a delle opportunità appropriate alle proprie esigenze, in differenti luoghi di incontro.

 Queste opportunità sono evidenti nel caso di Vanessa una studentessa non vedente di 18 anni, che frequenta l’ultimo anno all’istituto statale di istruzione superiore tecnica e scientifica “Russel-Newton”. In questo istituto, gli studenti possono studiare ad un intenso livello accademico, frequentando il liceo scientifico, oppure seguire il più professionalizzante istituto tecnico. Vanessa spera di potersi iscrivere all’università il prossimo anno e la sua ambizione è quella di poter insegnare informatica alle persone non vedenti. L’insegnante di letteratura italiana di Vanessa che è diventato una specie di informale consigliere/mentore, parla orgogliosamente delle imprese della ragazza nel muoversi indipendentemente all’interno del grande e caotico istituto. Questa indipendenza è stata raggiunta grazie a molte iniziative di collaborazione tra la scuola e Unione Ciechi. Inoltre l’Unione Ciechi fornisce servizi di traduzione in linguaggio Braille, il lavoro viene spedito tramite posta elettronica al traduttore una settimana prima e restituito in Braille prima della lezione. Vanessa usa un “taccuino Braille” con incredibile abilità. Lei è anche seguita per 10 ore a settimana da un insegnante di sostegno, anche se sono emersi diversi problemi.

Il professor Bennucci, mentore non ufficiale di Vanessa, lamenta che gli insegnanti di sostegno siano generalmente giovani, inesperti e troppo protesi ad accumulare punteggio per poter essere poi trasferiti. Di conseguenza c’è una scarsa continuità sul servizio di Vanessa. E ancora gli insegnanti di sostegno non conoscono il Braille e non hanno esperienza di casi di cecità. Vanessa riferisce che lei spesso insegna ai suoi insegnanti di supporto come lavorare efficacemente con lei e qualche volta trova più facile lavorare da sola.

 All’istituto statale professionale industriale e artigianale “Guglielmo Marconi” di San Giovanni Valdarno, vicino ad Arezzo in Toscana, due insegnanti di supporto lavorano a stretto contatto con una studentessa, Ida; per 12 ore a settimana. Ida è iscritta al corso moda tessile in questo liceo. Non parla e ha scarsa motricità, qualche volta abbandona la classe per lavorare su un programma funzionale alfanumerico costituito da movimento e attività fisica. Le insegnanti di supporto Cristiana e Claudia credono che la collaborazione esistente tra il personale di supporto e gli insegnanti di ruolo sia una componente vitale e produttiva del programma di Ida. Dal momento che Ida ha il supporto solo per 12 ore a settimana, gli insegnanti assicurano di essere equipaggiati di apposito materiale per far lavorare Ida in gruppi co-operativi. Questi materiali sono stati sviluppati in accordo con gli insegnanti di sostegno durante i regolari incontri di programmazione. Cristiana ha fiducia che il direttore, il professor Alessandro Artini, sia particolarmente comprensivo e supporti i requisiti di un programma educativo speciale di successo. Cristiana suggerisce che c’è un fatto primario nel lavoro di collaborazione tra i vari elementi che costituiscono il gruppo di lavoro. Cristiana percepisce che la sua presenza in classe è ritenuta una risorsa e ritiene di essere considerata come un supporto per gli insegnanti e per l’intera classe.

 La filosofia del sostegno dell’IPSIA “Giglielmo Marconi”è particolarmente evidente nel caso di Ida che ha avuto il permesso di rimanere a scuola per altri due anni.   Durante questo periodo, accompagnata da un educatore intraprenderà un “Progetto di Vita”che riguarderà esperienze di lavoro da un floricoltore e allenamento a viaggiare. L’investimento di fondi nel supporto degli studenti, oltre l’obbligo scolastico è indicativo dei forti principi di giustizia sociale che sono alla base di questa scuola.

 Conclusioni

 Che gli insegnanti italiani siano impegnati nei principi dell’educazione all’integrazione è fuori discussione. Alla conferenza a Rimini, “ La qualità dell’integrazione scolastica”, hanno partecipato non meno di 4.000 persone provenienti da tutta Italia. Sebbene la rimozione fisica delle scuole speciali e ambienti di segregazione per studenti con disabilità non sia l’unico punto chiave di un’integrazione di successo, l’attuale riforma Moratti minaccia di disfare quello che è già stato raggiunto.

Osservazioni in merito a questo studio suggeriscono che ci sono diversi fattori preliminari necessari per un’efficace integrazione. In primo luogo strutture organizzate che permettono, con riunioni efficaci, a tutte le parti in gioco di poter prendere decisioni in completo accordo. In secondo luogo gli studenti devono avere il necessario equipaggiamento e classi più piccole e in terzo luogo ci deve essere un’incondizionata accettazione dei diritti degli studenti con diverse abilità ad aver completo accesso ad un’educazione di primordine.

 Come suggerito all’inizio di questo scritto la collaborazione fra insegnanti di ruolo e di sostegno è davvero fondamentale per il successo dell’integrazione scolastica in Italia, sebbene sono la natura della scuola e delle persone a determinare un livello di successo variabile. Generalmente sembrerebbe che alle elementari, la pratica collaborativa avvenga naturalmente e le strutture scolastiche si prestino esse stesse ad un lavoro di gruppo e a prendere decisioni in comune. Quando entra in gioco la divisione, sia nel ciclo delle medie sia alle superiori, la collaborazione diventa sempre più difficile da raggiungere per gli insegnanti e deve essere coscientemente costruita. 

 

References

  •  Berrigan, C. 1994, Schools in Italy; A National Policy Made Actual, Center on Human Policy, Syracuse.  http://web.syr.edu/~thechp/italy.htm 

  • Berrigan, C. & Taylor, D. 1997, Everyone Belongs:  School Inclusion and Social Relationships in Italy, Center on Human Policy, Syracuse.  http://web.syr.edu/~thechp/italy2.htm 

  •  FADIS, 2005.  Brochure of the Federazione Associazioni di Docenti per l’Integrazione Scolastica.  Further information available at http://www.integrazionescolastica.it 

  •  Fu, V., Stremmel, J. and Hill, L. 2002, Teaching & Learning:  Collaborative Exploration of the Reggio Emilia Approach, Merrill Prentice Hall, USA.  Excerpt reprinted in Early Edition-Newsletter of Early Childhoold Intervention Australia (NSW Chapter) Inc. Vol. 10, No 2. Winter 2003 pp7-13. 

  • Lebeer, J. Garbo, R. Engels, P. & De Vroey, A. 1999, ‘Advocacy, self-advocacy and inclusive action; a concluding perspective’ in Inclusive Education:  supporting inclusion in education systems, eds H. Daniels & P. Garner, Kogan Page, London, pp252-265. 

  • Vitello, S. 1994, ‘Special Education Integration: The Arezzo Approach’, International Journal of Disability, Development and Education, Vol. 41, No.1, pp61-70. University of Queensland Press, Brisbane. 

 


[1] (Lebeer, Garbo, Engels & De Vroey 1999: 260).