Assistente all’autonomia e comunicazione
ed Assistente all’igiene:
due diverse figure concorrenti
alla piena integrazione degli alunni disabili

di Katjuscia Pitino, DirittoScolastico.it
 

 

Nelle scuole capita spesso che l’integrazione degli alunni disabili sia vissuta e realizzata in via prioritaria solo per mezzo della figura dell’insegnante di sostegno, che insieme agli altri docenti curriculari della classe, diventa nello stesso tempo uno dei co-autori e realizzatori del Piano Educativo Individualizzato. Tuttavia, come è ben risaputo, la piena integrazione di un alunno disabile, in specie se grave, non può essere affare specifico e limitato all’azione esclusiva di pochi soggetti, visto che la normativa sui diritti delle persone handicappate, Legge quadro n.104 del 1992, all’art.13, rubricato “Integrazione scolastica”, menziona in modo del tutto apodittico, altre figure specialistiche che fanno da sfondo e completano le attività e le azioni inerenti il processo di integrazione degli alunni disabili.

E’ fuor di dubbio che l’integrazione per essere tale, senza chi vi siano limiti di sorta, debba però assumere sempre un carattere onnicomprensivo delle differenti peculiarità e dinamiche, legate proprio alla natura del soggetto disabile in questione, non potendosi limitare dunque ad una integrazione parziale. Perché a ben leggere quanto affermato nell’articolo 8 della legge quadro, l’inserimento e l’integrazione della persona handicappata si realizza anche attraverso interventi e misure che non afferiscono solo all’ambito prettamente scolastico e didattico, ma si estendono anche ai luoghi del sociale e al mondo del lavoro, finanche all’ambiente domestico e familiare, si parla di “interventi di carattere socio-psico-pedagogico, di assistenza sociale e sanitaria a domicilio, di aiuto domestico e di tipo economico” (comma 1, lett. a). E’ interessante richiamare un passo della nota Sentenza della Corte Costituzionale n.80 del 2010, nella parte in cui si precisa un assunto a sostegno delle caratteristiche afferenti ogni diversa disabilità; si legge che “i disabili non costituiscono un gruppo omogeneo. Vi sono, infatti, forme diverse di disabilità: alcune hanno un carattere lieve ed altre gravi. Per ognuna di esse è necessario, pertanto, individuare meccanismi di rimozione degli ostacoli che tengano conto della tipologia di handicap da cui risulti essere affetta in concreto una persona. Ciascun disabile è coinvolto in un processo di riabilitazione finalizzato ad un suo completo inserimento nella società; processo all’interno del quale l’istruzione e l’integrazione scolastica rivestono un ruolo di primo piano”. Volendo quindi agganciare l’affermazione della sentenza, secondo cui i disabili non compongono un gruppo compatto ma esistono come unità esprimenti oltretutto specifiche caratteristiche psichiche, fisiche o sensoriali, non cumulabili all’interno di un’unica categoria, viene del tutto naturale collegare il concetto di peculiarità e differenza di ogni disabilità con il principio stesso della diversificazione nell’integrazione, quale emerge appunto dalle diverse esigenze manifestate da ogni soggetto disabile. Per molti di questi alunni l’integrazione abbisogna di cure che non solo esauribili solamente nel piccolo contesto gruppo-classe e perciò realizzate esclusivamente dall’insegnante di sostegno e dai docenti curricolari; si ravvisa infatti la necessità di interventi compensativi e aggiuntivi di altre figure che diventano quindi complementari e ausiliari all’integrazione dell’alunno in questione. Più chiaramente ci si riferisce all’assistente per l’autonomia e la comunicazione e all’assistente igienico-personale (altrimenti detto assistente di base) i quali come è stato lautamente affermato in un sentenza del Tar del Lazio n.9926 del 2007, contribuiscono a far vivere meglio all’alunno disabile “la quotidianità della scuola” perché come sottolinea più avanti il testo della stessa sentenza, ciascuna di queste figure ha “un ruolo completamente diverso e complementare”, ma pur sempre di aiuto alla piena e fattiva integrazione dell’alunno disabile.

D’altronde lo stesso articolo 12 della Legge 104 del 1992 garantisce “il diritto all’educazione e all’istruzione della persona handicappata nelle sezioni di scuola materna, nelle classi comuni delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado e nelle istituzioni universitarie” (comma 2) e al successivo comma 3 precisa che “l’integrazione scolastica ha come obiettivo lo sviluppo delle potenzialità della persona handicappata nell’apprendimento, nella comunicazione, nelle relazioni e nella socializzazione”. L’assistente per l’autonomia o la comunicazione, chiamato a fornire un supporto aggiuntivo, ha difatti il compito di facilitare, in sinergia con l’insegnante di sostegno e gli altri docenti della classe, il processo relazionale e partecipativo dell’alunno disabile durante le attività scolastiche. Peraltro tale figura addizionale è prevista nel comma 3 dell’art.13 “Integrazione scolastica”, della Legge 104 “nelle scuole di ogni ordine e grado, fermo restando, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1077, n.616, e successive modificazioni, l’obbligo per gli enti locali di fornire l’assistenza per l’autonomia e la comunicazione personale degli alunni con handicap fisici e sensoriali, sono garantite attività di sostegno mediante l’assegnazione di docenti specializzati”. Non vi è dubbio che l’obbligatorietà della presenza di tale figura non lasci  adito, come spesso accade, a nessuna manchevolezza da parte dell’ente locale, in quanto l’integrazione degli alunni disabili non può soffrire di tagli e restrizioni di alcun genere. La Corte Costituzionale con sentenza del 21-29 ottobre del 1992,  n.406, a proposito della Legge 104 si è così espressa “il suo complessivo disegno è fondato sulla esigenza di perseguire un evidente interesse nazionale, stringente ed infrazionabile, quale è quello di garantire in tutto il territorio nazionale un livello uniforme di realizzazione di diritti costituzionali fondamentali di soggetti portatori di handicaps. Al perseguimento di simile interesse partecipano con lo Stato, gli enti locali minori e le Regioni, nel quadro dei principi posti dalla legge e secondo le modalità ed i limiti necessari ad assicurare l’effettivo soddisfacimento dell’interesse medesimo”.

Di tutt’altra natura è al contrario l’azione richiesta all’assistente all’igiene (assistente di base), che come sottolineato nella sentenza n.9926 sopra richiamata, è di competenza del Ministero dell’Istruzione e ha il compito di “occuparsi dei bisogni del minore quali ad esempio portarlo nel bagno, aiutarlo durante i pasti eccetera”. Tale mansione rientra nel profilo del personale ATA, così come definito nel CCNL vigente, Tabella A, Area A del collaboratore scolastico, il quale “esegue, nell’ambito di specifiche istruzioni e con responsabilità connessa alla corretta esecuzione del proprio lavoro, attività caratterizzata da procedure ben definite che richiedono preparazione non specialistica (…). Presta ausilio materiale agli alunni portatori di handicap nell’accesso dalle aree esterne alle strutture scolastiche, all’interno e nell’uscita da esse, nonché nell’uso del servizi igienici e nella cura dell’igiene personale anche con riferimento alle attività previste dall’art.47”. L’azione funzionale all’integrazione svolta dal collaboratore scolastico è stata anche messa in rilievo da una Nota ministeriale del 30 novembre 2001 n.3390 nella parte in cui si afferma che “l’assistenza di base agli alunni disabili è parte fondamentale del processo di integrazione scolastica e la sua concreta attuazione contribuisce a realizzare il diritto allo studio costituzionalmente garantito. L’assistenza di base, di competenza della scuola, va intesa come il primo segmento della più articolata assistenza all’autonomia e alla comunicazione personale prevista dall’art.13, comma 3, della Legge 104/1992”In quest’ultimo passo della nota rileviamo quindi che le due figure, assistente per l’autonomia e per la comunicazione e assistente all’igiene non sono figure cumulabili o interscambiabili, ma al contrario rivestono specifiche funzioni professionali, concorrenti tutte alla piena integrazione dell’alunno disabile. Si aggiunga che il profilo del collaboratore scolastico, con l’avvento dell’autonomia si è profondamente ridisegnato sino a rivestire il ruolo di co-autore nella realizzazione della stessa. La suddetta nota ministeriale richiama anche il CCNI del 1998/2001 il quale prevedeva all’art.46 corsi specifici di formazione specialistica per detto personale per l’attribuzione di funzioni aggiuntive afferenti anche all’handicap.

Tuttavia quello che si rileva oggi in molte contesti scolastici è il venir meno di queste due figure professionali, incaricate di svolgere tali specifici compiti legati all’integrazione scolastica. Ci sono responsabilità in capo ai dirigenti scolastici, i quali devono attivarsi tempestivamente, nel caso in cui la figura dell’assistente per l’autonomia e la comunicazione sia prevista nella certificazione della disabilità dell’alunno, affinché l’ente locale non risulti inadempiente e il personale scolastico interno (personale ATA suddetto), con compiti di assistenza di base sia investito formalmente di tali funzioni aggiuntive che non possono in nessun modo essere disattese o lasciate all’arbitrarietà delle quotidiane necessità della vita scolastica, perché un mancato rispetto di tali prerogative, lesivo dei diritti e degli interessi spettanti all’alunno disabile può trasformarsi in una vera e propria azione giudiziaria contro tale inadempimento.  

La stessa Nota 3390/2001 ribadisce che “rimane all’ente locale il compito di fornire l’assistenza specialistica da svolgersi con personale qualificato sia all’interno che all’esterno della scuola, (Protocollo d’Intesa del 13/09/2001) come secondo segmento della più articolata assistenza all’autonomia e alla comunicazione personale prevista dall’art.13, comma 3, della Legge 104/1992, a carico degli stessi enti. Si tratta di figure quali, a puro titolo esemplificativo, l’educatore professionale, l’assistente educativo, il traduttore del linguaggio dei segni o il personale paramedico e psico-sociale (proveniente dall’ASL), che svolgono assistenza specialistica nei casi di particolari deficit”.

Appare del tutto infondata e irragionevole l’ipotesi di esautorare un alunno disabile dei suoi diritti costituzionalmente garantiti, tutelati sia dal nostro ordinamento sia da quello internazionale (in caso di inottemperanza infatti, i genitori dell’alunno possono adire la via giudiziaria). Si ricorda infine la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 13 dicembre 2006, che ha riconosciuto “il diritto delle persone disabili all’istruzione, diritto che occorre garantire anche attraverso un “accomodamento ragionevole in funzione dei bisogni di ciascuno”.

 

 

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