Handicap: per il beneficio del trasferimento

serve un'assistenza continuativa.

da Italiascuola del 21/11/2005

 

Nuova sentenza in materia di assistenza, integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate e di conseguenti agevolazioni di genitori o familiari lavoratori.

Il Tribunale Amministrativo del Lazio ha respinto un ricorso contro il Ministero della Giustizia, in persona del Ministro p.t., per l'annullamento di un provvedimento con il quale veniva rigettata l'istanza di trasferimento presentata dal ricorrente ai sensi della legge 104/92.

L'art. 33, comma 5, della legge 5 febbraio 1992, n. 104 stabilisce infatti che "Il genitore o il familiare lavoratore, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assista con continuità un parente o un affine entro il terzo grado handicappato ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede".

Il Ministero della Giustizia aveva rigettato la domanda di trasferimento ritenendo "non individuabile il requisito della continuità nell'assistenza a causa dell'oggettiva lontananza intercorrente tra la sede di servizio ed il domicilio del disabile". Un provvedimento ritenuto illegittimo dal ricorrente.

Il Tar del Lazio è stato chiamato a fare chiarezza sul caso ed ha stabilito che "il criterio ispiratore della decisione di accordare o meno il beneficio del trasferimento non può che restare quello, già espresso dalla Corte Costituzionale, di tutelare le situazioni di assistenza già esistenti, mentre esigenze successivamente insorte a causa della sopravvenienza di uno stato di disabilità non possono trovare soddisfazione in virtù dell’applicazione della previsione legislativa in esame".

Per questo, continua la sentenza del Tribunale, "la concessione del beneficio di cui all'art. 33, comma 5, della legge n. 104 del 1992 non può in alcun caso prescindere dal riscontro di una già esistente situazione di assistenza continuativa ovvero dall'attualità dell'assistenza, sicché non può essere concesso ai dipendenti che, non assistendo con continuità un familiare, aspirino al trasferimento proprio al fine di poter instaurare detto rapporto di assistenza continuativa".

Viste queste premesse, i magistrati respingevano il ricorso contro il Ministero della Giustizia.


 
La sentenza del Tar del Lazio 14 ottobre 2005, n. 8639