Consiglio di Stato. Parere sullo Schema di regolamento avente ad oggetto «Modalità e criteri per l'individuazione dell'alunno come soggetto portatore di handicap, ai sensi dell'art. 35, comma 7, della legge 27/12/2002, n. 289».
Giustizia Amministrativa del 16/9/2005
Consiglio di Stato Sezione Consultiva per gli Atti Normativi Adunanza del 29 agosto 2005 N. della Sezione: 4699/03
OGGETTO: Ministero della pubblica istruzione, dell'università e della ricerca. Schema di regolamento avente ad oggetto «Modalità e criteri per l'individuazione dell'alunno come soggetto portatore di handicap, ai sensi dell'art. 35, comma 7, della legge 27 dicembre 2002, n. 289».
La Sezione Vista la relazione n. 4330 U/L 2.6 del 31 ottobre 2003, trasmessa con nota di pari data, n. 4331 U/L 2.6, con cui il Ministero della pubblica istruzione, dell'università e della ricerca ha chiesto il parere di competenza sullo schema di regolamento in oggetto; Visto il parere istruttorio reso nell'adunanza del 10 novembre 2003; Vista l'ulteriore relazione dell'Amministrazione n. prot. 3754/UL/1.4.1. in data 3 agosto 2005; Esaminati gli atti e udito il relatore ed estensore Consigliere Piermaria Piacentini; PREMESSO:
Con relazione n. 4330 U/L 2.6 del 31
ottobre 2003, trasmessa con nota di pari data, n. 4331 U/L 2.6, il
Ministero della pubblica istruzione, dell'università e della ricerca
ha chiesto il parere di competenza sullo schema di decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri, avente ad oggetto il
regolamento che definisce «Modalità e criteri per l'individuazione
dell'alunno come soggetto portatore di handicap, ai sensi dell'art.
35, comma 7, della legge 27 dicembre 2002, n. 289». Con una ulteriore relazione prot. n. 3754/UL/1.4.1 del 3 agosto 2005 l'Amministrazione ha provveduto a trasmettere l'atto col quale nella seduta del 16 giugno 2005 la Conferenza unificata ha sancito l'intesa sul testo del regolamento ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131 e la nota del Ministero della Salute n. 100.1/2761-G/633 con la quale si esprime l'assenso all'ulteriore seguito del provvedimento.
CONSIDERATO: Viene innanzitutto in rilievo la questione, correttamente esposta dall'Amministrazione riferente, relativa all'inquadramento del provvedimento in oggetto alla luce della nuova ripartizione di competenze tra Stato e Regioni introdotta dalla modifica del titolo V della parte II della Costituzione. In sede di Conferenza Unificata le Regioni, pur favorevoli al contenuto del provvedimento, hanno espresso il parere che nella materia, rientrante nella competenza concorrente, non residui allo Stato alcun potere regolamentare. La Conferenza pertanto, per esprimere l'intesa di cui all'articolo 35, comma 7, della legge 289 del 2002, ha utilizzato la procedura prevista dall'articolo 8, comma 6, della legge 131 del 2003, che consente la stipula di intese per il "conseguimento di obiettivi comuni". Con nota del 19 luglio 2005 il Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio, nel prendere atto che l'intesa è stata comunque conseguita, ha ribadito l'opinione che il provvedimento in esame debba assumere la forma del regolamento, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 400 del 1988, nel testo attualmente vigente, ed ha espresso l'avviso che la materia rientri nell'ambito degli interventi per la "tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali", di competenza dello Stato. La Sezione condivide in parte l'avviso del Dipartimento degli affari giuridici e legislativi, come è dimostrato dalla circostanza che già in sede di prima lettura del provvedimento in oggetto, contrariamente ad altri casi ricordati nei lavori della Conferenza Unificata, non ritenne di dover sollevare il problema della competenza regolamentare. Il dibattito sviluppatosi tra Stato e Regioni nel periodo successivo all'espressione del parere istruttorio impone peraltro un approfondimento delle ragioni che hanno condotto la Sezione a tale conclusione. La legge 5 febbraio 1992, n. 104, legge quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate, detta i principi fondamentali dell'ordinamento nella materia. La Corte Costituzionale ha più volte affermato implicitamente (sentt. 268/2002, 445/2002, 282/2004) o esplicitamente (sent. 97/2004, 33/2005, 50/2005) che i principi fondamentali della legislazione concorrente possono essere obiettivamente dedotti dalla legislazione vigente, con riferimento ai principi costituzionali ai quali danno attuazione. La legge n. 104/1992 ha dato attuazione, per le persone con handicap, ai principi dettati da un lato dall'articolo 3, primo e secondo comma, della Costituzione garantendo loro pari dignità sociale e stabilendo le modalità con le quali la Repubblica si impegna a rimuovere gli ostacoli che ne impediscono il pieno sviluppo e l'effettiva partecipazione alla vita politica, economica e sociale del paese; da un altro all'articolo 4, che riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro; da un altro all'articolo 34, che impone l'obbligo di istruzione per tutti i cittadini; da un altro ancora all'articolo 35, concernente la formazione e l'elevazione professionale; da un altro ancora all'articolo 38, che attribuisce agli inabili e minorati il diritto all'educazione e all'avviamento professionale. Tali previsioni fissano senza alcun dubbio, per le persone con handicap, livelli essenziali di prestazioni per l'attuazione dei loro diritti civili e sociali, rispetto ai quali lo Stato mantiene il potere regolamentare. Presupposto per l'applicazione delle disposizioni della legge n. 104 è però l'individuazione dei soggetti aventi diritto alle prestazioni ivi contemplate. In tale quadro le modalità di individuazione dei soggetti con handicap, lungi dal costituire un argomento puramente amministrativo, segnano il confine sostanziale tra gli aventi diritto o meno alle prestazioni, confine che non può patire differenze sull'intero territorio nazionale, perché da tali differenze potrebbe scaturire un diverso trattamento di persone affette dal medesimo handicap. In verità è difficile sostenere, dal punto di vista teorico, che una procedura di accertamento possa costituire un "livello essenziale di prestazione" in quanto la procedura stessa si pone come presupposto per l'erogazione delle prestazioni, che sono cosa diversa e conseguente. Nel caso di specie, però, si deve ritenere che lo stesso accertamento costituisca, in favore delle persone con handicap, una prestazione resa dall'organizzazione sociale per garantire loro l'attuazione dei diritti fondamentali della persona umana (mobilità, istruzione, lavoro, formazione). E tale prestazione, alla quale consegue tutto il resto, non può essere diversa da Regione a Regione, ma deve essere ovunque identica ed ancorata agli stessi parametri obiettivi. Solo l'identità della procedura garantisce che non vi siano livelli diversi di riconoscimento dell'handicap. Ne consegue che, nella materia, si deve ritenere che allo Stato spetti il potere regolamentare, anche se, in considerazione dei riflessi che tale potere ha sulle competenze regionali, il suo esercizio non può prescindere da quei canoni di leale confronto ai quali tutta la più recente giurisprudenza costituzionale si ispira. Nel caso di specie l'ampio confronto sviluppatosi in sede di Conferenza unificata e le stesse conclusioni cui la Conferenza è pervenuta testimoniano peraltro della serietà del percorso seguito e della piena collaborazione tra i soggetti istituzionali a fronte di un tema che attiene tanto ai diritti civili quanto ai diritti sociali. Nel merito il regolamento riconduce l'accertamento dell'handicap alla competenza delle Aziende sanitarie locali, che lo effettueranno a mezzo di organi collegiali. La Sezione ritiene che sia stato oltremodo opportuno eliminare la parte finale dell'articolo 1, laddove si restringevano le finalità dell'accertamento alla integrazione scolastica, richiamando il rispetto degli articoli 12 e 13 della legge 104/92 nel primo comma dell'articolo 2. Infatti, anche se l'articolo 35, comma 7 della legge n. 289/2002, al quale il regolamento dà attuazione, finalizza tutta la procedura all'attivazione delle attività di sostegno, proprio per le argomentazioni in precedenza svolte non si può ipotizzare che lo stato di handicap sia riconosciuto sulla base di parametri diversi a seconda delle prestazioni. La legge 104, infatti, prevede che da un unico accertamento scaturiscano tutte le conseguenze da essa previste. In questo senso il regolamento - o meglio la disposizione di legge che lo prevede - crea un obiettivo problema rispetto ai parametri per l'accertamento dell'handicap nelle persone adulte, che resta sottoposto alla previgente disciplina. Tale problema resta però esterno alla disciplina in esame e la Sezione intende soltanto segnalarlo alle competenti autorità amministrative. Non si ritiene, invece, che lo Stato possa fissare direttamente il termine finale per l'effettuazione degli accertamenti (art. 2, comma 2: e comunque non oltre trenta giorni dalla ricezione della richiesta), che dovrà essere disciplinato dalla legislazione regionale, competente in materia di organizzazione dei procedimenti. Sembra peraltro che il criterio che l'accertamento debba essere effettuato in tempi utili rispetto all'inizio dell'anno scolastico sia sufficiente a garantire l'uniforme applicazione del livello essenziale sul territorio nazionale. Poiché, peraltro, la Sezione comprende che tale disposizione trova la sua giustificazione anche nell'esigenza di tutelare le famiglie in caso di diniego del riconoscimento, in modo che possano disporre di tempi adeguati per la proposizione di eventuali ricorsi, si suggerisce all'Amministrazione di prevedere che il termine uniforme per la conclusione del procedimento sia stabilito dalle Regioni nell'ambito degli accordi di cui all'articolo 3, comma 3. Si condivide anche la modifica suggerita dagli enti locali e accolta dal Ministero di espungere dal testo dell'articolo 3 la individuazione delle ore di assistenza direttamente da parte del personale scolastico. L'assistenza in quanto tale rientra infatti nella competenza esclusiva degli enti locali, che non possono essere soggetti ad imposizioni da parte delle istituzioni scolastiche. Poiché, peraltro, in molti casi, l'assistenza è il presupposto che consente l'integrazione scolastica, sarebbe opportuno che il regolamento rinviasse ad opportune intese in materia tra gli enti locali e le singole istituzioni scolastiche, ovvero, nel caso di comuni più grandi, tra gli enti locali e gli Uffici scolastici regionali. Si esprimono, invece, forti perplessità sull'articolo 4 del regolamento, che consente l'autorizzazione a posti di sostegno in deroga al rapporto insegnanti/alunni solo sulla base di certificati attestanti la particolare gravità, che consiste nella riduzione dell'autonomia personale in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale. Tale articolo, in verità, rispecchia esattamente la disposizione di cui all'articolo 35, comma 7, della legge n. 289 del 2002, sulla cui legittimità costituzionale la Sezione ritiene peraltro doveroso esprimere forti dubbi. In proposito si ricorda che la legge 449/97 ha stabilito che la dotazione organica di insegnanti di sostegno per l'integrazione degli alunni handicappati è fissata nella misura di un insegnante per ogni gruppo di 138 alunni complessivamente frequentanti gli istituti scolastici della provincia. Tale limite deve, senza ombra di dubbio, essere rispettato. Ma, come sempre accade nella scuola, quando ad esempio per fenomeni migratori o per altri casi (es.: baby boom) il numero degli alunni aumenta, le dotazioni organiche vanno adeguate ai numeri reali. Il diritto costituzionale all'istruzione non può essere infatti compresso a causa della insufficienza delle dotazioni organiche. La previsione di cui alla legge 449/1997 è una previsione statistica, che può essere contraddetta da una realtà nella quale si concentrino, per puro caso, un numero di alunni con handicap superiore alla media. Il diritto all'istruzione di un alunno con handicap non può dipendere dalla fortuna di nascere in un posto dove la concentrazione di handicap è minore. Ne consegue che se le statistiche sulla base delle quali è stato stabilito il rapporto da 1 a 138 sono esatte, se in una provincia si determina una maggiore concentrazione, in un'altra resteranno posti disponibili. L'unico modo in cui si può dare attuazione alla disposizione di cui all'articolo 35, comma 7, è pertanto prevedere che nelle province eccedentarie siano soppressi alcuni posti di sostegno e che altrettanti ne siano istituiti nelle province dove si rileva il maggiore bisogno. Ciò che l'Amministrazione dell'istruzione può realizzare agevolmente, solo che la rilevazione degli alunni handicappati sia tempestiva. E' noto infatti che l'organico dei docenti di sostegno è in larga misura coperto da precari. Se, invece, il rapporto 1:138 fosse errato, l'Amministrazione dovrebbe darsi carico di rettificarlo con apposite iniziative legislative. Se un'esclusione dal beneficio del sostegno può infatti giustificarsi, in modo omogeneo sul territorio nazionale, sulla base della insufficienza delle risorse complessivamente disponibili, nessuna giustificazione può trovare l'esclusione di un handicap certificato solo in relazione alla mancata capienza degli organici provinciali.
P.Q.M.
Nelle suesposte considerazioni è il parere Per estratto dal Verbale Il Segretario della Sezione (Licia Grassucci) Visto
Il Presidente della Sezione
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