Corte Costituzionale - Sentenza n. 80-2010
Nell'ambito Disabile grave. Norma che esclude la
possibilità di assumere insegnanti di sostegno in deroga.
Illegittimità costituzionale
Sotto il profilo normativo, il diritto all'istruzione dei disabili è
oggetto di specifica tutela da parte sia dell'ordinamento
internazionale che di quello interno.
Difatti il diritto del disabile
all'istruzione si configura come un diritto fondamentale; la
fruizione di tale diritto è assicurata, in particolare, attraverso
misure di integrazione e sostegno idonee a garantire ai portatori di
handicaps la frequenza degli istituti d'istruzione, misure tra cui
viene in rilievo quella del personale docente specializzato.
Pertanto le disposizioni
censurate che prevedono, da un lato, un limite massimo nella
determinazione del numero degli insegnanti di sostegno e,
dall'altro, l'eliminazione della possibilità di assumerli in deroga,
si pongono in contrasto con il riportato quadro normativo
internazionale, costituzionale e ordinario, nonché con la
consolidata giurisprudenza della Corte a protezione dei disabili.
La scelta operata dal legislatore
di sopprimere la riserva che consentiva di assumere insegnanti di
sostegno a tempo determinato, non trova alcuna giustificazione nel
nostro ordinamento, posto che detta riserva costituisce uno degli
strumenti attraverso i quali è reso effettivo il diritto
fondamentale all'istruzione del disabile grave: la ratio della
norma, che prevede la possibilità di stabilire ore aggiuntive di
sostegno, è, infatti, quella di apprestare una specifica forma di
tutela ai disabili che si trovino in condizione di particolare
gravità.
Contra:
TAR Calabria - Sentenza n. 998-2009.
***
SENTENZA
N. 80
ANNO 2010
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta
dai signori: Presidente: Francesco AMIRANTE; Giudici : Ugo DE SIERVO,
Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA,
Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe
TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro
CRISCUOLO, Paolo GROSSI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel
giudizio di legittimità costituzionale dell'
art. 2, commi 413 e 414, della legge 24 dicembre 2007, n. 244
(Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato - legge finanziaria 2008), promosso dal Consiglio di
giustizia amministrativa per la Regione Siciliana nel procedimento
vertente tra il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della
Ricerca ed altri e A.F. e C.G. in proprio e nella qualità di
genitori esercenti la potestà sulla figlia minore A.J.R., con
ordinanza del 26 marzo 2009, iscritta al n. 230 del registro
ordinanze 2009, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 38, prima serie speciale, dell'anno 2009.
Visto l'atto di intervento del
Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio
del 27 gennaio 2010 il Giudice relatore Maria Rita Saulle.
Ritenuto in fatto
1. - Il
Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, con
ordinanza del 26 marzo 2009, ha sollevato, in riferimento agli artt.
2, 3, 4, primo comma, 10, primo comma, 30, primo e secondo comma,
31, primo comma, 34, primo comma, 35, primo e secondo comma, 38,
terzo e quarto comma, della Costituzione, questione di legittimità
costituzionale dell'art. 2, commi 413 e 414, della legge 24 dicembre
2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2008).
In punto di fatto, il rimettente riferisce di essere investito
dell'appello proposto dal Ministero dell'Istruzione, dell'Università
e della Ricerca nei confronti di A.F. e C.G., in proprio e in
qualità di genitori esercenti la potestà sulla figlia minore A.J.R,
avverso il provvedimento cautelare emesso dal Tribunale
amministrativo regionale per la Sicilia, sezione staccata di
Catania, con il quale si ordinava all'amministrazione il ripristino
dell'assegnazione di un docente di sostegno alla indicata minore,
per 25 ore settimanali.
La suddetta fase cautelare trae origine dal ricorso proposto dalle
indicate parti private avverso il provvedimento con il quale
l'amministrazione scolastica, in sede di formazione degli organici,
aveva assegnato alla ricorrente, affetta da ritardo psicomotorio e
crisi convulsive da encefalopatia grave, un docente solo per 12 ore
settimanali.
Il citato provvedimento comprometteva, a parere dei ricorrenti, il
diritto del disabile ad una effettiva assistenza didattica; diritto
tutelato dalla Costituzione e da norme internazionali.
In punto di diritto, il rimettente, dopo aver riportato i motivi
posti a fondamento dell'atto di appello avverso l'ordinanza
cautelare indicata, osserva che il tema dell'inserimento dei
disabili nella scuola è stato, in un primo momento, risolto
dall'ordinamento per mezzo della creazione di scuole speciali e di
classi differenziali; orientamento successivamente modificato a
favore di una formazione che doveva avvenire in classi comuni
nell'ambito della scuola pubblica mediante l'intervento di
insegnanti di sostegno.
Tale nuovo indirizzo veniva, poi, ulteriormente rafforzato con la
legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per l'assistenza,
l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate), la
quale, nel fissare i principi della piena integrazione delle persone
disabili, agli artt. 12 e 13 garantisce loro il necessario sostegno
per mezzo di docenti specializzati, al fine della loro integrazione
scolastica.
Il giudice a quo riporta le ulteriori norme che hanno confermato i
suddetti principi e, in particolare, l'art. 40 della legge 27
dicembre 1997, n. 449 (Misure per la stabilizzazione della finanza
pubblica), che assicura l'integrazione scolastica degli alunni
disabili con interventi adeguati al tipo ed alla gravità
dell'handicap, compreso il ricorso all'ampia flessibilità
organizzativa e funzionale delle classi, nonché la possibilità di
assumere con contratto a tempo determinato insegnanti di sostegno in
deroga al rapporto docenti ed alunni, indicato al comma 3 della
suddetta disposizione, in presenza di handicap particolarmente
gravi.
In particolare, il citato art. 40 non generalizza tutti i casi di
disabilità, ma si ispira al diverso principio secondo il quale
ciascun intervento deve tener conto del grado e della tipologia di
deficit di cui è portatore il singolo individuo, ponendosi, in tal
modo, in linea di continuità con quanto già previsto dagli artt. 3,
12, 16 e 17 della legge n. 104 del 1992, in ambito di istruzione e
di formazione professionale dei disabili.
Il rimettente osserva che le disposizioni censurate hanno soppresso
il trattamento in deroga previsto dall'art. 40, in tal modo
contraddicendo la ratio che aveva caratterizzato l'indirizzo
normativo sopra riportato, in ragione del quale ad un maggiore
livello di disabilità deve corrispondere un maggior grado di
assistenza, al fine di consentire al disabile di superare il suo
svantaggio e di porlo in condizione di parità con gli altri.
La conclusione di tale iter argomentativo comporta, a parere del
rimettente, che le disposizioni censurate, nel sottoporre ad
un'unica disciplina tutti i disabili, non garantiscono a quelli che
versano in condizioni di maggiore gravità il diritto alla
integrazione scolastica.
Il rimettente ritiene, pertanto, che le norme censurare contrastino
con la giurisprudenza costituzionale secondo la quale l'esercizio di
ogni diritto, anche se costituzionalmente garantito, può essere
regolato e limitato dal legislatore, sempre che ciò sia compatibile
con la funzione del diritto di cui si tratta e non si traduca in una
sostanziale elusione dello stesso.
1.1. - Così ricostruita la fattispecie sottoposta al suo giudizio ed
il quadro normativo di riferimento, il rimettente, in punto di non
manifesta infondatezza, sostiene quanto segue:
1.1.1 - in primo luogo, il rimettente ritiene che i commi 413 e 414
dell'art. 2 della legge n. 244 del 2007 violano gli artt. 2, 3, 38,
terzo e quarto comma, Cost.
In proposito il giudice a quo osserva che la Costituzione, nel
riconoscere valore fondamentale alla persona come individuo, pone, a
tal fine, a carico della collettività un obbligo di solidarietà,
assumendo nel caso concreto rilievo l'art. 38, commi terzo e quarto,
Cost., che sanciscono il diritto dei disabili all'educazione
assegnando il correlativo obbligo allo Stato.
Rileva, poi, il giudice a quo che l'equiparazione di tutti i
disabili compiuta dal legislatore sulla base delle norme censurate
sarebbe anche irragionevole, poiché appresta lo stesso grado di
assistenza a tutti i disabili, indipendentemente dal loro grado di
disabilità, ponendo in essere una disparità di trattamento, in
quanto proprio la gravità dell'handicap giustificava lo standard più
elevato di tutela rispetto a quello minimo garantito per i disabili
lievi e ciò al fine di assicurare a tutti lo stesso diritto
all'istruzione.
A ciò conseguirebbe l'ulteriore violazione dell'art. 3, comma
secondo, Cost., che impone allo Stato di rimuovere gli ostacoli che
limitano lo sviluppo della persona umana.
Altri profili di irragionevolezza delle norme impugnate vengono
individuati dal rimettente nel fatto che, da un lato, nel sopprimere
il trattamento in deroga previsto per i disabili gravi, dette norme
si pongono, tuttavia, l'obiettivo di rispettare i principi sulla
integrazione degli alunni diversamente abili fissati dalla legge n.
104 del 1992, e, dall'altro, nel contemperare il diritto dei
disabili gravi con l'esigenza di bilancio, fanno prevalere
quest'ultima.
1.1.2 - I commi 413 e 414 dell'art. 2 della legge n. 244 del 2007
violano, secondo il rimettente, anche gli artt. 4, primo comma, 35
primo e secondo comma, Cost., in relazione all'art. 38, terzo comma,
Cost.
Se, infatti, gli artt. 4 e 35 Cost. tutelano e garantiscono il
diritto al lavoro, l'art. 38 Cost. riconosce il suddetto diritto in
capo ai disabili, con la conseguenza che le disposizioni censurate
"facendo venir meno le condizioni minime per la integrazione
scolastica" pregiudicano "anche ogni possibilità di […] avviamento
professionale in contrasto con i parametri costituzionali suelencati".
1.1.3 - Il giudice a quo ritiene, poi, che le disposizioni censurate
siano in contrasto con l'art. 10 Cost., in relazione agli artt. 2,
3, secondo comma, 4, primo comma, 35, primo e secondo comma e 38,
terzo comma, Cost.
In particolare, l'art. 10, primo comma, Cost. impone l'adeguamento
dell'ordinamento interno alle norme del diritto internazionale
generalmente riconosciute.
Il rimettente, dopo aver premesso che l'ordinamento internazionale
apparirebbe "univocamente orientato ad assicurare ai disabili una
tutela effettiva e non meramente teorica", richiama diversi atti
internazionali sia a livello universale che regionale a tutela dei
disabili; atti che, a suo avviso, sarebbero stati violati dalle
norme impugnate. In particolare, menziona la Dichiarazione
Universale dei diritti dell'uomo, adottata dall'Assemblea generale
delle Nazioni Unite a Parigi il 10 dicembre 1948; il Protocollo n. 1
alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
libertà fondamentali, adottato a Parigi il 20 marzo 1952; la Carta
sociale europea (riveduta), adottata a Strasburgo il 3 maggio 1996 e
la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con
disabilità adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il
13 dicembre 2006.
A completamento del quadro normativo internazionale ora indicato, il
giudice a quo richiama, inoltre, la Carta dei diritti fondamentali
dell'Unione europea proclamata dal Parlamento europeo, dal Consiglio
e dalla Commissione a Nizza il 7 dicembre 2000, nonché il Trattato
che adotta una Costituzione per l'Europa firmato a Roma il 29
ottobre 2004.
1.1.4 - Infine, il rimettente ritiene che le disposizioni censurate
siano lesive degli artt. 34, primo comma e 38, terzo e quarto comma,
Cost., in riferimento agli artt. 30, primo e secondo comma e 31,
primo comma, Cost., i quali sanciscono i principi "che la scuola è
aperta a tutti e che l'istruzione inferiore è obbligatoria, che
anche i disabili hanno diritto all'educazione e che a questo compito
provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato",
anche in "funzione suppletiva rispetto alla famiglia".
Le norme censurate, a parere del rimettente, non garantirebbero tali
diritti in quanto non assicurerebbero al disabile grave, come nel
caso di specie, neppure l'istruzione obbligatoria cui ha diritto ex
art. 34 Cost. e, conseguentemente, neppure quella di grado
superiore, cui pure ha diritto ex art. 38, terzo comma, Cost.,
finalizzata al suo inserimento nel mondo del lavoro.
Con la disciplina impugnata risulterebbe essere venuta meno,
altresì, la funzione affidata allo Stato per rendere effettivo il
diritto all'istruzione ex art. 38, quarto comma, Cost., con
conseguente ulteriore lesione del corrispondente compito affidato
alla famiglia e, in via surrogatoria allo Stato, previsto dall'art.
30, primo e secondo comma, Cost.
Nella stessa "ottica si muove anche l'art. 31, primo comma, Cost. il
quale fa carico allo Stato di agevolare l'adempimento dei compiti
della famiglia (tra cui è ricompressa l'istruzione) ed appare perciò
strutturalmente interconnesso con la concreta attuazione degli
obblighi famigliari".
1.2. - In punto di rilevanza, il rimettente osserva che dagli atti
di causa risulta provato lo stato di disabilità grave di cui è
affetta la ricorrente (riconoscimento dall'apposita commissione
medica, attribuzione per l'anno scolastico 2008/2009 delle 25 ore di
sostegno settimanale) e che, stante il tenore letterale dell'art. 2,
comma 414, della legge n. 244 del 2007, solo l'eventuale
accoglimento della questione di legittimità sollevata potrebbe
comportare il rigetto dell'appello cautelare e, conseguentemente, il
ripristino delle 25 ore di sostegno settimanali; misura
quest'ultima, precisa ancora il rimettente, che "le commissioni
mediche e sociopedagogiche hanno ritenuto essere il minimo
necessario per rendere effettivo" il diritto della ricorrente
all'integrazione scolastica ed alla sua istruzione.
2. - E' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, chiedendo che la Corte dichiari inammissibile o infondata la
questione sollevata dal Consiglio della giustizia amministrativa per
la Regione Siciliana.
La difesa dello Stato, riportato il testo delle disposizioni
censurate, osserva che il nostro Paese ha sempre posto come priorità
l'inserimento degli alunni disabili nel mondo scolastico e,
successivamente, nella vita lavorativa.
2.1. - Ricostruito il quadro normativo di riferimento, l'Avvocatura
ritiene la questione inammissibile per non aver il rimettente
motivato in ordine alla rilevanza della stessa.
In particolare, la normativa impugnata, comporta una riforma del
sistema di tutela del disabile in grado di garantire a quest'ultimo
la fruizione dei diritti costituzionali a lui assegnati. Il comma
413, infatti, pur limitando il numero di posti di insegnanti di
sostegno, a decorrere dall'anno 2008-2009, "impone che […] venga
assicurata la piena integrazione degli alunni disabili richiamando,
a tal uopo, gli strumenti e le direttive" già individuati dall'art.
1, comma 605, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge
finanziaria 2007) "e, pertanto, anche mediante compensazioni tra
Province diverse".
Il rimettente non indica i motivi per i quali i suddetti strumenti
e, in particolare, la citata compensazione (che consente
l'adattamento dell'organico vigente alla dislocazione territoriale),
non sono in grado di dare piena tutela alla ricorrente nel giudizio
a quo.
Il giudice a quo avrebbe, infatti, erroneamente ritenuto che l'unica
possibile tutela per la ricorrente poteva essere l'applicazione
della deroga prevista dall'art. 40 della legge n. 499 del 1997, non
tenendo conto che essa "si inseriva […] in un contesto normativo
completamente diverso" da quello costituito dalle norme censurate.
2.2. - Nel merito, la difesa erariale ritiene la questione
infondata.
Osserva l'Avvocatura che il rimettente chiede che sia riconosciuto
il diritto ad un numero maggiore di ore di sostegno rispetto a
quello individuato dai competenti organi amministrativi.
Tale diritto, a suo avviso, "non può essere identificato tout court
con il diritto allo studio o alla salute", essendo più assimilabile
ad una mera aspettativa verso lo Stato quale erogatore di pubblici
servizi.
In sostanza, quindi, con la sollevata questione il rimettente chiede
alla Corte l'adozione di una sentenza additiva che comporterebbe da
un lato "nuove o maggiori spese a carico del bilancio statale senza
indicare i mezzi per farvi fronte", in violazione dell'art. 81
Cost., e dall'altro, porterebbe la Corte a sostituirsi al
legislatore, al quale è demandata l'individuazione delle concrete
modalità con le quali realizzare la tutela invocata nel giudizio a
quo.
Con riferimento a quest'ultimo aspetto, l'Avvocatura richiama la
sentenza n. 251 del 2008 con la quale la Corte ha affermato che, in
materia di tutela dei disabili, è compito del legislatore,
nell'esercizio della sua discrezionalità, individuare gli strumenti
più idonei al fine di attuare la suddetta tutela, non potendo ciò
essere richiesto alla Corte stessa.
In conclusione, le norme censurate sarebbero frutto del corretto
esercizio della citata discrezionalità del legislatore che, nel
bilanciare i diversi interessi coinvolti (quello allo studio del
disabile e del contenimento della spesa pubblica), ha eliminato la
possibilità di derogare al numero di ore di sostegno per i disabili
più gravi, pur senza far venir meno il loro diritto all'educazione
scolastica.
2.2.1 - In particolare, quanto alla presunta violazione degli artt.
2, 3 e 38 Cost., la difesa dello Stato ritiene che l'attuale
disciplina non pregiudica i diritti del disabile, come sostenuto dal
rimettente, in considerazione della molteplicità degli interventi
normativi a favore di tali persone previsti dagli artt. 12, 13 e 14
della legge n. 104 del 1992.
Specificamente, è prevista l'istituzione, per i minori ricoverati,
di classi ordinarie quali sezioni staccate della scuola statale
(art. 12, comma 9); la programmazione coordinata dei servizi
scolastici con quelli sanitari, socio-assistenziali, culturali,
eccetera (art. 13, comma 2, lett. a); la dotazione alle scuole e
alle università di attrezzature tecniche e di sussidi didattici
(art. 13, comma 2, lett. b) recte: comma 1, lett. a); l'obbligo per
gli enti locali di garantire l'attività di sostegno con assegnazione
di docenti specializzati (art. 13, comma 3); lo svolgimento di
attività didattiche con piani educativi individualizzati (art. 13,
comma 5); l'organizzazione dell'attività didattica secondo il
criterio della flessibilità nell'articolazione delle classi e delle
sezioni in relazione alla programmazione scolastica individualizzata
(art. 14, comma 1, lett. b); la continuità educativa tra i diversi
gradi di scuola (art. 14, comma 1, lett. c).
Ad avviso dell'Avvocatura dello Stato, tale molteplicità di
interventi non può comportare che, laddove è previsto che siano
garantite attività di sostegno mediante l'assegnazione di docenti
specializzati (art. 13 citato), la persona disabile abbia "il
diritto a vedersi attribuito un insegnante di sostegno per un numero
di ore predeterminato", dovendo l'amministrazione provvedere in tal
senso tenendo conto anche delle risorse economiche disponibili.
2.2.2 - Con il secondo motivo il rimettente sostiene che le
disposizioni censurate si pongano in contrasto con gli artt. 4 e 35
Cost., in relazione all'art. 38, terzo comma, Cost., perché
farebbero venir meno le condizioni minime per l'integrazione
scolastica, con ripercussioni negative sull'avviamento
professionale.
In ragione delle citate norme contenute nella legge n. 104 del 1992,
l'Avvocatura ritiene che anche la censura in esame sia infondata.
Non sarebbe stato leso neanche l'inserimento del disabile nel mondo
del lavoro, essendo quest'ultimo garantito da apposite norme
contenute nella legge 12 marzo 1999, n. 68 (Norme per il diritto al
lavoro dei disabili).
2.2.3 - In relazione alla denunciata violazione dell'art. 10 Cost.,
l'interveniente rileva che tale disposizione si riferisce alle norme
di diritto internazionale consuetudinario, laddove il giudice a quo
si limita a richiamare norme pattizie "senza evidenziare le parti in
cui le stesse sarebbero riproduttive di analoghe norme
consuetudinarie esistenti nella Comunità internazionale".
L'Avvocatura osserva, inoltre, che le norme internazionali
richiamate dal rimettente avrebbero carattere meramente
programmatico e lascerebbero agli Stati la discrezionalità
nell'individuare le misure con le quali assicurare la fruizione dei
suddetti diritti.
2.2.4 - La difesa dello Stato sostiene, infine, che anche le censure
relative alla violazione degli artt. 34 e 38 Cost., in relazione
agli artt. 30 e 31 Cost. siano infondate, in quanto il legislatore
non avrebbe pregiudicato il diritto del disabile all'istruzione
obbligatoria di cui all'art. 34 Cost., data la molteplicità degli
interventi disposti in tal senso e che la riduzione delle ore di
sostegno consentirebbe, comunque, l'integrazione scolastica delle
persone disabili.
Non sarebbe leso neanche il diritto del disabile all'inserimento nel
mondo del lavoro, previsto dall'art. 38, terzo comma, Cost., e lo
Stato non sarebbe venuto meno al suo obbligo di affiancare o
sostituire la famiglia nella cura del disabile, come previsto dagli
artt. 38, quarto comma, e 30, primo comma, Cost.
Considerato in diritto
1. - Il Consiglio di giustizia
amministrativa per la Regione Siciliana, dubita della legittimità
costituzionale dell'art. 2, commi 413 e 414, della legge 24 dicembre
2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2008), nella parte in
cui, rispettivamente, fissano un limite al numero degli insegnanti
di sostegno e aboliscono la possibilità di assumere con contratto a
tempo determinato i suddetti insegnanti, in deroga al rapporto
docenti ed alunni indicato dall'art. 40, comma 3, della legge n. 449
del 1997, in presenza di disabilità particolarmente gravi.
Ad avviso del giudice rimettente le norme censurate violerebbero gli
artt. 2, 3, 38, terzo e quarto comma, della Costituzione, in quanto,
in contrasto con i valori di solidarietà collettiva nei confronti
dei disabili gravi, ne impedirebbero "il pieno sviluppo, la loro
effettiva partecipazione alla vita politica, economica e sociale del
Paese" ed introdurrebbero "un regime discriminatorio illogico e
irrazionale" che non terrebbe conto del diverso grado di disabilità
di tali persone, incidendo così sul nucleo minimo dei loro diritti.
Sarebbero, altresì, violati gli artt. 4, primo comma, 35, primo e
secondo comma, in relazione all'art. 38, terzo comma, Cost., in
quanto da tale violazione deriverebbe l'impossibilità per il
disabile grave di conseguire "il livello di istruzione obbligatoria
prevista", "quello superiore" e "l'avviamento professionale
propedeutico per l'inserimento nel mondo del lavoro".
Le disposizioni statali sopra indicate sono, inoltre, sospettate
d'illegittimità costituzionale per violazione dell'art. 10, primo
comma, Cost., in relazione agli artt. 2, 3, 4, 35 e 38 Cost., in
quanto si porrebbero in contrasto con "i principi (recte: norme) di
diritto internazionale generalmente riconosciute a favore dei
disabili", nonché con il diritto del disabile al pieno sviluppo
della sua personalità (art. 2), con il principio di non
discriminazione (art. 3), con il diritto all'educazione e
all'inserimento nel mondo del lavoro (art. 38).
Infine, le norme censurate sono ritenute di dubbia compatibilità con
gli artt. 34, primo comma, e 38, terzo e quarto comma, Cost., in
relazione agli artt. 30, primo e secondo comma, e 31, primo comma,
Cost., in quanto vanificano "per i disabili gravi la possibilità di
accedere alla istruzione in tutte le sue forme e funzioni e
disconosc[ono] gli obblighi in tal senso costituzionalmente previsti
a carico dello Stato anche in funzione suppletiva della famiglia".
2. - In via preliminare, deve essere respinta l'eccezione di
inammissibilità prospettata dal Presidente del Consiglio dei
ministri sotto il profilo del difetto di rilevanza.
La difesa erariale osserva, infatti, che il comma 413, pur limitando
il numero di posti di insegnanti di sostegno, "impone […] che venga
assicurato lo sviluppo dei processi di integrazione degli alunni
disabili, richiamando gli strumenti e le direttive individuati"
dall'art. 1, comma 605, della citata legge n. 296 del 2006 "e,
pertanto, anche mediante compensazioni tra Province diverse". Il
rimettente, invero, nel sollevare la presente questione di
legittimità costituzionale, non ha indicato i motivi per i quali i
suddetti strumenti e, in particolare, la citata compensazione non
sono in grado di dare piena tutela alla ricorrente nel giudizio a
quo.
In realtà il giudice rimettente è chiamato a pronunciarsi su un
provvedimento dell'amministrazione scolastica che, in applicazione
delle disposizioni impugnate, ha negato il riconoscimento delle ore
di sostegno inizialmente accordate, quindi tenendo conto anche degli
strumenti alternativi previsti dalle suddette disposizioni, ivi
compreso il citato meccanismo della compensazione delle province.
2.1. - Sempre in via preliminare devono essere dichiarate
inammissibili le censure relative alla violazione degli artt. 4,
primo comma, 35, primo e secondo comma, Cost., in relazione all'art.
38 Cost., nonché degli artt. 34, primo comma, e 38, terzo e quarto
comma, Cost., in relazione agli artt. 30, primo e secondo comma, e
31, primo comma, Cost., in quanto non sufficientemente argomentate,
risultando così formulate in modo generico ed apodittico (ex
plurimis ordinanza n. 344 del 2008).
3. - Nel merito la questione è fondata.
Preliminarmente va precisato che i disabili non costituiscono un
gruppo omogeneo. Vi sono, infatti, forme diverse di disabilità:
alcune hanno carattere lieve ed altre gravi. Per ognuna di esse è
necessario, pertanto, individuare meccanismi di rimozione degli
ostacoli che tengano conto della tipologia di handicap da cui
risulti essere affetta in concreto una persona.
Ciascun disabile è coinvolto in un processo di riabilitazione
finalizzato ad un suo completo inserimento nella società; processo
all'interno del quale l'istruzione e l'integrazione scolastica
rivestono un ruolo di primo piano.
4. - Sotto il profilo normativo, il diritto all'istruzione dei
disabili è oggetto di specifica tutela da parte sia dell'ordinamento
internazionale che di quello interno. In particolare, per quanto
attiene alla normativa internazionale, viene in rilievo la recente
Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con
disabilità, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il
13 dicembre 2006, entrata in vigore sul piano internazionale il 3
maggio 2008 e ratificata e resa esecutiva dall'Italia con legge 3
marzo 2009, n. 18, il cui art. 24 statuisce che gli Stati Parti
"riconoscono il diritto delle persone con disabilità
all'istruzione". Diritto, specifica la Convenzione in parola, che
deve essere garantito, anche attraverso la predisposizione di
accomodamenti ragionevoli, al fine di "andare incontro alle esigenze
individuali" del disabile (art. 24, par. 2, lett. c), della
Convenzione).
Quanto all'ordinamento interno, in attuazione dell'art. 38, terzo
comma, Cost., il diritto all'istruzione dei disabili e
l'integrazione scolastica degli stessi sono previsti, in
particolare, dalla legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per
l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone
handicappate); legge che, come già osservato da questa Corte, è
volta a "perseguire un evidente interesse nazionale, stringente ed
infrazionabile, quale è quello di garantire in tutto il territorio
nazionale un livello uniforme di realizzazione di diritti
costituzionali fondamentali dei soggetti portatori di handicaps"
(sentenza n. 406 del 1992).
In particolare, l'art. 12 della citata legge n. 104 del 1992
attribuisce al disabile il diritto soggettivo all'educazione ed
all'istruzione a partire dalla scuola materna fino all'università
(comma 2). Questa Corte ha già avuto modo di precisare che la
partecipazione del disabile "al processo educativo con insegnanti e
compagni normodotati costituisce, infatti, un rilevante fattore di
socializzazione e può contribuire in modo decisivo a stimolare le
potenzialità dello svantaggiato" (sentenza n. 215 del 1987).
Pertanto, il diritto del disabile all'istruzione si configura come
un diritto fondamentale. La fruizione di tale diritto è assicurata,
in particolare, attraverso "misure di integrazione e sostegno idonee
a garantire ai portatori di handicaps la frequenza degli istituti
d'istruzione" (sentenza n. 215 del 1987).
Tra le varie misure previste dal legislatore viene in rilievo quella
del personale docente specializzato, chiamato per l'appunto ad
adempiere alle "ineliminabili (anche sul piano costituzionale) forme
di integrazione e di sostegno" a favore degli alunni diversamente
abili (sentenza n. 52 del 2000).
Sempre nell'ottica di apprestare un'adeguata tutela dei disabili, in
particolare per quelli che si trovano in una condizione di gravità,
il legislatore, con la legge 27 dicembre 1997, n. 449 (Misure per la
stabilizzazione della finanza pubblica), all'art. 40, comma 1, ha
previsto la possibilità di assumere, con contratti a tempo
determinato, insegnanti di sostegno in deroga al rapporto
alunni-docenti stabilito dal successivo comma 3. Il criterio
numerico indicato dalla disposizione da ultimo richiamata è stato
poi sostituito con il principio delle "effettive esigenze rilevate",
introdotto dall'art. 1, comma 605, lett. b), della legge 27 dicembre
2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2007).
Le disposizioni censurate che prevedono, da un lato, un limite
massimo nella determinazione del numero degli insegnanti di sostegno
e, dall'altro, l'eliminazione della citata possibilità di assumerli
in deroga, si pongono in contrasto con il riportato quadro normativo
internazionale, costituzionale e ordinario, nonché con la
consolidata giurisprudenza di questa Corte a protezione dei disabili
fin qui richiamata.
E' vero che, secondo costante giurisprudenza di questa Corte, il
legislatore nella individuazione delle misure necessarie a tutela
dei diritti delle persone disabili gode di discrezionalità (da
ultimo, ex plurimis, sentenze n. 431 e 251 del 2008, ordinanza n.
269 del 2009).
Si deve tuttavia riaffermare che, sempre secondo la giurisprudenza
di questa Corte, detto potere discrezionale non ha carattere
assoluto e trova un limite nel "[…] rispetto di un nucleo
indefettibile di garanzie per gli interessati" (sentenza n. 251 del
2008 che richiama sentenza n. 226 del 2000).
Risulta, pertanto, evidente che le norme impugnate hanno inciso
proprio sull'indicato "nucleo indefettibile di garanzie" che questa
Corte ha già individuato quale limite invalicabile all'intervento
normativo discrezionale del legislatore.
La scelta operata da quest'ultimo, in particolare quella di
sopprimere la riserva che consentiva di assumere insegnanti di
sostegno a tempo determinato, non trova alcuna giustificazione nel
nostro ordinamento, posto che detta riserva costituisce uno degli
strumenti attraverso i quali è reso effettivo il diritto
fondamentale all'istruzione del disabile grave.
La ratio della norma, che prevede la possibilità di stabilire ore
aggiuntive di sostegno, è, infatti, quella di apprestare una
specifica forma di tutela ai disabili che si trovino in condizione
di particolare gravità; si tratta dunque di un intervento mirato,
che trova applicazione una volta esperite tutte le possibilità
previste dalla normativa vigente e che, giova precisare, non si
estende a tutti i disabili a prescindere dal grado di disabilità,
bensì tiene in debita considerazione la specifica tipologia di
handicap da cui è affetta la persona de qua.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, le disposizioni
impugnate si appalesano irragionevoli e sono, pertanto, illegittime
nella parte in cui, stabilendo un limite massimo invalicabile
relativamente al numero delle ore di insegnamento di sostegno,
comportano automaticamente l'impossibilità di avvalersi, in deroga
al rapporto tra studenti e docenti stabilito dalla normativa
statale, di insegnanti specializzati che assicurino al disabile
grave il miglioramento della sua situazione nell'ambito sociale e
scolastico.
Restano assorbiti gli altri profili di censura dedotti dal giudice
rimettente.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara
l'illegittimità costituzionale dell'art. 2, comma 413, della legge
24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria
2008), nella parte in cui fissa un limite massimo al numero dei
posti degli insegnanti di sostegno;
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 2, comma 414,
della legge n. 244 del 2007, nella parte in cui esclude la
possibilità, già contemplata dalla legge 27 dicembre 1997, n. 449,
di assumere insegnanti di sostegno in deroga, in presenza nelle
classi di studenti con disabilità grave, una volta esperiti gli
strumenti di tutela previsti dalla normativa vigente.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo
della Consulta, il 22 febbraio 2010.
F.to:
Francesco AMIRANTE, Presidente
Maria Rita SAULLE, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 26 febbraio 2010.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: DI PAOLA