E’ NECESSARIO IL TUTOR? Argomentazioni per rispondere. di Mirella Castagnoli da Proteo Fare Sapere del 20/03/2005
Adesso che la questione del tutor sembra godere di un momento di quiete se non di letargo (ma c’è, ne siamo sicuri, e come acqua carsica irromperà nei collegi di giugno/settembre) adesso, dicevamo, è forse il momento opportuno per aprirsi ad una pacata discussione. Al tutor dell’urto ideologico - voluto con protervia dal ministro e accolto con complice acquiescenza dai dirigenti scolastici - dobbiamo rispondere NO;
Al tutor che nella logica dei tagli re-introduce
il maestro unico per tendere ad un organico ridotto che vede un unico
insegnante per classe non possiamo che rispondere NO. Rispondere no e
affermare per contro il valore formativo del team docente paritario e
contitolare, riaffermare il valore formativo del pluralismo culturale;
Al tutor che viene proposto come antidoto alla
rigidità, come argine alla “secondarizzazione”, come garante tanto
della relazione personale quanto dell’unitarietà dell’insegnamento,
possiamo offrire un argomentare di civile confronto
Nella scuola primaria (ex elementare): La distribuzione dei compiti all’interno del team paritario e corresponsabile, (a cominciare dagli anni 80 col TP e le classi aperte, e poi con la scuola dei moduli generalizzata dal 90) ha significato non soltanto una indiscussa crescita professionale in merito alla competenza disciplinare, all’approfondimento dell’epistemologia e della didattica, ma ha soprattutto significato il valore aggiunto della contitolarità, della collegialità cioè della responsabilità collettiva e condivisa (concetto fino ad allora sconosciuto anche negli altri ordini scolastici), valore che ha potuto radicarsi grazie alle 2 ore settimanali di programmazione inserite nell’orario di servizio. Non voglio certo dire che la crescita professionale sia avvenuta automaticamente ed ope legis, quello che ha coinvolto gli insegnanti elementari è stato un processo complesso, talvolta travagliato, ma è stato un processo di crescita a cui comunque la stragrande maggioranza degli insegnanti non si è sottratta, anzi ha risposto mettendosi in discussione. Un giudizio di questa natura emerge anche dal monitoraggio che il Ministero presentò in parlamento dopo 5 anni di applicazione della legge 148/90, quindi possiamo assumerlo come dato. In seguito, e tenuto conto del monitoraggio citato, la CM 116/96 cercava di ottimizzare l’organizzazione modulare, di correggerne alcune rigidità e/o possibili rischi di frammentazione, e sottolineava e favoriva forme di flessibilità organizzativa allo scopo di garantire contitolarità e unitarietà del processo di insegnamento/ apprendimento. Anche il D.P.R. n.275/99 (Autonomia ) poi accentuava questo carattere di flessibilità. L’art. 5 recita infatti di consentire “..per quanto riguarda l’impiego dei docenti, ogni modalità organizzativa che sia espressione di libertà progettuale e sia coerente con gli obiettivi ….., curando la promozione e il sostegno dei processi innovativi e il miglioramento dell’offerta formativa”.
La normativa previgente il D.lgs 59 (per altro
non abrogata) era quindi già attenta a correggere eventuali possibili
situazioni di non funzionale contitolarità per cui da questo punto di
vista l’introduzione del tutor come “correttivo” è del tutto
superflua. Svolgiamo ancora una considerazione sulla pluralità dei docenti: dal punto di vista culturale una pluralità di voci diverse, diverse anche per formazione oltre che per personalità, che opera con sinergia è in grado di offrire uno spessore formativo educativo che non è raggiungibile da uno solo docente, sia pure esso eccezionalmente bravo. L’unitarietà dell’insegnamento apprendimento non è per nulla garantita dall’unicità dell’insegnante. Non voglio rispolverare lo scheletro del “tuttologo”, ma l’unitarietà si ottiene per ricomposizione delle parti, per una ricerca che richiede conoscenze epistemologiche, procedurali didattiche, psicologiche,.. quindi ancora una volta attraverso la sinergia e l‘azione condivisa di più soggetti. Ma se nessuna di queste piste di possibili riflessioni suscita interesse perché appaiono troppo poco “dalla parte dell’alunno” possiamo soffermarci brevemente sul versante della relazione. Nell’organizzazione modulare c’erano (ci sono?) mediamente 3 insegnanti ogni 2 classi (2 su una classe nel tempo pieno) il che consentiva circa 4 ore settimanali di contemporaneità, vale a dire alcune ore in cui era possibile suddividere il gruppo classe in gruppi più piccoli, per attività di laboratorio,.., momenti in cui la relazione si intensificava come anche le dinamiche socio-affettive di gruppo; l’insegnante unico o quasi non potrà che svolgere un orario frontale con la classe intera. Allora se il nostro tutor avrà sempre davanti a sé una classe di 20/25 (ma anche 28 ) alunni quanto tempo potrà dedicare alla cura della relazione con ciascuno di essi? Tutte le tracce di riflessione fin qui abbozzate ci portano ad una prima conclusione:
Altre sono le strade che dovremmo percorrere: la formazione degli insegnanti, i fondamenti delle discipline, i tempi distesi per l’elaborazione, il numero degli alunni per classe, le dinamiche socio-affettive….
Nella scuola secondaria di primo grado (ex scuola Media) Il decreto legislativo 59, a proposito del tutor, ripete all’art. 10 comma 5 quanto stabilito per la scuola primaria (art .7 comma 5) Le considerazioni che abbiamo svolto sopra circa la funzione docente dovremmo ripeterle qui pari pari. L’organizzazione di quest’ordine di scuola prevede fino ad ora la funzione dell’insegnante coordinatore del Consiglio di classe individuato di solito nell’insegnante di lettere o di matematica poiché questi hanno un minor numero di classi e quindi una maggiore disponibilità delle ore( fino a 40) contrattualmente destinate alle attività funzionali all’insegnamento. La funzione dell’insegnante coordinatore e la figura del tutor sono fra loro intercambiabili o sovrapponibili? Sicuramente no. L’ins. coordinatore svolge un ruolo di servizio, ha il compito di rendere esecutive le decisioni collegialmente prese dal Consiglio di classe. Ovviamente poi le caratteristiche personali possono portare a sviluppare più l’aspetto pedagogico o più l’aspetto verbalizzatore – notarile del compito, ma il coordinatore non è un insegnante gerarchicamente sovraordinato agli altri componenti il consiglio di classe, non porta con sé elementi di delega, di deresponsabilizzazione, il suo voto all’interno del consiglio vale esattamente uno come quello degli altri. Si può quindi concludere che anche per questo ordine di scuola la figura del tutor non solo non serve per l’organizzazione, per la vita della scuola o della classe, ma ad essa non può che aggiungere elementi fortemente negativi.
La Secondaria Superiore non viene sfiorata dal
D.Lgs 59. Per questo ordine di scuola i decreti attuativi della
riforma Moratti sono presentati solo in bozza. L’art. 12 comma 2 della
bozza ripete quanto scritto nel D.lgs 59 comma 5 degli articoli 7 e 10
sul tutor. La Secondaria Superiore pur essendo frequentata da un alto numero di studenti non è stata pensata nè ri-pensata per una scolarità di massa, ed è in questo ordine di scuola infatti che si sostanzia il fenomeno della dispersione scolastica (disagio degli studenti, ripetenza/ritardo, abbandono vero e proprio degli studi). Qui dove gli studenti hanno dai 14 ai 19 anni, un tutor mirato a contrastare la dispersione, a prevenire il disagio anche attraverso il ”counselling” cioè la relazione di aiuto con i colloqui individuali, gli sportelli di ascolto, come anche un tutor mirato al riorientamento del corso di studi, alla valorizzazione delle individuali capacità degli studenti, al rafforzamento della loro autostima, ..ecc, è una figura che più di una scuola sperimenta già e che potrebbe essere auspicabile estendere, prevedere dal punto di vista normativo e , soprattutto, fornire di specifica e qualificata formazione. |