TRASFORMAZIONI DEL SISTEMA SCOLASTICO

Labirinto normativo o autoritarismo del governo?

di Chiara Profumo

 

1. La riforma dell’autonomia delle scuole

Una grande riforma del sistema scolastico italiano è stata quella dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, che ha  ridisegnato il sistema delle responsabilità e dei poteri decisionali degli enti che offrono istruzione. Essa comporta una innovazione radicale e richiede tempi di comprensione, elaborazione ed attuazione ben più lunghi dei tempi richiesti al cambiamento dei nomi delle realtà amministrative che operano nel sistema (istituzioni scolastiche, ex provveditorati oggi centri per i servizi amministrativi, il ministero e le sue articolazioni). Iniziata nel 1997 con la legge del 15 marzo 1997, n. 59 (art. 21) e con il regolamento dell’autonomia dell’8 marzo 1999 n. 275, si è poi inserita nella trasformazione del Titolo Quinto della Costituzione Italiana (artt. 117 e seguenti), ed ha comportato la trasformazione dei compiti degli organi collegiali delle scuole, della dirigenza scolastica, del Ministero stesso e degli enti territoriali, Comuni, Province e Regioni.

 

2. La riforma dei cicli

L’altra grande riforma è quella dell’articolazione del percorso di istruzione degli studenti.

Riguarda una nuova definizione dei diversi cicli dell’istruzione, i tipi e gli indirizzi di studio, i percorsi obbligatori e quelli facoltativi, gli obiettivi formativi generali e quelli specifici di apprendimento che tutte le scuole italiane dovranno perseguire con le modalità organizzative, didattiche, di ricerca e di sperimentazione che nella loro autonomia stabiliranno.

Questa seconda parte della riforma, da attuare coerentemente con la prima, in quattro anni ha visto la emanazione di due leggi, la Legge n. 30 del 2000 abrogata dal governo di centrodestra, e la Legge n. 53 del 2003.

Quest’ultima legge contiene un insieme di scelte non condivisibili da noi che vogliamo un sistema scolastico italiano e ciascuna scuola come luogo di democrazia, accogliente, inclusivo, pluralista

 

3. Le scelte politiche della riforma dei cicli elaborata dal governo di centrodestra

Il parlamento ha emanato nel marzo 2003 la legge n.53 con la quale delega il governo a definire attraverso ulteriori decreti legislativi l’attuazione di nuovi percorsi di istruzione, nuove modalità di reclutamento degli insegnanti e nuove procedure per la  valutazione del sistema scolastico.

Questa legge opera scelte politiche nette, contrapposte alle nostre idee e alle nostre attese:

  • valori di riferimento. L’art.2 al comma 1 b) stabilisce “Sono promossi il conseguimento di una formazione spirituale e morale, anche ispirata ai principi della Costituzione…” La parola “anche” segnala una prospettiva comunitarista, non laica né pluralistica, che capovolge il senso della scuola pubblica. Il denominatore comune della scuola pubblica è il riferimento prioritario e costitutivo ai principi della Costituzione e questa priorità è confermata anche nella legge n.62 del 2000 sulla parità delle scuole private.

  • possibilità di iscrizione anticipata di 4 mesi e posticipata di 4 mesi rispetto alla leva annuale. L’art.2 comma 1 f) stabilisce che le famiglie dovranno scegliere quando mandare i figli nella scuola dell’infanzia e nella elementare nell’arco di 20 mesi. Le conseguenze pedagogiche e organizzative di questo anticipo e di questa oscillazione sono state ampiamente denunciate nel corso degli ultimi due anni.

  • obbligo scolastico trasformato in diritto dovere. L’art.2 comma 1 c) stabilisce “…La fruizione dell’offerta di istruzione e formazione costituisce un dovere legislativamente sanzionato; nei termini anzidetti di diritto all’istruzione e formazione e di correlativo dovere viene ridefinito e ampliato l’obbligo scolastico di cui all’art. 34 della Costituzione…”  Con disinvoltura viene ridefinito un articolo della Costituzione Italiana. Il progetto estremamente impegnativo di ampliare e innalzare gli anni di frequenza obbligatoria di istruzione viene considerato inattuabile e cestinato.

  • obbligo di scegliere tra istruzione e formazione professionale a 13 anni. Sempre il comma 1c) stabilisce che la conclusione del percorso di istruzione garantito dallo stato corrisponde al termine della terza media. Subito dopo, infatti lo studente potrà frequentare un corso di formazione professionale. Al comma 1 g) è stabilito che “…il secondo ciclo è finalizzato alla crescita educativa, culturale e professionale dei giovani… ed è costituito dal sistema dei licei e dal sistema dell’istruzione e della formazione professionale…;    è evidente la confusione tra le finalità dell’istruzione e quelle della formazione professionale. Indentificandone le finalità e la funzione, viene istituito un sistema duale, i percorsi dei ragazzi saranno profondamente differenziati subito dopo la terza media.

  • I licei terminano di fatto al quarto anno. L’art. 2 comma 1 g) stabilisce inoltre la possibilità di accedere ai corsi di istruzione e formazione tecnica superiore IFTS al termine del quarto anno di istituto superiore. Il quinto anno diventa un optional.

 

Molti altri aspetti della legge sono oggetto di preoccupazione ma quelli elencati comportano un radicale cambiamento di direzione del sistema scolastico che non risulta più improntato ai valori della costituzione e assume come metodo per organizzare il lavoro pedagogico e didattico la certificazione delle differenze sociali e culturali tra gli allievi (evidente nella divisione dei ragazzi a 13 anni e mezzo tra “liceali” e “avviati alla “formazione professionale regionale” ma onnipresente attraverso il piano di studio personalizzato, peraltro citato una sola volta nel testo della legge, in riferimento alla quota regionale dei “piani di studio personalizzati”).

 

L’ispirazione di destra della legge n.53 fa sì che l’opposizione politica sia altrettanto chiara.

Ma è altrettanto chiaro che l’amministrazione scolastica, e quindi anche ciascuna scuola, deve eseguire le leggi dello Stato, anche quelle non condivise.

Si può sempre parlare di obiezione di coscienza, ma non è ciò che si è verificato nello scorso anno scolastico.

La legge n. 53, infatti, implica per diventare pienamente operativa la definizione dei decreti delegati. Le scuole dell’infanzia, elementari e medie hanno vissuto una esperienza inquietante in merito: i decreti sono stati emanati senza seguire l’iter definito dalla legge n. 53 stessa e in evidente contraddizione rispetto al regolamento dell’autonomia.

 

4. I decreti attuativi per le scuole dell’infanzia elementari e medie

“E’ obbligatorio fare così… ormai è legge… non potete fare diversamente… “

La tensione che da due anni vivono le scuole dell’infanzia ed elementari, da uno la scuola media e probabilmente vivrà il prossimo anno la scuola superiore nasce dalla contraddizione tra il Regolamento dell’autonomia delle scuole e i decreti attuativi della legge di riforma voluta dal governo Berlusconi. In particolare il decreto che riguarda la scuola dell’infanzia, elementare e media, (il DL n. 59 del 2004) contrasta radicalmente con la logica, i vincoli e le procedure previsti dalla restante legislazione scolastica, inclusa la stessa legge n. 53.

Nel corso dell’anno, sono state diffuse nelle scuole pressanti informazioni:

  • È urgente che il Collegio Docenti stabilisca i criteri per individuare i tutor e che il Dirigente Scolastico proceda nell’assegnare tali incarichi: si tratta di una procedura obbligatoria.

  • E’ obbligatorio adottare i libri di testo preparati dalle case editrici in base alle indicazioni nazionali per i piani di studio personalizzati e sono previste sanzioni per i docenti che volessero procedere ad adozioni diverse dai nuovi testi prodotti in base alle Indicazioni nazionali per i piani di studio personalizzati).

  • Occorre riconvocare i genitori per chiedere loro quali attività facoltative intendono fare frequentare ai propri figli (e se intendano farle frequentare).

  • Dal prossimo anno sarà obbligatorio il “portfolio”.

 

E’ difficile capire per quali ragioni si parli molto nelle scuole di “…obblighi, modalità organizzative obbligatorie, scelte obbligatorie per i Collegi Docenti, per ciascun insegnante…”

In realtà gli argomenti sopra elencati sono oggetto di “decisioni autonome” di ciascuna scuola, non sono quindi oggetto di “obblighi”, ma necessitano di “vincoli e risorse”.

 

risorse.

In questo documento non sono al centro della riflessione, le risorse costituiscono l’oggetto centrale dell’attività sindacale. Il sindacato è impegnato nella “battaglia per gli organici”, perché con poco personale la scuola funzionerà sempre peggio. E  nella battaglia per l’incremento delle retribuzioni e il riconoscimento delle professionalità, perché ciò costituisce la condizione di una scuola di qualità.

Però nel momento in cui lo spazio di decisione di ciascuna scuola viene limitato ponendo vincoli non previsti dalla normativa vigente, diventa necessario ripercorrere la struttura dei vincoli esistenti, ed è quanto ci accingiamo a fare.

 

vincoli.

La Legge n. 53/2003, art.7 comma1a,  delega il governo a stabilire “… le discipline e le attività costituenti la quota nazionale dei piani di studio, gli orari e i limiti di flessibilità interni nell’organizzazione delle discipline…” . Dati quei vincoli normativi, e con le risorse assegnate ossia il personale a disposizione e i finanziamenti per l’ampliamento dell’offerta formativa, ogni scuola potrà determinare autonomamente il proprio Piano dell’Offerta Formativa.

 

  1. Il decreto legislativo del 19 febbraio 2004, n.59 ha proprio quel compito, ossia definire le norme generali relative alla scuola dell’infanzia e al primo ciclo di istruzione, dando forma al nuovo impianto ordinamentale disegnato dall’art.2 della legge n.53 ( la legge ha infatti indicato i principi e criteri direttivi per definire il sistema educativo di istruzione e di formazione, il decreto legislativo doveva procedere alla definizione più operativa).

  2. Il D.L. n.59/2004, negli art. 7 per la scuola elementare e 10 per la scuola media, ha stabilito l’orario annuale delle lezioni, comprensivo della quota riservata alle Regioni e alle istituzioni scolastiche e alla religione (le 27 ore settimanali o 891 annue) e ha introdotto, in modo non previsto nel testo della Legge n.53, un monte ore facoltativo e opzionale per gli allievi, la cui frequenza non farebbe parte dell’orario scolastico per tutti, ma dipenderebbe dalla scelta delle famiglie.
    La legge n.53 prevede infatti al comma L) dell’art.2 ….un nucleo fondamentale, omogeneo su base nazionale… e una quota riservata alle regioni e siamo in attesa di una individuazione di quel nucleo essenziale tramite apposito regolamento. Il regolamento non è stato emanato  e le indicazioni nazionali per i piani di studio personalizzati non hanno comportato l’abrogazione dei programmi della scuola media del 1979, della scuola elementare del 1985 e dei nuovi orientamenti del 1991 della scuola dell’infanzia 

  3. I vincoli che dovevano essere dati alle scuole autonome per elaborare la propria offerta formativa sono diventati indicazione di modalità organizzative che interferiscono con le valutazioni  pedagogiche e didattiche operate dalle scuole autonome.

  4. Nel decreto, concludendo, l’aspetto più delicato dal punto di vista pedagogico, culturale e disciplinare, “…l’individuazione del nucleo essenziale dei piani di studio scolastici per la quota nazionale relativamente agli obiettivi specifici di apprendimento, …”  viene affidato a quattro allegati transitori che non operano l’individuazione di nuclei essenziali per la quota nazionale relativamente agli obiettivi specifici di apprendimento, e includono nel monte ore assegnato ad ogni scuola come risorsa, anche la quota regionale dei piani di studio stessi.

 

5. Quali vincoli dunque?

I vincoli posti dalla Legge n. 53 riguardano l’articolazione dei cicli e cioè i monoenni e i bienni lì determinati. Questi danno una scansione in merito alle procedure di valutazione, ma per quel che riguarda  i “contenuti” dell’insegnamento si è in attesa di determinazione conforme alle disposizioni di legge.

E riguardano l’introduzione di una lingua dell’Unione Europea nella scuola elementare e della seconda lingua comunitaria nella scuola media.

Le scuole possono cogliere l’occasione per riprendere nelle scuole un serio lavoro sul curricolo da 3 a 14 (16) anni e sulla progettualità educativa.

 

In attesa di indicazioni non-transitorie non ci si deve fermare alle sole indicazioni transitorie: c’è ancora molto da scavare nella miniera dei programmi del ’79, dell’85, negli orientamenti del ’91, nel documento di sintesi della commissione del “saggi” del 1997, nelle indicazioni curricolari del 2001, nella storia  di ricerca delle stesse scuole. (dal documento delle Associazioni professionali sulla libertà di scelta dei libri di testo).

L’episodio “Darwin” ha spinto il Ministro a ribadire quanto già scritto nella Circolare n.29, in merito alla consapevole e partecipata adozione delle indicazioni nazionali i cui caratteri di inderogabilità attengono soltanto alla configurazione degli obiettivi di apprendimento, e al ruolo centrale dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, che possono “… anticipare l’introduzione di unità di apprendimento collocate in anni scolastici successivi, senza trascurare ogni opportuna valutazione circa il possesso da parte degli alunni di conoscenze ed abilità preliminari tali da consentire un corretto approccio con i contenuti di insegnamento proposti.” (interrogazione parlamentare n. 4-06468)

 

6. Settembre 2004: definizione del POF, programmazione e valutazione.

Come ogni anno, la sequenza di queste operazioni varia molto da scuola a scuola, ma sostanzialmente vede lo sforzo dell’istituzione scolastica per garantire ai propri studenti il massimo di qualità possibile nel contesto operativo effettivamente dato.

Quali obiettivi perseguire?

Quali temi, quali problemi, quali argomenti sviluppare nelle diverse aree disciplinari e nelle diverse discipline?

La risposta a queste domande e’ affidata alle istituzioni  scolastiche, nel contesto normativo vigente.

Le iscrizioni si sono concluse il 31 gennaio 2004 e non sono state riaperte dalla circolare n. 29.  Il dialogo con i genitori sulle ragioni delle scelte pedagogiche e  organizzative è aspetto costitutivo dell’autonomia delle scuole e conosce una fase deliberativa da parte del Consiglio di Circolo e di Istituto che definisce gli indirizzi generali per il POF. Queste modalità secondo noi costituiscono un valore e non sono state abrogate.

 

7. Gli allegati transitori dal punto di vista disciplinare, pedagogico e didattico

Docenti universitari, ricercatori, formatori e insegnanti delle scuole italiane delle diverse aree disciplinari hanno espresso le loro preoccupazioni in merito alle proposte formulate negli allegati al decreto legislativo n. 59/2004:

  • Area linguistica. Le Indicazioni Nazionali hanno tenuto conto del Quadro comune di riferimento per l’apprendimento delle lingue dell’Unione Europea elaborato su impulso del Consiglio d’Europa nel corso degli ultimi decenni?

  • Area espressiva. Quale significato ha la scomparsa del termine educazione artistica, musicale, fisica rispetto ai contenuti e al metodo di insegnamento?

  • Area matematica, scientifica e tecnologica. La nuova Commissione avrà un incarico per rivedere l’insieme o solo l’area scientifica? Quale rilevanza avrà la cultura tecnologica nelle scuole dell’infanzia, elementari e medie di domani?

  • Area geografica e storica. Scompaiono gli studi sociali? La storia contemporanea assume una funzione residuale? Quali conseguenze avrà la scomparsa dai programmi di ogni riferimento a processi storici e categorie come colonie/colonialismo, stato moderno, industria, sottosviluppo, migrazioni, terziario, società post-industriale?

 

8. Libri di testo: normativa e spazi di decisione nei Collegi Docenti

Le preoccupazioni elencate nel paragrafo precedente sono tali da generare in ciascun Collegio Docenti un dibattito approfondito sulle scelte da operare per il prossimo anno scolastico. L’esito di tale discussione, e le scelte operative che ne conseguono, non possono trovare ostacoli di tipo meramente materiale, per esempio l’assenza dal mercato di alcuni testi, in quanto l’argomento costituisce la ragion d’essere costitutiva del servizio di istruzione.

La normativa in vigore conferma la piena responsabilità del Collegio Docenti nella scelta degli strumenti e dei libri al fine di agevolare il conseguimento egli obiettivi educativi contenuti nel Piano dell’Offerta Formativa.