Quali Scienze umane?

 di tutti gli insegnanti del Liceo delle Scienze Sociali "Sofonisba Anguissola Cremona,

 da Retescuole del 16/2/2005

 

Premettiamo che la dicitura Scienze Umane (significante lasciato dal Ministero a tutt’oggi vuoto di contenuto) non solo non chiarisce la specificità di questo Liceo rispetto ad altri di area umanistica, ma al contrario ne fa sfumare l’identità e la funzione formativa – attualmente ancora ben nette – in un ibrido impoverito e poco convincente.

Nel lessico scientifico “Scienze Umane” è dicitura desueta da almeno venti anni, impiegata in senso onnicomprensivo per indicare un insieme di discipline (la storia, il diritto, la filosofia, l’antropologia, la sociologia, la psicologia, la pedagogia, ma anche la linguistica, l’economia, la politica, ecc.) troppo vasto perché possa caratterizzare alcunché, e meno che mai un curricolo scolastico, che necessita di una razionalizzazione coerente ed efficace delle proposte didattiche.

Proprio questa coerenza, insieme ad un principio informatore forte ed epistemologicamente corretto, ci sembra mancare del tutto nell’articolazione interna dello schema di decreto in relazione al monte ore delle discipline previste, che ad un’analisi condotta anche solo in superficie si mostra viziato da incongruenze macroscopiche.

Un esempio fra tutti: che dire dell’insegnamento della pedagogia proposto al primo biennio (e limitato ad esso) come propedeutica allo studio delle scienze umane? Questa proposta di riforma va contro la tradizione storica che ha contraddistinto in termini di armoniosa continuità il processo di evoluzione dell’Istituto Magistrale in Liceo Socio-psico-pedagogico, ed infine in Liceo delle Scienze Sociali; in tutte e tre le configurazioni l’insegnamento della pedagogia è sempre stato effettuato nel triennio; ma la frattura rispetto alla scansione tradizionale delle materie scolastiche (che rispondeva peraltro a fondate ragioni formative e culturali) è il male minore.

È mai possibile – questa è la vera difficoltà – che i Saggi non abbiano considerato il fatto che – per ovvie ragioni inerenti allo statuto epistemologico della disciplina – un problema pedagogico, anche solo per essere colto e formulato come tale, debba presupporre (e non possa precedere o prescindere da) una psicologia ed una filosofia? Senza teorie della mente e senza visioni del mondo non possono nascere né i problemi né le proposte educative; ancor meno gli uni e le altre possono essere ragionevolmente proposti come contenuto scolastico a ragazzi quattordicenni privi di prerequisiti e quadri di riferimento.

Altrettanto incomprensibile e ingiustificato, soprattutto tenendo conto della specificità che i Licei – come promesso dal Ministro Moratti – dovrebbero avere, è l’abbattimento orario delle discipline specifiche e caratterizzanti l’indirizzo: Psicologia, Sociologia, Scienze Sociali (che scompare come dicitura nel curricolo), Legislazione Sociale. Il che, oltre a comportare l’ovvia decurtazione dei contenuti trasmissibili, preclude lo svolgimento degli stage come elemento formativo e caratterizzante l’attuale curricolo, oltre che come irrinunciabile momento orientativo e di raccordo con il mondo dell’università e del lavoro. E non si può che tacere della soppressione degli insegnamenti di Metodologia della ricerca sociopsicopedagogica (coronamento, al quinto anno di corso, delle esperienze di studio dell’intero curricolo) e di Elementi di Sociologia, Psicologia e Statistica dal quadro orario del biennio, questi sì propedeutici ed irrinunciabili, prima dell’impegnativo lavoro di contestualizzazione storico-critica di autori e teorie da condurre nei tre anni conclusivi, in sinergia con gli insegnamenti di Filosofia e Pedagogia.

Né si capiscono le “ragioni” ministeriali che hanno condotto all’estromissione tout-court di altre discipline dal piano di studi, quali Diritto, Musica, (Diritto e Musica non sono ritenute umanamente formative?), Strumento musicale, Informatica (disciplina peraltro prevista dalla legge 53 del 2003: una delle famose “3 I”), nonché Linguaggi non verbali multimediali.

Il Ministero ha sostanzialmente cancellato con un colpo di spugna le interessanti esperienze didattiche favorite dalla sperimentazione Brocca e successivamente ampliate nel Liceo delle Scienze Sociali, non a caso connotato dal precedente MPI come Liceo della Contemporaneità e fondato su un asse storico-antropologico. Il Liceo delle Scienze Sociali, attivato nell’anno scolastico 1998-99, ha talmente interessato con la propria offerta formativa ragazzi e famiglie, che ad oggi conta oltre 300 sedi in Italia. Nella nostra scuola, accanto al Liceo Socio-psico-pedagogico, ha potenziato il numero degli iscritti del 300%. La sua articolazione in curvature, la possibilità di effettuare compresenze e la flessibilità dei programmi ha soddisfatto le esigenze formative individuali e le necessità territoriali; ha inoltre favorito l’aggiornamento degli insegnanti sui temi della didattica e dell’attenzione alla persona e alla promozione del benessere psico-fisico degli alunni.

I punti critici della riforma a livello generale non si limitano a quelli elencati, fra i quali campeggia, come s’è detto, la mancanza di caratterizzazione dei cosiddetti ‘indirizzi’ (problema davvero grave, perché pregiudica la possibilità di una scelta scolastica effettiva e ponderata fra alternative significativamente differenziate). Essi riguardano, non meno criticamente

-         il dimezzamento del monte ore di Scienze Motorie

-        la decurtazione significativa del curricolo annuale di Scienze naturali, incomprensibilmente assente dall’ultimo anno (ma i Saggi non sanno che domande inerenti a tali conoscenze sono presenti in tutti i test di ingresso alle facoltà universitarie?)

-         e, da ultimo, ma non ultimo per importanza, il depotenziamento dell’insegnamento della Lingua straniera 1, cioè l’Inglese, che da 3 ore settimanali passa a 2 (la seconda delle sempre più famose “3 I”)!

Bell’esempio davvero di lungimirante allineamento della scuola alle esigenze dei futuri cittadini della Comunità Europea!

A tutto ciò si sommano le preoccupazioni che riguardano la perdita di troppi posti di lavoro (dato non irrilevante…) e l’amarezza generata dal radicale, evidente disconoscimento – da parte del Ministero – della nostra professionalità docente, maturata con sforzo, entusiasmo, fatica e passione in questi anni; per questo esprimiamo il nostro più profondo dissenso di fronte ad una proposta miope, anacronistica, frustrante per i docenti e inadeguata alle richieste dei giovani e alle loro esigenze di crescita personale e culturale.

Ma non ci avevano promesso “una scuola per crescere”?