Il Punto sul tutor.
a cura di Grazia Perrone, 11/9/2004
Grande è la confusione sull’istituzione della
figura del tutor nella scuola primaria (ex elementare) fin dal primo
settembre. Per cercare di fare un po’ di chiarezza (e di stimolare il
dibattito) propongo la lettura di ampi stralci di Tuttoscuola Focus n.
67/163 del 6 settembre 2004.
Riforma: 240 mila potenziali tutor, tra
disciplina e ribellione
Un aspetto significativo della riforma Moratti
che parte da questo anno scolastico è il docente tutor, una figura non
ancora pienamente definita, al centro di discussioni, critiche e
voglia di disubbidienza.
Secondo la normativa di riforma vi dovrebbe essere un docente
incaricato di funzione tutoriale per ogni gruppo-classe. Nella scuola
dell’infanzia le funzioni tutoriali sono più ridotte ed entrambi i
docenti di sezione sono considerati tutor. Proprio per questo nella
scuola dell’infanzia non vi è stata la turbolenza registrata invece
nella scuola primaria dove il docente tutor è stato visto con
diffidenza e, a volte, con vera e propria ostilità.
Dal 30 agosto proprio sul docente tutor e sui suoi impegni di servizio
è stata aperta una trattativa sindacale per definire riconoscimenti
giuridici o economici per le responsabilità e i carichi di lavoro
determinati dalla nuova funzione.
Non si sa ancora se l’accordo che uscirà dalla trattativa comporterà
l’erogazione di compensi accessori per tutti i tutor oppure solamente
per una parte di essi costretti a prestazioni aggiuntive, mentre
un’altra parte potrebbe beneficiare solamente di riduzione dell’orario
di insegnamento per svolgere la funzione tutoriale.
Né si sa se la contestazione serpeggiante in diverse scuole con
minaccia di non dare attuazione alla norma andrà in porto.
L’unica cosa che si sa con certezza è il numero delle classi, in
ognuna delle quali dovrebbe operare questa nuova figura tutoriale:
41.450 sezioni di scuola dell’infanzia, 136.696 di scuola primaria e
26.029 prime classi della secondaria di I grado che dovrebbero
comportare, potenzialmente, 241.768 docenti tutor. Un piccolo
esercito, tutto ancora da addestrare e incentivare.
La guerra del tutor/1. La destra e la
sinistra
Come cambia il mondo. Sulla partita aperta
dell’introduzione della figura (o funzione) del tutor all’interno
della scuola italiana (primo ciclo) si sta assistendo ad una specie di
rovesciamento dei tradizionali parametri di identificazione della
"destra" (almeno quella di ispirazione liberal-democratica) e della
"sinistra" (almeno quella di tradizione marxista-statalista).
Succede che l’attuale maggioranza e governo di centro-destra si
trovino ad assumere in materia una linea in qualche modo
centralista-giacobina, che si riassume nell’affermazione del primato
della legge di riforma generale (in questo caso il decreto legislativo
sul primo ciclo) sull’autonomia delle singole istituzioni scolastiche
e sulla contrattazione sindacale. Mentre l’opposizione di sinistra si
trincera in difesa del decentramento e della competenza delle scuole a
decidere non solo se attivare o meno la figura/funzione del tutor, ma
anche se rifiutare in toto la riforma, riconfermando i piani di
studio, i libri di testo e i POF pre-Moratti. In nome e a difesa della
legge 59, del DPR 275/1999 (Regolamento dell’autonomia) e del nuovo
art. 117 della Costituzione, che l’autonomia delle scuole sancisce.
Insomma, il confronto in atto, al di là della questione del tutor sì,
tutor no, tutor come (oggetto della trattativa sindacale in corso),
sembra mettere a confronto due concezioni diverse dell’innovazione, in
cui quella più centralista-statalista, cavallo di battaglia della
sinistra storica in nome dell’equità, è ora sostenuta dal
centro-destra, mentre la visione policentrica, deistituzionalizzata,
partecipativa dei processi innovativi, è sostenuta dalla sinistra.
L’anomalia è ancora più evidente se si pensa che esattamente un anno
fa, con il governo che non era riuscito a varare il decreto
legislativo sul primo ciclo in tempo per il nuovo anno scolastico, il
Miur cercava di utilizzare il più possibile gli spazi offerti proprio
dall’autonomia per avviare i processi di riforma, confidando
sull’adesione degli istituti, e molti sindacati protestavano contro
l’invito alle scuole di utilizzare l’autonomia didattica ed
organizzativa, considerandolo un modo capzioso per far passare
surrettiziamente la riforma. Come cambia il mondo...
La guerra del tutor/2. Oltre la destra e la
sinistra
La confusione è senza dubbio notevole, ed è
probabilmente accentuata dal fatto che sulla politica scolastica
entrambi gli schieramenti puntano ad acquisire vantaggi elettorali.
Così i toni appaiono spesso forzati, legati agli attuali ruoli di
governo e opposizione. Il rischio è che essi siano strumentali, e che
magari, a maggioranza e minoranza invertite, anche le argomentazioni
cambino, e magari si rovescino, col ritorno di "destra" e "sinistra" a
lidi più tradizionali.
Ma non sarebbe meglio cercare di individuare, se non una terza via,
almeno un minimo terreno di convergenza strategica? Per esempio: non
sarebbe il caso di ridurre all’essenziale le "Indicazioni Nazionali",
ora a giudizio di molti confuse e pletoriche, definendo per il momento
a livello centrale pochi e chiari standard di apprendimento per le
diverse discipline ai vari livelli? E non sarebbe meglio, dopo aver
chiarito centralmente quali sono i livelli di apprendimento attesi,
lasciare alle scuole di decidere autonomamente le forme organizzative
della didattica?
E quale insormontabile difficoltà ci sarebbe (se non derivante dal
fumus della politique politicienne) ad accettare l’idea che nel team
dei docenti ce ne sia uno che si fa carico delle varie funzioni
tutoriali, come vuole il decreto legislativo, e che magari quell’uno
non sia sempre lo stesso per tutti gli allievi della classe? Il centro
stabilisce che la funzione va esercitata. Le istituzioni scolastiche,
la comunità docente, decidono chi la esercita. Soluzioni di buon
senso, che a noi non sembrano né di destra né di sinistra. Però utili
a far uscire la scuola da una guerra che rischia di non essere vinta
da nessuno.
Miur e Cgil: le diffide incrociate
Ha fatto scalpore una decina di giorni fa la
notizia di una nota del ministero dell’istruzione, inviata a fine
giugno in via riservata ai direttori generali degli Uffici scolastici
regionali, con la quale si ricordava che l’attuazione della riforma
era dovuta per legge e che i dirigenti scolastici che non vi avessero
dato esecuzione sarebbero incorsi in responsabilità amministrativa e
sarebbero stati altresì passibili di sanzioni disciplinari.
Probabilmente la decisione di inviare la nota in periferia era
derivata dal fatto che al Miur erano pervenuti documenti di collegi
docenti, che, in nome dell’autonomia, rivendicavano il diritto di
decidere se e come applicare la riforma.
La nota riservata è stata pubblicata sul sito della Cgil-scuola che
l’ha accompagnata da forti critiche di merito e di metodo,
considerandola una forma di intimidazione nei confronti dei dirigenti
delle scuole autonome.
Il sindacato di Panini nei giorni successivi è passato al
contrattacco, e ora, a sua volta, tuona contro gli stessi dirigenti,
minacciandoli di adire le vie legali nel caso procedano ad attivare la
funzione tutoriale prima della definizione della trattativa sindacale
avviata solo il 30 agosto scorso per definire le condizioni operative
di attuazione nei confronti dei docenti che saranno incaricati
dell’esercizio della funzione stessa.
Il deterrente amministrativo delle sanzioni disciplinari e il
deterrente sindacale dei ricorsi, oltre ad essere segno del pessimo
stato delle relazioni sindacali al Ministero e nelle istituzioni
scolastiche, pone i dirigenti scolastici tra l’incudine e il martello.
Riforma 2004: il nuovo che arriva....
Tra attese, curiosità, speranze e diffidenze arrivano le grandi e
piccole novità della riforma Moratti, anno 2004.
Gli insegnanti, più o meno, sanno cosa riserva loro la riforma, ma
molti genitori ancora non lo sanno bene e si aspettano dalle scuole
nelle prime assemblee dell’anno di essere adeguatamente informati.
Elenchiamo, come semplice promemoria, le principali novità della
riforma:
-
Nuovi piani di studio con
rinnovati obiettivi formativi e nuovi contenuti d’insegnamento
-
Obiettivi specifici di
apprendimento definiti in continuità tra primaria e secondaria di I
grado, senza repliche nei due settori
-
Insegnamento generalizzato
di una seconda lingua comunitaria nella ex-scuola media (la
generalizzazione dell’inglese nella primaria era già stata avviata
l’anno scorso)
-
Alfabetizzazione
informatica per alunni di primaria e secondaria di I grado
-
Nuovi libri di testo per
nuovi contenuti d’insegnamento
-
Orario obbligatorio
settimanale delle lezioni ridotto a 27 ore
-
Possibilità delle famiglie
di avvalersi di attività facoltative opzionali (mediamente tre ore
alla settimana nella primaria e sei nella secondaria di I grado)
-
Non obbligo di rientri
pomeridiani nella scuola primaria (la facoltà in merito è decisa dalle
scuole in base alla loro autonomia organizzativa)
-
Nella scuola dell’infanzia
possibilità per le famiglie di richiedere orari differenziati di
frequenza
-
Nella scuola secondaria di
I grado minimo di frequenza delle lezioni (tre quarti dell’orario
annuo complessivo) per avere valicato l’anno
-
Funzione tutoriale affidata
ad un docente (tutor) del gruppo insegnanti della classe (oggetto di
ricorsi e di contestazioni)
-
Portfolio delle competenze
per documentare i processi formativi di ciascun alunno
-
Attività laboratoriali per
interventi su gruppi differenziati di alunni
-
Anticipi di iscrizione
(accordo contrattuale permettendo) alla scuola dell’infanzia per
bambini che compiono tre anni tra il 1° gennaio e il 28 febbraio 2005
(per la scuola primaria l’analoga anticipazione era già stata avviata
dall’anno scorso)
Viene qui esplicitato il concetto di tutor
diffuso: una opzione didattica deliberata da numerosi Collegi docenti.
gp