Il tutor secondo l'autonomia scolastica.
Proposta di un'ipotesi di lavoro
elaborata in Emilia Romagna
da
Scuola oggi del 30/8/2004
Il coordinamento regionale dei Cidi dell’Emilia-Romagna,
che si è incontrato ad Imola (BO) il giorno 27 agosto 2004 nell’ambito
del seminario di studi “Di fronte alle riforme: riprendiamoci la
nostra autonomia”, raccogliendo le preoccupazioni manifestate dai
partecipanti intende esprimere alcune osservazioni in previsione
dell’avvio dell’anno scolastico 2004/2005 che vede la prima
applicazione nella scuola di base di alcune modifiche dell’ordinamento
previste dalla Legge 53/2004.
Il disagio di oggi.
L’attuazione di una riforma nella scuola
dovrebbe sempre rappresentare un momento di forte tensione e
partecipazione degli operatori scolastici, mentre oggi vediamo
prevalere tra i colleghi disorientamento, preoccupazione e timori di
un peggioramento delle condizioni di lavoro e difficoltà a poter
realizzare un modello di scuola qualificato e innovativo, come è nelle
buone tradizioni della scuola di base italiana. Tale stato di disagio
si rifletterà negativamente sul clima delle classi, nel rapporto con i
genitori, nell’apprendimento degli allievi.
Non è accettabile “minacciare” sanzioni disciplinari nei confronti dei
dirigenti scolastici (e quindi inducendo a cascata comportamenti
intimidatori) per chiedere il rispetto di una legge che evidentemente
non è condivisa, compresa e partecipata. Gli insegnanti ed i dirigenti
della scuola dello Stato rispettano il principio di legalità e daranno
attuazione alle leggi dello Stato, ma si interrogano sinceramente sul
senso di un cambiamento imposto solo in “nome della legge”, senza un
approfondito confronto culturale, senza il rispetto delle regole del
pluralismo pedagogico, senza un adeguato coinvolgimento dei
destinatari.
Le buone leggi che durano nel tempo sono quelle che parlano “al cuore
ed alla mente” dei cittadini, non quelle che suscitano conflitto,
contrasto, disinteresse. La storia della scuola degli ultimi 40 anni e
del cambiamento dei suoi programmi ha sempre rappresentato un momento
di sintesi di idee valori diversi, rispettosi della democrazia. Oggi
questi principi sono messi a dura prova da un metodo unilaterale di
decretazione e dall’assenza di sedi pubbliche e trasparenti di
elaborazione culturale.
Le innovazioni nella scuola sono processi culturali di lunga durata,
che non possono essere semplificati con imposizioni burocratiche o con
messaggi sui “media” che non rispondono alla situazione reale della
scuola e dei suoi bisogni. Una riforma vera richiede processi di
ricerca, entusiasmo, voglia di impegnarsi, riconoscimenti, promozione,
formazione: uno spazio aperto e pluralistico in cui idee diverse siano
rispettate, accolte e valorizzate. Tutti aspetti oggi carenti e forse
nemmeno auspicati dal Ministro, che sembra preferire comportamenti di
semplice e formale adempimento della norma.
Di fatto, il modo di proporre e imporre la riforma nega il principio
di autonomia delle scuole, con la prescrizione di comportamenti minuti
e di vincoli normativi di ogni tipo (nella progettazione, nella
formulazione degli orari, nell’organizzazione dei team docenti) che
sembrano contraddire palesemente gli spazi aperti dalla legge 59/1997
e dal suo Regolamento attuativo Dpr 275/99. Si attendono nel merito la
pronuncia della Corte Costituzionale e di altri tribunali, oltre che
le necessarie concertazioni contrattuali con le rappresentanze degli
insegnanti.
Nel merito delle questioni.
In particolare, si vuole sottolineare che la
valorizzazione delle funzioni di tutorato nella scuola deve rispondere
ad un principio di qualificazione delle relazioni educative e non far
adombrare la surrettizia introduzione di una gerarchia di ruoli
professionali (tra chi sarà tutor e chi non lo sarà) e la inevitabile
riduzione della dotazione degli insegnanti (per affidare funzioni
educative rese collaterali a incarichi professionali esterne).
Le funzioni tutoriali devono essere totalmente compatibili con il
principio di una piena condivisione delle responsabilità educative di
tutti i docenti del team, soprattutto nel rapporto con i genitori e
nelle procedure della valutazione. E’ quindi preferibile distinguere
tra funzioni di coordinamento didattico di un team e funzioni di
tutorato, che possono con più efficacia essere affidate a più docenti,
con forme differenziate da lasciare all’autonomia dei gruppi docenti.
Le funzioni tutoriali non si riferiscono solo ad aspetti di carattere
relazionale, affettivo, emotivo, ma attengono soprattutto agli aspetti
di carattere cognitivo, didattico, formativo (guida all’apprendimento,
sostegno alla motivazione, facilitazione nei percorsi didattici) che
devono coinvolgere tutti i docenti. Questa caratteristica induce a
ritenere più efficace una condivisione allargata a più docenti di
classe di tali funzioni, piuttosto che l’individuazione di un solo
tutor al quale assegnare tutte le responsabilità. Una relazione
comunicativa esclusiva determina –di fatto- una gerarchia nelle
relazioni tra insegnanti, genitori ed allievi.
Nelle prime tre classi elementari l’individuazione di una figura
compatta di un docente tutor, cui assegnare compiti di tutorato verso
tutti gli alunni, di rapporto (esclusivo) con i genitori, di
responsabilità nell’orientamento e valutazione degli alunni, di
coordinamento dell’equipe, introduce elementi di “rottura” nel
principio di contitolarità didattica, pur riaffermata nel D.lvo
59/2004, e rende più difficoltosa l’esplicazione di tali funzioni
(oltre a contraddire le migliori esperienze realizzate nella scuola
elementare, nei moduli e nel tempo pieno, con pieno gradimento dei
genitori e validità nei risultati).
La prescrizione, sempre nelle prime tre classi elementari, di un
orario minimo di 18 ore settimanali di insegnamento (senza per altro
la specificazione a quale classe/gruppo ci si riferisca) appare lesiva
del principio di autonomia organizzativa e didattica riconosciuta alle
scuole (ad esempio, ci si chiede perché nelle scuole di Trento sia
stata invece autorizzata una lieve prevalenza a 15 ore). Inoltre,
qualora le 18 ore fossero interpretate come 18 ore frontali
(previsione che comunque non si trova nei decreti), verrebbe meno
l’unitarietà e l’integrazione delle funzioni di insegnamento (orario
frontale, orario di compresenza, orario di laboratorio, orario di
mensa, ecc.).
Non è accettabile, anche perché non trova riscontro alcuno nella
norma, che si vadano a configurare due diversi profili di insegnante (a.
insegnante curricolare e/o tutor; b. insegnante addetto alle sole
attività di laboratorio o specialistiche), che rende vano ogni serio
discorso sul significato dell’apprendimento, sulla didattica
laboratoriale, sul contesto educativo. Le norme stesse tutelano la
contitolarità didattica dei docenti, l’idea di equipe pedagogica, la
piena condivisione del progetto educativo.
Le prospettive per domani.
L’avvio delle innovazioni nella scuola di base
dovrà essere graduale, con ottica sperimentale (come suggerisce la
recente pronuncia del CNPI del 15-7-2004 sulle bozze di Indicazioni
nazionali e come è previsto dall’art. 6 del Dpr 275/99 relativo
all’autonomia di sperimentazione delle scuole), con piena
disponibilità dell’Amministrazione a lasciare ampi spazi di ricerca e
sperimentazione, anzi incentivando la ricerca e la comparazione di
soluzioni diverse, in vista della diffusione delle “pratiche
migliori”.
Ci aspettiamo che il Ministro assuma precisi impegni circa il fatto
che il decreto legislativo 59/2004 sarà sostanzialmente modificato nei
punti più discutibili già a partire dall’a.s. 2005/2006; che le
Indicazioni nazionali saranno profondamente modificate in sede di
elaborazione dei testi definitivi (Regolamento), operazione per la
quale si chiede la costituzione di commissioni pluralistiche e
accreditate e l’ascolto attivo della voce degli insegnanti.
Ogni scuola potrà sviluppare una impegnativa azione di ricerca e di
formazione, per la quale non è però sufficiente la partecipazione alla
piattaforma INDIRE, ma per la quale servono tempi, risorse certe,
figure a disposizione. L’azione di ricerca e sperimentazione dovrà
essere ispirata al più ampio pluralismo culturale e pedagogico
avvalendosi di tutti gli strumenti normativi dell’autonomia, che
enfatizza la progettualità delle nostre scuole.
La definizione di nuove funzioni educative all’interno dei team, non
dovrà deprimere la possibilità di ogni scuola di continuare a
coltivare forme di leadership diffusa, di organizzazione per
responsabilità intermedie, funzioni strumentali, referenti per
progetti, ecc, in vista di un ulteriore consolidamento dell’autonomia
che implica una progettualità di ampio respiro anche nel rapporto con
il territorio.
L’individuazione di funzioni e responsabilità (al plurale), ivi
comprese le funzioni di coordinamento, le funzioni condivise di
tutorato, dovrà avvenire attraverso processi trasparenti, di
formazione e di designazione, nell’ottica di valorizzare la
professionalità docente, la collegialità ed il senso di appartenenza
alla propria scuola. E’ da criticare il silenzio della riforma sulle
forme di collegialità e condivisione professionale (team, consigli di
classe, dipartimenti disciplinari, ecc.) che rappresentano un indice
di qualità e di efficacia educativa della scuola dell’infanzia,
elementare e media.
L’assunzione di nuove funzioni non potrà andare a detrimento della
qualità della didattica (per cui va evitata la riduzione degli orari
di insegnamento), ma dovrà essere riconosciuta con adeguate risorse
economiche aggiuntive, senza impegnare le già esigue risorse
finanziarie del fondo di istituto.
Analogamente le operazioni sugli organici del personale, adottate
nelle leggi finanziarie, non potranno contraddire le affermazioni di
principio sulle innovazioni necessarie nella scuola, determinando di
fatto una ben diversa riforma, fatta di riduzione di posti di
insegnamento, aumento del numero di alunni per classe, eliminazione
delle compresenze, impoverimento generalizzato dell’offerta formativa,
casualità della stessa rispetto alle domande locali e alle risorse
disponibili.
I punti segnalati vengono sottoposti all’attenzione dei Collegi dei
Docenti, dell’Amministrazione scolastica, degli Enti locali oltre che
delle Organizzazioni Sindacali e delle Associazioni professionali e
Disciplinari dei docenti, e comunque a quanti sono impegnati nelle
sedi di negoziazione sui risvolti contrattuali e professionali
dell’attuazione della legge 53/2004.