Centro Studi Gilda

 

Riforma: le nuove prerogative delle Regioni.

Renza Bertuzzi Centro Studi della Gilda del 20/9/2005

 

La Riforma della Scuola, approvata dal Parlamento e tradotta nella legge 53/2003, presenta aspetti non solo fortemente critici ma anche decisamente complessi.

Infatti, questa legge segue una fondamentale Riforma politico-amministrativa che ha cambiato radicalmente la fisionomia dello Stato modificandone le funzioni storiche. Parliamo della Riforma del Titolo V della Costituzione, divenuta Legge 3 Costituzionale, 18 Ottobre 2001.

Questa Riforma costituzionale ha introdotto un marcato decentramento dei poteri e dei governi, “alleggerendo” i poteri decisionali dello Stato, per cui la situazione in cui la Legge 53/2003 si è inserita presenta condizioni nuove, che si vanno precisando in un percorso non sempre lineare, dove sono le sentenze della corte Costituzionale a definire e chiarificare con certezza un magma rappresentativo ancora piuttosto incerto.

Da qui, dunque, occorre partire per tracciare la cornice entro la quale collocare, insieme con la Legge 53, anche tutte la altre leggi che riguardano e riguarderanno la Scuola. 

La Riforma del titolo V della Costituzione era stata approvata dalla precedente Legislatura, quasi alla scadenza del mandato parlamentare e a strettissima maggioranza. Per questa circostanza (mancanza dei 2/3 dei consensi, art. 138 Costituzione) è stata sottoposta a referendum: per la prima volta, il 7 Ottobre 2001, si è svolto un referendum confermativo di una legge costituzionale. I votanti non sono stati numerosi [votanti il 34%; sì il 64,2%; no il 35,8%], ma poiché nei referendum costituzionali non è previsto alcun quorum, la legge costituzionale, 18 Ottobre 2001, n. 3, è diventata efficace a tutti gli effetti.

Questa legge introduce importanti cambiamenti in direzione di un marcato decentramento, attraverso l’attribuzione di competenze legislative alle Regioni e di funzioni amministrative agli enti locali. D’altronde, il trasferimento di quante più competenze legislative, regolamentari, di funzioni politiche e attività amministrative dal livello nazionale a quello regionale e territoriale è considerato elemento fondamentale per il coinvolgimento dei cittadini, in base anche al principio di sussidiarietà, introdotto da questa Riforma.

Rispetto alla scuola e all’istruzione, che rappresentano l’ ambito di cui ci occupiamo ora, essa può essere considerata, in un certo senso, l’ultimo tassello del quadro riformistico approvato dalla passata legislatura che è composto da:

- La legge 15 marzo 1997, n. 59;

- Il D.P.R. 18 Giugno 1998, n. 233 (Dimensionamento)

- Il  D.P.R. 8 Marzo 1999, n. 275 (Regolamento dell’ autonomia);

- Il D. lg. 6 Marzo 1998, n. 59; (La Dirigenza)

- Il D. lg. 31 Marzo 1998, n. 112; (Compiti e funzioni di regioni, province, comuni);

- Il D. lg. 30 Luglio 1999, n. 300 (Riforma dell’ organizzazione del governo);

- Il D.lg. 20 Luglio 1999, n. 258 (Riordino del CEDE e della BDP);

- Il D. lg. 30 Giugno 1999, n. 233 (Gli organi collegiali territoriali).

Si può quindi affermare che le modifiche introdotte dalla Riforma del Titolo V –importanti e di portata non trascurabile- fossero già contenute in fieri nelle precedenti norme e che, in sostanza, tutte le novità altro non sono che la conclusione di un processo già avviato e già intuibile.

Una prima lettura di questa riforma, che si limita all’ambito dell’istruzione, può identificare queste modifiche in relazione a diversi piani.

 

Piano concettuale 

In questo nuovo testo, la Repubblica non si riparte più in Regioni, Province e Comuni (come recitava l’art. 114 della Costituzione), ma “è costituita dai Comuni, dalla Province, dalle città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato”. In sostanza, “vi è il riconoscimento della soggettività originaria delle Regioni e degli enti locali che non costituiscono semplici ripartizioni amministrative del territorio, ma col loro territorio, con la loro popolazione e le loro tradizioni vanno a costituire lo Stato, unico soggetto unitario”[1]

Il nuovo art. 117 modifica la precedente logica in base alla quale le competenze legislative generali spettavano allo Stato, mentre quelle regionali erano tassativamente elencate. Individua, infatti, le competenze legislative esclusive dello Stato, prevedendo che “spetta alle Regioni la potestà [potestà = potere di governo] legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato[2]. Queste nuove regole prevedono che nelle materie di legislazione esclusiva lo Stato ha anche potestà regolamentare[3]; che nelle materie di legislazione concorrente (la così detta “ripartita”) le Regioni devono legiferare nel rispetto dei principi fondamentali, la cui determinazione è riservata allo Stato; che nelle altre materie, sulle quali acquistano competenza legislativa esclusiva, le Regioni nel legiferare (e adottare regolamenti) incontrano solo il limite della Costituzione. E non più il limite delle leggi dello Stato, come accadeva prima. Anzi, lo Stato perde anche il potere di sospensiva, per cui, se il governo ritiene incostituzionale una legge regionale, può solo fare ricorso alla corte costituzionale e attenderne il responso, senza poterla sospendere.

 

Piano delle nuove prerogative

     Dello Stato

Tra le competenze legislative esclusive dello Stato, due riguardano la scuola: a) le “norme generali sull’ istruzione”, espressione identica a quella contenuta nel Titolo II, all’ art. 33 della Costituzione non modificato e, b) la “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”. Quali sono i contenuti che vengono sottratti alla legislazione concorrente delle Regioni, rimanendo “norma generale”?

Sicuramente l’autonomia delle istituzioni scolastiche (art. 117 del Testo Costituzionale riformato), e la definizione di quei diritti essenziali di cui si parlava prima. Perciò, “poiché il diritto all’istruzione è riconosciuto come diritto sociale di tutti i cittadini non c’è dubbio che spetta alla legislazione esclusiva dello Stato la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni rese dal servizio dell’ istruzione. Quindi: diritto d’accesso all’istruzione, di libertà d’insegnamento, di individuazione dei requisiti e delle modalità per il reclutamento del personale insegnante; di definizione degli ordinamenti scolastici essenziali; di diritti delle famiglie e di collegialità della gestione, di diritti e doveri degli alunni; di valutazione del sistema di istruzione” [4]

 

     Delle Regioni.

Alla competenza esclusiva delle Regioni spetteranno tutte le materie delegate dall’ art. 138 del d.lgs 112/’98 (es. Programmazione dell’offerta formativa integrata tra istruzione formazione, programmazione della rete scolastica; suddivisione del territorio regionale in ambiti funzionali al miglioramento dell’offerta formativa [in sostanza la dislocazione degli indirizzi di studio] ecc…) e novità importante, l’ istruzione e la formazione professionale.

 

     Della legislazione concorrente.

E’ argomento di legislazione concorrente, l’istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche.

 

Piano delle conseguenze

Quali conseguenze derivano o deriveranno da questa inversione di prospettiva? Diciamo subito che il processo introdotto dalla Legge 3 costituzionale è ancora in fieri e sta disegnando poco alla volta una nuova mappa dei poteri decentrati. Non è semplice identificarli tutti, ma è decisamente complesso rappresentare tutte le conseguenze di questi mutamenti.

Per l’identificazione dei nuovi poteri e delle nuove prerogative, dobbiamo utilizzare le sentenze della Corte costituzionale che ad oggi sono state emesse in seguito ai ricorsi di alcune Regioni. Meno sicuro sarebbe tenere conto dei giudizi delle Regioni, le quali, ovviamente, rappresentano posizioni di parte.

Intanto riportiamo la chiarificazione che la Corte costituzionale ha introdotto rispetto alla diade norme generali, di pertinenza dello Stato e principi fondamentali.

Secondo la Corte, “sotto quest'ultimo aspetto, può dirsi che le norme generali in materia di istruzione sono quelle sorrette, in relazione al loro contenuto, da esigenze unitarie e, quindi, applicabili indistintamente al di là dell'ambito propriamente regionale.

Le norme generali così intese si differenziano, nell'ambito della stessa materia, dai principi fondamentali i quali, pur sorretti da esigenze unitarie, non esauriscono in se stessi la loro operatività, ma informano, diversamente dalle prime, altre norme, più o meno numerose. (Sentenza, n. 279 del 15 Luglio 2005).

Di sicuro oggi sappiamo che:

         1) Le Regioni hanno competenza per

la definizione degli Organici nei rispettivi territori. “Tutto ciò non è più possibile nel quadro costituzionale definito dalla riforma del Titolo V, giacché la materia istruzione (“salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale”) forma oggetto di potestà concorrente (art. 117, terzo comma, Cost.), mentre allo Stato è riservata soltanto la potestà legislativa esclusiva in materia di “norme generali sull’istruzione” [art. 117, secondo comma, lettera n)]. […]

Una volta attribuita l’istruzione alla competenza concorrente, il riparto imposto dall’art. 117 postula che, in tema di programmazione scolastica e di gestione amministrativa del relativo servizio, compito dello Stato sia solo quello di fissare principî. E la distribuzione del personale tra le istituzioni scolastiche, che certamente non è materia di norme generali sulla istruzione, riservate alla competenza esclusiva dello Stato, in quanto strettamente connessa alla programmazione della rete scolastica, tuttora di competenza  regionale, ( Dlg. 112/’98) non può essere scorporata da questa e innaturalmente riservata per intero allo Stato; sicché, anche in relazione ad essa, la competenza statale non può esercitarsi altro che con la determinazione dei principî organizzativi che spetta alle Regioni svolgere con una propria disciplina.” (Sentenza n. 13 del 13 gennaio 2004)

Per questo, ogni “incremento, nell'ambito dell'organico del personale docente statale, dei posti attivati per le attività di tempo pieno e di tempo prolungato attiene ad aspetti dell'organizzazione scolastica che evidentemente intersecano le competenze regionali relative alle attività educative di cui agli artt. 7 e 10. Il rispetto del principio di leale collaborazione impone pertanto che nell'adozione delle scelte relative vengano coinvolte anche le regioni, quanto meno nella forma già ben nota all'ordinamento – della consultazione dei competenti organi statali con la  Conferenza unificata Stato-Regioni.” ( Sentenza, n. 279 del 15 Luglio 2005).

 

         2) Lo Stato ha competenza per…

a) “La definizione dei compiti e dell'impegno orario del personale docente, dipendente dallo Stato, rientra infatti sicuramente nella competenza statale esclusiva di cui all'art. 117, comma secondo, lettera g), della Costituzione, trattandosi di materia attinente al rapporto di lavoro del personale statale.” (Sentenza n. 279 del 15 luglio 2005).

b) Anticipare le età di accesso alla scuola dell’ infanzie e primaria, ma, in virtù del principio di leale collaborazione deve acquisire, anche su questo tema, il parere della conferenza Stato- Regioni. (Sentenza n. 279 del 15 Luglio 2005).

 

Questa è la situazione certa che scaturisce dalle sentenze della Corte costituzionale. Naturalmente il discorso è ancora tutto aperto e si delineerà poco alla volta, e forse solo in seguito ai pronunciamenti dell’alta Corte. E’ indubbio che la Legge 3 costituzionale abbia aumentato in maniera esponenziale i contenziosi e che i rapporti tra Stato e Regioni siano improntati più ad una prova di forza che ad una “leale collaborazione”.

Tuttavia, una cosa è certa: le Regioni potranno determinare la qualità e la quantità dell’ offerta formativa e potranno influenzare le scelte didattiche usando come leva la distribuzione delle risorse o altri sistemi di induzione.


[1] L. Barberio Corsetti , La Riforma del Titolo V della Costituzione, in Nuova secondaria, n. 4- 2001

[2] “La potestà legislativa viene distinta in : esclusiva e concorrente, a seconda che la competenza a legiferare spetti solo alle Regioni, ovvero sia ripartita tra lo Stato che fissa i principi ( c.d. leggi –cornice) e la Regione cui spetta svolgere i suddetti principi.” Ignazio Scotto, Diritto costituzionale, Giuffrè editore, pag. 149.

[3] I regolamenti rappresentano il modo normale con il quale si esplica la potestà normativa nella P.A.. Il potere appartiene istituzionalmente all’ Esecutivo, il quale lo esercita senza alcun controllo preventivo o successivo del Parlamento. Scotto, op. cit., pag. 57.

[4] L. Barberio Corsetti , La Riforma del Titolo V della Costituzione, in Nuova secondaria,, n. 4- 2001