P a v o n e R i s o r s e

 

Ma siamo sicuri di voler tornare

all'era pre-morattiana?

 di Pasquale D'Avolio, da Pavone Risorse del 26/11/2005

 

Abrogare o ri-riformare la Scuola dopo la Moratti? Credo che il dilemma sia poco significativo e spiego il perché.

Prima di "abrogare" occorre chiarire cosa è stato realmente "innovato" o, per i contestatori, in cosa si è "indietreggiato".

Spero infatti che gli abrogazionisti intendano "andare avanti" e pertanto si tratta di riprendere un cammino che, a loro giudizio, è stato interrotto o addirittura è andato all’indietro. Ma è proprio così?

Ho l’impressione che a volte tra gli abrogazionisti non ci sia la chiara percezione di quanta "continuità" ci sia tra l’azione dell’attuale Ministro e di quelli precedenti (Berlinguer e De Mauro) per cui si finisce con il proporre l’abrogazione … di quanto fatto dai suoi predecessori. Al di là della filosofia di fondo che unisce le due Riforme (si veda l’interessante saggio di Ferratini di qualche anno fa su "La riforma Berlinguer-Moratti"), non si può trascurare il fatto che molte delle "novità" attribuite alla Moratti erano presenti nella Riforma Berlinguer e in parte erano e sono presenti nella Riforma Bassanini (L. 59/97 e derivati) o nella modifica costituzionale del 2001 del centro-sinistra.
 

Vogliamo abrogare anche quelli?


Tornando al "nuovo", di nuovo e diverso nella L. 53 c’è effettivamente l’impianto "familista" e lo sfondo "personalistico", nonché un certo confessionalismo che traspare in alcuni documenti ufficiali della Riforma. A parte quest’ultimo aspetto, francamente da cancellare, sugli altri due termini si tratta tutto sommato di intendersi. Valorizzare il ruolo delle famiglie, senza lasciargli la scelta esclusiva sulle ore opzionali o sugli anticipi, e richiamarsi alla personalizzazione nell’insegnamento-apprendimento senza arrivare agli eccessi di una certa pedagogia della differenziazione dei risultati, non mi pare siano principi da cancellare.

Sul portfolio il dibattito è aperto, ma credo abbia ragione Cerini quando afferma che del Portfolio parleremo ancora tra dieci anni e così delle funzioni tutoriali, respinte in maniera pregiudiziale in nome di una superata concezione dell’unicità della funzione docente, a cui ormai credono in pochi. La pluralità e la differenziazione della figura docente nella scuola non è stata affermata dalla Moratti, ma è una questione che era presente già nel dibattito precedente ed era in parte riconosciuta dalle stesse organizzazioni sindacali (almeno fino all’avvento del nuovo Ministro); come pure era ed è all’ordine del giorno la valutazione dei docenti, cassata nella precedente legislatura e neanche riproposta da questo Governo. Semmai bisogna riconoscere a questo Governo un immobilismo su certe riforme avviate dal centro-sinistra e che erano state contestate già allora "da sinistra".

Si veda ad esempio la questione della "razionalizzazione" della rete scolastica, che è stata, si può dire, accantonata dalla Moratti. Questo Ministero non è riuscito a modificare nemmeno il meccanismo perverso delle supplenze o a far passare il nuovo stato giuridico dei docenti, che, a parere di chi scrive, è essenziale per definire limiti e ruoli del sindacato. Quello del sovraccarico dei curricoli e del tempo scuola era una questione ormai condivisa, tanto è vero che la legge 30/2000 riduceva di un anno il percorso scolastico e fissava in un massimo di 30 ore l’orario settimanale. La Moratti ha ripresentato, con l’avallo dei sindacati, il carico orario precedente, seppure temperato dalla "facoltatività". Qui concordo sull’idea di tornare a Berlinguer, ma sarà molto difficile che gli abrogazionisti siano d’accordo, me ne rendo conto.


Mi chiedo e chiedo a quanti non si fermano agli slogan: occorre tornare davvero all’obbligo scolastico fino a 16 anni, che per qualcuno andrebbe esteso a 18 (mentre in effetti era 15)? Era davvero una grande conquista, con il 30% che a 16 anni aveva appena concluso la III Media?

E li vogliamo costringere tutti a frequentare i licei, quei licei non professionalizzanti di cui parla non solo la Moratti? Ma se sono "professionalizzanti" che licei sono?

O si vuole mantenere lo status quo con i 4 canali?


Tutto sommato la Moratti si è limitata a "minacciare" riforme, che poi o non ha attuato o non è stata in grado di far applicare (la stessa legge 53 è di fatto in posizione di stallo).

Spero che un Governo di centro-sinistra sia più decisionista in questo settore, che ha bisogno di vere riforme e non solo di annunci.

Se ci si riferisce al metodo e alle procedure della attività del Ministro, non c’è dubbio che qui si è sfiorato il "pensiero unico", nel senso che tutto quanto è stato prodotto sul piano pedagogico-didattico è da attribuirsi alla mente fervida di Bertagna (vero deus ex machina della Riforma) e all’azione di un gruppo a lui vicino, la cui ispirazione filosofico-culturale è di matrice chiaramente cattolica personalistica con venature "europee" (vedi il tema delle competenze).

Fatto sta che l’Amministrazione, questo potente Leviatano nascosto nelle stanze di viale Trastevere, non si è fatta soggiogare dal "maestro" bergamasco e attraverso i suoi tentacoli sindacal-confindustriali è riuscita a costruire un mostriciattolo inguardabile come quello sul secondo ciclo.

Resta la questione delle Indicazioni nazionali, altro "bubbone" da estirpare; ma d’altronde sono pure transitorie!

Non si tratta di documenti legislativi, bensì di atti soggetti a revisione amministrativa e, come tutte le indicazioni pedagogico-didattiche, modificabili a seconda della filosofia che le ispira. Certo che vanno ridotti e discussi, onde evitare quello che Tiriticco chiama lo "tsumani" degli OSA.

A patto che anche qui si capisca che lo "strumento", seppure criticabile, discende da una normativa precedente alla Riforma, vale a dire dal DPR 275/99, cioè il Regolamento dell’Autonomia. Gli OSA (obiettivi specifici di apprendimento) non li ha inventati Bertagna, ma si trovano nell’art. 8 del DPR, laddove si parla anche di "personalizzazione" seppur in relazione ad azioni, progetti o accordi internazionali".

Le attività opzionali non sono nate dalla mente perfida della Moratti, come pure la flessibilità del gruppo classe, le attività di recupero e potenziamento con gruppi di livello, di interesse e di compito.

Ho l’impressione a volte che non si sia letto con attenzione il Regolamento dell’Autonomia (DPR 275/99) laddove si dice che "agli studenti e alle famiglie possono essere offerte possibilità di opzione".

Le stesse "Unità di apprendimento" saranno certo nuove nel nome, ma la scansione del vecchio programma in Unità didattiche o moduli o mappe concettuali erano all’ordine del giorno ben prima di Bertagna, salvo che erano poco applicate; come il richiamo alla centralità dell’alunno e al nesso inscindibile apprendimento-insegnamento o il superamento di una concezione rigida e comportamentistica della programmazione, sono tutte cose che per chi ha letto minimamente quanto prodotto dalla letteratura pedagogica e psicologica degli ultimi anni dovrebbero essere ormai acquisite. Purtroppo non lo sono nella gran parte dei casi e si vorrebbe contrastare il "nuovo" senza accorgersi che in fondo tanto nuovo non è. A cosa si vuole mirare: al ritorno alle tranquillizzanti prassi didattiche di un tempo?


Il portfolio andrà certamente rivisto, ma non credo si possa rimpiangere la vecchia scheda, quella "manomessa" da Berlinguer che in un sol giorno azzerò anni di dibattito sulla valutazione e sulle nuove modalità di certificazione. Le pagelle, ancora in uso nelle superiori, nessuno, spero, vorrà ripristinarle.


Penso sarebbe utile cominciare a pensare già da oggi quanto rimarrà valido della Riforma Moratti anche dopo il 2006 e, senza battaglie iconoclaste, ci si adoperi per continuare nell’opera di rinnovamento avviata già prima. Ma, come si è dimostrato negli ultimi anni, ho il timore che una gran parte degli abrogazionisti di oggi siano gli stessi contestatori della riforma Berlinguer … e della futura riforma del centrosinistra.