Chi ci “garantisce”

che questo portfolio sia una cosa seria?.

di Maurizio Tiriticco, da ScuolaOggi del 31/8/2005

 

E’ con viva soddisfazione che ho letto il provvedimento che il Garante per la protezione dei dati personali ha adottato lo scorso 27 luglio nei confronti della “introduzione di un documento di valutazione e orientamento, denominato Portfolio (o cartella) delle competenze individuali”.

Si tratta di una vera e propria stroncatura nei confronti di un documento che è stato adottato con le Indicazioni nazionali allegate in “via transitoria” al decreto legislativo 59/04 con cui si è avviata la riforma – o presunta tale – delle scuole dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado. Ho sempre sostenuto che il Portfolio, in ordine alle versioni che conosciamo e che non sono affatto quelle di cui al citato dlgs, è una cosa troppo seria per poterci scherzare come ha fatto questa allegra compagnia di dilettanti allo sbaraglio, come da tempo certa stampa accreditata ama chiamare i nostri attuali governanti.

Il Portfolio riguarda l’istruzione e la formazione secondaria dei Paesi ad alto sviluppo, laddove è necessario che un giovane, passando attraverso momenti diversi di formazione e di lavoro e/o di formazione sul lavoro, raccolga i crediti via via acquisiti da far valere ai fini dello sviluppo della sua carriera professionale e della mobilità nelle diverse situazioni lavorative. Com’è noto, nella società della conoscenza, delle tecnologie in costante evoluzione, dei processi lavorativi che subiscono continui cambiamenti, due punti fermi di un passato ormai lontano, il titolo di studio “a vita” e il “posto fisso” si sono ormai fortemente logorati. Dal canto loro, invece, sono i saperi, i crediti e le competenze professionali che debbono essere costantemente arricchiti e rinnovati come rinnovabili sono anche le occasioni lavorative. E’ noto che tutto ciò rimanda ad altri problemi, in ordine alla globalizzazione, alla delocalizzazione delle imprese nonché a quella precarizzazione che con linguaggio più elegante potremmo chiamare flessibilità! Ma questi sono altri discorsi.

E’ in tale scenario che si colloca il Portfolio, come “cartella” appunto, in cui il lavoratore raccoglie e organizza gli esiti di tutte quelle esperienze di studio e di lavoro che sostituiscono di fatto il titolo di studio di un tempo, di cui oggi il mercato della cultura e del lavoro non ha più alcuna necessità!

Ma vi è un’altra esperienza interessante in materia di portfolio, quella relativa al Portfolio europeo delle lingue straniere, il cui fine è un altro, quello di indicare con chiarezza quali sono gli standard comunemente condivisi che costituiscono altrettanti traguardi in ordine a precisi processi di apprendimento che hanno per oggetto la comunicazione linguistica, oggi quanto mai necessaria per la circolazione in ambiti lavorativi ormai sovranazionali.

Consapevole di queste esperienze, è chiaro che, quando ho letto i tortuosi passaggi delle Indicazioni nazionali in materia di Portfolio, non ho trovato nulla di ciò che un portfolio dovrebbe essere, anche e soprattutto perché un portfolio con la scuola di base… non ci azzecca proprio! Le competenze di un alunno di questo grado di istruzione sono quelle che sono, largamente comuni a tutti in quanto competenze di base. E’ ovvio e scontato, comunque, che ogni alunno è una persona a sé, ma si tratta di caratteristiche che non debbono necessariamente condurre ad un portfolio! E’ dal ’77 (ricordiamo tutti la legge 517) che abbiamo avviato la sperimentazione di quella scheda personale che poi un improvvido provvedimento di Berlinguer nel ’96 ha spazzato via! Quella era una strada da riprendere e da ripercorrere! Non andiamo a scimmiottare il Portfolio di un giovane o di un adulto che testimonia le sue personali e particolari conoscenze e competenze professionali che debbono essere “lette” e “spese” nel mondo del lavoro!

E’ per queste ragioni che il Portfolio delle Indicazioni nazionali risulta un gran pasticcio! Mette insieme un eterogeneo pot pourri di oggetti di diversissima natura, molti dei quali hanno creato disagio e disappunto in molti genitori e negli stessi docenti, anche perché introducono tematiche che vanno ben oltre lo scolastico ed invadono la delicatissima sfera del personale, per cui lo stesso Garante della privacy è stato costretto ad intervenire!

Non si può barattare come portfolio un insieme casuale di oggetti in cui c’è di tutto e di più! Non solo manca un referente nazionale in materia – e ciò costituisce anche un appunto del Garante! – ma si gettano le scuole nel più assoluto sconcerto – e non è un caso che anche questo costituisca un rilievo del Garante!

Ovviamente il Garante avanza le sue critiche in ordine alla sua materia di competenza, ma dall’intero documento appaiono rilievi che vanno ben oltre e che bacchettano con vigore una iniziativa della nostra amministrazione nata all’insegna della più assoluta improvvisazione.

Ma non è finita qui! Il Garante invita il Miur a produrre un documento che aiuti le scuole a non andare ultra crepidam, ma non credo proprio che il sutor del Miur abbia chiara contezza della materia che deve trattare! Indubbiamente finirà con l’aggiungere pasticcio a pasticcio!

La nostra scuola di base ha funzionato da sempre senza portfoli! Altra cosa, ovviamente, è l’istruzione secondaria e la formazione professionale dove, invece, il portfolio è necessario purché legato a chiari indicatori che abbiano precise afferenze con i diversi rami dei saperi e delle competenze professionali, ed in un ottica chiaramente europea! Si pensi, ad esempio all’European Credit Transfer System (ECTS). E stupisce, invece, che nello schema di decreto relativo al secondo ciclo, laddove con piena opportunità si sarebbe dovuto parlare di portfolio, ci si limita ad una vago richiamo alla necessità di curare la documentazione del percorso formativo dello studente (art. 12, c. 2). Il che dimostra che i nostri dilettanti non hanno idee molto chiare sulla natura e sulle finalità di un portfolio, oggi, in una società in cui apprendere e lavorare costruiscono un continuum per tutta la durata della vita attiva.

L’amico Cerini si chiede se di qui a dieci anni si parlerà ancora di portfolio (vedi la rubrica Riforme on line di edscuola.it). Io vorrei che se ne parlasse subito, ma per l’istruzione secondaria e che, invece, si cominciasse veramente a tacerne per l’intero primo ciclo, laddove gli apprendimenti delle competenze di base sono una cosa troppo seria, e da documentare anche, certamente, senza però tirare in ballo portfoli che sono ben altra cosa!