Il modello dell’offerta di Istruzione e Formazione Professionale in Lombardia[1] Gianluigi Dotti, dal Centro Studi della Gilda del 20/10/2005
Il presente lavoro ha lo scopo di fornire un quadro informativo d’insieme, per quanto possibile esauriente, pur nelle attuali incertezze rispetto all’attuazione della Legge delega n° 53 del 28 marzo 2003 (53/2003 Riforma Moratti), sulla Sperimentazione dell’offerta di Istruzione e Formazione Professionale (I.F.P.), che ha iniziato il proprio iter nell’a.s. 2002/03 in Lombardia. E’ importante mettere subito in evidenza come gli elementi caratterizzanti la Sperimentazione si ritrovino nella proposta di Legge regionale sul sistema I.F.P., che l’assessore all’Istruzione della Lombardia, Alberto Guglielmo, ha anticipato, nel maggio del 2004, in un’intervista al Corriere della Sera[2], che non è ancora stata formalizzata in un testo definitivo. E’ inoltre evidente come il modello lombardo I.F.P. sia assolutamente il linea con le indicazioni contenute nel Decreto per la riforma della secondaria del 14 ottobre 2005. Una doverosa precisazione per i lettori: non è intenzione di chi scrive formulare giudizi né politici né professionali sul materiale informativo preso in esame, agli organi istituzionali dell’Associazione spetta di diritto tale compito, che spero sia facilitato dalle informazioni raccolte e presentate in questa comunicazione[3].
La situazione attuale La Legge 53/2003, all’art. 2 lettere d e g, dispone che la scuola secondaria si articoli su due percorsi (doppio canale): quello dell’Istruzione liceale (otto indirizzi quinquennali con Esame di stato finale e accesso all’Università o alla Formazione tecnica superiore) e quello dell’Istruzione e Formazione Professionale (con possibilità di uscita dopo il triennio, il quadriennio, il quinquennio e accesso alla Formazione tecnica superiore o quinto anno integrativo per Esame di stato e accesso all’Università). In questa cornice sono state recepite le disposizioni contenute nella Legge Costituzionale n° 3 del 2001 -modifica al titolo V della Costituzione. Federalismo- (3/2001), riservando allo Stato il compito di emanare le norme di carattere generale e assegnando alle Regioni la facoltà di legiferare in materia di Istruzione e Formazione. La Legge delega 53/2003 dava 24 mesi di tempo al Governo per emanare i Decreti attuativi che devono articolare il quadro generale dei due percorsi (Licei e I.F.P.), ma a causa delle difficoltà di ordine politico interne alla maggioranza di governo, di problemi strutturali, come la collocazione degli Istituti tecnici, frequentati da circa il 60% della popolazione scolastica italiana tra i 14 e i 19 anni, delle proteste degli insegnanti, di cui la Gilda si è fatta interprete, e dei rilievi mossi dalle Associazioni imprenditoriali, per quanto riguarda la scuola secondaria è stata approvata una proroga e solo il 14 ottobre 2005 il decreto attuativo della Riforma della secondaria è stato approvato dal Consiglio dei ministri. Pur mancando i decreti attuativi il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR) di concerto con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (MPLS), sulla base delle disposizioni della Legge Costituzionale 3/2001, ha stipulato una serie di Protocolli d’intesa con le regioni per la Sperimentazione dell’offerta formativa relativa all’I.F.P. ai quali dovranno fare seguito Accordi e Intese territoriali tra le Regioni e gli Uffici scolastici Regionali (U.S.R.) competenti. Un quadro completo dei Protocolli, Accordi e Intese non è ancora disponibile, ma dalle informazioni raccolte si può rilevare come le Regioni si stiano organizzando con modalità diverse, anche in modo significativo: si va dall’Emilia Romagna, che ha già da tempo una propria legge sulla scuola (nel tentativo di correggere, dal punto di vista della maggioranza regionale, la 53/2003), a Regioni che hanno affidato i fondi per l’I.F.P. agli Istituti professionali statali per procedere alla Sperimentazione, per finire con Regioni che avrebbero coinvolto le Associazioni industriali locali. La Lombardia, nella quale è storicamente presente una forte e competitiva struttura di Formazione regionale, che gode di una discreta credibilità sul territorio[4], ha avviato già nell’a.s. 2002-2003 un Progetto di Sperimentazione dell’I.F.P. al quale si affianca un Progetto sperimentale in collaborazione con l’USR detto delle “Scuole Politecniche Territoriali”. Sono questi due Progetti, e l’iter che hanno seguito per diventare operativi, assieme alle prime indicazioni sulla proposta di Legge regionale predisposta dal competente assessorato, che costituiscono l’oggetto della ricerca.
La Sperimentazione I.F.P. in Lombardia La Lombardia ha avviato d’intesa con il MIUR, nell’a.s. 2002/03, la Sperimentazione del canale dell’I.F.P. nelle strutture regionali e in quelle private disponibili al fine di ricavare le indicazioni necessarie alla predisposizione di una legge regionale in materia[5]. Con il Protocollo del 25.09.2003, all’art. 1, la Sperimentazione viene allargata agli Istituti statali. Le parti si impegnano infatti a “promuovere e realizzare azioni volte allo sviluppo di un’offerta formativa di istruzione e formazione professionale che valorizzi ed integri positivamente le specificità dei sistemi regionali di istruzione e formazione professionale favorendone la connessione con il sistema dell’istruzione ed il sistema regionale dei servizi per il lavoro”[6]. Negli articoli del protocollo vengono fornite le indicazioni specifiche sui modelli sperimentali: si tratterà di percorsi triennali, finalizzati al conseguimento di un titolo (qualifica), di “formazione professionale ed eventuali successivi percorsi, collocati in un organico processo di sviluppo della Formazione professionale superiore” da realizzarsi sia in “strutture formative accreditate della regione” sia in “Istituti Tecnici e professionali individuati sulla base di criteri stabiliti d’intesa tra la regione Lombardia e l’Ufficio scolastico regionale”[7], e della realizzazione, in modo integrato tra “strutture formative accreditate dalla regione” e Istituti tecnici e professionali, di “LARSA (Laboratori di recupero e sviluppo degli apprendimenti atti a consentire i passaggi verticali e orizzontali attraverso i percorsi attivati)” e di “azioni di orientamento, di personalizzazione dei percorsi di sostegno agli allievi disabili”[8]. La Regione, attraverso un organismo tecnico: la “Consulta Regionale Standard”, definisce il modello ed implementa “il repertorio regionale delle competenze e qualifiche professionali”, il “sistema regionale di valutazione e certificazione delle competenze e dei titoli” e dà vita ad un Centro risorse con il compito di “ordinare e consolidare la dotazione di indicazioni e strumenti metodologici, didattici ed organizzativi a sostegno delle attività di progettazione e la realizzazione di percorsi formativi congruenti con il sistema regionale di certificazione e riconoscimento dei crediti formativi”[9]. Il sistema degli “standard formativi”[10] dei percorsi I.F.P. deve garantire “la trasferibilità, in ambito nazionale e comunitario, dei titoli e delle qualifiche rilasciate dagli istituti di istruzione e formazione professionali”; predisporre “un sistema di certificazione delle competenze” spendibili sia in scuola che all’esterno (“esperienze lavorative e/o autoformazione”), consentire la “capitalizzazione delle competenze acquisite” (logica dei crediti), “promuovere e favorire flessibilità, modularizzazione e personalizzazione dei percorsi formativi”, “favorire la comparabilità dei diversi percorsi” al fine di consentire i passaggi tra i sistemi[11]. Per la realizzazione degli interventi previsti dal Protocollo la Regione stipulerà un Accordo-Intesa con l’USR[12] nel quale “potranno essere individuati le modalità e i criteri per l’utilizzazione, nel quadro delle norme contrattuali vigenti e nel rispetto dell’autonomia delle istituzioni scolastiche e delle strutture formative, dei docenti compresi nelle dotazioni organiche del personale della scuola e delle strutture formative, senza ulteriori oneri a carico delle Regioni e degli enti locali,” per realizzare LARSA e sostegno ai disabili[13]. Viene infine istituito un Comitato “per la promozione e il coordinamento” degli interventi indicati nell’Accordo-Intesa “ove sono rappresentate le diverse componenti istituzionali e le parti sociali, oltre ad una rappresentanza delle strutture scolastiche e formative coinvolte[14]. Nel successivo accordo tra la Regione e l’USR del 10.12.2003, nel quale vengono confermate le indicazioni del Protocollo, si precisa che i “percorsi dovranno essere rispondenti alle indicazioni ed agli obiettivi (standard) definiti dalla Regione Lombardia” e si aggiunge che “fatta salva la rispondenza a tali indicazioni, sarà garantita l’autonomia didattica e metodologica dei singoli istituti e centri”[15]. La Regione e l’USR predisporranno “congiuntamente” la Direttiva che consente di “individuare e, se necessario, selezionare, gli istituti partecipanti alla sperimentazione”. Per questo la Direttiva dovrà indicare: “i vincoli e le indicazioni per la progettazione dei percorsi; i tempi per la presentazione delle domande di adesione; i criteri di valutazione e selezione che saranno applicati da una Commissione congiunta Regione-USR; le modalità di erogazione dei finanziamenti”[16]. La realizzazione delle sperimentazioni “si avvarrà degli organici d’Istituto negli anni scolastici interessati, definiti in base alle disposizioni vigenti” mentre per la progettazione/valutazione dei percorsi ci sono delle risorse aggiuntive coi fondi della legge 440/97[17]. La Regione e l’USR “promuoveranno la realizzazione di LARSA” e “di azioni di orientamento, personalizzazione dei percorsi e di sostegno agli allievi disabili” che verranno attuati “dai docenti compresi nelle dotazioni organiche del personale degli istituti, con finanziamenti della Legge 440/97, senza ulteriori oneri a carico delle Regioni e degli Enti locali”[18]. La “Consulta regionale standard” viene incaricata di elaborare le “Indicazioni regionali per i Piani di studio personalizzati e degli obiettivi Specifici di apprendimento”, di predisporre il “sistema regionale di valutazione e certificazione delle competenze e dei titoli”, organizzare il Centro risorse, elaborare “modalità e strumenti per la gestione del portfolio, della valutazione-validazione dei crediti e dei Larsa”. I tavoli tecnici per progettare e organizzare questi interventi “saranno articolati per famiglie professionali/filiere (meccanico, elettrico-elettronico, …) e per tematiche specifiche (alternanza, portfolio, LARSA, …) e saranno composti anche da esperti individuati dall’USR regionale tra gli Istituti che ne faranno richiesta”[19]. Facendo seguito a questi accordi la Regione e l’USR hanno emanato la Direttiva sulle sperimentazioni del 21 gennaio 2004, prot. 696[20] con la quale hanno invitato gli Istituti professionali e Tecnici ad aderire alla prima fase della Sperimentazione (Progettazione). L’adesione degli Istituti professionali e tecnici, che è previsto possa essere decisa in autonomia dal Dirigente scolastico, a questa prima fase non implica automaticamente la partecipazione alla fase operativa della Sperimentazione. Al contrario la mancata partecipazione alla fase progettuale preclude la possibilità di aderire alla fase operativa della Sperimentazione. Numerosi Istituti professionali e tecnici lombardi hanno raccolto l’invito e impegnato i propri docenti in circa sessanta gruppi di lavoro, nei quali, coordinati dai Dirigenti scolastici degli Istituti capofila, hanno progettato corsi di I.F.P. specifici con percorsi triennali. I progetti licenziati dai gruppi di lavoro, il cui termine era inizialmente fissato per il 15 aprile 2004, ma è stato poi spostato al mese successivo, sono stati consegnanti alla Regione per la validazione affidata ad un Comitato regionale(Comitato paritetico, in futuro Consulta regionale standard). Una volta validati i progetti sono stati messi a disposizione delle scuole che intendono aderire alla fase operativa della Sperimentazione. Per partecipare alla selezione è necessario che la richiesta degli Istituti sia accompagnata dalla delibera del Collegio dei docenti. Per poter valutare compiutamente i risultati dei Progetti validati bisognerà attendere di conoscere nel dettaglio il percorso triennale effettuato nei corsi attivati.
La proposta di legge sull’I.F.P. della regione Lombardia” L’assessore regionale all’Istruzione della Lombardia, Alberto Guglielmo, in un’intervista al Corriere della Sera Lombardia del 3 maggio 2004[21], ha anticipato le linee guida e i principali contenuti della proposta di Legge regionale in materia di I.F.P., che presenterà al Consiglio regionale per l’approvazione. Secondo l’assessore il Sistema educativo regionale lombardo, che, a giudizio di che scrive, presenta numerose concordanze con il Progetto delle Scuole Politecniche Territoriali e con i progetti sperimentali, si uniformerà alle indicazioni della Legge 3/2001 e della legge 53/2003 e porterà al superamento della storica “divisione tra istruzione magistrale, tecnica, professionale (di competenza dello Stato) e la formazione professionale (regionale)”, disegnando un percorso parallelo tra il sistema dei Licei e quello della I.F.P. Il nuovo Sistema I.F.P. lombardo contemplerà un periodo di studi che potrà durare tra i tre e i nove anni, terminando con il conseguimento di un diploma di Alta formazione tecnica e con corsi professionali effettuati in Scuole universitarie professionali (saranno diplomi analoghi a quelli universitari, ma non accademici). Il sistema sarà articolato su 4 livelli formativi parificati in uscita agli standard europei (ECTS) secondo la specifica: - I livello, “qualifica di istruzione e formazione professionale” (uscita dopo i primi 3 anni, corrisponde al II livello europeo ECTS); - II livello, “Diploma di istruzione e formazione professionale” (4 anni, corrisponde al III livello europeo); - III livello, “Diploma di istruzione e formazione professionale superiore” (5-7 anni, corrisponde al IV livello europeo); - IV livello, “Diploma di alta formazione professionale” (9 anni, corrisponde al V livello europeo). - “Dopo quattro anni di studi sarà possibile sostenere l’esame di maturità, utile anche per entrare all’università (o all’alta formazione artistica, musicale, coreutica), purché si frequenti un corso annuale integrativo. I titoli potranno essere conseguiti anche attraverso percorsi di apprendistato”. Un ruolo importante viene assegnato ai LARSA “Laboratori di recupero e sostegno degli apprendimenti”, che devono concretamente permettere agli alunni di passare da un sistema all’altro in ogni momento; lo scopo è quello di consentire allo studente che seguisse un corso professionale per artigiani, attraverso un percorso personalizzato, di passare in un qualsiasi liceo. Obiettivo del nuovo Sistema educativo lombardo è, per l’assessore, quello di superare la situazione attuale di concorrenza tra Formazione regionale e Istituti professionali statali, infatti non il nuovo sistema non è stato predisposto per “portare via i ragazzi al canale dell’istruzione, ma [per] impedire che si allontanino dal percorso scolastico cui non vogliamo fare concorrenza”. Rispetto alla collocazione dei tecnici l’assessore quando afferma che “i tecnici diventeranno laboratori di eccellenza che continueranno a rilasciare diplomi validi per l’Università” sembra includerli nel canale I.F.P., non specificando in che modo però potranno rilasciare diplomi validi per l’università, infatti la legge 53/2003 non prevede questa possibilità se non con l’anno integrativo e l’Esame di Stato. Per ora sono giunti a conclusione i primi 35 progetti sperimentali avviati dalla Regione nei propri centri nell’a.s. 2002/03 sulla base dell’intesa tra il Presidente Formigoni e il Ministro Moratti, che hanno coinvolto 537 allievi, i quali hanno sostenuto l’esame finale del triennio nel giugno del 2005. In assenza di altri dati e commenti riportiamo le informazioni che l’assessore regionale Alberto Guglielmo ha fornito nel comunicato dell’8 giugno 2005 pubblicato sul sito della Regione Lombardia. Egli riferisce “Siamo stati i primi in Italia ad avviare questa sperimentazione che ha dato una risposta ai desideri e ai bisogni di tanti giovani e delle loro famiglie. Abbiamo infatti ampliato l’offerta formativa e contrastato il fenomeno dell’insuccesso e dell’abbandono. E questo proprio grazie alla profonda integrazione tra istruzione, formazione ed andamento del mercato del lavoro.” Il comunicato riporta altri dati sulla Sperimentazione dell’offerta di I.F.P. in Lombardia: dalle 35 classi e 537 allievi del 2002/03 si è passati alle 134 classi e 2.664 allievi del 2003/04 per approdare alle 387 classi e 7.274 allievi del 2004/05. A questi si devono aggiungere 41 classi per 950 allievi attivate nelle scuole paritarie e 172 classi con 2.262 allievi i cui percorsi biennali sono stati portati “allo stesso livello di preparazione dei triennali”. Complessivamente la Sperimentazione in Lombardia ha coinvolto circa 11.000 studenti. Per l’anno scolastico 2005/06 sono state attivate 417 prime classi. Alla fine del triennio gli allievi “conseguono un certificato di qualifica valido su tutto il territorio nazionale ed europeo ed ottengono crediti utili al proseguimento degli studi. Coloro infatti che saranno interessati a proseguire gli studi e la formazione potranno frequentare il quarto anno di corso”, che organizzato dalla regione è partito a settembre (hanno aderito circa il 40% degli studenti licenziati a giugno). Concluso il quarto anno “i ragazzi potranno fare l’anno integrativo ed accedere all’università”. L’assessore conclude affermando che “il successo della sperimentazione di questo percorso ci consente di prefigurare un modello lombardo di sistema scolastico-formativo, alla cui progettazione stiamo già lavorando”.
Progetto sperimentale “Scuole Politecniche Territoriali” Il Progetto Sperimentale detto “Scuole Politecniche Territoriali”[22], pubblicato sul sito dell’USR della Lombardia, è stato elaborato da un gruppo di Ispettori tecnici, Dirigenti scolastici e docenti di oltre 80 Istituti tecnici e professionali lombardi, coordinati dall’ispettore Diodato Pellegrino il Progetto, che “vuole essere un contributo alla costruzione del sistema I.F.P.” si pone come modello in un sistema scolastico completamente rinnovato dalla Legge Costituzionale 3/2001 e dalla Legge 53/2003, che affidano alle regioni il compito di ridisegnare il sistema I.F.P. Il gruppo di lavoro ha operato con “la finalità specifica di proporre e verificare le possibilità attuative delle leggi di riforma” nell’ambito del sistema I.F.P. Il Progetto è quindi il tentativo di “concretizzare gli aspetti ispiratori della riforma” con l’istituzione di Scuole Politecniche Territoriali che sono la “concreta attuazione degli istituti di Istruzione e Formazione Superiore” con il fine di costruire “un piano formativo adeguato alle esigenze culturali e professionali dell’ambio territoriale: il Piano dell’Offerta Formativa Territoriale”. Per quanto riguarda l’architettura del sistema il Progetto prevede un’articolazione su un settennio con quattro livelli in uscita (qualifiche europee) e piani di studio personalizzati strutturati nelle aree: competenze di base e trasversali, competenze professionali di filiera, personalizzazione, competenze professionali territoriali. Per predisporre un piano dell’Offerta Formativa Territoriale risulta indispensabile il coordinamento e l’organizzazione tra le scuole di un determinato ambito territoriale così da costruire “percorsi formativi e curricolari in grado di fornire conoscenze e sviluppare capacità per il raggiungimento di competenze certificabili. Tali percorsi potranno essere accessibili agli studenti indipendentemente dall’Istituto di iscrizione”. Gli obiettivi prioritari del progetto sono: - “definire un nuovo monte ore formativo che realizzi compiutamente gli aspetti programmatici previsti dagli attori che interagiscono nel territorio”; (sono previste circa 900 ore annue obbligatorie, che comprendono l’area delle competenze di base e trasversali, l’area delle competenze professionali di filiera e la personalizzazione, + 200 ore per la personalizzazione e l’articolazione dell’offerta formativa territoriale, U.d.A.C. territoriali di filiera interne/esterne); - “progettare un nuovo sistema per la definizione degli organici, partendo dai risultati della ricerca ISVOR-Fiat group Ufficio scolastico regionale”; (viene proposto un “organico d’istituto stabile per 5/7 anni, con possibilità di personale operativo in rete nell’ambito territoriale -laboratori territoriali-” e una “strutturazione oraria congrua all’organico d’Istituto settennale”; - “definire moduli ed Unità di Apprendimento Certificabili (U.d.A.C.) quindi non autoreferenziali e/o mutuamente riconosciute secondo gli standard nazionali e spendibili secondo l’articolato di legge”; (si propongono “interventi integrati con agenzie formative del territorio -Istituti, Formazione professionale, aziende, ecc.-“); - “costituire, con la realizzazione del Progetto NET.UNO, reti di Istituti produttori di progetti didattici e curricolari connessi alle esigenze territoriali secondo quanto definito nell’art. 4 della legge di riforma”. Nel dettaglio il Progetto si articola, come riportato nella tabella riassuntiva delle qualifiche e della distribuzione oraria delle diverse aree di competenze (pubblicata sul sito USR), su quattro Livelli, corrispondenti alle diverse uscite per anni di scolarità: - Livello I, primo e secondo anno; - Livello II, terzo anno; - Livello III, quarto anno; - Livello IV, sesto e settimo anno; - il quinto anno prevede diverse situazioni oltre al passaggio al sistema dei Licei, abbiamo la provenienza dal sistema dei Licei e l’anno propedeutico per la Formazione tecnica superiore. Sempre nella tabella sono indicati sia i requisiti per l’accesso ai diversi livelli (dalla scolarità del primo ciclo “obbligatorio” -scuola primaria e secondaria di primo grado- per il I livello alla formazione secondaria per il IV livello, vengono prese in considerazione anche la formazione extrascolastica e l’apprendistato) sia i profili in uscita con relativi titoli e modalità per il conseguimento (dal I Livello, Attestato di frequenza che certifica crediti e competenze acquisite per “l’esecuzione di un lavoro relativamente semplice, al IV livello, esperto/specialista, ad esempio Ingegnere edile-cartografo che “svolge attività professionale con rilevanti competenze tecnico scientifiche e/o livelli significativi di responsabilità e autonomia nella programmazione, amministrazione e gestione”). Nel Progetto sono previsti Comitati di valutazione esterni per la parte relativa alle competenze professionali formati da rappresentanti: delle Categorie professionali, dei Dirigenti scolastici, degli Enti locali, delle Organizzazioni sindacali, degli Enti di formazione professionale, degli Enti certificatori e delle Università. Infine, l’articolazione dell’orario assegnato alle diverse aree di competenza indica una prevalenza di tempo-scuola dedicato alle competenze di base e trasversali nei primi quattro anni (varia tra il 56% e il 53%); nel sesto e settimo questa percentuale si riduce al 19% per privilegiare l’area della progettazione, realizzazione e collaudo di un prodotto. Il Progetto prevede che anche la Formazione regionale adotti questo schema, ma non affronta la questione della collocazione degli Istituti tecnici, che, come si diceva all’inizio, è quella più complessa.
NOTE [1] La Sperimentazione viene progettata e attuata all’interno di un quadro normativo di riferimento nazionale e regionale, che comprende le seguenti disposizioni: Legge Costituzionale n. 3 del 2001 -Riforma titolo V della Costituzione-; Legge n. 53 del 28 marzo 2003 (Riforma Moratti); Legge n. 30 del 14 febbraio 2003 -Legge Biagi-; Accordo-Quadro Stato-Regioni del 19 giugno 2003; Protocollo d’intesa fra la regione Lombardia, MIUR e MLPS del 3 giugno 2002; Protocollo d’intesa fra la regione Lombardia, MIUR e MLPS del 25 settembre 2003; Accordo territoriale fra la regione Lombardia e l’Ufficio scolastico regionale della Lombardia del 10 dicembre 2003; Accordo Stato-Regioni sugli standard formativi minimi approvati nella conferenza Stato-Regioni del 15 gennaio 2004; Bando dell’Ufficio scolastico regionale e della regione Lombardia del 21 gennaio 2004, prot. n. 696. In questo quadro non si può fare a meno di citare alcune norme generali che pur non essendo state pensate in funzione della legge 53/2003 e del federalismo scolastico risultano decisive per il processo di riforma in atto: si tratta della normativa relativa all’Autonomia delle istituzioni scolastiche, quella sulla parità tra pubblico e privato e quella sulla dirigenza ai presidi. [2] Corriere della Sera Lombardia del 3 maggio 2004, “Formazione professionale, arriva il modello lombardo”. Intervista all’assessore all’Istruzione della regione Lombardia Alberto Guglielmo, a cura di Annachiara Sacchi. [3] Sul sito nazionale della Gilda degli Insegnanti www.gildains.it e su quelli del Centro studi www.gildacentrostudi.it e di Professione docente www.professionedocente.it si trovano numerosi interventi che presentano valutazioni politiche e/o professionali sulla Riforma Moratti, anche riferiti alla secondaria superiore. In particolare sul Progetto delle “Scuole Politecniche Territoriali” si legga l’intervento del Prof. Telesforo Boldrini, resp. Gilda di Lecco, dal titolo “Politecnico Territoriale?”. [4] Corriere della Sera Lombardia citato. I corsi triennali della Regione erano 35 nell’a.s. 2002-2003 e 160 nell’a.s 2003-2004. Nell’a.s. 2004-2005 solo nella provincia di Brescia ben 1100 alunni in uscita dalla scuola media hanno scelto la Formazione professionale regionale, con un significativo incremento rispetto allo scorso anno. In totale nell’a.s. 2004-2005 sono stati attivati corsi per un totale di 5.200 studenti con una spesa di 51 milioni di euro di finanziamenti regionali. [5] Corriere della Sera Lombardia citato. [6] Protocollo d’intesa fra la regione Lombardia, MIUR e MLPS del 25 settembre 2003, art. 1. [7] Ibidem, art. 2, cc. a) e b). [8] Ibidem, art. 2, cc. c), d) e e). [9] Ibidem, art. 3, c. 1. [10] Per quanto riguarda l’attuazione dell’art. 4 dell’Accordo-Quadro del 19 giugno 2003 con il Documento tecnico per la definizione degli standard formativi del 15 gennaio 2004 sono definiti gli standard formativi minimi relativi alle competenze di base, divisi in quattro aree: area dei linguaggi, tecnologica, scientifica, storico-socio-economica. [11] Ibidem, art. 3, c. 2. [12] Ibidem, art. 6, c. 1. [13] Ibidem, art. 5, c. 2. [14] Ibidem, art. 6, c. 3. Nel successivo accordo del 10.12.2003, art. 4, c. 2, il Comitato risulta così composto: due rappresentanti della Regione Lombardia, due del MIUR, due del MPLS, quattro delle “organizzazioni sindacali confederali”, quattro dei datori di lavoro, due delle province lombarde. [15] Accordo territoriale fra la regione Lombardia e l’Ufficio scolastico regionale della Lombardia del 10 dicembre 2003, art. 2 cc. 2 e 3. [16] Ibidem, art. 2, c. 5. [17] Ibidem, art. 2, c. 6. [18] Ibidem, art. 3, cc. 1, 4. [19] Ibidem, art.5; finché la consulta non è operativa questi compiti sono svolti in “connessione con il comitato paritetico”. [20] Il bando si trova sul sito dell’USR, Ufficio integrazione politiche formative. [21] Tutte le citazioni, ove non diversamente riportato, sono tratte da Corriere della Sera Lombardia citato. [22] Tutte le citazioni, ove non diversamente riportato, lo schema della struttura e la tabella sono tratte dal Progetto pubblicato sul sito dell’USR della Lombardia.
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