Riforma Moratti:
istruzioni per l’uso.
dalla Gilda degli Insegnanti, 3/9/2004
La Riforma Moratti, legge 53 e successivi
decreti di applicazione stanno arrivando nelle scuole con il loro
carico di trasformazioni. Gli effetti negativi di questo nuovo modello
di organizzazione scolastica saranno immediatamente verificati dai
docenti, mentre studenti e famiglie potranno cogliere la portata del
cambiamento solo tra qualche anno.
E’ un dovere per tutti far sì che questa riforma compia meno danni
possibili. Ferma restando la nostra opposizione a un progetto
riformatore che provocherà un generale abbassamento dei livelli di
qualità degli studi e determinerà difficoltà notevoli alle condizioni
di esercizio della professione docente, crediamo sia utile fornire ai
colleghi alcune indicazioni pratiche per difendersi da questa riforma
e in qualche modo vanificarne gli effetti.
Fondamentale sarà il ruolo del Collegio dei docenti poiché esso
conserva potere decisionale su tutte le questioni pedagogico
didattiche e ha un ruolo centrale su molti aspetti organizzativi nella
definizione del POF.
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Il Collegio può a) deliberare un documento che
stigmatizzi i contenuti negativi della Riforma, evidenziando i vari
problemi che emergerebbero in caso di applicazione e b) rifiutarsi di
adottare il nuovo modello di organizzazione scolastica. In pratica si
tratta di fare una delibera motivata sulla inapplicabilità della
Riforma, da inviare al ministro, direttore regionale, CSA organi di
stampa e famiglie.
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Il Collegio delibera come materie opzionali solo
ed unicamente quelle che perdono quantità orarie nell’orario
obbligatorio.
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Le materie opzionali vanno inserite a scacchiera
nel quadro orario giornaliero evitando di collocarle tutte insieme di
pomeriggio : questo renderà impossibile non sceglierle.
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Chiedere per iscritto al ministero chiarimenti
circa la natura e il valore giuridico del portfolio : deve essere in
sostanza chiarito se trattasi di documento certificativo con un suo
valore legale, se trattasi di documento di valore tecnico
professionale, se abbia il valore legale di una verbalizzazione o che
altro esso sia. In ragione della sua identificazione legale e della
sua natura si possono capire ed identificare eventuali competenze e
responsabilità. In ogni caso stabilito che cosa sia e a che cosa serve
è sempre possibile, poiché comunque ricade nell’ambito delle questioni
pedagogico didattiche, che il Collegio deliberi di adottare uno
strumento diverso.
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Rispetto al tutor, il Collegio decide i criteri
di scelta, il numero di tutor, le modalità organizzative e le
competenze che possono anche non coincidere con quelle definite dal
decreto di attuazione. La norma di legge confligge apertamente con la
libertà di insegnamento, costituzionalmente tutelata, e finanche con
il DPR 275/’99 sull’autonomia. Nulla vieta che ogni docente diventi
tutor di un piccolo gruppo di allievi. Va tuttavia detto, per
chiarezza, che il conflitto tra norme non basta a rendere di per sé
inoperante la riforma: la legge successiva, in caso di contrasto tra
le nome, abroga sempre infatti la precedente e l’incostituzionalità
deve essere dichiarata dalla Corte Costituzionale. (Le
iniziative annunciate di recente dai Confederali di ricorsi al TAR
contro la Riforma sono in gran parte manifestamente infondate).
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Il Collegio può anche rifiutarsi di deliberare
in ordine al nuovo modello di organizzazione scolastica introdotto
dalla Riforma, in tal caso però il Dirigente scolastico potrebbe
essere autorizzato a sostituirsi alla delibera collegiale.
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Le delibere collegiali, ove siano assunte,
costituiscono comunque un vincolo e non sono impugnabili per via
gerarchica, per annullarle va promossa un’azione giudiziaria davanti
al TAR, resta fatto salvo il potere di vigilanza che ora spetta al
Direttore regionale che può intervenire in caso di manifesta
illegittimità invitando l’Organo collegiale a rivedere la propria
decisione.
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Quando è possibile è bene deliberare qualunque
iniziativa che serva al mantenimento dell’organico e crei le premesse
perché esso non possa essere ridotto nei prossimi anni.
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E’ necessario trovare accordi e sinergie con gli
enti locali per attivare tutti i servizi eventualmente necessari al
sostegno dei progetti didattici.
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Vincolare sempre le scelte organizzative e di
utilizzazione del personale docente alle regole contrattuali e alla
disponibilità di risorse economiche.
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