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Prima stesura del Programma dell’Unione:

gratta gratta, cosa viene fuori?.

Primo commento a cura di Lorenzo Varaldo,
coordinatore nazionale del “Manifesto dei 500”

di Lorenzo Varaldo, “Manifesto dei 500”, 31/12/2005.

 

 

Nelle scorse settimane è stata pubblicata una prima versione del programma dell’Unione per la scuola. Dopo mesi e forse anni di parole siamo dunque di fronte a qualcosa di concreto e un’attenta analisi si rende necessaria.

“Rimozione delle politiche sciagurate del centro destra”; “discontinuità con i governi degli ultimi cinque anni”; “voltare pagina rispetto alle politiche attuate in questi cinque anni”; “porre la scuola al centro del sistema” …: il programma presentato è pieno di queste espressioni, così come di frasi che attribuiscono alla scuola grande valore, grandi investimenti, grande peso per le generazioni future e il destino del Paese.
Grandi propositi, dunque.

Ma noi, da sempre, alle parole preferiamo i fatti e fin dall’inizio della nostra attività abbiamo avuto il “difetto” di valutare i programmi concretamente.
Da dove partire, dunque, per capire se esista o meno questa “discontinuità” con la Moratti?

Scelgo di partire dalla volontà che gli insegnanti, i genitori, gli studenti e più in generale i cittadini hanno espresso fin dall’inizio della mobilitazione: abrogazione della “riforma” Moratti.
E’, questa, una parola d’ordine molto chiara che ha caratterizzato manifestazioni, scioperi, iniziative di tutto il movimento e che il “Manifesto dei 500” ha fatto sua il giorno stesso dell’approvazione della legge.

Primo fatto: la bozza di programma dell’Unione non contiene assolutamente l’abrogazione della legge 53. Essa non la nomina nemmeno.
La rivendicazione essenziale su cui si è fondata tutta la mobilitazione di questi anni non trova dunque soddisfazione.
Si potrebbe, tuttavia, obiettare: non c’è l’abrogazione, ma il programma dell’Unione non è talmente diverso dalla “riforma” Moratti da renderla superflua o comunque da soddisfare pienamente, o almeno in parte, gli insegnanti e i genitori?
Accetto quindi di entrare nel merito di questo programma.

 

Contro che cosa ci siamo battuti?

Da più di un anno il “Manifesto dei 500” ha accompagnato la parola d’ordine dell’abrogazione generale della legge 53 con la precisazione dei punti precisi da abrogare e ripristinare.
La “riforma” Moratti non è infatti un contenitore vuoto a cui ci siamo opposti perché non ci piaceva la faccia del ministro o quella di Berlusconi. Essa attacca la scuola pubblica nei suoi principi fondamentali e il futuro dei giovani attraverso provvedimenti molto concreti.

Questi provvedimenti sono:

- abrogazione dei Programmi Nazionali e taglio di intere parti di programma, “verticalizzazione” dei curricoli tra scuola elementare e media e eliminazione delle “ripetizioni”;

- eliminazione degli esami di quinta, dei diplomi e dei titoli di studio attualmente rilasciati a 19 anni;

- istituzione del Portfolio individuale dello studente;

- distruzione del Tempo Pieno e dei Moduli, frantumazione del gruppo classe e individualizzazione degli orari e dei programmi;

- anticipo degli ingressi nella scuola dell’infanzia e elementare;

- distruzione dei licei, eliminazione di istituti tecnici e regionalizzazione degli istituti professionali.


Se si vuole dunque fare un’analisi concreta del programma dell’Unione bisogna partire da qui.
Nel programma si legge: “abrogheremo i punti della legislazione vigente in contrasto con il nostro programma”. Da questa frase deduco che ci sono quindi punti non in contrasto……
Tuttavia considero seriamente l’affermazione e cerco quali punti verranno abrogati.

Purtroppo non trovo praticamente nulla: la parola “abrogazione” non esiste in tutto il documento, mentre la parola “abolizione” è citata solo una volta, per gli anticipi della scuola elementare e dell’infanzia, come vedremo.

Prendo allora in considerazione gli aspetti della “riforma” Moratti contro cui ci siamo battuti per valutare quali prospettive apra il programma dell’Unione.

 

1) Nessun ripristino dei Programma Nazionali. In cambio . . .

In tutta la proposta non si nomina una sola volta la parola “programma nazionale”. Il ripristino di quelli dell’85 (sc. el.), del ’79 (media) e del ’91 (infanzia) non è nemmeno preso in considerazione. In cambio si propone “l’unitarietà e la continuità del ciclo di base con l’estensione degli Istituti comprensivi”.
Facciamo un piccolo passo indietro.
Nell’introduzione al “Libro Verde della Pubblica Istruzione” che presentava le sue “riforme” (FrancoAngeli ed., 2000), Berlinguer scriveva: “La riforma porterà in breve tempo alla scomparsa dei programmi didattici ministeriali”.
D’altra parte sappiamo che la “riforma” dei cicli di Berlinguer prevedeva gli stessi curricoli della Moratti per quello che riguarda storia, geografia e scienze, cioè le materie più colpite dalla “riforma”. Con essi veniva per la prima volta affermato il principio devastante, poi ripreso e applicato dalla Moratti, della “verticalità” dell’insegnamento di queste materie con la relativa soppressione delle “ripetizioni”, cioè del principio dell’apprendimento a spirale che sta alla base di una vera formazione critica e approfondita, nonché stabile, contro il nozionismo, il vuoto e l’abbassamento culturale della formazione unidirezionale.

Fu proprio Berlinguer ad introdurre la disastrosa esperienza degli Istituti Comprensivi (disastrosa nel suo complesso) come primo passo verso la fusione delle elementari e delle medie, fortunatamente mai andata in porto.
Alla base di questo progetto c’è la reazionaria pedagogia che, in nome della “continuità”, tende a negare che la crescita è un processo non lineare, ma dialettico, nel quale i salti, i cambiamenti, le prove, i rapporti diversi rivestono un ruolo fondamentale. E’ una pedagogia che nega al ragazzo la possibilità di cambiare ambiente, di rimettersi in gioco, di non restare schiavo degli stessi giudizi e degli stessi rapporti. E’ una pedagogia paternalistica che non mira a rendere autonomo il soggetto e a offrirgli punti di vista, approcci, modi di insegnare ed educare. differenti tra i quali scegliere, in modo sempre più adulto e indipendente, quello più adatto alla sua volontà, al suo rapporto con la vita e con il sapere.
Posto di fronte a questa “continuità” che lo priva di prove, salti ed esperienze diverse, il ragazzo finisce poi per cercare con sempre maggiore frequenza le “prove” in campi ben più pericolosi (droga, alcol, corse pazze….), come sostengono ormai molti psicologi e psicanalisti dell’età evolutiva.
La Moratti non ha fatto altro che riprendere questo progetto e realizzarlo, con tutta la devastazione che oggi si può toccare con mano nel pauroso abbassamento culturale che sta sommergendo scuola elementare e media, per arrivare poi ai licei e alle superiori nei prossimi anni.

Ma non solo. Ecco cosa scriveva la commissione Bertagna nel dicembre 2002: “La soluzione è quella di generalizzare l’esperienza degli istituti comprensivi, promuovendo un piano di studi unitario, continuo e progressivo, (…) nell’auspicio che si venga a determinare col tempo una sempre più efficace saldatura tra i due percorsi che permetta di arrivare alla loro unificazione in un ciclo di base di otto anni”.

Non è esattamente quello che propone di nuovo l’Unione, che non a caso conferma il “ciclo di base” di otto anni? Ecco cosa si legge nel programma: “Il mantenimento dell’articolazione del primo ciclo in scuola elementare e media, di durata di otto anni, potenziando gli elementi di continuità didattica di percorso”.

E’ sulla testa di tutti coloro che si sono battuti in questi anni nelle scuole per la difesa dei Programmi Nazionali, che hanno adottato a costo di grandi tensioni e fatiche i precedenti libri di testo, che hanno cercato di votare in improbabili POF i programmi precedenti, che hanno rifiutato l’abbassamento culturale, che ne hanno contestato la pedagogia reazionaria che ne sta alla base, è sulla testa di tutte queste persone che oggi l’Unione, guidata da Prodi, programma: si continua sulla strada della Moratti. Ci può essere più disprezzo verso chi si è mobilitato?

 

2) Esami e diplomi

La “riforma” Moratti ha abolito gli esami di quinta e prevede la soppressione di tutti i diplomi attualmente rilasciati a 19 anni e validi nel mondo del lavoro (geometra, perito, ragioniere, assistenti di laboratorio….). Che cosa prevede il programma dell’Unione?

Il ripristino dell’esame di quinta, in perfetta continuità con quanto esposto al punto 1), non è nemmeno nominato.

Per quello che riguarda invece i diplomi la si prende più alla larga…..: “Obiettivo prioritario è quello di portare tutti i ragazzi – tutti e non uno di meno – al conseguimento di un titolo di studio superiore, cioè di un diploma di scuola superiore e/o di una qualifica professionale”.
Bene, ottimo proposito.
Ma già quello slogan (“tutti e non uno di meno”), usato e abusato proprio da molti che si sono rifiutati di battersi per l’abrogazione, dovrebbe inquietarci….

E infatti subito dopo si legge: “Più precisamente, entro la legislatura, l’85% della popolazione ventiduenne deve conseguire un diploma; gli altri, dopo un biennio obbligatorio di istruzione, devono raggiungere una qualifica professionale in un percorso scolastico o nella formazione professionale o nell’apprendistato”.

Attenti alla manipolazione: analizziamo con calma la frase.
Dopo un biennio obbligatorio (il programma dell’Unione prevede l’obbligo a 16 anni) ci sarebbe una “qualifica” professionale…
Ma oggi ci sono dei diplomi, non delle “qualifiche”! E’ la Moratti che prevede le “qualifiche”, guarda caso previste anche dalla legge Berlinguer……

E come si potrebbero raggiungere queste “qualifiche”? “In un percorso scolastico, nella formazione professionale o nell’apprendistato”. Cioè esattamente come previsto dalla Moratti (ricordiamo che l’apprendistato è lavoro, cioè sfruttamento dei giovani, mentre la formazione professionale è regionale). Ma d’altra parte, ancora una volta, la “riforma” dei cicli di Berlinguer prevedeva esattamente le stesse cose! L’unica differenza risiede nel fatto che con la Moratti l’apprendistato cominciava a 15 anni, con il programma dell’Unione a 16!

E infatti, logica conclusione, si parla di diplomi per l’85% dei “ventiduenni”.
“Ventiduenni”?
La legge 53/2003 (Moratti) e la legge 30/2000 (Berlinguer) prevedevano proprio lo spostamento dei titoli di studio attualmente rilasciati a 22 anni!

 

3) Portfolio e “certificazione delle competenze” . . .

Il programma dell’Unione non parla di Portfolio e non lo nomina. D’altra parte il documento non parla di ripristino della scheda e delle pagelle nazionali.
Ma poiché il Portfolio è in vigore e le schede nazionali precedenti alla “riforma” non esistono più, è evidente che senza un provvedimento abrogativo tutto questo andrà avanti o, perlomeno, le scuole saranno libere, in nome dell’Autonomia, di fare di tutto e di più.
Inoltre il “Portfolio” è nelle Indicazioni Nazionali, che come abbiamo visto non vengono abrogate….

Ciò è confermato dal fatto che si parla di “certificazione nazionale delle competenze formative”.
Ma la “certificazione delle competenze” è proprio la base per l’individualizzazione degli attestati, dei titoli di studio etc…. La “certificazione delle competenze” è la frantumazione dell’insegnamento e dell’apprendimento, è il ridurre la scuola ad un luogo di parcellizzazione delle conoscenze in vista della loro “spendibilità”….
Nella sostanza siamo esattamente alla pedagogia del “portfolio” e alla distruzione della valutazione formativa e complessiva di un rapporto educativo, inquadrata in un contesto di attestati e di pagelle uguali per tutti che certificano un livello generale di crescita e di maturità del soggetto, di capacità di instaurare un proprio personale rapporto con il sapere e con la cultura.
La “certificazione delle competenze” è il programmare l’attività didattica, e dunque tutta la scuola, per formare allievi “competenti”, cioè esecutori, e per certificarne individualmente l’acquisizione.

Non è un caso, dunque, che il Portfolio non venga abrogato….E se anche verrà poi abolito o reso facoltativo, la logica di fondo delle proposte dell’Unione è identica!

 

4) Tempo Pieno e Tempo prolungato.

Si prevede: “la valorizzazione del tempo pieno e del tempo prolungato, ripristinandone la normativa nazionale”. La frase, come sappiamo, è stata detta più volte anche dalla Moratti e da Berlusconi, quindi in sé non significa nulla…
Ma, concretamente, il ripristino della “normativa nazionale” non risolverà alcun problema, anzi….
Infatti la normativa precedente imponeva tetti molto stretti al Tempo Pieno e, se ci si atterrà semplicemente a quella normativa, tutte le scuole che sono state costrette a “modularizzare” o a non fornire il Tempo Pieno richiesto continueranno su quella strada.
Ciò di cui avremmo bisogno sarebbe la concessione di due insegnanti ogni Tempo Pieno richiesto in ogni scuola, su tutto il territorio nazionale, con conteggio degli organici separato dai Moduli (nella scuola elementare). Ma l’Unione si guarda bene dal dire questo, che rappresenterebbe davvero una rottura con la Moratti, ma anche con Berlinguer…

A proposito di Moduli, non si nominano nemmeno, e non è un caso: ciò permette di pensare agli organici in termini generici (“organico di istituto adeguati”), evitando anche qui una legge che imponga 3 insegnanti ogni due classi e quindi il rispetto di parametri fissi, di diritti chiari.

 

5) Orari differenziati, Autonomia, percorsi diversi . . .

Si sa: uno degli aspetti più devastanti della “riforma” Moratti è rappresentato dall’introduzione di orari e percorsi diversi da scuola a scuola, da classe a classe, da alunno ad alunno.
Anche in questo la Moratti non si è inventata proprio nulla: nel suo programma di attuazione della “riforma dei cicli” Berlinguer scriveva persino che la scuola elementare doveva essere organizzata come un “campus americano”…
Al di là delle barzellette, il regolamento dell’Autonomia, varato sempre da Berlinuger, prevede proprio quote di curricolo nazionali, regionali e di scuola, differenziazioni di orari, di percorsi, di “offerte” formative.
Questo linguaggio aziendale e privatistico non scandalizza più nessuno, ma io continuo a vederci tutta l’impostazione distruttiva della scuola pubblica che sta alla base dei provvedimenti di questi anni….
Entriamo tuttavia nel concreto della proposta dell’Unione.
Essa è totalmente centrata su tre pilastri: l’Autonomia Scolastica, la “formazione permanente” e l’Europa. Avremo modo di tornare su questi ultimi due, ma per il momento affrontiamo il primo..
L’intero programma è caratterizzato dal “mettere al centro l’Autonomia Scolastica”, che “prima di un insieme di norme è un sistema di valori e di una cultura”.

Mi viene subito in mente l’art. 3 del DPR 275: “Il POF è il documento fondamentale costitutivo dell’identità culturale e progettuale delle istituzioni scolastiche”.
Quale idea di identità culturale hanno in mente coloro che hanno scritto o appoggiano questa frase? Un’identità culturale determinata scuola per scuola da un gruppo di insegnanti e genitori che si sono trovati insieme perché abitano lo stesso quartiere o perché hanno chiesto trasferimento? Un’identità culturale votata a maggioranza?
Da quando le “identità culturali” vengono votate? E se uno non si riconosce? E se qualche scuola sceglie un’identità culturale “padana”, o “araba”, o “non araba”?

Ragioniamo: qual è la scuola che può davvero avere un’ “identità culturale” diversa dalle altre?
E’ chiaro: una scuola che seleziona insegnanti e allievi sulla base di una scelta culturale e/o ideologica, oppure che la impone, più o meno subdolamente, magari con un “voto”.
Ma questa è una scuola privata, un’istituzione di diritto privato!

La bassezza culturale e progettuale (e anticostituzionale) che sta alla base di questo articolo dovrebbe già metterci in guardia… Ma preferisco procedere ancora sulla base dei fatti.

Nel programma dell’Unione leggo che “la progettazione e la realizzazione dell’offerta formativa e dei curricoli obbligatori per i propri alunni da parte delle scuole……”.
Mi fermo un attimo: “curricoli obbligatori per i propri alunni” ? (sottolineatura mia). Ma se sono obbligatori come fanno ad essere “per i propri alunni”? Gli alunni delle altre scuole ne avranno di diversi?
Proseguo, non avrò capito bene….“…deve tener conto di un sistema complesso di riferimento…”. Quando si comincia a parlare di un “sistema complesso” le cose cominciano a puzzare….“… gli obiettivi di apprendimento e gli ordinamenti nazionali; i bisogni formativi concretamente rilevati e le esigenze degli studenti e delle loro famiglie…...”.
Ma chi è che parla? L’Unione o la Moratti? “Bisogni formativi” diversi da alunno ad alunno? Esigenze delle famiglie”? Dove si va a parare?
“…le caratteristiche e le esigenze dei contesti locali, culturali ed economici, la funzione e i compiti degli Enti Locali e delle Regioni….”. I curricoli dovrebbero dunque essere diversi da un contesto sociale all’altro? La scuola della Repubblica non è proprio il luogo dove si mira a superare le differenze sociali, a dare a tutti la stessa cultura e formazione? Non è il luogo dello scambio tra diverse provenienze e non quello della loro codificazione? Ci sarebbero alunni e famiglie con esigenze diverse dalle altre?
Conclusione: “Va affidata alle scuole, pertanto, la responsabilità di integrare una quota flessibile dell’orario (15%-20%) con la quota obbligatoria definita a livello nazionale”.

 

15-20%? Facciamo due conti.

Nella scuola elementare disegnata dalla Moratti l’orario obbligatorio è di 27 ore. Le scuole possono decidere di integrarlo fino a 30, cioè il 10%. Se si spingono fino a 40 (ciò che la Moratti chiama tempo pieno) non aumentano comunque l’orario dei curricoli, poiché si tratta di ore di mensa e dopo mensa.
La Moratti indica quindi una quota flessibile del 10%, l’Unione del 15%-20%.
Lascio i commenti ad ogni lettore, con una precisazione: nel caso della Moratti la scelta dell’integrazione dell’orario era lasciata alle famiglie, quindi individuale. Nel caso dell’Unione si parla di una “Conferenza di scuola” per genitori, studenti, insegnanti etc… per “esprimere esigenze e domande (…) utili a definire l’offerta formativa”.
Già mi immagino queste “conferenze di scuola”, con le famiglie che faranno le richieste più diverse e le scuole che cercheranno di adattarsi alle richieste più assurde e strane pur di non perdere “clienti”.
E se poi le famiglie chiederanno attività personalizzate, con relativo smembramento delle classi, il regolamento dell’Autonomia prevede che si possa fare.

Gratta gratta….., che cosa viene fuori …?

 

6) Licei, Istituti Tecnici, Istituti Professionali . . .

Abbiamo già avuto modo di affrontare il problema dei diplomi. Ma che fine faranno i licei, gli Istituti Tecnici e quelli Professionali?
Tanto per iniziare constatiamo che in nessun passaggio si dice che il decreto di applicazione della “riforma” Moratti verrà ritirato. Poiché esso prevede una sperimentazione che parte nel settembre 2006 la cosa è alquanto preoccupante.

Il programma dell’Unione prevede poi che l’obbligo scolastico venga spostato a 16 anni. Questo innalzamento porta con sé “un primo biennio della scuola superiore innovato rispetto alla situazione attuale, con strette interrelazioni con la scuola media da un lato e con valenza orientativa rispetto ai percorsi successivi”. Un’altra bella iniezione di “continuità” per tenere i ragazzi per mano dal nido all’università e impedire loro di crescere in modo autonomo…

La frase è comunque molto generica: si tratta di un biennio unico che sopprimerebbe licei, Tecnici e Professionali attuali e metterebbe insieme tutti gli alunni?
Sembrerebbe di sì, ma non è espresso in modo chiaro. In ogni caso né i licei, né gli Istituti Tecnici vengono citati e il biennio “innovato” rispetto all’attuale lascia intendere una possibile loro scomparsa.
E’ vero che l’istruzione professionale rimarrebbe allo Stato (con la Moratti passa alle Regioni), ma nulla di preciso viene detto.

 

7) Toh, un’abrogazione! La parola è quindi conosciuta . . .

Finalmente arrivo ad una abrogazione, l’unica: “Abolizione della norma sugli anticipi per le iscrizioni alla scuola dell’infanzia ed elementare”.

Il fatto che per questa norma venga citata la fatidica parola tabù, “abolizione”, mi fa riflettere: se per gli altri punti (Indicazioni Nazionali, Portfolio, orari differenziati, decreto delle superiori, eliminazione esame di quinta, etc….) non è stata utilizzata è dunque per una scelta molto precisa.

 

La “grande discontinuità” con la Moratti

Ora mi chiedo, sarebbe questa la grande “discontinuità” con la Moratti?

Riassumiamo:

- i programmi nazionali non vengono ripristinati, le Indicazioni Nazionali non vengono abolite e, anzi, si conferma la verticalità dei curricoli tra elementari e medie;

- il Portfolio non viene soppresso, gli esami di quinta non vengono reintrodotti, le schede di valutazione vengono rimpiazzate da generiche “certificazioni delle competenze”;

- i diplomi vengono sostituiti da “qualifiche” e poi, probabilmente, spostati a 22 anni;
- il decreto delle superiori non viene ritirato;

- gli orari individualizzati potranno rientrare dalla finestra dell’Autonomia e dai curricoli di scuola (15-20% del totale);

- il Tempo Pieno è previsto, ma non la soddisfazione di tutte le richieste con due insegnanti titolari ogni classe richiesta.


Gratta gratta che cosa viene fuori, se non i principi fondamentali della “riforma” Moratti e di quella Berlinguer?

 

Analizziamo qualche altro passaggio.

Bisogna offrire “un nuovo quadro di opportunità alle energie e alle intelligenze presenti nelle scuole e nelle università dell’Autonomia, nelle imprese, nei Comuni, nelle Regioni, di questo Paese”.
Su questa base si prevedono “incentivi alle imprese che investono in ricerca e formazione”
In un altro passaggio si dice che, in nome dell’Autonomia, “la forza della scuola è nel suo territorio, le istituzioni locali, le espressioni economiche, sociali, culturali, le vocazioni locali”.

Dove sono le differenze con la Moratti? Che senso ha riempirsi la bocca della difesa del carattere nazionale dell’istruzione, o della laicità, o della difesa della scuola pubblica, se poi si riconosce che la scuola è “una tra le agenzie formative” e che la sua forza risiede nel territorio e nel rapporto con le istituzioni economiche?
Non è ben chiaro quali siano queste istituzioni economiche? Non è ben chiaro il loro intento di utilizzare la scuola per loro fini, per condizionare i programmi, per sfruttare i ragazzi, per fare della scuola un campo di profitto?

E che cosa dire delle istituzioni locali?
In diversi passaggi si fa riferimento al ruolo delle Regioni. Si condanna la devolution, si rivendica il carattere nazionale…
Certo, certo…., ma poi si scrive: “Spetta alle Regioni la funzione strategica di programmare e gestire, valorizzando il ruolo delle autonomie locali, lo sviluppo e la distribuzione territoriale dell’offerta formativa (…) favorendo il raccordo e l’integrazione tra i sistemi in modo da garantire a tutti i cittadini un reale diritto all’apprendimento per tutto l’arco della vita, sia nei percorsi formali tradizionali, sia in quelli informali e sul lavoro”.
La Moratti sottoscriverebbe certamente questi “percorsi formali e informali” gestiti dalle Regioni, e persino Bossi!

Ricordo che i “percorsi formali e informali” sono un’invenzione dell’Unione Europea e che la stessa UE dichiara che la scuola fa parte del sistema “formale”, mentre “stazioni, cinema, club privati e persino i supermercati” fanno parte di quello “informale”.
L’Unione, perfettamente in linea con l’UE e con la Moratti, ci prospetta ora di avvicinare e fondere questi percorsi: esiste qualcosa di più vicino alla distruzione della scuola pubblica nazionale?

In un altro passaggio si dice che “bisogna stabilire con chiarezza, in un quadro di sussidiarietà e cooperazione, i rapporti tra Stato, Regioni e scuole autonome”. Ma cerchiamo di essere concreti: che cos’è la “sussidiarietà”?
Essa è un principio imposto nuovamente dall’Unione Europea per cui i servizi pubblici possono essere gestiti indifferentemente da Stato, Regioni, Comuni o privati a patto che rispettino i vincoli di spesa e i principi di libero mercato! Essa è stata inserita nella “riforma” del titolo V della Costituzione ed è alla base di tutti i processi di limitazione delle spese e di smembramento e privatizzazione dei servizi pubblici nazionali.

Una questione di fondo si pone a questo punto: perché una tale identità che parte dieci anni fa, attraversa due governi e si affaccia al possibile terzo con il programma dell’Unione?

 

Alla base di tutto, ancora una volta, le direttive UE

Alla base di tutto ciò c’è un concetto che il programma dell’Unione mette al centro della sua azione e che deriva direttamente dall’Unione Europea: la formazione per tutto l’arco della vita.
Come abbiamo avuto modo di spiegare a più riprese, questo concetto che si presenta, come altri, in una formula accattivante per evocare scenari ideali di adulti che leggono e studiano e crescono culturalmente per tutta la vita, nasconde in realtà l’essenza del futuro che si vuole preparare per i giovani e che in parte è già in atto: la distruzione di ogni studio che dia una reale prospettiva di lavoro e di vita stabile e la creazione di giovani abituati a non rivendicare nulla e a passare continuamente da un lavoro sottopagato ad un corso di riqualificazione, in un settore qualunque e in un luogo qualunque (anche ben lontano dalla residenza).

Tutto ciò necessita della distruzione dei diplomi, dei programmi nazionali, dei livelli culturali e di tutto quello che ha un riferimento nella formazione di una libera personalità dotata di spirito critico e titolare di diritti codificati.
(Apro una breve parentesi: la distruzione dell’insegnamento della storia e della geografia è fondamentale per questo progetto).
La “certificazione delle competenze” non è che un corollario di questa impostazione che da un lato nega la cultura in quanto tale, dall’altro elimina tutti i titoli di studio che possono in qualche modo unire le persone in contratti nazionali, sindacati, diritti, conquiste.

Il programma dell’Unione, al di là delle parole come “sviluppo della scuola”, “rottura con i cinque anni precedenti”, “valore della scuola pubblica”, “sviluppo dei saperi” etc…. si pone esattamente su questo terreno: “La prospettiva che assume l’Unione è quella del diritto di ogni persona all’istruzione e all’apprendimento per tutta la vita”.

Queste stesse frasi si possono trovare, identiche, nei programmi della Moratti di cinque anni fa. Alla base c’è di nuovo un’affermazione che sta al centro del programma dell’Unione stessa: “il futuro dell’Italia è l’Europa. Nei prossimi cinque anni vogliamo far crescere la dimensione europea della scuola italiana”.

Sappiamo che cos’è l’Europa, o meglio sappiamo che cos’è l’Unione Europea con le sue direttive: flessibilità, privatizzazioni, precarizzazione, distruzione dei contratti nazionali….

Ci è stato rimproverato da qualcuno di essere ideologici in queste affermazioni.
Al contrario, mi sembra che esse abbiano un risvolto pratico molto diretto: le direttive di Lisbona, più volte citate nel documento dell’Unione, accanto, ancora una volta, a principi generici, impongono la distruzione dei diplomi e il riconoscimento di tutte le agenzie educative esterne alla scuola proprio in nome dell’educazione per tutto l’arco della vita.
Come abbiamo più volte dimostrato citando ampiamente le direttive UE (vedere nostro sito, “Lettere dalla scuola” n. 7) il Portfolio, la distruzione dei programmi nazionali, l’eliminazione dei diplomi, la privatizzazione dei percorsi, gli stages di lavoro al posto dello studio sono punti precisi che la Commissione di Bruxelles impone a tutti i governi.

Dieci anni di esperienza di distruzione della scuola pubblica, di frantumazione del suo carattere nazionale, di grandi frasi generiche di principio e, oggi, un programma che dice di nuovo le stesse cose, appena verniciate.

 

Come comprendere dunque alcuni primi commenti di persone che in questi anni si sono espresse per l’abrogazione della “riforma” Moratti?

Per esempio, secondo Loredana Fraleone, responsabile scuola nazionale di Rifondazione Comunista, pur contenendo punti critici “la lettura d’insieme induce oggettivamente ad una valutazione positiva. (…) L’impianto del programma è in netta discontinuità con il passato, sia quello morattiano che quello berlingueriano”. Ricordiamo che Loredana Fraleone è, insieme ad altri esponenti dell’Unione, firmataria della proposta di legge per l’abrogazione immediata della “riforma” Moratti nei primi 100 giorni di legislatura (proposta “Mauceri” del Tavolo Fermiamo la Moratti).
Questa proposta di legge è forse compatibile con un simile progetto dell’Unione?

Secondo Michele Corsi, tra i principali promotori della “Legge di iniziativa popolare per una buona scuola della Repubblica”, “la bozza dell’Unione è meno peggio di quello che eravamo preparati a leggere. (…) Detto questo bisogna dire che la bozza si situa al di sotto dell’accettabile”. Corsi rileva che il programma dell’Unione non prevede l’abrogazione della “riforma” Moratti e ne critica molti aspetti, ma poi sostiene che “la bozza, pur con i suoi limiti e le sue ambiguità, è incompatibile con l’impianto morattiano”.

“Bozza incompatibile con l’impianto morattiano”? “Impianto in netta discontinuità con il passato, non solo morattiano, ma anche berlingueriano”?
Se ci fosse tutta questa discontinuità, perché non abrogare le Indicazioni Nazionali e ripristinare i Programmi precedenti? Perché non dire chiaramente che il Portfolio è abolito? Perché non annunciare il ritiro del decreto sulle superiori? Perché non ripristinare l’esame di quinta?
Perché impostare tutto il Programma su quell’Autonomia che fu il centro della politica di Berlinuger e che la Moratti ha usato per portare avanti lo scardinamento della scuola?
Ricordiamoci quello che dichiarò lo stesso Berlinguer alla fine della scorsa legislatura: “L’Autonomia è la madre di tutte le “riforme”.
Ebbene, l’Autonomia è citata ben 59 volte in un documento di 37 pagine! Praticamente un’ossessione!

La realtà è una sola: se questo programma sarà applicato, a settembre ci troveremo con la stessa scuola progettata, e in parte realizzata, dalla Moratti!
Questa bozza non è incompatibile con la difesa della scuola pubblica e con le aspirazioni che centinaia di migliaia di insegnanti e genitori hanno espresso in questi anni?

Non si tratta in alcun modo di una “mediazione”, più o meno buona, che il mondo politico ha fatto: si tratta invece della conservazione di tutti i tratti principali della riforma Moratti, semplicemente verniciati, e nemmeno tanto bene.

La questione dei Programmi Nazionali e degli esami è emblematica.
I Programmi Nazionali sono l’essenza della scuola, determinano il territorio culturale, la conoscenza, il livello di un sistema e i suoi obiettivi. Essi sono la vera identità culturale della scuola, ciò che si fa, ciò che si studia. Ci può essere di tutto in una scuola, ma senza programmi nazionali (o con programmi amputati), senza esami, senza diplomi riconosciuti la scuola manca della sua essenza.
Tutte le “riforme” hanno tentato di distruggere i programmi e, sostituendoli con “curricoli”, di abbassare il livello culturale e il rapporto con questa cultura dei ragazzi.
Qualunque proposta che non ripristini i programmi precedenti (che, pur con tutti i loro limiti, costituiscono una base irrinunciabile), gli esami e non difenda i diplomi attuali è una proposta che si muove nel senso di distruggere il futuro dei giovani e le loro prospettive di vita.
Ebbene, per 59 citazioni dell’Autonomia i Programmi Nazionali vengono nominati 0 volte (zero)!

In cambio troviamo citata a più riprese la “libertà d’insegnamento”. Ma che cosa sono quegli “organi di rappresentanza e garanzia dell’autonomia della libertà d’insegnamento”? Ci sarà qualcuno a controllare se la “libertà” è stata esercitata bene? E come, senza un Programma Nazionale che ne è la sola garanzia?
E che cosa vuol dire che “va riconosciuto, senza introdurre inutili gerarchie, lo sviluppo delle competenze e delle responsabilità professionali legate al miglioramento dell’insegnare e apprendere, e sostenere, all’interno dell’unicità della funzione, forme di articolazione dell’attività” ?
“Va riconosciuto”, “va sostenuto”? E come? Soldi? Progressioni di carriera? E chi giudica? Non saremo mica di fronte a…un parente del concorsone, la cui sconfitta non è mai stata digerita?
E quelle “forme di articolazione delle attività”? Anche la Moratti ha sempre detto che il tutor non intaccava l’”unicità della funzione docente”….

Da più di un anno il “Manifesto dei 500” mette in guardia: partecipare, in una forma o nell’altra, alla discussione sulla prossima “riforma”, elaborando proposte più o meno corrette, vuol dire, nei fatti, partecipare ad un tavolo in cui le decisioni di fondo sono già prese e i punti che verranno considerati (tipo l’elevazione dell’obbligo scolastico, principio in astratto giusto, ma poi utilizzato per alti scopi) serviranno solo a coprire la continuazione della stessa politica.
Non è esattamente ciò che si verifica oggi con questo programma?
Le diverse proposte non sono state utilizzate, persino da coloro che hanno firmato per l’abrogazione, per inserire qua e là qualche riferimento generico e intanto non cambiare nulla?
Non è forse vero che tutti i punti sono stati presi per iniziare le frasi con “grandi” principi e poi, nei fatti, negare tutte le nostre rivendicazioni?

Mi sembra che i fatti parlino chiaro.
Cascarci una volta può essere un errore. Due sarebbe fatale.
Per questo io dico: nessun sostegno a questa proposta scandalosa, rispettiamo il mandato che centinaia di migliaia hanno espresso, battiamoci uniti fino all’abrogazione della “riforma“ Moratti, premessa di ogni possibile sviluppo della scuola e di ogni credibilità di qualunque governo.

Lorenzo Varaldo, coordinatore nazionale “Manifesto dei 500”