Riforma della Scuola. Il destino delle discipline scientifiche nella Riforma delle Scuole Superiori. di Prof. Silvia Cocchi dalla Gilda di Bologna 24/1/2005
In questi giorni è disponibile sul sito del MIUR, lo “Schema di decreto lgs…” relativo, in sostanza, alla riforma Moratti delle Scuole Superiori. Il Ministro afferma di volere una consultazione quanto più ampia possibile di tutte le componenti coinvolte dal processo riformatore, il chè è certamente indispensabile data l’importanza culturale e sociale della tematica. Per vocazione professionale la mia attenzione si è concentrata sulle materie d’ambito scientifico, in particolare nei Licei senza indirizzi (ora: Licei), ed una prima disamina del materiale disponibile porta alle seguenti considerazioni: - Fisica e Scienze (Chimica, Biologia, Scienze della Terra) scompaiono dalla quota obbligatoria del quadro orario del V anno del Liceo Classico, Linguistico e delle Scienze umane - tale perdita non è certo scontatamente compensata dal fatto di poter introdurre tali discipline nella quota obbligatoria opzionale, poiché proprio l’opzionalità esclude comunque la possibilità di innestare i relativi contenuti in un percorso organico nell’ambito dei cinque anni - neppure può essere invocato l’argomento che comunque, ad esempio nel Liceo Classico, il monte ore complessivo di tali discipline non viene mutato, poiché, come dovrebbe essere ovvio non solo a chi nella scuola e con gli studenti lavora, escludere una disciplina dal quinto anno significa privarla di quella dignità e di quel valore che le assegna l’essere oggetto di Esame di Stato - questa scelta poi si scontra con la realtà del fatto che una importante percentuale degli studenti di Liceo Classico e Liceo Linguistico opta all’Università per corsi di laurea d’ambito tecnico-scientifico, cui si accede per lo più previa superamento di prove d’ingresso per le quali sono necessarie conoscenze specifiche e ben sedimentate - interessante anche l’analisi del peso assegnato alle discipline d’area matematico-scientifica e d’area linguistico-espressiva, sempre in riferimento al V anno per la sua particolare valenza, (ma con conclusioni che si estendono senz’altro anche agli altri anni): - Liceo Classico - italiano, latino, greco, lingua straniera, storia, filosofia, storia dell’arte, religione/attiv.alt.: totale 22 ore // matematica, scienze motorie: totale 3 ore - Liceo Linguistico - italiano, lingua 1, 2 e 3, storia, filosofia, storia dell’arte, relig./attiv.alt.: totale 22 ore // matematica, scienze motorie: totale 3 ore - Liceo delle scienze umane – italiano,lingua 1 e 2, storia, filosofia, scienze umane, storia dell’arte, religione/attiv.alt.: totale 22 ore // matematica, scienze motorie: totale 3 ore; questo forte sbilanciamento è senz’altro coerente con le Norme generali relative alle caratteristiche del sistema liceale: “specificazione dell’asse culturale proprio di ciascun liceo”, anche se in tale ottica il Liceo Scientifico dovrebbe godere di un equivalente ma opposto sbilanciamento, che tuttavia non si evidenzia: - Liceo scientifico – italiano, lingua 1 e 2, storia, filosofia, arte, religione/attiv.alt.: totale 15 ore // matematica, fisica, scienze, educazione fisica: totale 10 ore. - in ogni caso, laddove a più voci, anche da parte dei saggi del MIUR, si invoca l’educazione ad una società globale multiculturale, ed il superamento delle “due culture”… questa marginalizzazione del sapere scientifico non sembra proprio l’approccio migliore - è di per sé grave il dimezzamento di Scienze motorie, ma non posso fare a meno di riflettere sul fatto che sempre più negli ultimi anni, per effetto della riforma dell’esame di stato che l’ha resa possibile materia d’esame, tale disciplina nel triennio liceale è andata affiancando alla parte pratica un corredo di approfondimenti teorici tecnico-scientifici. Un utile spunto di riflessione nella ricerca della chiave per interpretare questo netto orientamento della scelta ministeriale l’ho trovato nelle prime pagine del volume “La cultura del dirigente scolastico” edito dalla Editrice La Scuola in vista del prossimo concorso per Dirigenti, con contributi redatti dai “migliori esperti della cultura pedagogica italiana”, alcuni dei quali consiglieri ed ispiratori dell’impianto riformistico del Ministro Moratti. In particolare colpiscono alcune affermazioni, che occorre citare testualmente, dal saggio del Prof. Giuseppe Bertagna, di cui invito comunque ad una lettura completa, sicuramente più corretta; “Il professore di chimica o di fisica, a scuola, lo si ascolta in silenzio; bisogna solo imparare ciò che dice. Quello di filosofia, invece, per lo più, lo si contesta. Gli allievi non fiatano dinanzi … alla presentazione del modello atomico della materia. Se lo facessero, il docente si atteggerebbe con prossemico disprezzo e ribadirebbe perentorio che ‘questa è la scienza! Le cose stanno così’”. “La matematica e le scienze si studiano per essere ripetute ed assecondate; come una giaculatoria la cui verità va accettata per fede, anche quando non la si comprenda.”. “…carattere non storico dell’insegnamento delle discipline scientifiche. …Ciò che insegnano queste discipline sarebbe solo ciò che è certo, scientificamente dimostrato.” “Ha così trovato spazio lo scientismo, non altro che il modo con cui la scienza, da strumento prezioso ancorchè parziale di conoscenza di ciò che c’è, si è accreditata come strumento unico, indispensabile ed assoluto di verità, a cui tutti devono aderire come a un catechismo.” Che dire? La scuola che Bertagna descrive evidentemente non è quella che gli studenti italiani oggi frequentano e in cui i docenti italiani oggi insegnano, ma anche se ripenso alle superiori da me frequentate, or sono 26 anni fa, ricordo un insegnante di scienze cui rivolgevamo mille domande spinti da insaziabile curiosità, ed un insegnante di filosofia che saliva in cattedra ed iniziava a dissertare dottamente gelando con aspri rimproveri chi osasse interrompere per un qualsiasi motivo. A onor del vero non attribuii mai questo diverso stile al differente “statuto epistemiologico” degli insegnamenti, bensì alla diversa “umanità” degli insegnanti… Allo stesso modo sfugge a Bertagna che gli insegnanti di discipline scientifiche sono i primi a sapere che il paradigma attuale in ambito scientifico non è affatto la certezza bensì il dubbio ed è errore grave, nell’epistemologia delle scienze (ah! Popper..), porre l’uguaglianza: scientificamente dimostrato = certo. Inoltre, da tempo la didattica delle scienze ha riconosciuto la necessità di sottolineare il carattere storico ed evolutivo della conoscenza scientifica. Infine, se posso scendere nel personale, i miei studenti sanno perfettamente (e ne soffrono) che se al momento di tirare le somme si limitano a “ripetere ed assecondare” … l’insufficienza è garantita!
Il mio dubbio è che una tale visione distorta dell’insegnamento delle scienze nella Scuola italiana possa aver contribuito a quello che personalmente interpreto come un pericoloso tentativo di affossamento del pensiero scientifico, anche in ragione del suo ruolo chiave nel formare cittadini informati e critici su tematiche sempre più importanti per la società civile.
Prof. Silvia Cocchi, Bologna 24/1/2005 |