Centro Studi Gilda

 

Alternanza scuola-lavoro.

Marco Mamberti, dal Centro Studi della Gilda del 22/9/2005

 

Nell'ambito della riforma Moratti l'alternanza scuola-lavoro è disciplinata dal decreto legislativo 77/05 e si esplica sia nel sistema dei licei sia nel sistema della istruzione e formazione professionale.

Si tratta di un istituto destinato agli studenti, che compiuto il quindicesimo anno di età, chiedano di svolgere l'intera formazione o parte di essa attraverso l'alternanza di periodi di studio e lavoro.

La responsabilità della progettazione, attuazione, verifica e valutazione dei percorsi è affidata all'istituzione scolastica o formativa che stipula a tale scopo convenzioni con imprese, camere di commercio, enti pubblici e privati, etc. disponibili ad accogliere studenti.

I percorsi in alternanza devono avere una struttura flessibile e articolarsi in periodi di formazione in aula e in periodi di apprendimento mediante esperienze di lavoro, sono definiti e programmati all'interno del piano dell'offerta formativa e sono proposti alle famiglie e agli studenti in tempi e con modalità idonei a garantirne la piena fruizione

I periodi di apprendimento mediante esperienze di lavoro costituiscono parte integrante dei percorsi formativi personalizzati e possono essere svolti anche in periodi diversi da quelli fissati dal calendario delle lezioni; nel caso di studenti disabili sono dimensionati in modo da promuoverne l'autonomia anche ai fini dell'inserimento nel mondo del lavoro.

 

La norma prevede due nuove figure di riferimento:

1.      un tutor interno (individuato dall'istituzione scolastica o formativa) che fornisce assistenza e guida agli studenti e verifica in collaborazione con il tutor esterno il corretto svolgimento del percorso, i cui compiti sono riconosciuti nel quadro della valorizzazione della professionalità del personale docente.

2.      un tutor esterno (individuato dall'azienda) che favorisce l'inserimento dello studente nel contesto operativo, lo assiste nel percorso di formazione sul lavoro e fornisce all'istituzione scolastica o formativa ogni elemento atto a verificare e valutare le attività dello studente e l'efficacia dei processi formativi.

 

Il decreto legislativo individua per i percorsi le seguenti finalità:

1.      attuare modalità di apprendimento flessibili e equivalenti sotto il profilo culturale ed educativo, rispetto agli esiti dei percorsi del secondo ciclo, che colleghino sistematicamente la formazione in aula con l'esperienza pratica;

2.      arricchire la formazione acquisita nei percorsi scolastici e formativi con l'acquisizione di competenze spendibili anche nel mercato del lavoro;

3.      favorire l'orientamento dei giovani per valorizzarne le vocazioni personali, gli interessi e gli stili di apprendimento individuali;

4.      realizzare un organico collegamento delle istituzioni scolastiche e formative con il mondo del lavoro e la società civile, che consenta la partecipazione attiva dei soggetti di cui all'articolo 1, comma 2, nei processi formativi;

5.      correlare l'offerta formativa allo sviluppo culturale, sociale ed economico del territorio.

All'istituzione scolastica o formativa è affidato il compito di valutare sia i percorsi formativi sia gli apprendimenti degli studenti certificando per i singoli le competenze acquisite che costituiscono crediti formativi; è inoltre compito della stessa istituzione rilasciare a conclusione dei percorsi una certificazione sulle competenze acquisite nei periodo di apprendimento mediante esperienze di lavoro.

A livello nazionale è istituito il Comitato per il monitoraggio e la valutazione dell'alternanza scuola-lavoro alla cui composizione partecipano oltre ai soggetti istituzionali interessati, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e le rappresentanze dei lavoratori  e dei datori di lavoro.

Per la valutazione dei percorsi il Comitato si coordina con l'Istituto nazionale di valutazione del sistema dell'istruzione (INVALSI).

 

È evidente il tentativo attraverso il decreto legislativo 77/05 di intervenire su due problemi che affliggono il "sistema Italia":

1.      un tasso di abbandono scolastico elevatissimo che vede una gran parte dei nostri studenti lasciare gli studi in possesso del solo titolo di scuola media;

2.      una storica difficoltà di raccordo tra scuola e mondo del lavoro che si è andata acuendo negli ultimi anni.

È altresì innegabile il contributo dato negli anni passati dagli istituti tecnici e da alcuni istituti professionali all'industrializzazione del paese. Pertanto la creazione di un rapporto diretto tra la scuola e il mondo del lavoro potrebbe consentire ai giovani attività, anche di breve durata, utili per la formazione e l'orientamento. Il problema è che tale rapporto debba avvenire su un piano paritetico nel quale entrambe i soggetti possano collaborare su un piano di pari dignità.

A fronte di dichiarazioni di principio quali l'affidamento alla scuola della responsabilità della progettazione (con risorse economiche interne), programmazione, verifica e valutazione dei percorsi non è chiaro con quali risorse umane la scuola dovrebbe far fronte a tali attività.

La norma non sembra far riferimento ad alcun incremento di organico che tenga conto dei carichi di adempimenti aggiuntivi che si vedranno ricadere sulle scuole.

Pensare di affidare l'intero processo a pochi e sparuti docenti che in orario aggiuntivo si occupino delle attività di tutorato, magari dopo aver seguito un breve quanto sommario corso di aggiornamento, appare un insulto al buonsenso e all'istituzione scuola.

A tutto ciò va aggiunto il fatto che la riforma della secondaria di secondo grado mortifica pesantemente i percorsi tecnici e professionalizzanti affidandone il completamento ad un sistema di formazione tecnica superiore ancora tutto da definire.

In questo quadro, nel quale le scuole statali vedono impoverirsi ogni giorno le proprie risorse economiche e con esse le proprie strutture tecnico scientifiche, l'istituzione scuola rischia di venire emarginata in un ruolo subalterno e marginale che contrasta palesemente con il fatto che sia indicata dalla norma come il soggetto garante che al termine dei percorsi certifica le competenze acquisite sia in ambito scolastico che in ambito lavorativo.