Riforma delle superiori
pareri Consiglio di Stato Consiglio
N. 07149, 07150 e 07151 del 09.12.09
richiesta adempimenti
Pareri n. 07149,
07150 e 07151 del 09.12.09 sugli
schemi di regolamenti recanti revisione dell'assetto ordinamentale,
organizzativo e didattico dei licei, degli istituti tecnici e degli
istituti professionali ai sensi dell'articolo
64, comma 4, del D.L. 112/2008; richiesta adempimenti e
conseguente sospensione dell'emanazione dei pareri.
Licei - Il Ministero dell'istruzione dovrà
indicare su quale base, letterale, teleologica e sistematica, abbia
proceduto all'estensione dell'oggetto di delega e se le finalità di
contenimento della spesa e di razionalizzazione delle risorse umane
e strumentali giustifichino l'ampia revisione ordinamentale operata,
specie in assenza di puntuali criteri sul riordino dei licei
definiti dal piano programmatico.
Istituti tecnici e professionali - Si impone un chiarimento e
la conseguente riformulazione della previsione contenuta nel
preambolo. Va, altresì, verificata la corrispondenza del testo dello
schema di regolamento ai criteri enunciati con riferimento ai
regolamenti ministeriali previsti dal predetto art. 13 del decreto
legge n. 7 del 2007.
da
DirittoScolastico.it
Numero
07149/2009 e data 09/12/2009
REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Normativa per gli Atti
Consultivi
Adunanza di Sezione del 26 novembre
2009
NUMERO
AFFARE 04596/2009
OGGETTO:
Ministero dell'istruzione dell'universita' e della ricerca;
Schema di regolamento recante "Revisione dell'assetto ordinamentale,
organizzativo e didattico dei
licei ai sensi dell'articolo 64,
comma 4, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con
modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133".
LA SEZIONE
Vista la relazione trasmessa con nota prot. Prot/A00/UffLeg/4789 del
16 novembre 2009, con la quale il Ministero dell'istruzione,
dell'università e della ricerca chiede il parere del Consiglio di
Stato in ordine allo schema di regolamento in oggetto;
Esaminati gli atti e udito il relatore ed estensore Cons. Francesco
Bellomo;
PREMESSO:
Con nota del 16 novembre 2009 il Ministero dell'istruzione,
dell'università e della ricerca chiede al Consiglio di Stato il
parere di cui all'articolo 17, comma 25 della legge 15 maggio 1997,
n. 127, sullo schema di regolamento, da approvare con decreto del
Presidente della Repubblica, recante"Revisione dell'assetto
ordinamentale, organizzativo e didattico dei licei ai sensi
dell'articolo 64, comma 4, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112,
convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133".
L'articolo 64 del decreto legge 25 giugno 2008 n. 112, convertito
con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008 n. 133, concernente
disposizioni in materia di organizzazione scolastica, al comma 3,
stabilisce che il Ministro dell'istruzione, dell'università e della
ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze,
sentita la Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28
agosto 1997, n. 281 e previo parere delle Commissioni Parlamentari
competenti per materia e per le conseguenze di carattere
finanziario, deve predisporre un piano programmatico di interventi
volti ad una maggiore razionalizzazione dell'utilizzo delle risorse
umane e strumentali disponibili, che conferiscano una maggiore
efficacia ed efficienza al sistema scolastico.
Per l'attuazione di detto piano programmatico il successivo comma 4
prevede che il Ministro dell'istruzione, dell'università e della
ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze,
sentita la Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28
agosto 1997, n. 281, adotti uno o più regolamenti ai sensi
dell'articolo 17, comma 2 della legge 23 agosto 1988 n. 400, di
revisione dell'attuale assetto ordinamentale, organizzativo e
didattico del sistema scolastico.
Con lo schema di regolamento in esame sono introdotte norme generali
relative all'ordinamento organizzativo e didattico dei licei.
Lo schema è composto dal preambolo, da sedici articoli e dagli
allegati.
L'articolo 1 definisce l'oggetto del regolamento e stabilisce che i
licei sono disciplinati dal decreto legislativo 17 ottobre 2005, n.
2006 e successive modificazioni e dal regolamento, preordinato alla
introduzione delle misure di razionalizzazione di cui al comma 4,
lettera b) dell'articolo 64 del decreto legge 25 giugno 2008, n.
112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n.
133.
L'articolo 2 definisce l'identità dei licei, fissandone le finalità
e la durata dei percorsi di studio. Il comma 1 individua la
collocazione dei licei nel sistema dell'istruzione secondaria
superiore di cui al decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, e
successive modificazioni. Il comma 2 si sofferma sul profilo
culturale comune assicurato allo studente che costituisce
l'unitarietà dei percorsi liceali. Il comma 3 stabilisce la durata
quinquennale dei licei e la loro articolazione in due bienni e
nell'anno terminale, nel rispetto delle indicazioni del decreto
legislativo n. 226 del 2005. Il comma 4 ribadisce che il primo
biennio è finalizzato anche all'assolvimento dell'obbligo
scolastico, mentre il comma 5 prevede la stipulazione di intese con
le università, con le istituzioni dell'alta formazione artistica,
musicale e coreutica e con quelle ove si realizzano i percorsi di
istruzione e formazione tecnica superiore ed i percorsi degli
istituti tecnici superiori, al fine di orientare le scelte
successive dello studente.
L'articolo 3 definisce l'articolazione del sistema dei licei e fissa
il profilo educativo, culturale e professionale dello studente al
termine dei corsi di studio quale previsto dall'Allegato A. Viene
inoltre previsto che alla riorganizzazione delle sezioni bilingui,
delle sezioni ad opzione internazionale, delle sezioni di liceo
classico europeo e di liceo linguistico europeo si provvederà con
separato regolamento.
L'articolo 4 definisce il percorso del liceo artistico,
individuandone le finalità educativo-formative, gli indirizzi, le
attività laboratoriali e l'orario annuale degli insegnamenti
obbligatori per tutti gli studenti e degli insegnamenti obbligatori
di indirizzo, con riferimento ai singoli bienni e all'anno finale
del corso di studi. Il piano degli studi è fissato nell'Allegato B
del provvedimento. Al fine di corrispondere alle esigenze e
vocazioni delle realtà territoriali il potenziamento e
l'articolazione dell'offerta formativa dei licei artistici possono
essere assicurati mediante specifiche intese con le Regioni, con
particolare riferimento alle attività laboratoriali ed alle
interazioni con il mondo del lavoro.
L'articolo 5 detta disposizioni analoghe con riferimento ai percorsi
del liceo classico, il cui piano di studi è fissato dall'Allegato C.
L'articolo 6 disciplina i percorsi del liceo linguistico,
finalizzati a far acquisire agli studenti le competenze relative a
tre lingue e culture straniere; il relativo piano di studi è
contenuto nell'Allegato D del provvedimento.
L'articolo 7 detta le norme specifiche per i percorsi del liceo
musicale e coreutico, articolato nelle relative due distinte
sezioni, il cui piano di studi è fissato nell'Allegato E.
Gli articoli 8 e 9 dettano, rispettivamente, la disciplina dei
percorsi del liceo scientifico e del liceo delle scienze umane,
nonché delle relative opzioni scientifico-tecnologica ed
economico-sociale, i cui piani di studio sono contenuti nei
corrispondenti Allegati F e G.
L'articolo 10 disciplina la materia relativa allo svolgimento delle
attività educative e didattiche ed ai relativi orari annuali
d'insegnamento.
L'articolo 11 fissa i criteri per la valutazione periodica e finale
degli apprendimenti, facendo riferimento, in primo luogo, alle
disposizioni dell'articolo 13 del decreto legislativo n. 226 del
2005 e all'articolo 2 del decreto legge n. 137 del 2008, convertito
dalla legge n. 137 del 2008, e al relativo regolamento attuativo. Il
titolo finale rilasciato al superamento dell'esame di Stato assume
la dizione di "Diploma liceale" con indicazione della tipologia
liceale e l'eventuale indirizzo seguito dallo studente.
L'articolo 12 disciplina il monitoraggio e la valutazione di
sistema.
L'articolo 13 definisce il passaggio dal vecchio al nuovo
ordinamento dei percorsi dei licei.
L'articolo 14 detta disposizioni specifiche per le regioni a statuto
speciale, per le province autonome di Trento e di Bolzano e per
scuole con insegnamento in lingua slovena.
L'articolo 15 contiene la ricognizione delle disposizioni abrogate,
con riferimento al decreto legislativo n. 226 del 2005.
L'articolo 16 detta le disposizioni finali, stabilendo che
all'attuazione del regolamento si provvede in coerenza con il piano
programmatico di cui all'articolo 64, comma 3, del decreto legge 25
giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6
agosto 2008, n. 133.
Gli allegati sono i seguenti:
Allegato A: Profilo educativo, culturale e professionale dello
studente a conclusione del secondo ciclo del sistema educativo di
istruzione per i licei
Allegato B: Piano degli studi del liceo artistico, indirizzi:
B1 - Architettura, Design, Ambiente
B2 - Audiovisivo, Multimedia, Scenografia
Allegato C: Piano degli studi del liceo classico
Allegato D: Piano degli studi del liceo linguistico
Allegato E: Piano degli studi del liceo musicale e coreutico,
articolato in un'area comune e nelle sezioni musicale e coreutica
Allegato F: Piano degli studi del liceo scientifico e dell'opzione
scientifico-tecnologica
Allegato G: Piano degli studi del liceo delle scienze umane e
dell'opzione economico sociale
Allegato H: Insegnamenti attivabili sulla base del Piano
dell'offerta formativa nei limiti del contingente di organico
assegnato all'istituzione scolastica
Allegato I: Tabella di confluenza dei percorsi di istruzione
secondaria superiore previsti dall'ordinamento previdente nei
percorsi liceali del nuovo ordinamento
Allegato L: Tabella di corrispondenza dei titoli di studio in uscita
dai percorsi di istruzione secondaria di secondo grado
dell'ordinamento previdente con i titoli di studio in uscita dai
percorsi liceali del nuovo ordinamento.
CONSIDERATO:
L'atto normativo in esame ha natura di regolamento delegato ai sensi
dell'art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400
("Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza
del Consiglio dei Ministri").
Esso si inserisce nel quadro degli interventi urgenti predisposti
dal Governo con il d.l. n. 112 del 2008 per lo sviluppo economico,
la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della
finanza pubblica e la perequazione tributaria, ed appare
specificamente preordinato al contenimento della spesa per il
pubblico impiego (tanto da figurare all'inizio del capo II, così
intitolato), oltre che ad una più generale implementazione
nell'organizzazione scolastica dei principi di efficacia, efficienza
ed economicità, che permeano il moderno volto del sistema
amministrativo.
Trattandosi di un regolamento delegato, può essere adottato per la
disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di legge
prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi della Repubblica,
autorizzando l'esercizio della potestà regolamentare del governo,
determinano le norme generali regolatrici della materia e dispongono
l'abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall'entrata in
vigore delle norme regolamentari.
La materia oggetto del presente regolamento non è sottoposta a
riserva di legge assoluta (arg. ex art. 33, comma 2 Cost. : "La
Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce
scuole statali per tutti gli ordini e gradi") e rientra anche
nell'organizzazione amministrativa, che è terreno di elezione per
l'uso della potestà regolamentare, anche delegificante, come
dimostrato dallo stesso articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n.
400, al comma 4-bis. Sotto tale profilo la previsione di un
regolamento delegato risulta coerente con la riserva relativa di
legge fissata dall'articolo 97, comma 1 della Costituzione, come
attuata dall'articolo 2, comma 1 del decreto legislativo n. 165 del
2001, che demanda alla legge la sola fissazione dei principi
generali sull'organizzazione amministrativa.
Il regolamento soddisfa anche il principio di legalità sostanziale,
per un duplice ordine di ragioni.
In primo luogo l'articolo 64, comma 4, del decreto legge 25 giugno
2008, n. 112 fissa, per la revisione dell'attuale assetto
ordinamentale, organizzativo e didattico del sistema scolastico, una
pluralità di criteri, i quali formano un contesto unitario e si
integrano reciprocamente. Per quanto direttamente interessa il
regolamento in esame, la fonte primaria indica come direttiva la "ridefinizione
dei curricoli vigenti nei diversi ordini di scuola anche attraverso
la razionalizzazione dei diversi piani di studio e relativi quadri
orari, con particolare riferimento agli istituti tecnici e
professionali". Funge da cornice la previsione di cui al comma 6 del
medesimo articolo, il quale stabilisce che dall'attuazione dei commi
1, 2, 3, e 4 devono derivare per il bilancio dello Stato economie
lorde di spesa, non inferiori a 456 milioni di euro per l'anno 2009,
a 1.650 milioni di euro per l'anno 2010, a 2.538 milioni di euro per
l'anno 2011 e a 3.188 milioni di euro a decorrere dall'anno 2012.
In secondo luogo il regolamento costituisce attuazione di un piano
programmatico adottato dal Ministro dell'istruzione, dell'università
e della ricerca di concerto con il Ministro dell'economia e delle
finanze, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del
decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 e previo parere delle
Commissioni parlamentari competenti per materia e per le conseguenze
di carattere finanziario.
Si realizza, così, una sequenza di fonti (legge - atto politico di
indirizzo - regolamento) in cui il potere regolamentare risultato
conformato non solo dalle disposizioni di legge, ma anche da un atto
intermedio, che vale a fissare le linee guida su cui l'esecutivo
deve esprimersi, così riducendone la discrezionalità politica e
valorizzandone il ruolo tecnico. Ciò è tanto più da apprezzarsi
tenendo conto dell'ampio coinvolgimento degli organi istituzionali
realizzato, attesa la partecipazione nell'elaborazione del piano
programmatico del Ministro dell'economia e delle finanze, della
Conferenza unificata e delle Commissioni parlamentari competenti,
idonea ad esprimere un punto di vista unitario, in grado di
sintetizzare le posizioni dei diversi livelli di governo della
comunità. La stessa predisposizione dello schema di regolamento da
parte del Ministero dell'istruzione avviene con l'intervento del
Ministro dell'economia e delle finanze e della Conferenza unificata,
in simmetria con quanto previsto per l'adozione del piano
programmatico.
Sul piano dei principi resta da verificare l'ammissibilità e i
limiti dell'impiego del regolamento delegato nella materia
dell'istruzione scolastica.
Il riparto delle competenze normative in materia di istruzione è
definito dal nuovo articolo 117 della Cost. come segue:
- spetta allo Stato la potestà legislativa esclusiva di dettare le
"norme generali sull'istruzione" (comma 2, lett. n);
- spetta alla potestà concorrente della Regione la materia
"istruzione", salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con
esclusione dell'istruzione e della formazione professionale (comma
3).
In materia, peraltro, occorre considerare anche l'articolo 117,
comma 2 lett. g), che attribuisce alla potestà legislativa esclusiva
dello Stato il settore "ordinamento e organizzazione amministrativa
dello Stato", nonché l'articolo 117, comma 2 lett. e) e l'articolo
119 Cost. per i profili di finanza pubblica investiti dalla riforma
dell'organizzazione scolastica.
Lo Stato ha la potestà regolamentare nelle materie di legislazione
esclusiva, mentre la Regione ha la potestà regolamentare in ogni
altra materia. Aderendo alla tesi prevalente in dottrina, la
giurisprudenza della Corte costituzionale ha ritenuto ammissibili i
regolamenti delegati in aree che, pur di competenza dello Stato,
incrociano profili spettanti alla Regioni. Nella materia
dell'istruzione, definire interamente le rispettive sfere di
applicazione e il tipo di rapporto tra le "norme generali
sull'istruzione" e i "principi fondamentali" in materia di
"istruzione" - le prime di competenza esclusiva dello Stato ed i
secondi destinati a orientare le Regioni nell'esercizio della
relativa potestà concorrente - non è sempre agevole e necessario,
nel complesso intrecciarsi in una stessa materia di norme generali,
principi fondamentali, leggi regionali e determinazioni autonome
delle istituzioni scolastiche.
In queste condizioni deve prendersi atto che la scelta compiuta dal
legislatore non è priva di una base formale, poiché una competenza
esclusiva statale sussiste e quindi vi è la possibilità di adottare
una normativa secondaria. L'esistenza nell'oggetto astratto del
regolamento di un'osmosi tra materie di competenza legislativa
esclusiva dello Stato e materie di competenza concorrente non
determina, di per sé, alcuna preclusione. D'altronde il regolamento
in questione, proprio in considerazione di tale osmosi, è stato
concepito dalla legge e concretamente attuato nel suo iter formativo
come ispirato al principio di leale collaborazione con le autonomie
locali; in ciò adeguandosi al principio formulato dalla Corte
costituzionale secondo cui nel nuovo Titolo V della Carta, per
valutare se una normativa statale che occupi spazi spettanti alle
Regioni sia invasiva delle attribuzioni regionali o, invece,
costituisca applicazione dei principi di sussidiarietà e
adeguatezza, diviene elemento essenziale la previsione di forme di
concertazione fra lo Stato e le Regioni interessate. Si aggiunga che
la materia è caratterizzata da un forte tecnicismo, sicché non
appare irragionevole l'adozione di uno strumento più duttile qual è
appunto quello regolamentare.
Tali considerazioni risultano corroborate dalla sentenza n. 200 del
2009 della Corte costituzionale, la quale, pronunciandosi sulla
legittimità costituzionale dell'articolo 64 del decreto legge 25
giugno 2008, n. 112, ha affermato che:
- "il sistema generale dell'istruzione, per sua stessa natura,
riveste carattere nazionale, non essendo ipotizzabile che esso si
fondi su una autonoma iniziativa legislativa delle Regioni, limitata
solo dall'osservanza dei principi fondamentali fissati dallo Stato,
con inevitabili differenziazioni che in nessun caso potrebbero
essere giustificabili sul piano della stessa logica. Si tratta,
dunque, di conciliare, da un lato, basilari esigenze di "uniformità"
di disciplina della materia su tutto il territorio nazionale, e,
dall'altro, esigenze autonomistiche che, sul piano
locale-territoriale, possono trovare soddisfazione mediante
l'esercizio di scelte programmatiche e gestionali rilevanti soltanto
nell'ambito del territorio di ciascuna Regione".
- "Con riguardo, invece, alla potestà regolamentare, il legislatore
ha fatto espresso riferimento ai regolamenti di delegificazione
contemplati nel comma 2 dell'art. 17 della legge n. 400 del 1998.
Sul punto, è bene chiarire che il sesto comma dell'art. 117 Cost.,
da un lato, autorizza il legislatore statale, come già sottolineato,
ad esercitare la potestà regolamentare in tutte le materie di
legislazione esclusiva dello Stato; dall'altro, non pone
limitazioni, in linea con la sua funzione di norma di riparto delle
competenze, in ordine alla tipologia di atto regolamentare
emanabile. Ne consegue che risulta conforme al sistema delle fonti
la previsione di regolamenti di delegificazione anche in presenza
dell'ambito materiale in esame. Deve, anzi, ritenersi che le "norme
generali sull'istruzione" - essendo fonti di regolazione di
fattispecie relative alla struttura essenziale del sistema
scolastico nazionale - si prestano a ricevere "attuazione" anche
mediante l'emanazione di atti regolamentari di delegificazione,
purché in concreto vengano rispettati il principio di legalità
sostanziale e quello di separazione delle competenze "
- "In secondo luogo, la disposizione censurata, contenendo "norme
generali regolatrici della materia", cui fa riferimento il citato
art. 117, rispetta il richiamato principio di legalità sostanziale.
In particolare, a tale proposito, il legislatore - nello stabilire
che, mediante lo strumento dei regolamenti di delegificazione, si
debba provvedere ad una revisione dell'attuale assetto ordinamentale,
organizzativo e didattico del sistema scolastico, da intendersi
riferito, come già rilevato, alle sole modifiche relative alle
caratteristiche generali del sistema nazionale dell'istruzione - ha
provveduto ad una predeterminazione contenutistica puntuale dei
"criteri" cui deve rigorosamente attenersi il Governo nell'esercizio
della potestà regolamentare delegata. La chiara delimitazione dei
settori di materia, dei presupposti e delle condizioni cui sono
strettamente vincolati ad attenersi i regolamenti in questione
consente, pertanto, di ritenere che le disposizioni risultanti dalla
concorrenza delle predette fonti, nel loro combinato disposto,
possono essere ascritte alla categoria delle norme generali".
Ciò posto in termini astratti, il compito della Sezione è di
verificare se le concrete disposizioni del regolamento siano
rispettose di tali principi sulle fonti e dei criteri desumibili
dalla delega, nonché se siano compatibili con il sistema legislativo
dell'istruzione liceale.
Occorre, dunque, preliminarmente definire quest'ultimo.
Il vigente ordinamento scolastico (art. 191 del testo unico di cui
al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297) prevede tre tipologie
di liceo, liceo classico, liceo scientifico e liceo artistico, cui
si aggiunge l'istituto magistrale. Questi ultimi due percorsi,
attraverso un anno integrativo, consentono l'accesso a tutti i
percorsi di laurea. Il liceo linguistico attualmente fa parte del
sistema delle scuole non statali ed è tuttora regolato dal decreto
ministeriale 31 luglio 1973.
L'esigenza di adeguamento di questo modello ha portato numerose
sperimentazioni riconducibili all'autonomia scolastica. Da parte sua
il legislatore ha impostato tentativi di riforma dei cicli
scolastici e dunque anche del secondo ciclo dell'istruzione, che non
hanno dato esito.
Con la legge 28 marzo 2003, n. 53, anche alla luce dei mutamenti
intervenuti con la modifica del titolo V della Costituzione e la
nuova distribuzione dei poteri in materia di istruzione e formazione
tra Stato e Regioni conseguente alla legge costituzionale 18 ottobre
2001, n. 3, è stata conferita al Governo la delega per la
definizione delle norme generali sull'istruzione e dei livelli
essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione
professionale. Il Governo ha esercitato la delega con l'emanazione
di appositi decreti legislativi concernenti i diversi settori di
intervento, decreti legislativi che, anch'essi, hanno subito nel
tempo modifiche, abrogazioni, sospensioni di esecutività.
Per quanto riguarda il secondo ciclo di istruzione e formazione è
stato emanato il decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226 che ha
inteso rivisitare il secondo ciclo del sistema di istruzione e
formazione poggiandolo sulle due gambe del sistema dei licei e del
sistema di istruzione e formazione professionale, definiti,
all'articolo 1 "di pari dignità" e accomunati da un unico "profilo
educativo, culturale, professionale" declinato in un apposito
allegato. Il sistema dei licei risultava formato dai licei
artistico, classico, linguistico, musicale e coreutico, scientifico,
delle scienze umane (ex magistrale), economico e tecnologico
(percorsi destinati ad assorbire almeno in parte l'istruzione
tecnica e professionale).
Gli ordinamenti previsti nel decreto legislativo n. 226 del 2005 non
sono stati ancora sperimentati né, tanto meno, sono entrati in
vigore, essendo stato prorogato già dalla precedente legislatura
all'anno scolastico 2009 del 2010 l'avvio delle prime classi liceali
a seguito dell'articolo 13 della legge 2 aprile 2007, n. 40. Il
medesimo articolo 13 ha altresì soppresso il liceo economico ed il
liceo tecnologico e prospettato il rilancio degli istituti tecnici e
professionali.
L'articolo 64, comma 4, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112,
convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 ha, infine, confermato
l'esigenza di procedere a una definitiva razionalizzare dei percorsi
scolastici vigenti nell'ambito di un complessivo processo di
revisione e sistematizzazione degli ordinamenti (suffragata dalle
tesi espresse nel "Quaderno bianco sulla scuola") che, per quanto
concerne il secondo ciclo, investe anche e contestualmente,
attraverso specifici regolamenti, i percorsi degli istituti tecnici
e degli istituti professionali, attuando la delega che risale
appunto ai commi 1 bis e 1 ter del succitato articolo 13. Attraverso
l'articolo 37 del decreto legge 30 dicembre 2008, n. 207, la
revisione dell'istruzione secondaria superiore viene definitivamente
fissata "a decorrere dall'anno scolastico e formativo 2010-2011"
E' condivisibile l'affermazione, contenuta nella relazione
illustrativa, secondo la quale il riordino dei licei delineato nello
schema di regolamento si colloca nel solco dei precedenti interventi
normativi e nel quadro di riferimento incardinando la revisione dei
percorsi intorno a quattro punti fondamentali:
a) riconfermare l'identità e la peculiarità dei licei all'interno
del secondo ciclo del sistema nazionale di istruzione e di
formazione, attraverso la definizione dell'apposito Profilo
(allegato A) e delle future "Indicazioni nazionali riguardanti gli
obiettivi specifici di apprendimento declinati secondo conoscenze,
abilità e competenze";
b) fare acquisire ai giovani, attraverso l'unitarietà del percorso
liceale, declinata nei vari percorsi a seconda delle personali
inclinazioni, capacità critica e conoscenza approfondita degli
specifici settori disciplinari;
c) superare la frammentazione dei percorsi di studio che emergono
dall'accavallarsi e dal sovrapporsi delle sperimentazioni,
delimitando un quadro orario atto all'approfondimento delle
discipline e mirato al possesso di una solida cultura declinata, pur
in presenza di una forte area comune, che rafforza lo studio della
matematica e della lingua straniera, riequilibrando così il
tradizionale predominio della componente umanistica classica, a
seconda dei percorsi, piuttosto che all'estensione e alla
parcellizzazione dei saperi;
d) demandare alle istituzioni scolastiche, attraverso il Piano
dell'offerta formativa, la ricerca progettuale e l'elaborazione di
specifici progetti culturali che vengono a integrare i requisiti e
le indicazioni previsti dallo Stato e a declinarli a seconda delle
specificità del territorio, delle esperienze svolte e delle
eccellenze presenti al loro interno.
Meno chiaro è se il testo predisposto si mantenga nei limiti della
delega.
A tal la riguardo la Sezione ritiene di evidenziare un punto critico
di ordine generale.
La norma di delega concerne espressamente la sola "ridefinizione dei
curricoli vigenti nei diversi ordini di scuola anche attraverso la
razionalizzazione dei diversi piani di studio e relativi quadri
orari".
Il piano programmatico prescrive che: "I piani di studio relativi al
sistema dei licei, di cui al decreto legislativo 17 ottobre 2005, n.
226, come modificato dalla legge 2 aprile 2007, n. 40 saranno
riesaminati con l'obiettivo di razionalizzarne l'impianto in termini
di massima semplificazione. Andranno in tale contesto definite le
discipline ed i carichi di orario delle singole tipologie in misura
non superiore alle 30 ore settimanali", precisando, quanto
all'orario, che "L'orario obbligatorio di lezione nei licei
classici, linguistici, scientifici e delle scienze umane sarà pari
ad un massimo di 30 ore settimanali, con conseguente revisione dei
quadri orario previsti dagli allegati al decreto legislativo 17
ottobre 2005, n. 226" e che "Per i licei artistici e i licei
musicali e coreutica l'orario obbligatorio di lezione sarà di 32 ore
settimanali, con conseguente revisione dei quadri orario previsti
dagli allegati al decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226".
Il testo del regolamento in visione, invece, si sembra spingersi ben
oltre la mera razionalizzazione dei piani di studio e degli orari,
sia per la profondità con cui impatta su questi ultimi, sia,
soprattutto, perché contiene diverse disposizioni che eccedono tale
ambito in senso stretto.
Su tale questione, dunque, si impone un chiarimento da parte del
Ministero dell'istruzione, che dovrà indicare su quale base,
letterale, teleologica e sistematica, abbia proceduto all'estensione
dell'oggetto di delega e se le finalità di contenimento della spesa
e di razionalizzazione delle risorse umane e strumentali
giustifichino l'ampia revisione ordinamentale operata, specie in
assenza di puntuali criteri sul riordino dei licei definiti dal
piano programmatico.
Con riferimento alle singole disposizioni la Sezione sottopone
all'attenzione del Ministero dell'istruzione i seguenti punti.
L'articolo 1 stabilisce che "I licei sono disciplinati dal decreto
legislativo 17 ottobre 2005, n. 226 e successive modificazioni e dal
presente decreto in attuazione del piano programmatico di interventi
di cui all'articolo 64, comma 3, del decreto legge 25 giugno 2008,
n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n.
133, volti ad una maggiore razionalizzazione dell'utilizzo delle
risorse umane e strumentali disponibili, tali da conferire efficacia
ed efficienza al sistema scolastico", ma poi, contraddittoriamente,
l'articolo 16, comma 1 prevede che "All'attuazione del presente
decreto si provvede in coerenza con il piano programmatico di cui
all'articolo 64, comma 3, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112,
convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008 n. 133, nei
limiti delle risorse finanziarie previste dagli ordinari
stanziamenti di bilancio senza nuovi o maggiori oneri per la finanza
pubblica". Ne consegue che il piano programmatico viene richiamato a
monte ed a valle, mentre - assumendo che il regolamento costituisca
la sua attuazione - la precisazione che lo stesso debba essere
attuato in coerenza con il piano programmatico è inutile se non
dannosa.
L'articolo 2 stabilisce che "I percorsi liceali forniscono allo
studente gli strumenti culturali e metodologici per una comprensione
approfondita della realtà, affinché egli si ponga, con atteggiamento
razionale, creativo, progettuale e critico, di fronte alle
situazioni, ai fenomeni e ai problemi, ed acquisisca conoscenze,
abilità e competenze coerenti con le capacità e le scelte personali
e adeguate al proseguimento degli studi di ordine superiore,
all'inserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro". Invece i
successivi articoli, relativi ai singoli licei e con l'eccezione di
quello scientifico (articoli 4, 5, 6, 7, 9) stabiliscono che i
relativi percorsi sono diretti ad "approfondire conoscenze, abilità
e competenze", mettendo in primo piano un obiettivo formativo che
nella disposizione generale appare in secondo piano, mentre risulta
centrale nell'ambito degli istituti tecnici e professionali.
L'articolo 10, comma 1 lett. c) stabilisce che la quota dei piani di
studio rimessa alle singole istituzioni scolastiche nell'ambito
degli indirizzi definiti dalle regioni in coerenza con il profilo
educativo, culturale e professionale di cui all'articolo 3, comma 2,
come determinata nei limiti del contingente di organico ad esse
annualmente assegnato e tenuto conto delle richieste degli studenti
e delle loro famiglie, non può essere superiore al 20 per cento del
monte ore complessivo nel primo biennio, non può essere superiore al
30 per cento nel secondo biennio e non può essere superiore al 20
per cento nel quinto anno, salvo restando che l'orario previsto dal
piano di studio di ciascuna disciplina non può essere ridotto in
misura superiore a un terzo nell'arco dei cinque anni. E' opportuno
che il Ministero dell'istruzione chiarisca se tale previsione sia
stata coordinata con il decreto del Presidente della Repubblica 8
marzo 1999, n. 275, concernente il "Regolamento recante norme in
materia di autonomia delle istituzioni scolastiche".
L'art. 10, comma 2 prevede che le istituzioni scolastiche
costituiscano dipartimenti, quali articolazioni funzionali del
collegio dei docenti, per il sostegno alla didattica e alla
progettazione formativa (lett. a), nonché un comitato scientifico,
con una composizione paritetica di docenti e di esperti del mondo
del lavoro, delle professioni, della ricerca scientifica e
tecnologica, delle università e delle istituzioni di alta formazione
artistica, musicale e coreutica, con funzioni consultive e di
proposta per l'organizzazione e l'utilizzazione degli spazi di
autonomia e flessibilità (lett. b). La disposizione suscita
perplessità sia con riguardo al rispetto della riserva di legge in
materia di organizzazione (con particolare riguardo alla materia dei
collegi), essendo estranea all'ambito della delega, sia con riguardo
al rispetto dell'autonomia scolastica, apparendo poco convincente la
giustificazione fornita dal Ministero, in risposta ai rilievi del
Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione, secondo cui
l'istituzione del Comitato scientifico esalti - piuttosto che
comprimere - l'autonomia delle istituzioni e quella dei dipartimenti
registri una prassi diffusa. Sarebbe più coerente con l'obiettivo di
realizzare l'autonomia lasciare alle istituzioni scolastiche la
scelta in ordine all'opportunità di istituire tali organi nello
specifico contesto in cui operano. Inoltre la stessa effettività di
codesti organi appare compromessa dalla mancata assegnazione di
risorse finanziarie e dalla gratuità dell'incarico. La disposizione
sembra infine riguardare una materia - quella degli organi
collegiali della scuola - attualmente oggetto di una diversa
disciplina legislativa, e per la quale risultano pendenti in
Parlamento diverse iniziative legislative.
L'articolo 10, comma 7 stabilisce che le attività e gli insegnamenti
relativi a "Cittadinanza e Costituzione", di cui all'art. 1 del
decreto legge 1° settembre 2008, n. 137, convertito con
modificazioni dalla legge 30 ottobre 2008, n. 169, si sviluppano
nell'ambito delle aree storico-geografica e storico-sociale e nel
monte ore complessivo in esse previsto, con riferimento
all'insegnamento di "Diritto ed economia" o, in sua mancanza,
all'insegnamento di "Storia". E' opportuno che il Ministero
dell'istruzione chiarisca se tale previsione sia stata
effettivamente coordinata con le fonti primarie, tenuto conto che il
predetto art. 1 del decreto legge 1° settembre 2008, n. 137, è
anteriore alla norma di delega.
L'art. 12, comma 1 stabilisce che, al fine di un costante
monitoraggio e valutazione dei percorsi liceali, il Ministro
dell'istruzione, dell'università e della ricerca si avvale di un
apposito Comitato nazionale per l'istruzione liceale, costituito con
proprio decreto, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza
pubblica, del quale fanno parte un rappresentante scelto dal
Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione,
rappresentanti delle scuole, delle università ed esponenti del mondo
della cultura, dell'arte e della ricerca. Il Comitato si avvale
dell'assistenza tecnica dell'Agenzia nazionale per lo sviluppo
dell'autonomia scolastica (ANSAS) e dell'Istituto nazionale di
valutazione del sistema educativo di istruzione e formazione
(INVALSI). Ai componenti del comitato non spettano compensi a
qualsiasi titolo dovuti. E' opportuno che il Ministero
dell'istruzione chiarisca sia la compatibilità di tale previsione
con l'oggetto della delega, sia la sua rispondenza alle esigenze di
semplificazione enunciate in detta delega.
L'art. 13 disciplina il passaggio al nuovo ordinamento, prevedendo
la confluenza dei percorsi liceali e delle sperimentazioni in corso
nei licei di cui al regolamento. E' opportuno che il Ministero
dell'istruzione illustri la graduazione di tale passaggio, anche con
riguardo alla tutela dell'affidamento degli studenti che, trovandosi
nelle situazioni di transito, subiranno una modificazione dell'iter
formativo prescelto.
L'art. 13, comma 11 demanda a successivi decreti del Ministro
dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il
Ministro dell'economia e delle finanze, aventi natura non
regolamentare, la definizione:
a) delle indicazioni nazionali riguardanti gli obiettivi specifici
di apprendimento declinati secondo conoscenze, abilità e competenze,
con riferimento ai profili di cui all'articolo 2, commi 1 e 3, in
relazione alle attività e agli insegnamenti compresi nei piani degli
studi previsti per i percorsi liceali di cui al presente decreto.
b) l'articolazione delle cattedre per ciascuno dei percorsi liceali
di cui agli articoli 4, 5, 6, 7, 8 e 9, in relazione alle classi di
concorso del personale docente;
c) gli indicatori per la valutazione e l'autovalutazione dei
percorsi liceali, in relazione alle proposte formulate dal Comitato
di cui all'articolo 12, comma 1, anche con riferimento al quadro
europeo per la garanzia della qualità dei sistemi di istruzione e
formazione.
La natura dell'oggetto di disciplina suggerisce l'utilizzo di atti
aventi forza normativa, sicché appare opportuno eliminare dal testo
della disposizione l'inciso "aventi natura non regolamentare".
In conclusione, sui punti segnalati occorre che il Ministero
dell'istruzione, dell'università e della ricerca fornisca i
chiarimenti richiesti. All'esito la Sezione si riserva la facoltà di
disporre l'audizione del Capo dell'Ufficio legislativo del
Ministero, nonché del dirigente generale competente all'istruttoria
del regolamento.
P.Q.M.
Sospende l'emanazione del parere in attesa degli adempimenti di cui
in motivazione.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Francesco Bellomo Alessandro Pajno
IL SEGRETARIO
***
Numero 07150/2009 e data 09/12/2009
REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Normativa per gli Atti
Consultivi
Adunanza di Sezione del 26 novembre
2009
NUMERO AFFARE 04597/2009
OGGETTO:
Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
Schema di regolamento recante "Revisione dell'assetto ordinamentale,
organizzativo e didattico degli
istituti tecnici
ai sensi dell'articolo 64, comma 4, del
decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni
dalla legge 6 agosto 2008, n. 133".
LA SEZIONE
Vista la
relazione trasmessa con nota prot. Prot/A00/UffLeg/4791del 16
novembre 2009, con la quale il Ministero dell'istruzione,
dell'università e della ricerca chiede il parere del Consiglio di
Stato in ordine allo schema di regolamento in oggetto;
Esaminati gli atti e udito il relatore ed estensore Cons. Francesco
Bellomo;
PREMESSO:
Con nota
del 16 novembre 2009 il Ministero dell'istruzione, dell'università e
della ricerca chiede al Consiglio di Stato il parere di cui
all'articolo 17, comma 25 della legge 15 maggio 1997, n. 127, sullo
schema di regolamento, da approvare con decreto del Presidente della
Repubblica, recante"Revisione dell'assetto ordinamentale,
organizzativo e didattico degli istituti tecnici ai sensi
dell'articolo 64, comma 4, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112,
convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133".
L'articolo 64 del decreto legge 25 giugno 2008 n. 112, convertito
con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008 n. 133, concernente
disposizioni in materia di organizzazione scolastica, al comma 3,
stabilisce che il Ministro dell'istruzione, dell'università e della
ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze,
sentita la Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28
agosto 1997, n. 281 e previo parere delle Commissioni Parlamentari
competenti per materia e per le conseguenze di carattere
finanziario, deve predisporre un piano programmatico di interventi
volti ad una maggiore razionalizzazione dell'utilizzo delle risorse
umane e strumentali disponibili, che conferiscano una maggiore
efficacia ed efficienza al sistema scolastico.
Per l'attuazione di detto piano programmatico il successivo comma 4
prevede che il Ministro dell'istruzione, dell'università e della
ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze,
sentita la Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28
agosto 1997, n. 281, adotti uno o più regolamenti ai sensi
dell'articolo 17, comma 2 della legge 23 agosto 1988 n. 400, di
revisione dell'attuale assetto ordinamentale, organizzativo e
didattico del sistema scolastico.
Con lo schema di regolamento in esame sono introdotte modifiche alle
norme generali relative gli istituti tecnici.
Lo schema è composto dal preambolo, da dieci articoli, da quattro
allegati.
L'articolo 1 definisce l'oggetto del regolamento. Al comma 1 sono
richiamate le disposizioni normative che collocano gli istituti
tecnici nell'ambito dell'istruzione secondaria superiore che fa
parte del secondo ciclo del sistema di istruzione e formazione. Il
comma 2 stabilisce che la riorganizzazione degli istituti tecnici
sia avviata a partire dalle classi prime e seconde funzionanti
nell'anno scolastico 2010-2011.
L'articolo 2 definisce l'identità degli istituti tecnici, con il
fine di far acquisire agli studenti, in relazione all'esercizio di
professioni tecniche, saperi e competenze fondati su una solida base
culturale in cui l'asse scientifico-tecnologico degli apprendimenti
interagisce con la cultura umanistica e con l'approfondimento delle
competenze comunicativo-relazionali, attraverso lo studio,
l'approfondimento e l'applicazione di linguaggi e metodologie di
carattere generale e specifico, in linea con le indicazioni
dell'Unione europea.
Gli articoli 3 e 4 delineano il quadro di riferimento dei due macro
settori dell'istruzione tecnica, quello economico articolato in due
indirizzi e quello tecnologico articolato in nove indirizzi, come
descritti negli allegati B e C. Rispetto all'attuale ordinamento si
determina una riduzione dei settori (da 10 a 2) e degli indirizzi
(da 39 a 11).
L'articolo 5 delinea la struttura generale e l'organizzazione dei
percorsi dell'istruzione tecnica, con indicazione del monte ore
complessivo di lezioni previsto per ciascuno dei segmenti didattici
in cui sono articolati i percorsi formativi, il rapporto tra l'area
degli insegnamenti generali e le aree di indirizzo, gli spazi di
autonomia e le quote di flessibilità riservate alle istituzioni
scolastiche, le metodologie da attivare per migliorare l'efficacia
dei risultati di apprendimento degli allievi. Si delineano i modelli
organizzativi per ampliare la condivisione della progettazione
educativa e il raccordo tra il Piano dell'offerta formativa adottato
dall'istituto e le esigenze espresse dal territorio e dal mondo del
lavoro e delle professioni.
I nuovi indirizzi degli istituti tecnici, ripartiti tra i due ampi
settori di riferimento (economico e tecnologico), sono
caratterizzati da un'area di istruzione generale, comune a tutti i
percorsi, e in distinte aree di indirizzo, che possono essere
ulteriormente specificate in un numero contenuto di opzioni, con
riferimento a documentate esigenze del mondo del lavoro e del
territorio, nell'ambito delle quote di flessibilità indicate nello
schema di regolamento e secondo i criteri generali che saranno
determinati con successivi decreti.
In particolare, gli spazi di flessibilità riservati agli istituti
tecnici corrispondono, con riferimento all'orario annuale delle
lezioni, alle seguenti aliquote: entro il 30% nel secondo biennio;
entro il 35% nell'ultimo anno.
Gli istituti tecnici hanno, in questo modo, margini più ampi di
autonomia non solo per l'individuazione degli obiettivi formativi
correlati alle esigenze individuali e ambientali, per
l'organizzazione della didattica, per la ricerca e la
sperimentazione, ma, soprattutto, per l'organizzazione delle aree di
indirizzo in risposta ai mutevoli e diversificati fabbisogni
formativi espressi dal mondo del lavoro e delle professioni.
Il percorso quinquennale degli istituti tecnici è strutturato in un
primo biennio, dedicato all'acquisizione dei saperi e delle
competenze previsti per l'assolvimento dell'obbligo di istruzione e
di apprendimenti che introducono progressivamente alle aree di
indirizzo in funzione orientativa; un secondo biennio, in cui l'area
di indirizzo può articolarsi in opzioni; un quinto anno, che si
conclude con l'esame di Stato. La struttura oraria varia nel
rapporto tra ore da destinare all'area di istruzione generale ed
all'area di indirizzo secondo una proporzione superiore nel primo
biennio a favore della prima e, nel secondo biennio e quinto anno, a
favore della seconda.
L'articolo 6 affronta il tema della valutazione e dei titoli finali.
Per quanto riguarda la valutazione, periodica e annuale, degli
apprendimenti e del comportamento degli studenti, nonché la
certificazione delle competenze acquisite, si fa riferimento alla
normativa vigente, ovvero all'art. 13, commi 1, 2 e 6 del decreto
legislativo n. 226/2005 e dall'articolo 2 del decreto legge 1
settembre 2008, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 30
ottobre 2008, n. 169.
L'articolo 7 indica le modalità per il monitoraggio e la valutazione
di sistema dei percorsi degli istituti tecnici, soprattutto ai fini
della loro innovazione permanente. Per questo, è prevista la
costituzione, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica,
di un Comitato nazionale per l'istruzione tecnica e professionale.
E' prevista l'individuazione di specifici indicatori per la
valutazione e l'autovalutazione degli istituti tecnici sulla base
delle proposte del suddetto Comitato nazionale, anche con
riferimento al Quadro europeo per la garanzia della qualità dei
sistemi di istruzione e formazione. Il Ministro dell'istruzione,
dell'università e della ricerca presenta, ogni tre anni, al
Parlamento un rapporto con i risultati del monitoraggio e della
valutazione dei percorsi formativi degli istituti tecnici.
L'articolo 8 disciplina il passaggio al nuovo ordinamento, rinviando
la disciplina di taluni aspetti a successivi decreti non
regolamentari Ministro dell'istruzione, dell'università e della
ricerca. Gli istituti tecnici di ogni tipo e indirizzo confluiscono
nel nuovo ordinamento a partire dall'anno scolastico 2010-2011,
secondo quanto previsto nella tabella descritta nell'Allegato D.
L'articolo 9 contiene le disposizioni finali.
L'articolo 10 indica le abrogazioni delle disposizioni relative agli
istituti tecnici a partire dall'anno scolastico 2010-2011.
Gli allegati sono i seguenti:
Allegato A: Profilo educativo, culturale e professionale dello
studente a conclusione del secondo ciclo del sistema educativo di
istruzione per gli Istituti Tecnici.
Allegato B: Profili degli indirizzi degli istituti tecnici del
settore economico.
B1 - Amministrazione, Finanza e Marketing;
B2 - Turismo.
Allegato C: Profili degli indirizzi degli istituti tecnici del
settore tecnologico
C1 - Meccanica, Meccatronica ed Energia;
C2 - Trasporti e Logistica;
C3- Elettrotecnica ed Elettronica;
C4- Informatica e Telecomunicazioni;
C5 - Grafica e Comunicazione;
C6 -Chimica, Materiali e Biotecnologie;
C7 - Sistema Moda;
C8 - Agraria e Agroindustria;
C9 - Costruzioni, Ambiente e Territorio.
Allegato D: Tabella di confluenza degli attuali istituti tecnici di
ogni tipo ed indirizzo nel nuovo ordinamento.
CONSIDERATO:
L'atto normativo in esame ha natura di regolamento delegato ai sensi
dell'art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400
("Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza
del Consiglio dei Ministri").
Esso si inserisce nel quadro degli interventi urgenti predisposti
dal Governo con il d.l. n. 112 del 2008 per lo sviluppo economico,
la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della
finanza pubblica e la perequazione tributaria, ed appare
specificamente preordinato al contenimento della spesa per il
pubblico impiego (tanto da figurare all'inizio del capo II, così
intitolato), oltre che ad una più generale implementazione
nell'organizzazione scolastica dei principi di efficacia, efficienza
ed economicità, che permeano il moderno volto del sistema
amministrativo.
Trattandosi di un regolamento delegato, può essere adottato per la
disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di legge
prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi della Repubblica,
autorizzando l'esercizio della potestà regolamentare del governo,
determinano le norme generali regolatrici della materia e dispongono
l'abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall'entrata in
vigore delle norme regolamentari.
La materia oggetto del presente regolamento non è sottoposta a
riserva di legge assoluta (arg. ex art. 33, comma 2 Cost. : "La
Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce
scuole statali per tutti gli ordini e gradi") e rientra anche
nell'organizzazione amministrativa, che è terreno di elezione per
l'uso della potestà regolamentare, anche delegificante, come
dimostrato dallo stesso articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n.
400, al comma 4-bis. Sotto tale profilo la previsione di un
regolamento delegato risulta coerente con la riserva relativa di
legge fissata dall'articolo 97, comma 1 della Costituzione, come
attuata dall'articolo 2, comma 1 del decreto legislativo n. 165 del
2001, che demanda alla legge la sola fissazione dei principi
generali sull'organizzazione amministrativa.
Il regolamento soddisfa anche il principio di legalità sostanziale,
per un duplice ordine di ragioni.
In primo luogo l'articolo 64, comma 4, del decreto legge 25 giugno
2008, n. 112 fissa, per la revisione dell'attuale assetto
ordinamentale, organizzativo e didattico del sistema scolastico, una
pluralità di criteri, i quali formano un contesto unitario e si
integrano reciprocamente. Per quanto direttamente interessa il
regolamento in esame, la fonte primaria indica come direttiva la "ridefinizione
dei curricoli vigenti nei diversi ordini di scuola anche attraverso
la razionalizzazione dei diversi piani di studio e relativi quadri
orari, con particolare riferimento agli istituti tecnici e
professionali". Funge da cornice la previsione di cui al comma 6 del
medesimo articolo, il quale stabilisce che dall'attuazione dei commi
1, 2, 3, e 4 devono derivare per il bilancio dello Stato economie
lorde di spesa, non inferiori a 456 milioni di euro per l'anno 2009,
a 1.650 milioni di euro per l'anno 2010, a 2.538 milioni di euro per
l'anno 2011 e a 3.188 milioni di euro a decorrere dall'anno 2012.
In secondo luogo il regolamento costituisce attuazione di un piano
programmatico adottato dal Ministro dell'istruzione, dell'università
e della ricerca di concerto con il Ministro dell'economia e delle
finanze, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del
decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 e previo parere delle
Commissioni parlamentari competenti per materia e per le conseguenze
di carattere finanziario.
Si realizza, così, una sequenza di fonti (legge - atto politico di
indirizzo - regolamento) in cui il potere regolamentare risultato
conformato non solo dalle disposizioni di legge, ma anche da un atto
intermedio, che vale a fissare le linee guida su cui l'esecutivo
deve esprimersi, così riducendone la discrezionalità politica e
valorizzandone il ruolo tecnico. Ciò è tanto più da apprezzarsi
tenendo conto dell'ampio coinvolgimento degli organi istituzionali
realizzato, attesa la partecipazione nell'elaborazione del piano
programmatico del Ministro dell'economia e delle finanze, della
Conferenza unificata e delle Commissioni parlamentari competenti,
idonea ad esprimere un punto di vista unitario, in grado di
sintetizzare le posizioni dei diversi livelli di governo della
comunità. La stessa predisposizione dello schema di regolamento da
parte del Ministero dell'istruzione avviene con l'intervento del
Ministro dell'economia e delle finanze e della Conferenza unificata,
in simmetria con quanto previsto per l'adozione del piano
programmatico.
Sul piano dei principi resta da verificare l'ammissibilità e i
limiti dell'impiego del regolamento delegato nella materia
dell'istruzione scolastica.
Il riparto delle competenze normative in materia di istruzione è
definito dal nuovo articolo 117 della Cost. come segue:
- spetta allo Stato la potestà legislativa esclusiva di dettare le
"norme generali sull'istruzione" (comma 2, lett. n);
- spetta alla potestà concorrente della Regione la materia
"istruzione", salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con
esclusione dell'istruzione e della formazione professionale (comma
3).
In materia, peraltro, occorre considerare anche l'articolo 117,
comma 2 lett. g), che attribuisce alla potestà legislativa esclusiva
dello Stato il settore "ordinamento e organizzazione amministrativa
dello Stato", nonché l'articolo 117, comma 2 lett. e) e l'articolo
119 Cost. per i profili di finanza pubblica investiti dalla riforma
dell'organizzazione scolastica.
Lo Stato ha la potestà regolamentare nelle materie di legislazione
esclusiva, mentre la Regione ha la potestà regolamentare in ogni
altra materia. Aderendo alla tesi prevalente in dottrina la
giurisprudenza della Corte costituzionale ha ritenuto ammissibili i
regolamenti delegati in aree che, pur di competenza dello Stato,
incrociano profili spettanti alla Regioni. Nella materia
dell'istruzione, definire interamente le rispettive sfere di
applicazione e il tipo di rapporto tra le "norme generali
sull'istruzione" e i "principi fondamentali" in materia di
"istruzione" - le prime di competenza esclusiva dello Stato ed i
secondi destinati a orientare le Regioni nell'esercizio della
relativa potestà concorrente - non è sempre agevole e necessario,
nel complesso intrecciarsi in una stessa materia di norme generali,
principi fondamentali, leggi regionali e determinazioni autonome
delle istituzioni scolastiche.
In queste condizioni deve prendersi atto che la scelta compiuta dal
legislatore non è priva di una base formale, poiché una competenza
esclusiva statale sussiste e quindi vi è la possibilità di adottare
una normativa secondaria. L'esistenza nell'ambito oggettivo del
regolamento di un'osmosi tra materie di competenza legislativa
esclusiva dello Stato e materie di competenza concorrente non
determina, di per sé, alcuna preclusione. D'altronde il regolamento
in questione, proprio in considerazione di tale osmosi, è stato
concepito dalla legge e concretamente attuato nel suo iter formativo
come ispirato al principio di leale collaborazione con le autonomie
locali; in ciò adeguandosi al principio formulato dalla Corte
costituzionale secondo cui nel nuovo Titolo V della Carta, per
valutare se una normativa statale che occupi spazi spettanti alle
Regioni sia invasiva delle attribuzioni regionali o, invece,
costituisca applicazione dei principi di sussidiarietà e
adeguatezza, diviene elemento essenziale la previsione di forme di
concertazione fra lo Stato e le Regioni interessate. Si aggiunga che
la materia è caratterizzata da un forte tecnicismo, sicché non
appare irragionevole l'adozione di uno strumento più duttile qual è
appunto quello regolamentare.
Tali considerazioni risultano corroborate dalla sentenza n. 200 del
2009 della Corte costituzionale, la quale, pronunciandosi sulla
legittimità costituzionale dell'articolo 64 del decreto legge 25
giugno 2008, n. 112, ha affermato che:
- "il sistema generale dell'istruzione, per sua stessa natura,
riveste carattere nazionale, non essendo ipotizzabile che esso si
fondi su una autonoma iniziativa legislativa delle Regioni, limitata
solo dall'osservanza dei principi fondamentali fissati dallo Stato,
con inevitabili differenziazioni che in nessun caso potrebbero
essere giustificabili sul piano della stessa logica. Si tratta,
dunque, di conciliare, da un lato, basilari esigenze di "uniformità"
di disciplina della materia su tutto il territorio nazionale, e,
dall'altro, esigenze autonomistiche che, sul piano
locale-territoriale, possono trovare soddisfazione mediante
l'esercizio di scelte programmatiche e gestionali rilevanti soltanto
nell'ambito del territorio di ciascuna Regione".
- "Con riguardo, invece, alla potestà regolamentare, il legislatore
ha fatto espresso riferimento ai regolamenti di delegificazione
contemplati nel comma 2 dell'art. 17 della legge n. 400 del 1998.
Sul punto, è bene chiarire che il sesto comma dell'art. 117 Cost.,
da un lato, autorizza il legislatore statale, come già sottolineato,
ad esercitare la potestà regolamentare in tutte le materie di
legislazione esclusiva dello Stato; dall'altro, non pone
limitazioni, in linea con la sua funzione di norma di riparto delle
competenze, in ordine alla tipologia di atto regolamentare
emanabile. Ne consegue che risulta conforme al sistema delle fonti
la previsione di regolamenti di delegificazione anche in presenza
dell'ambito materiale in esame. Deve, anzi, ritenersi che le "norme
generali sull'istruzione" - essendo fonti di regolazione di
fattispecie relative alla struttura essenziale del sistema
scolastico nazionale - si prestano a ricevere "attuazione" anche
mediante l'emanazione di atti regolamentari di delegificazione,
purché in concreto vengano rispettati il principio di legalità
sostanziale e quello di separazione delle competenze "
- "In secondo luogo, la disposizione censurata, contenendo "norme
generali regolatrici della materia", cui fa riferimento il citato
art. 117, rispetta il richiamato principio di legalità sostanziale.
In particolare, a tale proposito, il legislatore - nello stabilire
che, mediante lo strumento dei regolamenti di delegificazione, si
debba provvedere ad una revisione dell'attuale assetto ordinamentale,
organizzativo e didattico del sistema scolastico, da intendersi
riferito, come già rilevato, alle sole modifiche relative alle
caratteristiche generali del sistema nazionale dell'istruzione - ha
provveduto ad una predeterminazione contenutistica puntuale dei
"criteri" cui deve rigorosamente attenersi il Governo nell'esercizio
della potestà regolamentare delegata. La chiara delimitazione dei
settori di materia, dei presupposti e delle condizioni cui sono
strettamente vincolati ad attenersi i regolamenti in questione
consente, pertanto, di ritenere che le disposizioni risultanti dalla
concorrenza delle predette fonti, nel loro combinato disposto,
possono essere ascritte alla categoria delle norme generali".
Ciò posto in termini astratti, il compito della Sezione è di
verificare se le singole disposizioni del regolamento siano
rispettose di tali principi sulle fonti e dei criteri desumibili
dalla delega, nonché siano compatibili con il sistema legislativo
dell'istruzione tecnica.
Occorre, dunque, preliminarmente definire quest'ultimo.
Con la legge 28 marzo 2003, n. 53, anche alla luce dei mutamenti
intervenuti con la modifica del titolo V della Costituzione e la
nuova distribuzione dei poteri in materia di istruzione e formazione
tra Stato e Regioni conseguente alla legge costituzionale 18 ottobre
2001, n. 3, è stata conferita al Governo la delega per la
definizione delle norme generali sull'istruzione e dei livelli
essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione
professionale. Il Governo ha esercitato la delega con l'emanazione
di appositi decreti legislativi concernenti i diversi settori di
intervento, decreti legislativi che, anch'essi, hanno subito nel
tempo modifiche, abrogazioni, sospensioni di esecutività.
Per quanto riguarda il secondo ciclo di istruzione e formazione è
stato emanato il decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226 che ha
inteso rivisitare il secondo ciclo del sistema di istruzione e
formazione poggiandolo sulle due gambe del sistema dei licei e del
sistema di istruzione e formazione professionale. Detto decreto
prevedeva la confluenza degli istituti tecnici nel liceo tecnologico
e nel liceo economico.
L'art. 13 del decreto legge 31 gennaio 2007, n. 7, convertito nella
legge 2 aprile 2007, n. 40, ha ripristinato l'istruzione
tecnico-professionale, articolata negli istituti tecnici e negli
istituti professionali di cui all'articolo 191, commi 2 e 3, del
testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297,
tutti finalizzati al conseguimento di titoli di studio quinquennali,
caratterizzata da una forte area di istruzione generale comune ai
due ordini di studi e da indirizzi ampi e flessibili. Il comma
8-bis, lettera a) di detto articolo ha novellato l'art. 1 del
decreto legislativo n. 226/05, riconfigurando l'assetto del secondo
ciclo, che risulta ora articolato nell'istruzione secondaria
superiore, costituita dai licei, dagli istituti tecnici e dagli
istituti professionali e nel sistema di istruzione e formazione
professionale. L'art. 13, commi 1-bis e 1-ter della legge 2 aprile
2007, n. 40 prevede l'emanazione di regolamenti ministeriali per
realizzare la riforma del sistema dell'istruzione tecnica e
professionale, regolamenti mai adottati.
L'articolo 64, comma 4, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112,
convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 ribadisce l'esigenza di
procedere a una definitiva razionalizzare dei percorsi scolastici
vigenti nell'ambito di un complessivo processo di revisione e
sistematizzazione degli ordinamenti (suffragata dalle testi espresse
nel "Quaderno bianco sulla scuola"), con esplicito riferimento
proprio agli istituti tecnici e degli istituti professionali.
Attraverso l'articolo 37 del decreto legge 30 dicembre 2008, n. 207,
la revisione dell'istruzione secondaria superiore viene
definitivamente fissata "a decorrere dall'anno scolastico e
formativo 2010-2011".
Ad avviso dell'Amministrazione nel regolamento in esame è confluita
anche la materia oggetto dei regolamenti ministeriali di cui
all'articolo 13, commi 1-bis e 1-ter del decreto legge 31 gennaio
2007, n. 7, convertito nella legge 2 aprile 2007, n. 40.
E' condivisibile l'affermazione, contenuta nella relazione
illustrativa, che lo schema di regolamento si colloca nel vigente
quadro di riferimento, rispondendo alle seguenti esigenze:
a) riconfermare l'identità degli istituti tecnici all'interno del
secondo ciclo del sistema nazionale di istruzione e di formazione;
b) fare acquisire ai giovani, attraverso la cultura scientifica,
economico-giuridica e tecnica, la capacità di creare, progettare,
contribuire a fare impresa per partecipare attivamente allo sviluppo
economico del Paese;
c) dare risposte chiare ai giovani e alle famiglie, che si aspettano
dalla scuola percorsi trasparenti e competenze spendibili tanto per
l'inserimento nel mondo del lavoro, quanto per il passaggio ai
livelli superiori di istruzione e formazione, anche per l'esercizio
di professioni tecniche regolamentate;
d) superare la frammentazione dei percorsi di studio che emergono
dagli attuali ordinamenti e dalle numerose sperimentazioni;
e) rendere più efficienti i servizi di istruzione e più efficace
l'utilizzo delle risorse, coniugando qualità e risparmio.
La previsione di un numero contenuto di settori ed indirizzi, la
declinazione delle materie di insegnamento riferite a risultati di
apprendimento articolati in competenze, attività e conoscenze, la
previsione di maggiori spazi di flessibilità nel quadro di criteri
generali definiti a livello nazionale sono espressione di un modello
didattico - organizzativo che intende superare l'attuale
frammentazione dei percorsi ed offrire strumenti alle istituzioni
scolastiche per una gestione efficiente ed efficace delle risorse
loro assegnate. Non si tratta, quindi, di un riordino finalizzato
unicamente al contenimento della spesa.
La Sezione ritiene meritevole di approfondimento, invece, la
questione relativa alla conformità del testo alla delega.
La norma di delega concerne espressamente la sola "ridefinizione dei
curricoli vigenti nei diversi ordini di scuola anche attraverso la
razionalizzazione dei diversi piani di studio e relativi quadri
orari". Il piano programmatico prescrive che: "I piani di studio
relativi agli istituti tecnici e professionali di cui alla legge 2
aprile 2007, n. 40, saranno anch'essi riveduti al fine di pervenire
ad una ulteriore razionalizzazione e semplificazione. Per quanto
riguarda l'istruzione tecnica, se ne definiranno gli indirizzi in un
numero contenuto e adottando un carico orario annuale obbligatorio
delle lezioni non superiore a 32 ore settimanali. Per i citati
ordini di studio le suddette operazioni dovranno essere raccordate
con i tempi previsti per la effettuazione delle iscrizioni e la
determinazione degli organici".
Il testo del regolamento in visione, pur apparendo più contenuto di
quello relativo ai licei, presenta comunque un impatto significativo
sull'ordinamento dell'istruzione tecnica, che nelle relazione di
accompagnamento e nello stesso preambolo sembra legarsi anche ai
criteri di cui all'articolo 13, commi 1-bis e 1-ter del decreto
legge 31 gennaio 2007, n. 7, convertito nella legge 2 aprile 2007,
n. 40.
Tuttavia, la formulazione del preambolo (secondo cui "la materia
oggetto dei regolamenti ministeriali di cui all'articolo 13 del
decreto legge n. 7 del 2007, convertito, con modificazioni, dalla
legge n. 40 del 2007 rientra in quella più ampia oggetto dei
regolamenti governativi di cui all'articolo 64 del decreto legge n.
112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del
2008) non risulta appropriata, indicando un assorbimento dei
criteri, piuttosto che il loro utilizzo, per specificare quelli
abbastanza generici contenuti nell'articolo 64, comma 4, del decreto
legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008,
n. 133
Su tale questione, dunque, si impone un chiarimento e la conseguente
riformulazione della menzionata previsione contenuta nel preambolo.
Va, altresì, verificata la corrispondenza del testo dello schema di
regolamento ai criteri enunciati con riferimento ai regolamenti
ministeriali previsti dal predetto art. 13 del decreto legge n. 7
del 2007.
Con riferimento alle singole disposizioni la Sezione sottopone
all'attenzione del Ministero dell'istruzione i seguenti punti.
L'articolo 1 stabilisce che "Il presente regolamento detta le norme
generali relative al riordino degli istituti tecnici in attuazione
del piano programmatico di interventi di cui all'articolo 64, comma
3, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con
modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, volti ad una
maggiore razionalizzazione dell'utilizzo delle risorse umane e
strumentali disponibili, tali da conferire efficacia ed efficienza
al sistema scolastico", ma poi, contraddittoriamente, l'articolo 9,
comma 2 prevede che "All'attuazione del presente regolamento si
provvede in coerenza con il piano programmatico di cui all'articolo
64, comma 3, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito,
con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008 n. 133, nei limiti
delle risorse finanziarie previste dagli ordinari stanziamenti di
bilancio senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica". Ne
consegue che il piano programmatico viene richiamato a monte ed a
valle, mentre - assumendo che il regolamento costituisca la sua
attuazione - la precisazione che lo stesso debba essere attuato in
coerenza con il piano programmatico è inutile se non dannosa.
L'articolo 5, comma 3 lett. a) stabilisce che, ferma restando la
quota di autonomia del 20% dei curricoli di cui al decreto del
Ministro della pubblica istruzione 13 giugno 2006, n. 47, utilizzano
i seguenti spazi di flessibilità, intesi come possibilità di
articolare in opzioni le aree di indirizzo di cui agli allegati B) e
C) per corrispondere alle esigenze del territorio e ai fabbisogni
formativi espressi dal mondo del lavoro e della professioni, con
riferimento all'orario annuale delle lezioni: entro il 30% nel
secondo biennio e il 35% nell'ultimo anno.
E' opportuno che il Ministero dell'istruzione chiarisca se tale
previsione sia stata coordinata con il decreto del Presidente della
Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, concernente il "Regolamento recante
norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche".
L'art. 5, comma 3 prevede che le istituzioni scolastiche
costituiscano dipartimenti, quali articolazioni funzionali del
collegio dei docenti, per il sostegno alla didattica e alla
progettazione formativa (lett. b), nonché un comitato scientifico,
con una composizione paritetica di docenti e di esperti del mondo
del lavoro, delle professioni, della ricerca scientifica e
tecnologica, con funzioni consultive e di proposta per
l'organizzazione e l'utilizzazione degli spazi di autonomia e
flessibilità (lett. c). La disposizione suscita perplessità sia con
riguardo al rispetto della riserva di legge in materia di
organizzazione (con particolare riguardo alla materia dei collegi),
essendo estranea all'ambito della delega, sia con riguardo al
rispetto dell'autonomia scolastica, apparendo più coerente con
l'obiettivo di realizzare l'autonomia lasciare alle istituzioni
scolastiche la scelta in ordine all'opportunità di istituire tali
organi nello specifico contesto in cui operano. Inoltre la stessa
effettività di codesti organi appare compromessa dalla mancata
assegnazione di risorse finanziarie e dalla gratuità dell'incarico.
La disposizione sembra, infine, riguardare una materia - quella
degli organi collegiali della scuola - attualmente oggetto di una
diversa disciplina legislativa, e con riferimento alla quale
risultano pendenti in Parlamento diverse iniziative legislative.
L'art. 7, comma 1 stabilisce che, al fine di un costante
monitoraggio sugli istituti tecnici anche preordinato alla loro
innovazione, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della
ricerca si avvale di un apposito Comitato nazionale per l'istruzione
tecnica e professionale, costituito con proprio decreto, senza nuovi
o maggiori oneri per la finanza pubblica, del quale fanno parte
dirigenti e docenti della scuola, esperti del mondo del lavoro e
delle professioni, dell'università e della ricerca nonché esperti
indicati dalla Conferenza dei Presidenti delle Regioni e dall'Unione
Province d'Italia, dal Ministero del lavoro, della salute e delle
politiche sociali, dal Ministero dello sviluppo economico e dal
Ministero della gioventù. Il Comitato si articola in commissioni di
settore e si avvale anche dell'assistenza tecnica dell'Agenzia
Nazionale per lo sviluppo dell'autonomia Scolastica (A.N.S.A.S.),
dell'Istituto per lo Sviluppo della Formazione Professionale dei
Lavoratori (ISFOL), di Italia Lavoro e dell'Istituto per la
Promozione Industriale (IPI). Ai componenti del comitato non
spettano compensi a qualsiasi titolo dovuti. E' opportuno che il
Ministero dell'istruzione chiarisca sia la compatibilità di tale
previsione con l'oggetto della delega, sia la sua rispondenza alle
esigenze di semplificazione enunciate nella stessa.
L'art. 8, comma 1 disciplina il passaggio al nuovo ordinamento,
prevedendo la confluenza degli istituti tecnici attualmente
esistenti e delle sperimentazioni in corso negli istituti tecnici di
cui al regolamento ovvero, per gli indirizzi sperimentali
corrispondenti ai percorsi liceali, nei licei di cui al regolamento
gemello. E' opportuno che il Ministero dell'istruzione illustri la
graduazione di tale passaggio, anche con riguardo alla tutela
dell'affidamento degli studenti che, trovandosi nelle situazioni di
transito, subiranno una modificazione dell'iter formativo prescelto.
L'art. 8, comma 2 demanda a un successivo decreto ministeriale di
natura non regolamentare, adottato dal Ministro dell'istruzione,
dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministero
dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-Regioni e
Province autonome, la definizione di aspetti che attuano e
completano le disposizioni contenute nello schema di regolamento in
esame, quali:
a) le indicazioni nazionali riguardanti le competenze, le abilità e
le conoscenze, con riferimento ai risultati di apprendimento di cui
all'articolo 3, comma 1, e all'articolo 4, comma 1, in relazione
agli insegnamenti di cui agli allegati B) e C);
b) gli ambiti, i criteri e le modalità per l'ulteriore articolazione
delle aree di indirizzo di cui agli articoli 3 e 4 relativi agli
spazi di flessibilità di cui all'articolo 5, comma 3, lettera a) in
un numero contenuto di opzioni, incluse in un apposito elenco
nazionale, da attivare in ogni caso nei limiti degli organici
determinati a legislazione vigente;
c) i criteri per il raccordo tra il previgente ordinamento e quello
previsto dal presente regolamento per accompagnarne il passaggio
nelle seconde classi funzionanti nell'anno scolastico 2010-2011,
nelle quali si completa l'assolvimento dell'obbligo di istruzione;
d) la rideterminazione dei quadri orario, comprensiva delle ore di
compresenza degli insegnanti tecnico-pratici, a partire dalle terze
e quarte classi degli istituti tecnici funzionanti nell'anno
scolastico 2010-2011, secondo il previgente ordinamento, con un
orario complessivo annuale corrispondente a 32 ore settimanali.
L'art. 8, comma 3 demanda a decreti di natura non regolamentare,
egualmente adottati di concerto con il Ministro dell'economia e
delle finanze, di definire:
a) le classi di concorso del personale docente, ivi compreso quello
da destinare all'ufficio tecnico, e l'articolazione delle cattedre
per ciascuno degli indirizzi di cui agli allegati B) e C);
b) i criteri generali per l'insegnamento, in lingua inglese, di una
disciplina non linguistica compresa nell'area di indirizzo del
quinto anno, da attivare in ogni caso nei limiti degli organici
determinati a legislazione vigente;
c) gli indicatori per la valutazione e l'autovalutazione degli
istituti tecnici, in relazione alle proposte formulate del Comitato
di cui all'articolo 7, comma 1, anche con riferimento al quadro
europeo per la garanzia della qualità dei sistemi di istruzione e
formazione.
In entrambi casi la natura dell'oggetto di disciplina suggerisce
l'utilizzo di atti aventi forza normativa, sicché appare opportuno
eliminare dal testo delle due disposizioni l'inciso "di natura non
regolamentare".
In conclusione, sui punti segnalati occorre che il Ministero
dell'istruzione, dell'università e della ricerca fornisca i
chiarimenti richiesti. All'esito la Sezione si riserva la facoltà di
disporre l'audizione del Capo dell'Ufficio legislativo del
Ministero, nonché del dirigente generale competente all'istruttoria
del regolamento.
P.Q.M.
Sospende l'emanazione del parere in attesa degli adempimenti di cui
in motivazione.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Francesco Bellomo Alessandro Pajno
***
Numero
07151/2009 e data 09/12/2009
REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Normativa per gli Atti
Consultivi
Adunanza di Sezione del 26 novembre
2009
NUMERO AFFARE 04599/2009
OGGETTO:
Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
Schema di regolamento recante "Revisione dell'assetto ordinamentale,
organizzativo e didattico degli
istituti professionali
ai sensi dell'articolo 64, comma 4, del
decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni
dalla legge 6 agosto 2008, n. 133".
LA SEZIONE
Vista la relazione trasmessa con nota prot. A00/UffLeg/4790 del 16
novembre 2009, con la quale il Ministero dell'istruzione,
dell'università e della ricerca chiede il parere del Consiglio di
Stato in ordine allo schema di regolamento in oggetto;
esaminati gli atti e udito il relatore ed estensore Cons. Francesco
Bellomo;
PREMESSO:
Con nota del 16 novembre 2009 il Ministero dell'istruzione,
dell'università e della ricerca chiede al Consiglio di Stato il
parere di cui all'articolo 17, comma 25 della legge 15 maggio 1997,
n. 127, sullo schema di regolamento, da approvare con decreto del
Presidente della Repubblica, recante "Revisione dell'assetto
ordinamentale, organizzativo e didattico degli istituti
professionali ai sensi dell'articolo 64, comma 4, del decreto legge
25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6
agosto 2008, n. 133".
L'articolo 64 del decreto legge 25 giugno 2008 n. 112, convertito
con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008 n. 133, concernente
disposizioni in materia di organizzazione scolastica, al comma 3,
stabilisce che il Ministro dell'istruzione, dell'università e della
ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze,
sentita la Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28
agosto 1997, n. 281 e previo parere delle Commissioni Parlamentari
competenti per materia e per le conseguenze di carattere
finanziario, deve predisporre un piano programmatico di interventi
volti ad una maggiore razionalizzazione dell'utilizzo delle risorse
umane e strumentali disponibili, che conferiscano una maggiore
efficacia ed efficienza al sistema scolastico.
Per l'attuazione di detto piano programmatico il successivo comma 4
prevede che il Ministro dell'istruzione, dell'università e della
ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze,
sentita la Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28
agosto 1997, n. 281, adotti uno o più regolamenti ai sensi
dell'articolo 17, comma 2 della legge 23 agosto 1988 n. 400, di
revisione dell'attuale assetto ordinamentale, organizzativo e
didattico del sistema scolastico.
Con lo schema di regolamento in esame sono introdotte modifiche alle
norme generali relative agli istituti professionali.
Lo schema è composto dal preambolo, da dieci articoli, da quattro
allegati.
L'articolo 1 definisce l'oggetto del regolamento. Il comma 1
richiama le disposizioni normative che collocano gli istituti
professionali nell'ambito dell'istruzione secondaria superiore, che
fa parte del secondo ciclo del sistema di istruzione e formazione.
Il comma 2 stabilisce che la riorganizzazione degli istituti tecnici
sia avviata a partire dalle classi prime e seconde funzionanti
nell'anno scolastico 2010-2011.
L'articolo 2 definisce l'identità degli istituti professionali,
basata sull'integrazione tra una solida base di istruzione generale
e una cultura tecnico-professionale, che consenta agli studenti di
acquisire saperi e competenze adeguati a soddisfare le esigenze
formative del settore produttivo di riferimento. L'offerta formativa
è connotata da un contenuto numero di settori ed indirizzi, che
fanno riferimento al generale profilo educativo culturale e
professionale descritto nell'allegato A. ed agli specifici profili
di uscita, con i rispettivi quadri orari, relativi a ciascuno degli
indirizzi descritti negli allegati B e C.
Gli articoli 3 e 4 delineano il quadro di riferimento dei due macro
settori dell'istruzione professionale, quello dei servizi articolato
in cinque indirizzi (art. 3) e quello industria ed artigianato
articolato in un solo indirizzo (art. 4), come descritti negli
allegati B e C. Rispetto all'attuale ordinamento si determina una
riduzione dei settori (da 5 a 2) e degli indirizzi (da 27 a 6).
L'articolo 5 delinea la struttura generale e l'organizzazione dei
percorsi dell'istruzione tecnica, con indicazione del monte ore
complessivo di lezioni previsto per ciascuno dei segmenti didattici
in cui sono articolati i percorsi formativi, il rapporto tra l'area
degli insegnamenti generali e le aree di indirizzo, gli spazi di
autonomia e le quote di flessibilità riservate alle istituzioni
scolastiche, le metodologie da attivare per migliorare l'efficacia
dei risultati di apprendimento degli allievi. Si delineano i modelli
organizzativi per ampliare la condivisione della progettazione
educativa e il raccordo tra il Piano dell'offerta formativa adottato
dall'istituto e le esigenze espresse dal territorio e dal mondo del
lavoro e delle professioni.
I nuovi indirizzi degli istituti professionali, ripartiti in due
ampi settori di riferimento (servizi e industria e artigianato),
sono caratterizzati da un'area di istruzione generale, comune a
tutti i percorsi, e in distinte aree di indirizzo, che possono
essere ulteriormente specificate in un numero contenuto di opzioni,
con riferimento a documentate esigenze del mondo del lavoro e del
territorio, nell'ambito delle quote di flessibilità indicate al
comma 3, lettera a), dell' articolo in esame.
In particolare, gli spazi di flessibilità riservati agli istituti
professionali corrispondono, con riferimento all'orario annuale
delle lezioni, alle seguenti aliquote: entro il 25% nel primo
biennio; entro il 35% nel secondo biennio; entro il 40% nell'ultimo
anno.
Gli istituti professionali hanno, in questo modo, margini più ampi
di autonomia per l'individuazione degli obiettivi formativi
correlati alle esigenze di personalizzazione di percorsi e
territoriali, per l'organizzazione della didattica, per la ricerca e
la sperimentazione. Tali spazi potranno consentire loro di
organizzare le aree di indirizzo in modo da realizzare, in via
sussidiaria, percorsi per il conseguimento di qualifiche e diplomi
professionali, sulla base delle intese di cui dall'articolo 2, comma
3.
Il percorso quinquennale degli istituti professionali è strutturato
in un primo biennio, dedicato all'acquisizione dei saperi e delle
competenze previsti per l'assolvimento dell'obbligo di istruzione e
di apprendimenti che introducono progressivamente alle aree di
indirizzo in funzione orientativa; un secondo biennio, in cui l'area
di indirizzo può articolarsi in opzioni; un quinto anno, che si
conclude con l'esame di Stato.
La struttura oraria varia nel rapporto tra ore da destinare all'area
di istruzione generale ed all'area di indirizzo secondo una
proporzione superiore nel primo biennio a favore della prima e, nel
secondo biennio e quinto anno, a favore della seconda.
L'articolo 6 affronta il tema della valutazione e dei titoli finali.
Per quanto riguarda la valutazione, periodica e annuale, degli
apprendimenti e del comportamento degli studenti, nonché la
certificazione delle competenze acquisite, si fa riferimento alla
normativa vigente, ovvero all'art. 13, commi 1, 2 e 6 del decreto
legislativo n. 226 del 2005 e dall'articolo 2 del decreto legge 1
settembre 2008, n. 137, convertito dalla legge 30 ottobre 2008 n.
169.
L'articolo 7 indica le modalità per il monitoraggio e la valutazione
di sistema dei percorsi degli istituti professionali, soprattutto ai
fini della loro innovazione permanente. Per questo, è prevista la
costituzione, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica,
di un Comitato nazionale per l'istruzione tecnica e professionale.
E' prevista l'individuazione di specifici indicatori per la
valutazione e l'autovalutazione degli istituti professionali sulla
base delle proposte del suddetto Comitato nazionale, anche con
riferimento al Quadro europeo per la garanzia della qualità dei
sistemi di istruzione e formazione. Il Ministro dell'istruzione,
dell'università e della ricerca presenta, ogni tre anni, al
Parlamento un rapporto con i risultati del monitoraggio e della
valutazione dei percorsi formativi degli istituti professionali.
L'articolo 8 disciplina il passaggio al nuovo ordinamento.
L'articolo 8 disciplina il passaggio al nuovo ordinamento, rinviando
la disciplina di taluni aspetti a successivi decreti non
regolamentari Ministro dell'istruzione, dell'università e della
ricerca. Gli istituti professionali di ogni tipo e indirizzo
confluiscono nel nuovo ordinamento a partire dall'anno scolastico
2010-2011, secondo quanto previsto nella tabella descritta
nell'Allegato D
L'articolo 9 contiene le disposizioni finali.
L'articolo 10 indica le abrogazioni delle disposizioni relative agli
istituti professionali a partire dall'a.s. 2010-2011.
Gli allegati sono i seguenti:
Allegato A: Profilo educativo, culturale e professionale dello
studente a conclusione del secondo ciclo del sistema educativo di
istruzione per gli istituti professionali
Allegato B: Profili degli indirizzi degli istituti professionali del
settore servizi
B1- Servizi per l'agricoltura e lo sviluppo rurale
B2- Servizi per la manutenzione e l'assistenza tecnica
B3 - Servizi socio-sanitari
B4 - Servizi per l'enogastronomia e l'ospitalità alberghiera
B5 - Servizi commerciali
Allegato C: Profili degli indirizzi degli istituti professionali del
settore industria e commercio
C1 Produzioni industriali ed artigianali
Allegato D: Tabella di confluenza degli attuali istituti
professionali di ogni tipo ed indirizzo nel nuovo ordinamento
CONSIDERATO:
L'atto normativo in esame ha natura di regolamento delegato ai sensi
dell'art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400
("Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza
del Consiglio dei Ministri").
Esso si inserisce nel quadro degli interventi urgenti predisposti
dal Governo con il d.l. n. 112 del 2008 per lo sviluppo economico,
la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della
finanza pubblica e la perequazione tributaria, ed appare
specificamente preordinato al contenimento della spesa per il
pubblico impiego (tanto da figurare all'inizio del capo II, così
intitolato), oltre che ad una più generale implementazione
nell'organizzazione scolastica dei principi di efficacia, efficienza
ed economicità, che permeano il moderno volto del sistema
amministrativo.
Trattandosi di un regolamento delegato, può essere adottato per la
disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di legge
prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi della Repubblica,
autorizzando l'esercizio della potestà regolamentare del governo,
determinano le norme generali regolatrici della materia e dispongono
l'abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall'entrata in
vigore delle norme regolamentari.
La materia oggetto del presente regolamento non è sottoposta a
riserva di legge assoluta (arg. ex art. 33, comma 2 Cost. : "La
Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce
scuole statali per tutti gli ordini e gradi") e rientra anche
nell'organizzazione amministrativa, che è terreno di elezione per
l'uso della potestà regolamentare, anche delegificante, come
dimostrato dallo stesso articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n.
400, al comma 4-bis. Sotto tale profilo la previsione di un
regolamento delegato risulta coerente con la riserva relativa di
legge fissata dall'articolo 97, comma 1 della Costituzione, come
attuata dall'articolo 2, comma 1 del decreto legislativo n. 165 del
2001, che demanda alla legge la sola fissazione dei principi
generali sull'organizzazione amministrativa.
Il regolamento soddisfa anche il principio di legalità sostanziale,
per un duplice ordine di ragioni.
In primo luogo l'articolo 64, comma 4, del decreto legge 25 giugno
2008, n. 112 fissa, per la revisione dell'attuale assetto
ordinamentale, organizzativo e didattico del sistema scolastico, una
pluralità di criteri, i quali formano un contesto unitario e si
integrano reciprocamente. Per quanto direttamente interessa il
regolamento in esame, la fonte primaria indica come direttiva la "ridefinizione
dei curricoli vigenti nei diversi ordini di scuola anche attraverso
la razionalizzazione dei diversi piani di studio e relativi quadri
orari, con particolare riferimento agli istituti tecnici e
professionali". Funge da cornice la previsione di cui al comma 6 del
medesimo articolo, il quale stabilisce che dall'attuazione dei commi
1, 2, 3, e 4 devono derivare per il bilancio dello Stato economie
lorde di spesa, non inferiori a 456 milioni di euro per l'anno 2009,
a 1.650 milioni di euro per l'anno 2010, a 2.538 milioni di euro per
l'anno 2011 e a 3.188 milioni di euro a decorrere dall'anno 2012.
In secondo luogo il regolamento costituisce attuazione di un piano
programmatico adottato dal Ministro dell'istruzione, dell'università
e della ricerca di concerto con il Ministro dell'economia e delle
finanze, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del
decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 e previo parere delle
Commissioni parlamentari competenti per materia e per le conseguenze
di carattere finanziario.
Si realizza, così, una sequenza di fonti (legge - atto politico di
indirizzo - regolamento) in cui il potere regolamentare risultato
conformato non solo dalle disposizioni di legge, ma anche da un atto
intermedio, che vale a fissare le linee guida su cui l'esecutivo
deve esprimersi, così riducendone la discrezionalità politica e
valorizzandone il ruolo tecnico. Ciò è tanto più da apprezzarsi
tenendo conto dell'ampio coinvolgimento degli organi istituzionali
realizzato, attesa la partecipazione nell'elaborazione del piano
programmatico del Ministro dell'economia e delle finanze, della
Conferenza unificata e delle Commissioni parlamentari competenti,
idonea ad esprimere un punto di vista unitario, in grado di
sintetizzare le posizioni dei diversi livelli di governo della
comunità. La stessa predisposizione dello schema di regolamento da
parte del Ministero dell'istruzione avviene con l'intervento del
Ministro dell'economia e delle finanze e della Conferenza unificata,
in simmetria con quanto previsto per l'adozione del piano
programmatico.
Sul piano dei principi resta da verificare l'ammissibilità e i
limiti dell'impiego del regolamento delegato nella materia
dell'istruzione scolastica.
Il riparto delle competenze normative in materia di istruzione è
definito dal nuovo articolo 117 della Cost. come segue:
- spetta allo Stato la potestà legislativa esclusiva di dettare le
"norme generali sull'istruzione" (comma 2, lett. n);
- spetta alla potestà concorrente della Regione la materia
"istruzione", salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con
esclusione dell'istruzione e della formazione professionale (comma
3).
In materia, peraltro, occorre considerare anche l'articolo 117,
comma 2 lett. g), che attribuisce alla potestà legislativa esclusiva
dello Stato il settore "ordinamento e organizzazione amministrativa
dello Stato", nonché l'articolo 117, comma 2 lett. e) e l'articolo
119 Cost. per i profili di finanza pubblica investiti dalla riforma
dell'organizzazione scolastica.
Lo Stato ha la potestà regolamentare nelle materie di legislazione
esclusiva, mentre la Regione ha la potestà regolamentare in ogni
altra materia. Aderendo alla tesi prevalente in dottrina la
giurisprudenza della Corte costituzionale ha ritenuto ammissibili i
regolamenti delegati in aree che, pur di competenza dello Stato,
incrociano profili spettanti alla Regioni. Nella materia
dell'istruzione, definire interamente le rispettive sfere di
applicazione e il tipo di rapporto tra le "norme generali
sull'istruzione" e i "principi fondamentali" in materia di
"istruzione" - le prime di competenza esclusiva dello Stato ed i
secondi destinati a orientare le Regioni nell'esercizio della
relativa potestà concorrente - non è sempre agevole e necessario,
nel complesso intrecciarsi in una stessa materia di norme generali,
principi fondamentali, leggi regionali e determinazioni autonome
delle istituzioni scolastiche.
In queste condizioni deve prendersi atto che la scelta compiuta dal
legislatore non è priva di una base formale, poiché una competenza
esclusiva statale sussiste e quindi vi è la possibilità di adottare
una normativa secondaria. L'esistenza nell'ambito oggettivo del
regolamento di un'osmosi tra materie di competenza legislativa
esclusiva dello Stato e materie di competenza concorrente non
determina, di per sé, alcuna preclusione. D'altronde il regolamento
in questione, proprio in considerazione di tale osmosi, è stato
concepito dalla legge e concretamente attuato nel suo iter formativo
come ispirato al principio di leale collaborazione con le autonomie
locali; in ciò adeguandosi al principio formulato dalla Corte
costituzionale secondo cui nel nuovo Titolo V della Carta, per
valutare se una normativa statale che occupi spazi spettanti alle
Regioni sia invasiva delle attribuzioni regionali o, invece,
costituisca applicazione dei principi di sussidiarietà e
adeguatezza, diviene elemento essenziale la previsione di forme di
concertazione fra lo Stato e le Regioni interessate. Si aggiunga che
la materia è caratterizzata da un forte tecnicismo, sicché non
appare irragionevole l'adozione di uno strumento più duttile qual è
appunto quello regolamentare.
Tali considerazioni risultano corroborate dalla sentenza n. 200 del
2009 della Corte costituzionale, la quale, pronunciandosi sulla
legittimità costituzionale dell'articolo 64 del decreto legge 25
giugno 2008, n. 112, ha affermato che:
- "il sistema generale dell'istruzione, per sua stessa natura,
riveste carattere nazionale, non essendo ipotizzabile che esso si
fondi su una autonoma iniziativa legislativa delle Regioni, limitata
solo dall'osservanza dei principi fondamentali fissati dallo Stato,
con inevitabili differenziazioni che in nessun caso potrebbero
essere giustificabili sul piano della stessa logica. Si tratta,
dunque, di conciliare, da un lato, basilari esigenze di "uniformità"
di disciplina della materia su tutto il territorio nazionale, e,
dall'altro, esigenze autonomistiche che, sul piano
locale-territoriale, possono trovare soddisfazione mediante
l'esercizio di scelte programmatiche e gestionali rilevanti soltanto
nell'ambito del territorio di ciascuna Regione".
- "Con riguardo, invece, alla potestà regolamentare, il legislatore
ha fatto espresso riferimento ai regolamenti di delegificazione
contemplati nel comma 2 dell'art. 17 della legge n. 400 del 1998.
Sul punto, è bene chiarire che il sesto comma dell'art. 117 Cost.,
da un lato, autorizza il legislatore statale, come già sottolineato,
ad esercitare la potestà regolamentare in tutte le materie di
legislazione esclusiva dello Stato; dall'altro, non pone
limitazioni, in linea con la sua funzione di norma di riparto delle
competenze, in ordine alla tipologia di atto regolamentare
emanabile. Ne consegue che risulta conforme al sistema delle fonti
la previsione di regolamenti di delegificazione anche in presenza
dell'ambito materiale in esame. Deve, anzi, ritenersi che le "norme
generali sull'istruzione" - essendo fonti di regolazione di
fattispecie relative alla struttura essenziale del sistema
scolastico nazionale - si prestano a ricevere "attuazione" anche
mediante l'emanazione di atti regolamentari di delegificazione,
purché in concreto vengano rispettati il principio di legalità
sostanziale e quello di separazione delle competenze "
- "In secondo luogo, la disposizione censurata, contenendo "norme
generali regolatrici della materia", cui fa riferimento il citato
art. 117, rispetta il richiamato principio di legalità sostanziale.
In particolare, a tale proposito, il legislatore - nello stabilire
che, mediante lo strumento dei regolamenti di delegificazione, si
debba provvedere ad una revisione dell'attuale assetto ordinamentale,
organizzativo e didattico del sistema scolastico, da intendersi
riferito, come già rilevato, alle sole modifiche relative alle
caratteristiche generali del sistema nazionale dell'istruzione - ha
provveduto ad una predeterminazione contenutistica puntuale dei
"criteri" cui deve rigorosamente attenersi il Governo nell'esercizio
della potestà regolamentare delegata. La chiara delimitazione dei
settori di materia, dei presupposti e delle condizioni cui sono
strettamente vincolati ad attenersi i regolamenti in questione
consente, pertanto, di ritenere che le disposizioni risultanti dalla
concorrenza delle predette fonti, nel loro combinato disposto,
possono essere ascritte alla categoria delle norme generali".
Se queste sono le coordinate generali nella materia dell'istruzione,
problemi specifici si pongono nel settore dell'istruzione
professionale, atteso che l'art. 117 comma 3 della Costituzione
attribuisce alle Regioni la potestà legislativa esclusiva in materia
di "istruzione e formazione professionale", restando allo Stato solo
di fissare i livelli essenziali delle prestazioni ai sensi dell'art.
117, comma 2, lett. n).
Tuttavia occorre pur sempre distinguere l'istruzione e formazione
professionale, di competenza regionale, dalle norme generali in
materia di istruzione, che abbracciano anche l'istruzione
professionale e sono di competenza dello Stato. La dottrina
maggioritaria e la Corte costituzionale sono orientate in tal senso.
E' stato infatti osservato che in considerazione dell'attuale
assetto costituzionale non è possibile ritenere che la materia
dell'istruzione e formazione professionale (sia che si intenda
l'espressione utilizzata dal legislatore come riferita ad un unico
settore, sia che la si intenda riferita a due settori tra loro
distinti seppure connessi in senso oggettivo e funzionale) sia del
tutto autonoma rispetto alla materia "istruzione", così come non è
possibile ritenere che si tratti di ambiti ordinamentali
integralmente separati ed autonomi e, quindi, escludere qualsivoglia
interferenza fra legislatore regionale e legislatore statale. Al
riguardo va in primo luogo considerato che il terzo comma dell'art.
117 Cost. fa salva l'istruzione e formazione professionale rispetto
alla competenza legislativa statale concorrente relativa alla
"istruzione. Se fosse mancata tale precisazione la materia
"istruzione e formazione professionale" sarebbe stata integralmente
compresa nell'ambito della materia "istruzione" e, quindi, soggetta
al vincolo dei principi fondamentali posti o desumibili dalla
legislazione statale. La formulazione dell'art. 117, comma terzo,
nella parte riferita alla materia "istruzione", ha inteso scorporare
uno specifico e determinato sottosettore al fine di sottrarlo alla
disciplina propria della potestà legislativa concorrente, ma ciò non
esclude che la materia "istruzione e formazione professionale"
manifesti elementi di collegamento con il più rientri nel più
generale ambito della sfera normativa, regolamentare, amministrativa
ed istituzionale che fa capo alla materia "istruzione". Ne consegue,
allora e per converso, che se la potestà legislativa regionale
concernente la materia "istruzione e formazione professionale" non è
soggetta di per sé ai limiti dei principi fondamentali della
legislazione statale deve comunque confrontarsi con le "norme
generali sull'istruzione" dettate dallo Stato, oltre che
naturalmente con tutte le competenze spettanti allo Stato sempre
sulla base della Costituzione.
La Corte costituzionale ha osservato che in questo caso non si
tratta della ripartizione di una medesima competenza legislativa
inerente allo stesso settore ordinamentale, bensì di una
"concorrenza di competenze" (sentenza n. 50 del 2005). In coerenza
con siffatta impostazione la Consulta si è sforzata di enucleare dei
criteri attraverso i quali stabilire l'ambito riservato a ciascuna
delle competenze e a risolvere i problemi derivanti dalla
compresenza (e possibile interferenza) di distinte potestà
legislative. Sotto il primo profilo la Corte, chiamata a valutare la
sussistenza o meno della competenza (statale ovvero regionale) ad
adottare una certa normativa, ha fatto riferimento al criterio della
prevalenza incentrato sulla verifica dell'appartenenza allo Stato
ovvero alle Regioni del nucleo essenziale del complesso normativo
sottoposto al suo vaglio (sentenza n. 370/2003). Sotto il secondo
profilo la Corte ha fatto riferimento al criterio della leale
collaborazione in virtù del quale in ambiti o settori caratterizzati
da compresenza la normativa non può essere dettata dallo Stato
ovvero dalla singola Regione "in solitudine" dovendo essere
assicurata alle seconde ovvero al primo la possibilità di interagire
con un non disprezzabile grado di intensità (sentenza n. 279/2005).
La Corte costituzionale si è altresì sforzata di fornire alcune
indicazioni circa il possibile contenuto precettivo delle "norme
generali sull'istruzione" e delle norme regionali attinenti alla
"istruzione" e alla "istruzione e formazione professionale", per un
verso procedendo a delimitare in negativo l'ambito della potestà
legislativa esclusiva delle Regioni e, per altro verso, intervenendo
a ripartire l'ambito della potestà legislativa con lo Stato.
Per quanto concerne la delimitazione della potestà legislativa
esclusiva delle Regioni anzitutto è stata esclusa (in particolare la
sentenza n. 13/2004) ogni interpretazione del nuovo art. 117 tesa a
una riduzione della potestà legislativa di cui le Regioni erano
titolari prima della riforma del titolo V e dell'entrata in vigore
del nuovo testo della menzionata norma. Ciò significa che, essendo
state le Regioni già titolari della potestà legislativa in materia
di "istruzione artigiana e professionale", per effetto della nuova
formulazione dell'art. 117 non possono aver subito alcuna riduzione
della potestà legislativa in materia di formazione professionale.
Poi si è affermato (sentenza n. 213/2009) che "In materia di
istruzione e formazione professionale, la Costituzione (art. 117)
ripartisce nel seguente modo la potestà legislativa tra lo Stato e
le Regioni: spetta allo Stato, in via esclusiva, la potestà
legislativa relativa alle norme generali sull'istruzione; spetta a
Stato e Regioni, in via concorrente, la potestà legislativa
sull'istruzione, fatta salva l'autonomia delle istituzioni
scolastiche; spetta alle Regioni, in via residuale, la potestà
legislativa concernente la formazione professionale". In
particolare, ad avviso della Corte, la disciplina degli esami di
Stato per l'accesso agli studi universitari ed all'alta formazione
ricade nella materia dell'istruzione, in quanto conclude il percorso
di istruzione secondaria superiore ed avvia gli studi di istruzione
superiore. Inoltre, essa fa parte dei principi della materia
dell'istruzione perché è un elemento di quella struttura essenziale
del relativo sistema nazionale che non può essere oggetto di
normazione differenziata su base territoriale e deve essere regolata
in modo unitario sull'intero territorio della Repubblica. Il sistema
della formazione professionale e quello dell'istruzione
costituiscono parti distinte del sistema nazionale di istruzione.
Già l'art. 141 del decreto legislativo n. 112 del 1998 aveva incluso
nell'ambito di competenza esclusiva delle Regioni in materia di
formazione professionale soltanto "la formazione impartita dagli
istituti professionali, nel cui ambito non funzionano corsi di
studio di durata quinquennale per il conseguimento del diploma di
istruzione secondaria superiore";
L'art. 13, comma terzo, della legge n. 40 del 2007 - come tra breve
si vedrà - ha riportato gli istituti professionali nel sistema
dell'istruzione secondaria. Il presente regolamento costituisce
attuazione del solo art. 64, comma quarto, lett. b), ma anche di
tale ultima disposizione, certamente ascrivibile tra le "norme
generali in tema d'istruzione", come dimostrato anche dalla
circostanza che essa incide sul decreto legislativo n. 226 del 2005,
cui è stata riconosciuta la predetta natura.
Ciò posto in termini astratti, il compito della Sezione è di
verificare se le singole disposizioni del regolamento siano
rispettose di tali principi sulle fonti e dei criteri desumibili
dalla delega, nonché siano compatibili con il sistema legislativo
dell'istruzione professionale.
Occorre, dunque, preliminarmente definire quest'ultimo.
Con la legge 28 marzo 2003, n. 53, anche alla luce dei mutamenti
intervenuti con la modifica del titolo V della Costituzione e la
nuova distribuzione dei poteri in materia di istruzione e formazione
tra Stato e Regioni conseguente alla legge costituzionale 18 ottobre
2001, n. 3, è stata conferita al Governo la delega per la
definizione delle norme generali sull'istruzione e dei livelli
essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione
professionale. Il Governo ha esercitato la delega con l'emanazione
di appositi decreti legislativi concernenti i diversi settori di
intervento, decreti legislativi che, anch'essi, hanno subito nel
tempo modifiche, abrogazioni, sospensioni di esecutività.
Per quanto riguarda il secondo ciclo di istruzione e formazione è
stato emanato il decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226 che ha
inteso rivisitare il secondo ciclo del sistema di istruzione e
formazione poggiandolo sulle due gambe del sistema dei licei e del
sistema di istruzione e formazione professionale. Detto decreto
prevedeva la confluenza degli istituti professionali nei licei, come
già per gli istituti tecnici.
L'art. 13 del decreto legge 31 gennaio 2007, n. 7, convertito nella
legge 2 aprile 2007, n. 40, ha ripristinato l'istruzione
tecnico-professionale, articolata negli istituti tecnici e negli
istituti professionali di cui all'articolo 191, commi 2 e 3, del
testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297,
tutti finalizzati al conseguimento di titoli di studio quinquennali,
caratterizzata da una forte area di istruzione generale comune ai
due ordini di studi e da indirizzi ampi e flessibili. Il comma
8-bis, lettera a) di detto articolo ha novellato l'art. 1 del
decreto legislativo n. 226/05, riconfigurando l'assetto del secondo
ciclo, che risulta ora articolato nell'istruzione secondaria
superiore, costituita dai licei, dagli istituti tecnici e dagli
istituti professionali e nel sistema di istruzione e formazione
professionale. L'art. 13, commi 1-bis e 1-ter della legge 2 aprile
2007, n. 40 prevede l'emanazione di regolamenti ministeriali per
realizzare la riforma del sistema dell'istruzione tecnica e
professionale, regolamenti mai adottati.
L'articolo 64, comma 4, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112,
convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 ribadisce l'esigenza di
procedere a una definitiva razionalizzare dei percorsi scolastici
vigenti nell'ambito di un complessivo processo di revisione e
sistematizzazione degli ordinamenti (suffragata dalle testi espresse
nel "Quaderno bianco sulla scuola"), con esplicito riferimento
proprio agli istituti tecnici e degli istituti professionali.
Attraverso l'articolo 37 del decreto legge 30 dicembre 2008, n. 207,
la revisione dell'istruzione secondaria superiore viene
definitivamente fissata "a decorrere dall'anno scolastico e
formativo 2010-2011".
Ad avviso dell'Amministrazione nel regolamento in esame è confluita
anche la materia oggetto dei regolamenti ministeriali di cui
all'articolo 13, commi 1-bis e 1-ter del decreto legge 31 gennaio
2007, n. 7, convertito nella legge 2 aprile 2007, n. 40.
E' condivisibile l'affermazione, contenuta nella relazione
illustrativa, che lo schema di regolamento si colloca nel vigente
quadro di riferimento, rispondendo alle seguenti esigenze:
o riaffermare l'identità degli istituti professionali all'interno
del secondo ciclo del sistema nazionale di istruzione e formazione,
che nel contempo valorizzi il "capitale sociale" accumulato dagli
istituti professionali nella loro pluridecennale esperienza e assuma
gradualmente una configurazione in grado di rispondere in maniera
flessibile alla richiesta di competenze sempre più avanzate connesse
a precisi ambiti settoriali aventi rilevanza nazionale;
o fare acquisire ai giovani, attraverso una solida base di
istruzione generale e di cultura professionale i saperi e le
competenze necessarie per assumere ruoli tecnici operativi nei
settori produttivi e di servizio di riferimento, considerati nella
loro dimensione sistemica;
o dare risposte chiare ai giovani e alle famiglie, che si aspettano
dalla scuola percorsi trasparenti e competenze spendibili tanto per
l'inserimento nel mondo del lavoro, quanto per il passaggio ai
livelli superiori di istruzione e formazione;
o configurare un quadro ordinamentale che superi la sovrapposizione
con i percorsi degli istituti tecnici;
o raccordarsi organicamente con il sistema di istruzione e
formazione professionale, di competenza delle Regioni;
o rendere più efficienti i servizi di istruzione e più efficace
l'utilizzo delle risorse, coniugando qualità e risparmio.
La previsione di un numero contenuto di settori ed indirizzi, la
declinazione delle materie di insegnamento riferite a risultati di
apprendimento articolati in competenze, attività e conoscenze, la
previsione di maggiori spazi di flessibilità nel quadro di criteri
generali definiti a livello nazionale sono espressione di un modello
didattico - organizzativo che intende superare l'attuale
frammentazione dei percorsi ed offrire strumenti alle istituzioni
scolastiche per una gestione efficiente ed efficace delle risorse
loro assegnate. Non si tratta, quindi, di un riordino finalizzato
unicamente al contenimento della spesa.
In concreto il regolamento si presenta coerente con il quadro
legislativo generale sull'istruzione e con l'ordine costituzionale
delle competenze normative.
Con riferimento alle competenze regionali, occorre premettere che
nella potestà esclusiva delle Regioni rientrano i percorsi di
istruzione e formazione professionale che si riferiscono a figure di
differente livello, relative ad aree professionali definite, sentite
le Parti sociali, mediante accordi in sede di Conferenza unificata,
recepiti con decreti del Presidente della Repubblica su proposta del
Ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, di
concerto con il Ministro del Lavoro e delle Politiche secondo i
livelli essenziali indicati nel Capo III del decreto legislativo n.
226/05 e, in particolare, all'articolo 18. Tali figure possono
essere articolate dalle Regioni in specifici profili professionali
sulla base dei fabbisogni del territorio. Coloro che conseguono
titoli e qualifiche a conclusione dei predetti percorsi di durata
almeno quadriennale possono accedere all'università e all'alta
formazione artistica, musicale e coreutica, dopo aver superato
l'esame di Stato, previa frequenza di un apposito corso annuale ai
sensi dell'articolo 15, comma 6 del citato decreto legislativo.
Invece lo schema di regolamento disciplina gli ordinamenti e
l'organizzazione degli istituti professionali quale articolazione
del sistema di istruzione secondaria di secondo grado, finalizzata
istituzionalmente al rilascio di diplomi di istruzione a conclusione
di percorsi quinquennali, che consentono l'accesso diretto
all'università. Essi si configurano, più in generale, come
un'articolazione dell'istruzione tecnico-professionale.
Ai fini del rispetto delle competenze regionali, pertanto, il
regolamento consente il rilascio di qualifiche triennali o diplomi
professionali da parte di tali istituti solo in regime di
sussidiarietà (art. 2, comma 3). Questa possibilità è prevista della
legge 40/07. Non possono quindi determinarsi sovrapposizioni tra il
sistema secondo le indicazioni contenute nelle linee guida da
adottare ai sensi dell'art. 13, comma 1-quinquies scolastico e il
sistema di istruzione e formazione professionale, anche in
considerazione della competenza esclusiva delle Regioni in materia
di programmazione dell'offerta formativa. Inoltre, sono previste
specifiche intese tra il Ministero dell'Istruzione, dell'Università
e della Ricerca, il Ministero dell'Economia e delle Finanze e
singole Regioni, al fine di realizzare un'offerta coordinata tra i
percorsi di istruzione degli istituti professionali e quelli di
istruzione e formazione professionale di competenza regionale (art.
8, comma 2).
In sintesi:
- i percorsi degli istituti professionali costituiscono
un'articolazione della scuola secondaria superiore che comprende i
licei, gli istituti tecnici e gli istituti professionali; questi
ultimi fanno parte dell'istruzione tecnico e professionale,
caratterizzata da due distinti assi culturali relativi
rispettivamente alle filiere tecnologiche ed alle filiere
produttive. I percorsi degli istituti professionali hanno durata
quinquennale e si concludono con titoli di studio;
- i percorsi del sistema regionale di istruzione e formazione
professionale si concludono con qualifiche di durata triennale e con
diplomi di durata quadriennale. Tali percorsi si realizzano nel
rispetto dei livelli essenziali di prestazione di cui al Capo III
del decreto legislativo n. 226/05.
La Sezione ritiene meritevole di approfondimento, invece, la
questione relativa alla conformità del testo alla delega.
La norma di delega concerne espressamente la sola "ridefinizione dei
curricoli vigenti nei diversi ordini di scuola anche attraverso la
razionalizzazione dei diversi piani di studio e relativi quadri
orari". Il piano programmatico prescrive che: "I piani di studio
relativi agli istituti tecnici e professionali di cui alla legge 2
aprile 2007, n. 40, saranno anch'essi riveduti al fine di pervenire
ad una ulteriore razionalizzazione e semplificazione. Per quanto
riguarda l'istruzione tecnica, se ne definiranno gli indirizzi in un
numero contenuto e adottando un carico orario annuale obbligatorio
delle lezioni non superiore a 32 ore settimanali. Per i citati
ordini di studio le suddette operazioni dovranno essere raccordate
con i tempi previsti per la effettuazione delle iscrizioni e la
determinazione degli organici. Per l'istruzione professionale si
opererà nel senso che gli indirizzi aventi una sostanziale
corrispondenza con quelli dell'istruzione tecnica, confluiscano in
quest'ultima, evitando duplicazioni di percorsi e di carichi orari e
conseguente disorientamento dell'utenza. Si riorganizzeranno i
rimanenti indirizzi di durata quinquennale, finalizzati al
conseguimento di un titolo di studio di istruzione secondaria
superiore, in un numero ristretto di tipologie che abbiano rilevanza
nazionale, con un carico di orario settimanale non superiore a
quello degli istituti tecnici. Si provvederà, inoltre,
all'elaborazione delle linee guida di cui all'art. 13, comma 1
quinquies, della legge n. 40/2007, con le quali saranno definiti i
criteri atti a consentire, in regime di transitorietà e
sussidiarietà, la prosecuzione dei percorsi di durata triennale
degli istituti professionali finalizzati al rilascio di qualifiche
professionali nei limiti delle risorse umane, strumentali e
finanziarie disponibili a legislazione vigente".
Il testo del regolamento in visione, pur apparendo più contenuto di
quello relativo ai licei, presenta comunque un impatto significativo
sull'ordinamento dell'istruzione professionale, che nelle relazione
di accompagnamento e nello stesso preambolo sembra legarsi anche ai
criteri di cui all'articolo 13, commi 1-bis e 1-ter del decreto
legge 31 gennaio 2007, n. 7, convertito nella legge 2 aprile 2007,
n. 40.
Tuttavia, la formulazione del preambolo (secondo cui "la materia
oggetto dei regolamenti ministeriali di cui all'articolo 13 del
decreto legge n. 7 del 2007, convertito, con modificazioni, dalla
legge n. 40 del 2007 rientra in quella più ampia oggetto dei
regolamenti governativi di cui all'articolo 64 del decreto legge n.
112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del
2008) non risulta appropriata, indicando un assorbimento dei
criteri, piuttosto che il loro utilizzo, per specificare quelli
abbastanza generici contenuti nell'articolo 64, comma 4, del decreto
legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008,
n. 133
Su tale questione, dunque, si impone un chiarimento e la conseguente
riformulazione della menzionata previsione contenuta nel preambolo.
Va, altresì, verificata la corrispondenza del testo dello schema
inviato ai criteri enunciati con riferimento ai regolamenti
ministeriali previsti dal predetto art. 13 del decreto-legge n. 7
del 2007.
Con riferimento alle singole disposizioni la Sezione sottopone
all'attenzione del Ministero dell'istruzione i seguenti punti.
L'articolo 1 stabilisce che "Il presente regolamento detta le norme
generali relative al riordino degli istituti professionali in
attuazione del piano programmatico di interventi di cui all'articolo
64, comma 3, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito,
con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, volti ad una
maggiore razionalizzazione dell'utilizzo delle risorse umane e
strumentali disponibili, tali da conferire efficacia ed efficienza
al sistema scolastico", ma poi, contraddittoriamente, l'articolo 9,
comma 2 prevede che "All'attuazione del presente regolamento si
provvede in coerenza con il piano programmatico di cui all'articolo
64, comma 3, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito,
con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008 n. 133, nei limiti
delle risorse finanziarie previste dagli ordinari stanziamenti di
bilancio senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica". Ne
consegue che il piano programmatico viene richiamato a monte ed a
valle, mentre - assumendo che il regolamento costituisca la sua
attuazione - la precisazione che lo stesso debba essere attuato in
coerenza con il piano programmatico è inutile se non dannosa.
L'articolo 5, comma 3 lett. a) stabilisce che, ferma restando la
quota di autonomia del 20% dei curricoli di cui al decreto del
Ministro della pubblica istruzione 13 giugno 2006, n. 47, utilizzano
i seguenti spazi di flessibilità, intesi come possibilità di
articolare in opzioni le aree di indirizzo di cui agli allegati B) e
C) per corrispondere alle esigenze del territorio e ai fabbisogni
formativi espressi dal mondo del lavoro e della professioni, con
riferimento all'orario annuale delle lezioni: entro il 25% nel primo
biennio; il 35% nel secondo biennio e il 40% nell'ultimo anno.
E' opportuno che il Ministero dell'istruzione chiarisca se tale
previsione sia stata coordinata con il decreto del Presidente della
Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, concernente il "Regolamento recante
norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche".
L'art. 5, comma 3 prevede che le istituzioni scolastiche
costituiscano dipartimenti, quali articolazioni funzionali del
collegio dei docenti, per il sostegno alla didattica e alla
progettazione formativa (lett. b), nonché un comitato scientifico,
con una composizione paritetica di docenti e di esperti del mondo
del lavoro, delle professioni, della ricerca scientifica e
tecnologica, con funzioni consultive e di proposta per
l'organizzazione e l'utilizzazione degli spazi di autonomia e
flessibilità (lett. c). La disposizione suscita perplessità sia con
riguardo al rispetto della riserva di legge in materia di
organizzazione (con particolare riguardo alla materia dei collegi),
essendo estranea all'ambito della delega, sia con riguardo al
rispetto dell'autonomia scolastica, apparendo più coerente con
l'obiettivo di realizzare l'autonomia lasciare alle istituzioni
scolastiche la scelta in ordine all'opportunità di istituire tali
organi nello specifico contesto in cui operano. Inoltre la stessa
effettività di codesti organi appare compromessa dalla mancata
assegnazione di risorse finanziarie e dalla gratuità dell'incarico.
La disposizione sembra, infine, riguardare una materia - quella
degli organi collegiali della scuola - attualmente oggetto di una
diversa disciplina legislativa e con riferimento alla quale
risultano pendenti in Parlamento diverse iniziative legislative.
L'art. 7, comma 1 stabilisce che, al fine di un costante
monitoraggio sugli istituti professionali anche preordinato alla
loro innovazione, il Ministro dell'istruzione, dell'università e
della ricerca si avvale di un apposito Comitato nazionale per
l'istruzione tecnica e professionale, costituito con proprio
decreto, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, del
quale fanno parte dirigenti e docenti della scuola, esperti del
mondo del lavoro e delle professioni, dell'università e della
ricerca nonché esperti indicati dalla Conferenza dei Presidenti
delle Regioni e dall'Unione Province d'Italia, dal Ministero del
lavoro, della salute e delle politiche sociali, dal Ministero dello
sviluppo economico e dal Ministero della gioventù. Il Comitato si
articola in commissioni di settore e si avvale anche dell'assistenza
tecnica dell'Agenzia Nazionale per lo sviluppo dell'autonomia
Scolastica (A.N.S.A.S.), dell'Istituto per lo Sviluppo della
Formazione Professionale dei Lavoratori (ISFOL), di Italia Lavoro e
dell'Istituto per la Promozione Industriale (IPI). Ai componenti del
comitato non spettano compensi a qualsiasi titolo dovuti. E'
opportuno che il Ministero dell'istruzione chiarisca sia la
compatibilità di tale previsione con l'oggetto della delega, sia la
sua rispondenza alle esigenze di semplificazione enunciate nella
stessa.
L'art. 8, comma 2 demanda a un successivo decreto ministeriale di
natura non regolamentare, adottato dal Ministro dell'istruzione,
dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministero
dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-Regioni e
Province autonome, la definizione di aspetti che attuano e
completano le disposizioni contenute nello schema di regolamento in
esame, quali:
a) le indicazioni nazionali riguardanti le competenze, le abilità e
le conoscenze relative ai risultati di apprendimento di cui
all'articolo 3, comma 1, e all'articolo 4, comma 1, con riferimento
agli insegnamenti di cui agli allegati B) e C);
b) gli ambiti, i criteri e le modalità per l'ulteriore articolazione
delle aree di indirizzo di cui agli articoli 3 e 4, negli spazi di
flessibilità di cui all'articolo 5, comma 3, lettera a), in un
numero contenuto di opzioni, inclusi in un apposito elenco
nazionale;
c) la rideterminazione dei quadri orario, comprensiva delle ore di
compresenza degli insegnanti tecnico-pratici, relativi alle classi
successive alla prima funzionanti nell'anno scolastico 2010-2011,
nei limiti dell'orario complessivo annuale delle lezioni di cui
all'articolo 1, comma 2;
d) la sostituzione, limitatamente ai percorsi surrogatori realizzati
in assenza di specifiche intese con le Regioni, dell'area di
professionalizzazione di cui all'articolo 4 del decreto del Ministro
della pubblica istruzione 15 aprile 1994, con complessive 132 ore di
attività in alternanza scuola-lavoro nelle quarte e quinte classi
funzionanti sino alla messa a regime dell'ordinamento di cui al
presente regolamento a valere sulle risorse di cui all'articolo 9,
comma 1, del decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 77.
L'art. 8, comma 3 demanda a decreti di natura non regolamentare,
egualmente adottati di concerto con il Ministro dell'economia e
delle finanze, di definire:
a) le classi di concorso del personale docente, ivi compreso quello
da destinare all'ufficio tecnico, e l'articolazione delle cattedre
per ciascuno degli indirizzi di cui agli allegati B) e C);
c) gli indicatori per la valutazione e l'autovalutazione degli
istituti tecnici, in relazione alle proposte formulate del Comitato
di cui all'articolo 7, comma 1, anche con riferimento al quadro
europeo per la garanzia della qualità dei sistemi di istruzione e
formazione.
In entrambi casi la natura dell'oggetto di disciplina suggerisce
l'utilizzo di atti aventi forza normativa, sicché appare opportuno
eliminare dal testo delle due disposizioni l'inciso "di natura non
regolamentare".
In conclusione, sui punti segnalati occorre che il Ministero
dell'istruzione, dell'università e della ricerca fornisca i
chiarimenti richiesti. All'esito la Sezione si riserva la facoltà di
disporre l'audizione del Capo dell'Ufficio legislativo del
Ministero, nonché del dirigente generale competente all'istruttoria
del regolamento.
P.Q.M.
Sospende l'emanazione del parere in attesa degli adempimenti di cui
in motivazione.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Francesco Bellomo Alessandro Pajno
IL SEGRETARIO