Tribunale Amministrativo Regionale della
Calabria
Reggio Calabria
Sentenza 7 ottobre 2009, n. 629
FATTO E DIRITTO
Ricorrono i
sigg.ri P. e F., in proprio e n.q. di genitori del minore Alfredo,
per avversare le determinazioni dell'Istituto scolastico Liceo
Classico Tommaso Campanella relative alla valutazione conclusiva
dell'anno scolastico 2008-2009, relative alla classe quinta F del
Liceo Classico "T.Campanella" nella parte in cui è stata attribuita
la votazione di 6 (sei) in condotta all'allievo Alfredo.
Censurano
l'illegittimità della sufficienza, in quanto quest'ultima sarebbe
stata inflitta senza effettive motivazioni o comunque con ragioni
insufficienti, legate a singoli episodi della vita scolastica (in
particolare, l'avere preso parte l'alunno a cori di scherno verso
altro compagno durante una gita).
A tale proposito,
la difesa dei ricorrenti deduce che la valutazione della condotta
avrebbe dovuto essere svolta alla luce dell'intero anno scolastico e
non in relazione ad un singolo episodio verificatosi al termine di
esso, in forza del quale, peraltro, solo l'allievo P. sarebbe stato
oggetto di sanzione, non gli altri alunni che pure partecipavano ai
suddetti cori (I censura); il "sei" in condotta sarebbe stata così
una punizione inflitta e non un giudizio sulla maturità personale
del ragazzo (II censura); il Consiglio di Classe avrebbe operato
sulla base di criteri, e più precisamente di una tassonomia legata
ad una propria scala docimologica stabilita sul momento e non
deliberata all'inizio dell'anno scolastico dal Collegio dei Docenti,
unico organo competente, e, peraltro violando questo stesso criterio
presupposto (che prevedeva un voto di sufficienza solamente in
presenza di avvenute sospensioni, invece mai avvenute: III censura).
Si è costituito
l'Istituto scolastico, per mezzo del ministero dell'Avvocatura di
Stato, che resiste al ricorso, di cui chiede il rigetto, difendendo
la legittimità della votazione.
Alla camera di
consiglio del 23 settembre 2009 la causa, chiamata per l'esame della
domanda cautelare, è stata trattenuta ai sensi dell'art. 26 e 21
della l. 1034/71, per essere decisa in forma semplificata, ammonite
le parti presenti in camera di consiglio circa la regolarità e la
completezza del contraddittorio e della istruttoria.
Ad avviso del
Collegio, ed in adesione alle tesi difensive dell'Avvocatura di
Stato che sono state puntualmente illustrate durante la discussione
orale, il ricorso è infondato e come tale va respinto, con alcune
precisazioni, tuttavia, che si rendono necessarie e che saranno
esposte a seguire.
I) Va premesso, in
punto di diritto, che il voto di condotta esprime un giudizio che
l'Autorità scolastica rende in ordine ad aspetti non solamente
didattici, ma, prima ancora, essenzialmente formativi ed educativi
dei ragazzi (art. 2 del DL 137/2008; Decreto Ministeriale del
16.01.2009, nr. 5; cfr. anche l'art. 78 del RD 653/1925).
Come tale, attiene ad una sfera educativa che rappresenta il punto
di incontro tra l'azione di più agenzie educative (in primo luogo,
la famiglia, ma anche la scuola stessa) le quali sono chiamate ad
interagire quanto più possibile in maniera consapevole e coordinata.
Il contenuto concreto di tale interazione, e, dunque, la finalità
primaria della formazione della persona, non è lasciato al caso, ma
è delineato da un sistema valoriale, giuridicamente vincolante,
costituito dai precetti del DPR 249/98 che sono diretta attuazione
dei più alti valori dell'Ordinamento, consacrati nell'art. 3 della
Costituzione.
In tal senso, si può affermare che l'istituzione scolastica,
opportunamente interagendo con le altre agenzie educative e
formative dei ragazzi, in particolare la famiglia ed il contesto
sociale di riferimento, deve assicurare la concreta attuazione degli
obblighi generali di solidarietà che la Repubblica ha
costituzionalmente assunto come propri, e che sono finalizzati a
consentire il pieno sviluppo della persona umana nel contesto
sociale che gli è proprio, eliminando o comunque concorrendo a
ridurre quanto più possibile, le disfunzioni, le disuguaglianze e le
discriminazioni, di qualsiasi genere o fonte esse siano, che
limitano o impediscono il pieno sviluppo della persona umana. Tale
principio è particolarmente impegnativo, per l'Autorità scolastica,
proprio perché essa è deputata a curare la formazione delle giovani
coscienze, visto che la comunità di apprendimento della scuola offre
ai ragazzi ed alle ragazze che la frequentano (per contenuti, tempo
e qualità della convivenza) la più importante occasione per imparare
ad interagire come individui, responsabilmente e secondo la propria
inclinazione.
Per queste ragioni, mentre il voto delle singole materie è volto ad
esprimere un giudizio didattico,ossia relativo al processo di
apprendimento, e deve essere giustificato e sorretto da una
motivazione riferibile all'avvenuta acquisizione delle nozioni
previste dai programmi formativi (quindi è un voto che esprime la
valutazione di una corrispondente situazione oggettiva di fatto e
come tale va inteso, secondo i principi generali in tema di
motivazione di un atto amministrativo), il voto in condotta, invece,
esprime un giudizio più lato che investe sia la maturità personale
complessiva della persona, sia la sua capacità di interazione con
l'ambiente, nonché il grado di inserimento in quel sistema di valori
che, sulla base della Carta Costituzionale, sono da considerarsi
fondanti della società e del vivere civile. Dunque, quest'ultimo è
un giudizio che è relativo ad una condizione soggettiva della
persona non solo attuale, ma anche in prospettiva, in itinere, e ciò
comporta due conseguenze, sul piano giuridico (della disciplina
dell'istituto) e sul piano formativo (della finalità dell'istituto).
La prima è che la sufficienza in condotta va ricondotta ad una
motivazione più lata di un voto di apprendimento e, dunque, può
essere legittimamente sorretta da un apprezzamento avente un
maggiore contenuto valutativo e discrezionale (nel senso che implica
anche giudizi di opportunità sulle condizioni e sulle prospettive
educative della ragazza o del ragazzo cui è attribuito): per tale
ragione, può essere attribuita anche a seguito di un singolo e
specifico episodio, magari di per sé anche non grave, ma che, alla
luce del contesto complessivo della situazione della classe, si
riveli espressivo di una abitudine, o di una tendenza negativa,
suscettibile, a sua volta, di denotare un inserimento solo
sufficiente nel sistema di valori che è proprio dell'ordinamento, e,
dunque, della comunità scolastica (che nel primo e dal primo trae la
propria autorevolezza e la propria effettività sul piano educativo e
formativo); o che implichi anche solo l'opportunità di inserire nel
percorso educativo degli allievi, in quel determinato contesto
storico, un elemento di forte richiamo alle responsabilità cui li si
vuole educare.
La seconda è che la sufficienza in condotta impegna, vincolandone
l'operato, la comunità scolastica, prima ancora che lo studente o la
studentessa che la ricevono, a porre in essere idonei programmi,
strumenti ed occasioni di intervento per trasformare quella
sufficienza in un voto pieno, (ciò, naturalmente, in proporzione al
periodo di tempo che resta per il completamento del corso di studi);
all'adozione di tali strumenti (che devono trovare apposito spazio
nei progetti educativi dell'istituto e nei corrispondenti programmi
scolastici) ed alla loro effettiva esecuzione, le famiglie degli
studenti hanno interesse legittimo che è tutelabile nelle apposite
sedi, anche giurisdizionali.
In altri termini, il sei in condotta, laddove sussistono tempi
adeguati, lungi dall'influenzare il giudizio dei docenti sulle
materie, inducendoli a ridurre le meritate votazioni a fronte di un
ottimale rendimento scolastico (come paventato da parte ricorrente),
li responsabilizza (moralmente, prima che giuridicamente) ad
intervenire sul contesto e sulle persone, al fine di orientarne il
comportamento verso quel modello di forte solidarietà nella
responsabilità che è proprio dell'art. 3 della Costituzione.
A tali fini, quindi, va data particolare cura a perseguire e
promuovere l'integrazione tra compagni e compagne di classe,
contenendo le personalità dominanti e sostenendo quelle meno formate
nell'irrobustirsi e trovare i propri spazi: in tale contesto,
all'Autorità scolastica è demandato un delicato e particolare
apprezzamento delle relazioni interpersonali tra gli allievi della
scuola, che, per le specifiche responsabilità educative che involve,
va esercitato con una responsabile discrezionalità, sorretta da
corrispondente motivazione (che, oltre ad essere rilevante sul piano
strettamente giuridico, è indispensabile sotto il profilo del
rapporto educativo con gli allievi che devono poter percepire le
ragioni delle scelte e così imparare a valutare le conseguenze delle
proprie azioni).
II) Nella odierna
fattispecie all'esame del Collegio, puntuali applicazioni di tali
principi si evincono dalla lettura dei verbali del 12 giugno 2009,
versati in atti dalla difesa erariale, e dal Regolamento d'Istituto
(titolo IV, art. 2, comma 2) che è richiamato in essi (pag. 2 del
verbale della seduta diurna, e pag. 3 della seduta relativa allo
scrutinio finale). Ulteriori applicazioni di tali principi si
evincono dalla lettura dei medesimi verbali, nelle parti ove si
riscontra che è stato previsto il ricorso ad appositi percorsi
educativi finalizzati a far acquisire, agli studenti tutti,
dinamiche personali e di gruppo a partire dal prossimo anno
scolastico, con il supporto di personale esperto chiamato a
coinvolgere docenti allievi e genitori (cfr. ad es. il secondo punto
del deliberato del 12 giugno 2009, pag. 4).
In tal senso, le determinazioni dell'Autorità scolastica si rivelano
sorrette da un iter motivazionale complessivo coerente, coordinato
con apposite iniziative che danno seguito alle valutazioni sugli
alunni per offrire una competente risposta educativa e dunque
l'azione dell'Istituto si rivela niente affatto errata o
irrazionale; né il giudizio dell'Autorità è contraddetto dalla
relazione del 9 giugno 2009, reso dalla prof.ssa F., considerato che
quest'ultima esprime solo una propria valutazione sui fatti che,
dunque, nella loro consistenza sono confermati.
Invero, dal complesso degli atti di causa, si evince anche che la
complessiva situazione della classe, nella quale è maturato l'evento
lesivo specifico dei cori di scherno avutisi (peraltro in più
occasioni ed in un generale contesto comprensibilmente intollerabile
per l'alunno che ne è stata vittima) durante la gita a Siracusa,
appare connotata da più elementi di rilievo, indicatori della
sussistenza di un contegno concordante di atteggiamenti negativi da
parte dei compagni di classe: più precisamente, è emerso un
effettivo collegamento tra l'iniziativa della pubblicazione di
materiale video o fotografico su Internet, le modalità con le quali
tale pubblicazione è avvenuta (in particolare la costituzione di un
gruppo di condivisione che ha assunto quale proprio titolo il
contenuto dei cori di scherno) e la proposizione dei suddetti cori
di scherno da parte dell'allievo figlio degli odierni ricorrenti,
divenuti poi collettivi, quando lo scherno è divenuto di "pubblica"
rilevanza anche presso alunni di altre classi (ossia non
direttamente in rapporti con l'allievo).
Tale più generale contesto, più che il fatto specifico, risulta nei
verbali di Istituto come il vero e coerente impianto motivazionale
della decisione di valutare come solo sufficiente la condotta dei
tre allievi, ciascuno con evidenti diverse responsabilità nella
produzione collettiva dell'atteggiamento di scherno,ma uniti nella
pratica condivisione spontanea di un atteggiamento sicuramente da
censurare nelle dovute forme.
In tal senso, dunque, sono da respingersi le tesi difensive di parte
ricorrente: non corrisponde al contesto motivazionale effettivo,
come ricostruito alla luce dei verbali depositati in giudizio, che
la sufficienza in condotta sia stata inflitta a fronte di un
episodio irrilevante, perché la ritenuta insignificanza
dell'accaduto viene argomentata da parte ricorrente mediante
decontestualizzazione dei fatti, cosa che non può trovare la
condivisione del Collegio.
A fronte di ciò, non valgono neppure le ulteriori censure dedotte:
in relazione alla prima, il complessivo impianto motivazionale che
emerge dai verbali indica che, sia pure in occasione dello specifico
contesto dell'accadimento, è stato valutato dall'Autorità scolastica
l'effettivo grado di maturazione del ragazzo, così come denotatosi
in relazione all'evento lesivo, e dunque anche rapportandolo al
complessivo andamento dell'anno; a nulla rileva che gli altri
allievi che presero parte ai cori non sono stati oggetto di analoga
valutazione, perché è emerso che è stato il figliuolo degli odierni
ricorrenti a svolgere un ruolo attivo nel "lancio" dei cori, che lo
ha dunque distinto dal resto dei compagni (I censura), con la
conseguenza che la scelta di non estendere la sufficienza a tutta la
classe è stata quanto meno saggia, quindi niente affatto irrazionale
o foriera di ingiustificata disparità di trattamento, perché,
diversamente, l'Autorità scolastica avrebbe coalizzato la medesima
classe contro l'allievo, correndo il rischio di perdere le finalità
educative della sufficienza in condotta; non appare neppure
condivisibile che il "sei" in condotta sia stato in realtà una
punizione inflitta e non un giudizio sulla maturità personale del
ragazzo, dato il contesto motivazionale complessivo cui si è fatto
riferimento prima (II censura); l'ampia motivazione fornita
dall'Autorità scolastica del giudizio sul ragazzo, consente quindi
di superare il rilievo che il Consiglio di Classe avrebbe operato
sulla base di criteri, e più precisamente di una tassonomia legata
ad una propria scala docimologica, stabilita sul momento e non
deliberata all'inizio dell'anno scolastico dal Collegio dei Docenti,
perché l'eventuale mancanza di tale indicazione all'inizio dell'anno
non può certo paralizzare o rendere inefficace il potere-dovere
dell'Autorità scolastica di esprimere le valutazioni di propria
competenza, alla fine dell'anno, essendo comunque sufficiente a tale
scopo l'indicazione dei criteri di riferimento prima della votazione
medesima, in modo da renderne palesi contenuto e finalità; quanto
alla asserita violazione dello stesso criterio presupposto, sebbene,
in effetti, quest'ultimo contempli la sufficienza in condotta
solamente per effetto di intervenute sospensioni, mai avvenute (III
censura), è evidente che in maniera razionale e comprensibile
l'Istituto abbia considerato il valore intrinseco dell'accadimento,
rapportandolo alla "sanzione" che sarebbe stata astrattamente da
infliggere, allo scopo di ulteriormente il giudizio.
Pertanto, si deve affermare che, in presenza anche di un singolo
episodio di goliardia o comunque di esuberanza tra compagni di
scuola, è legittima una valutazione di sufficienza in condotta da
parte dell'Autorità scolastica relativamente al suo autore, laddove
l'episodio in questione possa ritenersi espressivo di un generale e
più radicato atteggiamento vessatorio, che sia tale da costituire un
ambiente sfavorevole per qualcuno dei compagni di classe, secondo il
prudente apprezzamento dell'Autorità scolastica medesima, che è
responsabile sia della valutazione educativa e pedagogica della
rilevanza dei fatti, sia della conseguente e doverosa azione
educativa cui è chiamata per correggere gli squilibri che l'hanno
prodotta.
Per tutte queste
ragioni, dunque, il ricorso è infondato e come tale da respingersi.
La novità della
fattispecie portata alla decisione del Collegio costituisce giusta
causa di compensazione delle spese di lite tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, Sezione
Staccata di Reggio Calabria, RIGETTA il ricorso in epigrafe.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità
amministrativa e manda alla Segreteria di comunicarne copia alle
parti.