LA VALUTAZIONE SCOLASTICA
DOPO L’ O.M. FIORONI SUI DEBITI FORMATIVI
(OM. 92 DEL 5.11.2007).
di Davide Leccese da
Educazione & Scuola del
23.3.2008
La valutazione resta uno dei grandi problemi e
tormenti della scuola: mettere un voto, contrariamente a quanto si
creda, rappresenta, per i docenti più attenti, un momento di grave
tensione professionale e, alcune volte, di vera angoscia. Si
vorrebbe, anche a titolo di autogratificazione, non registrare
negatività di apprendimento e quando queste negatività sono
avvertite come sconfitte costanti e consolidate, si arriva a mettere
in discussione anche la propria identità di docente. Valutare è un
continuo districarsi tra “quanto” l’alunno dimostra di sapere e “chi
sia” la persona-alunno che abbiamo di fronte, in quel misterioso
farsi del giovane nel rapporto d’ insegnamento-apprendimento, sempre
sottoposto al vertiginoso farsi e disfarsi della cultura,
soprattutto nella società del Terzo Millennio.
Questo è il contesto in cui esaminiamo le sconfortanti statistiche,
diffuse dal Ministero della Pubblica Istruzione, secondo cui le
insufficienze sono balzate al 70% degli studenti passati sotto le
griglie delle scuole vagliate. Insomma o l’insegnamento non funziona
in relazione agli apprendimenti, o gli apprendimenti non funzionano
rapportati all’insegnamento; cioè insegnamento e apprendimento non
s’incontrano, confliggono.
Alla base di questo giudizio fortemente perdente e in parte amaro
resiste una solidificazione accertativa della valutazione scolastica
che, se dichiara le negatività, le fa dipendere dal deficit di
apprendimento e non anche, forse, dal parametro di giudizio, proprio
della valutazione scolastica, affidata in esclusiva e senza
mediazioni di sorta, in mano ai singoli docenti che usano strumenti
rigidi e desueti. Tant’è che è capitato di sottoporre al giudizio di
due docenti diversi la stessa prova e ottenere valutazioni
discordanti. Capita, dirà qualcuno; ma capita a danno dell’alunno,
se prevale la valutazione meno accreditabile sul piano di una
corretta docimologia.
Alcuni ritengono, ma per fortuna sono pochi, che la norma sui
“debiti scolastici” non abbia sostanzialmente mutato l’andamento
valutativo nella scuola italiana superiore che, in ogni caso, resta
legato al concetto di promozione alla classe successiva al termine
di uno scrutinio finale, ufficializzato a giugno di ogni anno
scolastico.
Al considerare la promozione con “sospensione di giudizio”, come una
ciambella di salvataggio per settembre (quasi che le verifiche di
fine agosto siano da considerare la reintroduzione dei vecchi “Esami
di riparazione”) ci ha pensato lo stesso Ministero subito dopo l’alt
del Parlamento che ha precisato trattarsi – quella dell’abolizione
dell’appello di settembre – di una Legge, non modificabile con un
decreto o ordinanza ministeriale.
Mettendo da parte – senza nasconderle – tutte le polemiche e le
ansie che la disposizione ministeriale ha generato nelle scuole,
suggeriamo ai docenti di essere guardinghi nei riguardi di una
pericolosa e apparentemente comoda interpretazione che nulla sia
cambiato e possiamo andare avanti come prima.
Precisiamo, allora, che la formalizzazione di un giudizio finale,
che non sia subito di “non promozione” e che si concretizzi in un
voto al di sotto del classico “sei” di sufficienza, apre un capitolo
da chiudersi solo dopo una successiva valutazione – a seguito di
verifiche formali – che decreti, ai fini della promozione e del
passaggio alla classe successiva, un altro voto da sei al dieci.
Ogni determinazione diversa comporta – di per sé – la decretazione
del Consiglio di classe, come si precisava, di “non promozione”. Se
non si tratta di Esami di riparazione, sicuramente poco ci manca dal
momento che la sospensione di giudizio comporta, in ogni caso,
procedure di accertamento – con prove documentabili – di superamento
di carenze, così come nei classici e aboliti esami di riparazione.
Tanto è inappellabile la disposizione formale ministeriale e
altrettanto lascia – come di consuetudine tutta scolastica – il
margine (e la responsabilità) alla decisione dello stesso Consiglio
di classe che, valutata la personalità dell’alunno, pur in
situazione di lacune (non gravi) in alcune materie, può
(motivatamente) decidere comunque per la promozione. Non si è mai
chiarito il limite di queste “alcune”; così ci si è trovati di
fronte alla sarabanda delle decisioni, dal rigore estremo al
lassismo sfacciato, a tutto danno della credibilità delle
determinazioni di promozione o non promozione.
Si assumano la responsabilità i docenti – sostiene la norma – che,
nel deliberare se a favore o contro la promozione, dovranno
utilizzare gli elementi di giudizio propri della “valutazione
scolastica” che non è (o non dovrebbe essere) conteggio degli
errori, peso quantitativo delle conoscenze ma analisi comparata di:
conoscenze, competenze, abilità, impegno nello studio, interesse,
disponibilità al dialogo formativo, desiderio di apprendere, voglia
di correggersi, partecipazione attiva alle lezioni, costante studio
domestico e, perché no, condizioni ambientali e psico-fisiche.
Criteri, questi, di larga e saggia massima, che cozzano con la
tentazione di fare il calcolo degli errori o di giudicare in base
alle sensazioni private di certi docenti, secondo il “mi sei
piaciuto”.
Di sicuro la decretazione di “debito” ha generato una qualche
apprensione, più nelle famiglie che negli alunni; quelle famiglie
almeno che avvertono preoccupate che la non conclusione definitiva
degli impegni scolastici potrà comportare uno strascico anche con
conseguenze organizzative nel periodo estivo, di consuetudine
dedicato anche al riposo e alle vacanze. Già sono giunte le prime
proteste da parte degli addetti al turismo e non fa specie girare in
internet e sui giornali delle località balneari e trovare messaggi
che annunciano disponibilità di “ripetizioni e lezioni private” in
loco, anche d’estate!
Gli alunni malcapitati se ne accorgeranno solo al momento in cui
dovranno essere costretti a non cedere alla libreria di casa quei
non amati libri cui sono rimasti – si fa per dire – incatenati per
nove mesi.
Con qualche fatalismo vogliamo solo ricordare, però, che il vecchio
sistema rimetteva gli alunni in classe, a settembre, impreparati
come prima, se non peggio, perché rarissime erano le situazioni di
vero recupero estivo. Alcuni docenti, anzi, formalizzavano una sorta
di diffusa “dimenticanza” anche da parte di quegli alunni dichiarati
promossi senza alcun debito.
Va da sé che la saggezza di tanti docenti – molti di più di quanto
si creda – avverte la colpa di questo bilico delle contraddizioni
nella mancata Riforma della scuola secondaria superiore; riforma
che, sottoposta alla mannaia delle “vertenze politiche”, oscilla –
senza trovare un punto fermo - al cambiare di ogni governo e di ogni
maggioranza. Ogni intervento, pur ammantato di buone intenzioni,
assume la forma di effetto placebo, con l’amarezza di una malattia
nascosta e un’apparente sanità del corpo formativo della Nazione.
Torniamo alla valutazione. Nessuno contesta che le valutazioni
negative formalizzano carenze degli alunni, accertate da verifiche
scritte, orali, pratiche secondo canoni consolidati, tipici e
“tradizionali” della scuola italiana. La norma stabilisce che ogni
voto numerico deve essere sempre accompagnato da “breve giudizio
motivato”, evitando le tautologie (Ad es. mettere sei e scrivere:
sufficiente).
La valutazione docimologica, nella scuola secondaria superiore, è
stata da un lato contestata – perché racchiude in un numero elementi
molteplici e complessi di giudizio – dall’altro è stata difesa
contro le pindariche descrizioni di merito e di demerito, sovente
ridottesi a termini equivoci o fumosi, come “accettabile”, “scarso”,
“negativo”, ecc.
Aggiungiamo, inoltre, che – nonostante le scuole siano chiamate,
all’inizio di ogni anno scolastico, a decretare nel Collegio dei
Docenti i “criteri condivisi di valutazione” – esiste una sorta di
difesa accanita e pervicace di alcuni docenti a difendere il proprio
territorio valutativo, considerato un requisito inappellabile della
propria e personale funzione docente. Insomma un proclama di “non
toccate i miei voti”, sbandierato come tutela contro il tentativo di
lesa maestà del proprio registro.
I risultati sono quantomeno grotteschi: c’è chi decide
unilateralmente di non andare al di sotto del “quattro”, chi al di
sopra del “sette”; chi mette voti alti di consuetudine, chi voti
bassi per strategia. Gli alunni, in queste condizioni, decidono di
riempire i blog con sferzanti giudizi: “Il prof. è carogna….quello è
buono….quello è parziale….con quell’altro non prenderai mai più di
sei, anche se sei Leopardi”…..Non è bello ciò che è bello, ma è
bello quel che piace alla prof...Mio padre è somaro: mi ha fatto il
tema e il prof. mi ha messo quattro meno…E’ inutile che contesti il
voto; io i voti li scolpisco nella pietra..Consolati, non sarai un
Varenne ma almeno sei un somaro di razza..”
In ogni caso, al di là delle battute degli studenti, resta
preoccupante il divario, diffusamente accertato, tra i sistemi di
applicazione della valutazione docimologica che non ricade su se
stessa ma piomba, come un macigno, sulla formalizzazione di profilo
scolastico degli alunni, soprattutto se proseguiranno negli studi
universitari; un conto è portare in bagaglio un sessanta/centesimi e
un conto è godersi un novanta/centesimi o oltre.
Dai voti discendono le decretazioni di debito e, a questo punto, a
cascata tutti gli obblighi e le procedure derivate, da una parte e
dall’altra. La scuola avvia la macchina dei Corsi di sostegno e /o
di recupero; gli alunni devono correre ai ripari, o partecipando a
quei corsi o ricorrendo alle “lezioni private” (vero business
avvolto, nella conoscenza di tutti, dal segreto complice di molti).
Organizzare questi corsi non è per niente facile – Fioroni alla mano
– perché: la scuola è tenuta ad avviarli, i docenti non sono
obbligati a farli, gli alunni non sono obbligati a parteciparvi; se
non si trovano docenti nella scuola, bisogna ricorrere alla
disponibilità dei docenti delle scuole viciniori; se non si trovano
in queste, bisogna ricorrere alle graduatorie di eventuali
supplenti. Chi è pure superficialmente pratico di procedure
scolastiche sa cosa significhino le convocazioni dei supplenti,
attingendo alle graduatorie.
Da febbraio a maggio – subito dopo il primo quadrimestre – tutte
queste incerte e complicate operazioni trasformano l’intenzione di
correre al recupero in un’affannosa rincorsa della
scuola-istituzione a soluzioni che le sue componenti, per il libero
assenso, rende solo auspicabili. In molte scuole, infatti,
l’adesione dei docenti è stata quasi nulla e gli studenti hanno
l’affanno a frequentare la scuola di mattino, partecipare ai corsi
di pomeriggio e studiare per il giorno successivo (quando?).
Al termine delle lezioni si procede allo scrutinio finale e l’O.M.
Fioroni chiede che, nei confronti degli alunni per i quali è stato
sospeso il giudizio di ammissione alla classe successiva, i Consigli
di classe, prima della conclusione dell’ anno scolastico e dopo l’
effettuazione degli interventi di recupero, procedano alla verifica
del superamento del debito formativo, attraverso l’accertamento del
recupero delle competenze e dei requisiti minimi richiesti per il
conseguimento della sufficienza. Al termine delle operazioni di
verifica del superamento del debito degli studenti, per i quali sia
stato sospeso il giudizio di ammissione, il consiglio di classe si
riunisce nella medesima composizione di quello che ha proceduto alle
operazioni di scrutinio finale, per deliberare in merito alla
promozione o non promozione degli allievi.
Sono dichiarati non promossi gli alunni:
-
Che presentino gravi carenze in più
discipline, non recuperabili entro l’inizio dell’ anno
scolastico successivo;
-
Abbiano comunque mantenuto lacune gravi,
rispetto al precedente anno scolastico, non colmando, neppure
parzialmente, i precedenti debiti formativi.
-
Abbiano avuto una partecipazione
discontinua al dialogo educativo, anche in rapporto alla
frequenza, per cui le gravi carenze ancora presenti sono
attribuibili a scarso impegno o demotivazione, nonostante le
continue sollecitazioni dei docenti della classe e l’ impegno
profuso in azioni di recupero anche individuali.
-
Non siano in possesso di abilità
fondamentali o non abbiano colmato le lacune di base evidenziate
nella situazione di partenza, per cui non potrebbero con
serenità affrontare la classe successiva;
-
Non abbiano partecipato con profitto agli
interventi didattico-educativi integrativi, se messi in atto
dalla scuola.
Sempre la stessa Ordinanza stabilisce che le azioni di recupero
comincino subito dopo gli scrutini, pur tenendo conto che nelle
stesse scuole si dovranno svolgere le prove degli Esami di Stato,
molti docenti saranno impegnati – per gli esami – in sede e fuori
sede. Si tiene parzialmente conto che:
-
Come già detto, i docenti non sono
obbligati a dichiarare la loro disponibilità ad effettuare i
corsi di recupero estivo;
-
Come già detto, gli alunni non sono
obbligati a dichiarare la loro adesione a tali corsi;
-
I docenti e il personale ata hanno diritto
al congedo ordinario; forse anche il Dirigente;
-
Le procedure di reclutamento di altro
personale, se erano complesse durante l’anno scolastico,
diventano ardue durante le vacanze;
-
Le eventuali attività didattiche si
dovranno effettuare in ambienti affatto adatti dal punto di
vista climatico e sicuramente non attrezzati al caldo estivo.
L’Ordinanza Ministeriale consente lo slittamento
della fase di verifica delle lacune ai primi giorni di settembre.
Prevede o il ritorno in sede dei docenti trasferiti o posti in
quiescenza, sempre che gli stessi accettino, o la loro sostituzione
con i docenti in servizio. Come si potranno organizzare quelle
scuole – e non sono poche – dove sono prevalenti i supplenti
temporanei?
Di norma quei giorni, prima dell’inizio delle lezioni, sono
riservati alla programmazione del nuovo anno scolastico e le ore
impegnate rientrano, in ogni caso, nel computo delle ore per le
attività aggiuntive.
C’è, inoltre, chi ha fatto notare che il Ministero ha formalizzato
una data certa – a metà di giugno – come “termine dell’attività
didattica” e quindi ha sottolineato la paradossale condizione di
lezioni di recupero fuori dei tempi ufficiali di tale limite.
Insomma, un bel problema con la chiusa – che ha generato l’ira dei
Dirigenti – di diretta responsabilità degli stessi, e conseguenti
sanzioni, in caso di non attivazione dei corsi di recupero.
Continuiamo a giocare ad angosciarci: un alunno è dichiarato non
promosso o in prima o in seconda istanza; la famiglia aveva
manifestato la disponibilità a partecipare ai corsi di recupero che,
però, la scuola, pur rispettando tutti i possibili passaggi, per
indisponibilità dei docenti o irreperibilità dei supplenti, non ha
potuto organizzare. La famiglia contesta il verdetto e chiede di
ripercorrere minuziosamente tutti i passaggi, prima e dopo il
verdetto, documenti alla mano.
Esercitiamoci nelle conclusioni giudiziarie.