Istruzione obbligatoria e buona scuola:
La Finanziaria 2007 ha decretato che l’
istruzione di Rino Di Meglio, dal Centro Studi della Gilda , 3/12/2006
L’ articolo 281, comma f della finanziaria appena approvata alla Camera ha confermato l’innalzamento dell’ obbligo scolastico per almeno 10 anni. Questa, con altre misure (modifica della scuola dell’ infanzia, modifica degli orari degli istituti professionali, decisione di diminuire il numero dei bocciati, tanto per nominarne solo alcune) costituisce l’ ossatura di un programma di politica scolastica, inserito in un intervento di politica finanziaria. Operazione quanto meno anomala, che sottrae al dibattito parlamentare e della società civile una materia delicata che non può essere avocata a sé da nessuna maggioranza politica, essendo l’istruzione ambito in cui occorre ricercare ampia condivisione di vedute e di obiettivi. Sull’ obbligo, Mariangela Bastico, viceministro alla Pubblica istruzione, aveva dichiarato al nostro mensile “L’innalzamento dell’obbligo di istruzione a 16 anni costituisce un investimento strategico per elevare i livelli di sapere diffusi nel nostro Paese. “Una scelta dello spessore di quella compiuta nel 1962 con la istituzione della scuola media unica. Questo è il senso politico e istituzionale di una decisione che il Parlamento è chiamato ad assumere, indipendentemente dallo strumento legislativo utilizzato” (“Professione docente”, novembre 2006). Non vi è dubbio che l’innalzamento dell’ obbligo scolastico sia un “investimento strategico”, ce lo dice dal 2000 il documento sottoscritto a Lisbona da tutti i paesi europei, ma, prima ancora, lo conferma il dato storico secondo cui i governi hanno sempre mirato ad elevare la scolarità. Naturale, quindi, che sul principio non si può che essere in accordo, ma sulle modalità con cui questo è stato assunto abbiamo diversi dubbi. Prima di tutto, perché il nodo non è la scolarità, ma i livelli di apprendimento, infatti gli studiosi ci informano che i due obiettivi dovrebbero essere in successione storica. Prima, i governi si dedicano a rendere accessibile, persino obbligatoria, la scolarità per tutti. Poi, si dovrebbero dedicare a migliorare i livelli di apprendimento. Ora, il secondo obiettivo - malgrado l’aumento della scolarità di massa - in Italia non pare essere stato perseguito. Anzi. Le diverse misure prese dai governi sono andate nella direzione di alleggerire i contenuti per allargare la scolarità ed è difficile interpretare come un progetto per migliorare i livelli di apprendimento l’ ultima decisione, nella finanziaria 2007, di aumentare i promossi. per legge del 10% Da molte parti si continua a ripetere che la nostra scuola non è efficace e che i risultati dei nostri studenti sono sconfortanti. Il governatore della Banca d’ Italia, Mario Draghi, ha incentrato la lectio magistralis con cui ha inaugurato l’ anno accademico alla “Sapienza” nel novembre di quest’ anno, sul rapporto livelli di istruzione e crescita economica, ribadendo le critiche al nostro sistema scolastico. Tuttavia, egli ha sottolineato alcuni punti che nessun organo di stampa ha messo in evidenza, ma che sono fondamentali. Draghi ha sostenuto che solo una “buona istruzione incide sulla efficienza delle imprese” e che occorre “ garantire a tutti i giovani le medesime opportunità di successo nell’apprendimento, purché si adoperino per meritarlo”. Qui sta la sostanza: può darsi una buona scuola senza richiedere l’ impegno dei giovani a meritarla? Il principio dell’ innalzamento dell’ obbligo è virtuoso non in sé, ma solo in rapporto con i contenuti e le modalità. Se ciò non avvenisse esso diventerebbe una vuota formula, ingannevole per i soggetti interessati, per il nostro Paese e per il futuro di tutti.
(Pubblicato nel numero 20/2006 del Quindicinale Scuola del “ Sole 24 ore”)
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