Il Decreto 3 ottobre 2007 n. 80.
Qualche riflessione a meditazione veloce.

 di Beatrice Mezzina, da Educazione & Scuola del 13/10/2007

 

Tempi duri per tutti e studenti in fermento.

Si preannuncia un autunno in cui vi saranno più scioperi del normale, quasi una malattia esantematica periodica dei nostri studenti.  

Nonostante le osservazioni delle associazioni professionali che consigliavano maggiore cautela, il decreto del Ministro sulla questione dei debiti assume una linea dura, anzi durissima.

Di fatto se lo studente non recupera i debiti entro l’anno di riferimento non passa all’anno successivo.

A prima impressione, il testo si articola in forma tale che la questione dei debiti sembra riguardare gli studenti, la loro responsabilizzazione, gli insegnanti e le scuole che non sempre  si sono occupati dei debiti in forma efficace.

Ci prendiamo il pistolotto, perché in buona parte è così, senza mezzi termini. E un punto fermo sulla questione dei debiti era necessario.

E tuttavia, resta l’impressione di una estrema semplificazione, in questo decreto come in altre esternazioni mediatiche nella comunicazione del Ministero.

Il decreto vale anche per il biennio, anche se con l’obbligo scolastico forse un discorso più flessibile, almeno in questa fascia scolastica si poteva fare.

Si pensi, per esempio ai piani di studio.

In molti piani di studio, infatti, nei  bienni dei tecnici e in tante sperimentazioni assistite e non, in cui la logica istitutiva è stata quella di ampliare il numero delle materie, gli studenti si trovano di fronte a un gran numero di materie di studio con orari frammentati  cui è difficile corrispondere anche per la didattica indotta in discipline che hanno due o addirittura un’ora settimanale -  interrogazioni e spiegazioni, altro che didattica laboratoriale.

In molti bienni, con dieci undici discipline frammentate, per un totale di 36 ore, solo i bravissimi non hanno debiti. E’ colpa solo di studenti e insegnanti se non si regge al ritmo o la situazione è derivata da una perversa logica ministerial-sindacale che ha sviluppato a dismisura i piani di studio negli anni ottanta e novanta secondo logiche occupazionali non certo in favore degli studenti?

Non era il caso di lasciar stare almeno il biennio, visto che con l’obbligo dovremmo fare tutti altri discorsi e urge una revisione dei piani di studio?

Analizziamo alcuni articoli del decreto

 

Art.1 Corsi di recupero dopo gli scrutini intermedi

Sa il ministro che alla fine del I quadrimestre i voti insufficienti sono tantissimi? Sa che un lavoro attento in classe può far avanzare gli studenti meglio di corsi di recupero per ragazzi già segnati in difficoltà da gennaio? Ha visto mai uno scrutinio quadrimestrale di un tecnico o di un professionale? Sa che se gli studenti frequentano un corso pomeridiano per una o due discipline, rischiano di andar peggio nelle altre? Allora, almeno non parliamo di un tempestivo recupero che sappiamo non avviene e prepariamoci a una attenta discussione sulle formule e sugli esiti.

Le scuole più attente si confrontano da tanti anni sulla questione. Ognuno di noi può raccontare esperienze che sono andate meglio, altre fallimentari.

Qualche battuta per sorridere. A volte i corsi tenuti da insegnanti della stessa classe  sono rifiutati dalla classe: mi dice uno studente, se non capisco che vuole da me l’insegnante al mattino, come vuole che cambi qualcosa il pomeriggio?  Altre volte, se il corso viene tenuto da un altro docente, si scatenano conflitti con l’insegnante della classe. Mi dice uno studente che nel corso di recupero ha capito il meccanismo di fare un buon riassunto, breve e segmentato. L’ha messo in pratica al mattino. Non è piaciuto al docente curricolare, perché troppo breve.

Lasciamo da parte l’aneddotica, rendiamoci conto tuttavia che il tempestivo recupero sta solo nei decreti.

Insomma è davvero cosa difficile. Possono dare esiti positivi le attività in classe, la capacità delle scuole di riflettere metodologicamente, il sostegno mirato e tanti altri esempi di buone pratiche.

E poi, fare”recupero” ha bisogno di altissima professionalità, di dedizione, di rapporto quasi uno a uno tra studente e insegnante. Quello che fa un buon insegnante di lezione privata, che non è tanto semplice trovare nemmeno ad altissima retribuzione, per altro a nero.

Mi infastidisce il tono semplificatorio: possibile che non vi sia una parola sul lavoro curricolare, sulle metodologie? Sembra tutto così facile, un corsetto e passa la malattia.

 

Art. 3 Articolazione del gruppo classe e Collaborazione con soggetti esterni

1. Non è una novità l’articolazione diversa del gruppo classe. Lo sa il Ministro o chi per lui che l’articolazione diversa dal gruppo classe comporta una programmazione e linee metodologiche condivise, prove comuni, lavoro di preparazione su criteri di valutazione comuni e standard? Nemmeno una parola su questo? Le colpe sono solo degli studenti?

2. Tralascio, la collaborazione con soggetti e strutture esterne, con responsabilità del docente. Sarebbe un caos nemmeno tanto calmo. Fioriranno recuperifici.

 

Art. 5  

1.Corsi entro il 31 agosto

Svolgo da sempre corsi estivi, soprattutto per il biennio, nelle varie forme perché gli insegnanti del biennio in genere non svolgono esami di stato e qualche brava persona tra fine giugno e la prima quindicina di luglio si trova. Poi si va in ferie.

Come si fa a gestire tutti i corsi di recupero necessari in estate, quando gli insegnanti del triennio hanno finito stremati gli esami di stato e vanno in ferie? Appalteremo tutto all’esterno?

 

2. Rinvio della formulazione del giudizio finale

Sono gli esami di riparazione, di fatto

Come? Con prove scritte, scritte e orali?

 Dovremo rinviare l’inizio dell’anno scolastico?

Siccome è improponibile che le prove si svolgano in agosto, le stesse si svolgeranno i primi di settembre. Il Consiglio di classe, che darà il giudizio definitivo, sarà diverso da quello di giugno, per via dei trasferimenti e comunque della mobilità. Sarà un bene per gli studenti se troveranno un altro insegnante meno esigente?  

Ormai anche i ragionamenti sulla scuola viaggiano per via mediatica, agli italiani piace la linea dura tranne che per i propri figli e piacciono le semplificazioni, che è la cifra di questo decreto.

Se proprio si vuol ragionare sui debiti, si dia alle scuole una consegna seria e sostenuta sulla valutazione, sulla riflessione intorno alle difficoltà di apprendimento, sul lavoro di revisione sull’approccio formativo delle discipline.

Ma ora bisogna lavorare. Che succederà?

Immagino possibili esiti:

  • Le scuole bocceranno di più a giugno e difficilmente si imbarcheranno in trascinamenti di debiti, come fin ora.

  • L’assegnazione dei debiti sarà più meditata.

Così come quando vi erano gli esami di riparazione.

Nel periodo delle rimandature a settembre, si discuteva più attentamente sulla valutazione complessiva, visto che il Consiglio di classe, cui spetta l’ultima parola nella valutazione dei singoli voti, almeno per quei consigli che funzionavano, metteva lingua sulla valutazione del singolo docente.

Ricordo ancora accesissimi consigli svolti da insegnante e da preside, in cui, per rimandare a settembre un ragazzo bravo complessivamente ma con un deficit in una materia,  si votava, discutendo anche sui voti proposti dall’insegnante, ci si esprimeva in molti casi per voto di consiglio, che poi dovrebbe costituire la prassi per tutti i voti proposti; il consiglio mostrava maggiore  sovranità nella valutazione complessiva  che tiene senz’altro conto dei singoli voti ma li inquadra in un giudizio globale più organico e condiviso.

Insomma, la valutazione complessiva dello studente aveva più valore.

Sarà evitato quanto avvenuto nei consigli postdebiti: un monadismo assemblato per cui se un docente proponeva quattro in una disciplina, si passava al debito quasi senza discutere.

  • Avremo lunghe teorie di scioperi, già programmati dagli studenti

  • Le scuole che hanno lavorato, affineranno le proprie proposte, le altre spero si impegneranno maggiormente. La questione dei debiti va coniugata con una riflessione sull’insegnamento, sulle prove, soprattutto se le stesse costituiscono occasione di incontro per gli insegnanti, per valutare l’attendibilità e la pregnanza dalle verifiche, che significa discutere su programmazioni meno individualistiche e sui criteri di valutazione.

  • Sarà necessario affidare non al singolo insegnante – su cui gravano poderosi effetti alone anche inconsapevoli - ma a una commissione composita il giudizio sul superamento del debito da parte di uno studente, per superare almeno in parte la univocità del rapporto studente-insegnante e innescare un meccanismo di forte confronto nella scuola. Il debito non è con l’insegnante, è con l’istituzione scuola.

  • Sarà varato un piano di formazione per le scuole? Se c’è da lavorare non monadicamente, potremo avere aiuto?