Esami di Stato
La questione dei Debiti Formativi.
di Beatrice Mezzina da
Educazione & Scuola dell'8/2/2007
La Legge sugli Esami di Stato, approvata
definitivamente dalla Camera il 19 dicembre scorso, prevede all’art.
1a che siano a ammessi agli esami gli
alunni che “siano stati valutati positivamente in sede di scrutinio
finale e abbiano saldato tutti i debiti formativi contratti nei
precedenti anni scolastici”.
Sono fatte salve all’art. 3 le classi che sosterranno gli esami nel
2007 e nel 2008, cioè le classi penultima e ultima che seguono la
normativa esistente al momento dell’emissione della legge.
In attesa del decreto del Ministro che specificherà le modalità
relative all’art. 1 a,
conviene una riflessione immediata sulla questione dei debiti
formativi che riguarda già da quest’anno le classi prime dei trienni,
che seguiranno la nuova normativa.
Della questione dei Debiti Formativi non ci si è occupati molto a
livello ministeriale e nemmeno a livello di dibattito sostanzioso e le
situazioni, di fatto, si sono diversificate in forme difficilmente
analizzabili per linee di tendenza, come spesso avviene nella gestione
autonoma
delle scuole in cui microcosmi incomunicanti trovano soluzioni diverse
nell’incertezza normativa e nel fai da
te dilagante.
Che cosa sia avvenuto sulla gestione dei debiti nelle scuole non si sa
bene né si sono fatte indagini accurate o trovate soluzioni condivise.
Ciascuno può esprimere le proprie considerazioni, con il rischio di
parzialità e di monadicità.
Con tali premesse esprimo le mie considerazioni.
Nella gestione dei debiti, i casi più gravi riguardano le
insufficienze reiterate in discipline caratterizzanti: si va dagli
studenti che escono dallo Scientifico con il debito sistematico in
Matematica, a quelli del Tecnico Commerciale con il debito in Economia
Aziendale o nel Classico con un debito in Latino e così via.
Infatti, se coniughiamo la norma generale che prevede la possibilità
della non ammissione alla classe
successiva per insufficienze diffuse
“nel complesso delle discipline” con l’eliminazione degli esami di
riparazione e l’introduzione dei debiti
dopo il ‘94, si comprende come molti studenti – sostenuti per altro
dai vari TAR nei ricorsi– abbiano trovato una condizione favorevole
per tralasciare alcune discipline, data la reale impossibilità dei
consigli di classe di bocciare per una sola disciplina
sistematicamente trascurata (a volte più di una).
Una situazione del genere avrebbe bisogno di una norma più specifica,
prima degli esami di stato, che ponga la questione del peso di una
disciplina nel curriculum, delle condizioni e dei limiti per il
superamento dei debiti. Insomma un patto chiaro con gli studenti,
sostenuto da una legislazione che non dia adito ai ricorsi al TAR che
spesso turbano le scuole.
Ora le scuole più avvedute elaborano criteri generali del Collegio,
parametri dei consigli di classe e tuttavia aleggia negli scrutini il
pericolo del ricorso e difficilmente lo studente viene fermato per uno
o due debiti gravi che si reiterano a volte progressivamente.
Ma è successa un’altra cosa.
I consigli di classe postdebiti,
hanno sofferto sempre più di monadismo assemblato.
Mi spiego meglio: nel periodo delle
rimandature a settembre, si discuteva
più attentamente sulla valutazione complessiva, visto che il Consiglio
di classe, cui spetta l’ultima parola nella valutazione dei singoli
voti, almeno per quei consigli che funzionavano, metteva lingua sulla
valutazione del singolo docente.
Ricordo ancora accesissimi consigli svolti da insegnante e da preside,
in cui, per rimandare a settembre un ragazzo bravo complessivamente ma
con un deficit
in una materia, si votava, discutendo anche sui voti proposti
dall’insegnante, ci si esprimeva in molti casi per
voto di consiglio,
che poi dovrebbe costituire la prassi per tutti i voti proposti; il
consiglio mostrava maggiore sovranità nella valutazione complessiva
che tiene senz’altro conto dei singoli voti ma li inquadra in un
giudizio globale più organico e condiviso.
Insomma, la valutazione complessiva dello studente aveva più valore.
Ora le cose vanno senza discussione, quasi. Se un docente propone
quattro in una disciplina, si passa al debito quasi senza discutere.
Il Debito è sentito meno forte del rinvio a settembre per la
riparazione.
Solo la conseguenza del Credito per gli esami nell’ultimo triennio
attenua tale procedura.
Nel sistema di recupero del Debito,
poi, avvengono le cose più disparate: scuole con metodi soft in cui le
prove di recupero si svolgono in classe, se mai insieme con il primo
compito in classe, scuole con metodi più rigorosi in cui le prove si
svolgono in apposite sessioni pomeridiane per mettere in risalto alle
famiglie e agli studenti che si tratta di un impegno serio, scuole in
cui si svolgono corsi di preparazione anche estivi con fondi
scolastici.
Sono senz’altro favorevole a metodologie rigorose, soprattutto se le
prove costituiscono occasione di incontro per gli insegnanti, per
valutare l’attendibilità e la pregnanza dalla prova, che significa
discutere su programmazioni meno individualistiche e sui criteri di
valutazione; affidare non al singolo insegnante – su cui gravano
poderosi effetti alone anche inconsapevoli - ma a una commissione
composita il giudizio sul superamento del debito da parte di uno
studente, consente di superare almeno in parte la univocità del
rapporto studente-insegnante, innescare un meccanismo di forte
confronto nella scuola.
C’e allora la necessità di prendere in analisi la questione, di
trovare soluzioni, per evitare di utilizzare un rinnovato rigore per
gli esami di stato, a fine curriculum.
Se per l’ammissione agli esami, per gli studenti che ora frequentano
la terzultima classe, dovremo gestire, non so come, il superamento di
tutti i debiti contratti, come cominciare a gestire quest’anno gli
scrutini e la gestione del debito?