Centro Studi  Gilda

 

Le misure sulla Scuola.

 dal Centro Studi della Gilda del 14/2/2007

 

Il 25 gennaio 2007, il Consiglio dei Ministri ha varato una serie di misure sulla Scuola, assai significative - non necessariamente in senso positivo - per le conseguenze che produrranno negli Istituti scolastici.

Per cercare di rappresentare le novità, che la stampa ha divulgato in maniera sommaria ed enfatizzata (“Colpo alla Legge Moratti sul doppio canale”), vediamo analiticamente i cambiamenti, al fine di conoscere e poter esprimere una valutazione argomentata dei provvedimenti.

Per prima cosa, precisiamo che gli atti del governo sono stati di tre tipi: un Decreto Legge, un Disegno di Legge, e una Delega al Governo.

Come tutti sanno, solo il Decreto Legge è moderatamente certo nei suoi contenuti, mentre  gli altri atti annunciano novità che si potranno radicalmente modificare o addirittura abbandonare nel corso dell’iter legislativo.

Ricordiamo che solo un terzo dei Disegni di Legge governativi va in porto. Tuttavia, notiamo che i contenuti del Disegno di legge (di cui parleremo più avanti) sono in logica conseguenza con il Decreto legge, per cui è abbastanza verosimile che esso troverà, in tempi non lunghi, una propria realizzazione.

Un’ultima annotazione di ordine generale: il Governo, nel predisporre queste misure, ha utilizzando il famoso metodo “cacciavite”, orgogliosamente rivendicato dal Ministro Fioroni. In sostanza la Legge di Riforma della scuola Moratti (Legge 28 marzo 2003, n. 53 Delega al Governo per la definizione sull'istruzione e dei livelli essenziali delle di istruzione e formazione professionale) rimane tale. Il Governo si limita ad emendare e integrare con il Decreto Legge del 31  gennaio 2007 il precedente il Decreto Legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, della Moratti, che riformava la Scuola superiore di secondo grado e nemmeno con significativa incisività. Dell’ impostazione morattiana resta infatti  l’ impianto generale con i   percorsi personalizzati ,  con la diminuzione degli orari e con la relativa  impostazione ideologica.

 

Decreto Legge n. 7 del 31 gennaio 2007

Due sono i temi di questo decreto, uno riguarda l’Istruzione tecnico-professionale, l’altro la cosiddetta valorizzazione dell’Autonomia scolastica. 

 

1. Istruzione tecnico-professionale

In questo ambito, si ribadisce il dualismo (doppio canale) dell’Istruzione, introdotto dalla Riforma del Titolo V della Costituzione (legge 3 costituzionale 2001) e acquisito  dalla legge 53/2003 (Riforma Moratti) e dal Dlg. 226 del 2005, ma si inseriscono gli attuali Istituti tecnici e professionali nel canale dell’Istruzione.

In questo modo, si chiude una polemica ed una incertezza che si erano protratte a lungo e che riguardavano il destino di questi ultimi, stante la Riforma costituzionale del 2001 che aveva assegnato alla Legislazione esclusiva delle Regioni l’Istruzione e la Formazione professionale.

Vengono quindi soppressi gli articoli del 226/05 che trasformavano gli Istituti tecnici (economico e tecnico) in licei e viene ripristinata la terminalità, cioè la possibilità di fornire “diplomi”, possibilità che sembra essere stata ripristinata anche per i licei, come si legge nell’art. 1, c. 1 del Decreto Legge. Ciò fatto, il Decreto introduce la possibilità,  per istruzione tecnica, professionale, strutture formative ragionali e istruzione tecnica superiore,  di dare vita ai Poli territoriali, secondo la forma dell’ art.7, comma 10 del DPR 275/99,  che così recita:  Le istituzioni scolastiche possono costituire o aderire a consorzi pubblici e privati per assolvere compiti istituzionali coerenti col Piano dell'offerta formativa di cui all'articolo 3 e per l'acquisizione di servizi e beni che facilitino lo svolgimento dei compiti di carattere formativo”.

In buona sostanza, gli Istituti tecnici e professionali statali potranno dar vita a nuove  strutture formative (poli tecnico professionali), composte anche da organismi in cui saranno le Regioni ad assicurare i livelli essenziali, e in cui potranno confluire consorzi privati.  Se si considera poi  che ai sensi del 112/98 sono le Regioni a tracciare la mappa dell’ offerta formativa su territorio - e quindi a decidere quanti Poli potranno essere istituiti e dove - sembra abbastanza chiaro che l’ istruzione tecnico professionale dipenderà alquanto dalle Regioni tanto da far supporre un  rientro  dalla finestra (la regionalizzazione dell’ istruzione tecnico-professionale) di  ciò che si era buttato fuori dalla porta .

Qualche assessore sta già parlando di un ’invadenza di campo dello Stato in una materia che spetta alle Regioni.

Tuttavia, c’è il fondato sospetto che questo progetto di fondere Istruzione tecnica e professionale in strutture formative comuni, accontenti tutti, anche perché rivela un programma di  risparmio attraverso la revisione massiccia degli organici.

Così infatti afferma palesemente  la relazione tecnica che accompagna il DDL: L'articolo (n. 13)  interviene in materia di cicli di istruzione e di studi, ampliando l'offerta formativa (e di successivo lavoro) a favore degli studenti e riorganizzando gli istituti tecnici e professionali, raggruppando e razionalizzando le strutture, comportando quindi un risparmio per l'erario pubblico”. 

D’ altronde, i pilastri che qui vengono impiantati e che saranno ancora di più  perfezionati nel Disegno di Legge, con il progetto di riordinare e potenziare gli istituti tecnici e professionali”, riducendo il numero degli attuali indirizzi, definendo la scansione temporale dei percorsi ecc., mira ad un ulteriore  alleggerimento significativo delle materie di insegnamento (si prevedono molti stage) e quindi dei posti di lavoro. 

Sull’accorpamento di Istruzione tecnica e professionale, si può sottolineare che il Governo ha applicato leggi esistenti e cioè la n. 899 del 15 Giugno 1931 che ha  istituito l’Istituto tecnico, riconoscendogli finalità e scopi di tipo “professionale”: “L’istruzione media tecnica ha per fine di fornire ai giovani la preparazione necessaria alle professioni pratiche che attengono alla vita economica della Nazione” (Legge 899, art. 1) e il R.D.L. 21 Settembre 1938, n. 2038 che ha istituito gli Istituti professionali, come scuole, nell’ambito dell’Istruzione tecnica, che abbiano finalità ed ordinamento speciali.

Quindi, nulla da eccepire, anche se non si può tacere che, se Istruzione tecnica e professionale sono inserite per legge entro lo stesso ambito, nei fatti oggi appaiono separate. 

Certo è che il criticatissimo da parte del Centro sinistra, doppio canale,  resta tutto, anzi, se sarà rivisitato secondo i dettami del Disegno di Legge con un riordino al ribasso dell’Istruzione tecnica, dove il canale professionale risulterà  collegato con il mondo del lavoro del territorio e con il volontariato e il privato sociale (?) mostra un indebolimento assai vistoso. E forse, con una usuale manovra di  sviamento, tipica della politica,  si afferma una cosa (la statalizzazione dell’ istruzione tecnico- professionale), mentre si opera per ottenere il contrario: l’ inserimento nell’ istruzione professionale di tutti gli istituti tecnici. Con buona pace delle competenze esclusive delle Regioni  in merito. 

 

2. Valorizzazione dell’Autonomia scolastica *

Rispetto a questo tema, che riguarda il nuovo regime fiscale per le donazioni liberali in favore delle Istituzioni scolastiche (commi 3-8 dell’articolo 13 del Decreto Legge), è interessante  capire qualcosa di più sul meccanismo che il Ministro Fioroni intende utilizzare per aumentare le risorse finanziarie a favore delle scuole. 

Intanto va precisato che il meccanismo ha un costo per l’erario che, a causa delle detrazioni alle quali avranno diritto i soggetti eroganti, vedrà diminuire le proprie entrate.

Il comma 4 quantifica tale costo in 54 milioni di euro per l’esercizio finanziario 2008: l’importo deriva dalla minore entrata sui versamenti dei contribuenti nel mese di luglio 2008 (imposta sul reddito dovuta per l’anno 2007) e novembre 2008 (acconto per i redditi presunti del 2008).

Probabilmente (ma se ne saprà qualcosa di più non appena sarà disponibile la relazione tecnica) si ipotizza un minore entrata di una trentina di milioni a luglio e di altri 24 a novembre (l’acconto per l’anno successivo non è dovuto da tutti i contribuenti).

Considerato che la deduzione corrisponde al 19% dell’importo della donazione si ipotizza quindi che le donazioni, nel corso del 2007, possano raggiunge l’importo complessivo di circa 150milioni di euro.

Ma come farà lo Stato a recuperare i 54 milioni di euro che i soggetti eroganti non verseranno all’erario quando pagheranno le imposte sul reddito ?

Ce lo spiega sempre il comma 4 dell’art.13.

Negli anni 2008 e 2009 verranno ridotti di 54 e di 31 milioni i trasferimenti dei fondi dal Ministero della Pubblica Istruzione alle Istituzioni Scolastiche tramite le contabilità speciali.

In altre parole nel 2008 a tutte le scuole arriveranno 54 milioni di euro in meno mentre le scuole più intraprendenti potranno contare su fondi privati aggiuntivi pari a circa 150 milioni di euro.

Per correggere questa anomalia il Ministro ha già annunciato che verrà creato un fondo perequativo per fare in modo di assegnare fondi anche alle scuole che non riusciranno ad ottenere donazioni da privati; ma, a dire il vero, nel Decreto Legge non c’è traccia di questa ipotesi; forse farà parte del Disegno di Legge che è stato preannunciato ma che, a conti fatti, non potrà andare in porto prima della fine dell’anno.

C’è invece un’altra norma: a partire dal 2010 le minori entrate dell’erario saranno "finanziate" mediante opportuna riduzione degli stanziamenti previsti dal comma 634 della legge finanziaria (estensione dell’obbligo scolastico, gratuità dei libri di testo, generalizzazione della scuola dell’infanzia, nuove tecnologie, ecc.).

Nessuna riduzione è prevista per gli stanziamenti che il comma 635 prevede per la scuola paritaria che in tal modo potrà aumentare la sua capacità concorrenziale nei confronti della scuola statale: una parte della retta pagata dalle famiglie potrà essere infatti trasformata in donazione; su questa "fetta" le famiglie otterranno un beneficio fiscale che lo Stato pagherà riducendo gli stanziamenti alle scuole statali. *(Da un articolo di Reginaldo Palermo in “La tecnica della Scuola” www.tecnicadellascuola.it.) 

Fin qui i contenuti abbastanza sicuri delle misure del Governo. Se il Decreto Legge, quando si presenterà in Parlamento per essere tradotto in legge, non subirà cambiamenti, andrà in vigore così com’è. 

Diverso il discorso sul Disegno di legge che avrà un suo iter, passibile di cambiamenti.

Tuttavia, se - come si è detto - il Decreto Legge sarà approvato (si ipotizza il voto di fiducia), sarà giocoforza porre mano in tempi rapidi al Disegno di Legge che riordina e risistema (con ampi tagli agli organici) l’Istruzione Tecnica e Professionale. Su quest’ ultimo è prematuro precisare contenuti e conseguenze, anche se è ormai chiara la linea di tendenza orientata al risparmio sui posti d’ insegnamento.    

Sulla Delega al Governo in materia di Organi collegiali, la riflessione è la medesima. Di certo ci sono le linee tendenziali che allargano gli organi di gestione alle istituzioni, enti, imprese associazioni operanti nel territorio. Insomma, una scuola che è “pubblica” perché si offre a chi la richiede?